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Sezione II: Le peculiarità del settore pubblico : II.1 L’irrilevanza della professionalità negl

II.4. V ERSO CRITERI E SISTEMI CLASSIFICATORI NUOVI : LA TORNATA CONTRATTUALE DEL 1994 ED UNA PARZIALE REVIVISCENZA DELLA

II.4.2. LE COMPETENZE DELLA CONTRATTAZIONE DECENTRATA

L’affermarsi del bene professionalità è caso paradigmatico della generale strumentalità della contrattazione collettiva rispetto a processi di revisione della disciplina del rapporto di lavoro164, tanto più in riferimento al livello decentrato e, in particolare aziendale.

Questo ha, infatti, svolto un ruolo pioneristico in materia sia allorquando si è posta la necessità di fornire risposte alle istanze di un mutamento radicale della stessa organizzazione del lavoro – e nel senso di una “umanizzazione” dello stesso, in maniera tale da renderlo coerente con gli aspetti personalistici – sia nel momento in cui, venuta in considerazione anche sul piano legislativo la professionalità, le concrete soluzioni adottate in sede di autonomia collettiva si sono dimostrate inadeguate a realizzare dinamiche promozionali della stessa. La particolarità è che, per addivenire a tali risultati, l’azione della contrattazione aziendale si è mossa al di fuori del rispetto delle regole, anch’esse convenzionali, poste in materia di struttura contrattuale165, contribuendone anzi al superamento166 e rafforzando ancora di più uno dei tratti caratteristici dell’ordinamento sindacale post-costituzionale dato dalla sua formazione in via di fatto167.

Nel primo senso si è mossa l’azione sindacale nel periodo tra il 1968 ed il 1969, dunque dall’anno della contestazione fino all’autunno caldo grosso modo: in un sistema governato dal protocollo Intersind-Asap del 1962 – che riconosce la c.d. contrattazione articolata, attribuendo, entro le forme ed i limiti riconosciuti dal livello nazionale, competenze a quello aziendale e sulle materie espressamente attribuite – l’azione della contrattazione aziendale si fa particolarmente incisiva e

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M. RUSCIANO, Revisione legislativa del rapporto di lavoro, op. cit., 1220. 165

Per tale intendendosi la rete di “regole” che intervengono a disciplinare i rapporti tra gli attori negoziali nell’attività di stipulazione di contratti collettivi, nonché in fase di amministrazione degli stessi mediante la previsione di meccanismi di raccordo tra i diversi livelli di contrattazione. 166

Nel senso che l’esperienza dell’inquadramento unico abbia costituito occasione per “la costruzione di binari per la contrattazione aziendale”, contribuendo ad una redistribuzione del potere sindacale, D. SALERNI, Inquadramento professionale e consenso sociale, op. cit., 105. 167

G. PROIA, Dalle origini al nuovo millennio, in G. PROIA (coordinato da), Il diritto sindacale, in F. CARINCI (a cura di), Il lavoro subordinato, in M. BESSONE (diretto da), Trattato di diritto privato, op. cit., 15.

82 per il numero degli accordi stipulati168 e soprattutto per l’ampliamento dei temi oggetto di disciplina. Nella nuova, diffusa consapevolezza della negoziabilità di qualsivoglia aspetto relativo al rapporto di lavoro169, non escluso quello relativo all’inquadramento professionale, è proprio a livello aziendale che si afferma l’esigenza di introdurre nuovi sistemi classificatori che si propongano finalità differenti. Ciò avviene allorquando si sancisce la rilevanza della professionalità, prevedendosi che a fini classificatori rilevi quella concretamente posseduta dal lavoratore, oltre a prevedere meccanismi di progresso professionale, e mediante misure extra-aziendali – in particolare il sostegno alla frequenza di corsi scolastici – e endoaziendali, che incidono, cioè, sulla “composizione” delle mansioni170.

Si è già detto di come l’esperienza concretamente maturata con l’adozione dell’inquadramento unico si sia dimostrata fallimentare rispetto allo scopo dichiarato, eppure è importante non sottovalutare come importante sia la petizione di principio in essa contenuta e come particolarmente significativa la circostanza che questa provenga proprio dal livello aziendale: rispetto a questo, la contrattazione di livello nazionale, finora preponderante, si pone in funzione di estensione generalizzata dei successi e delle conquiste conseguite in realtà specifiche171.

Ma tanto avviene anche successivamente, allorquando si determina la necessità di approntare strumenti classificatori nuovi che sappiano reagire e porre rimedio alle deficienze dell’inquadramento unico.

Si diceva sopra, di come la tornata contrattuale 1994-1995 ritenga di rinvenire una soluzione nell’adozione di sistemi classificatori a fasce larghe o “broad boarding”172: ebbene, anche in questo caso il livello nazionale mutua l’esperienza maturata in seno a realtà aziendali come la Gucci, la Dalmine, la

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Oltre 3.800 gli accordi stipulati nel 1968 e più di 7.500 nel 1971 afferma G. BAGLIONI, La contrattazione a livello aziendale e l’evoluzione delle relazioni industriali, in G. BAGLIONI, R. MILANI (a cura di), La contrattazione collettiva, op. cit., 33.

169

M. MARIUCCI, La contrattazione collettiva, op. cit., 60. 170

M. RICCIARDI, La struttura della contrattazione collettiva in Italia, Bologna, 1981, 59. 171

Svolgendo il livello aziendale un ruolo funzionale alla generale introduzione di diritti di cittadinanza del lavoro nelle fabbriche. Così G. DELLA ROCCA, La contrattazione aziendale, op. cit., 155.

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I quali fungeranno da paradigma anche nella riforma dei sistemi classificatori a seguito del processo di privatizzazione dell’allora pubblico impiego. ID., Gli ordinamenti professionali a fasce larghe o “broad boarding”: l’esperienza in Gran Bretagna e in Italia, in Lav. pubb. amm., 2003, 271-272. Sul punto si tornerà infra.

83 Pirelli. Mediante gli accordi stipulati in queste realtà aziendali173 viene introdotto il c.d. ruolo professionale alla cui definizione concorrono una sommatoria ideale di competenze il cui effettivo possesso, graduato su una scala che ne rileva il grado di espressione, costituisce indice rivelatore della professionalità concretamente espressa in un dato momento ed utile a fini classificatori.

La vicinanza al contesto produttivo di riferimento174 e la duttilità dimostrata175 determinano una maggiore idoneità del livello aziendale nel perseguire politiche di modernizzazione176 - anche in considerazione dei mutamenti organizzativi177 ivi comprese quelle relative alla definizione di criteri e sistemi classificatori178.

Se, peraltro, dubbi sono stati avanzati sulla coerenza di tale situazione di fatto, che sarebbe ancorata più a tentativi di razionalizzazione, che non a riscontri normativi179, la soluzione, ancora una volta, si rinviene nella stessa disciplina convenzionale.

Secondo un trend fatto proprio dalle piattaforme più avanzate già sul finire degli anni ’80, si determina un ampliamento della competenza aziendale180 che, in forza dei significativi rinvii positivi effettuati dal livello nazionale, “guadagna” l’espressa attribuzione della competenza in materia di organizzazione del lavoro e, dunque, di sistemi classificatori. A tal fine si legittimano le parti in sede aziendale a elaborare nuove figure professionali; a verificare l’impatto delle nuove tecnologie sull’organizzazione di lavoro; a proporre adeguati meccanismi

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Che costituiscono un’eccezione rispetto al trend che vede la prevalenza, dal punto di vista contenutistico e con riferimento al livello aziendale, di una contrattazione salariale a svantaggio di quella organizzativa rispetto alla quale vi sono, spesso, mere enunciazioni di principio, prive di cogenza significativa. In termini Lineamenti della contrattazione aziendale nel periodo 1998-2006, Rapporto CNEL 2007, 10-14, in cui si fa riferimento per la loro innovatività nel settore alimentare agli accordi Barilla e Nestlé; in quello chimico, agli accordi AGIP Petroli; in quello metalmeccanico agli accordi Bonfiglioli, Whirlpool, Zanussi (1997), in quello tessile, gli accordi della Corneliani e Gucci.

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Di necessaria sperimentazione dei nuovi sistemi a livello aziendale parla P. ZANELLI, Contratti di gestione e gestione degli inquadramenti, in AA. VV., L’inquadramento dei lavoratori, op. cit., 173.

175

La quale si risolve nell’assenza di formalità, nell’immediatezza nei tempi e nei luoghi. M. MISCIONE, La classificazione dei lavoratori, op. cit., 152.

176

M. D’ONGHIA, Un itinerario sulla qualità del lavoro, op. cit., 269. 177

T. TREU, Nuova professionalità e futuro modello del sistema di relazioni industriali, op. cit., 20.

178

G. GIUGNI, Diritto sindacale, Bari, 2004, 158. 179

M. MISCIONE, op. loc. cit., 149 e ss. 180

84 retributivi181, restando attribuito al contratto nazionale di categoria il compito di porre principi e criteri direttivi182. Si tratta di un assetto cui è congeniale la riforma degli assetti contrattuali approntata con il protocollo del 23 luglio 1993 che, volto a porre misure “sulla politica dei redditi e dell’occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo”, disciplina al contempo in maniera organica le relazioni industriali. Il sistema che ne emerge è relativamente semplice e costituisce, ad oggi, un unicum nel panorama industriale183.

Non è il caso di soffermarsi eccessivamente sul contenuto del protocollo, attesone il superamento ad opera dell’accordo quadro del 22 gennaio 2009, ma appare comunque utile ricordarne i tratti salienti per comprendere come il livello aziendale ben potesse agire riguardo all’elaborazione, ex novo o semplicemente modificativa, dei sistemi classificatori.

Il protocollo, al punto 2, quanto agli assetti contrattuali prevedeva “un contratto collettivo nazionale di lavoro di categoria ed un secondo livello di contrattazione, aziendale o alternativamente territoriale, laddove previsto, secondo l’attuale prassi, nell’ambito di specifici settori”, operando un riparto di competenze. In particolare, il CCNL, cui si assegnava un ruolo assolutamente centrale, deve individuare le materie e gli istituti attribuiti alla competenza del secondo livello, differenti da quelli di competenza del livello nazionale, rispetto ai quali, secondo una clausola di non ripetitività, ne sarebbe stato precluso l’intervento, ma limitatamente ai soli istituti retributivi. Il protocollo delinea, perciò, una sorta di “specializzazione” del livello decentrato che avrebbe dovuto procedere all’erogazione di voci della retribuzione strettamente correlate ai risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività, di qualità e altri elementi di competitività, nonché alla gestione degli effetti sociali connessi alle

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C. ZOLI, Struttura della contrattazione collettiva e rapporti tra contratti collettivi di livello diverso, in AA. VV., Diritto e libertà, op. cit., 1877.

182

M. ZOCCATELLI, Evoluzione e prospettive dell’inquadramento unico, op. cit., 147, che ipotizza la sostanziale limitazione del ruolo del CCNL a fronte di quello aziendale alla predefinizione dei livelli e relativi contenuti e parametri.

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È l’affermazione di L. MARIUCCI, Sistema contrattuale, concertazione e legislazione del lavoro, in Lavoro dir., 2007, n. 2, 251, il quale sottolinea come fino a quel momento non si fosse riusciti ad individuare un valido modello alternativo. Tale affermazione è stata oggi parzialmente superata: in Italia si è in presenza di un diverso sistema regolativo e, tuttavia, la mancata sottoscrizione da parte del sindacato più importante, la CGIL, segno dell’adozione di un diverso metodo, fa sì che si possa parlare in termini di eccezionalità del protocollo del 1993.

85 trasformazioni aziendali, ivi ricomprendendovi le innovazioni tecnologiche, organizzative ed i processi di ristrutturazione con influenza sulle condizioni di sicurezza del lavoro e dell’occupazione.

Il modello che emerge è, dunque, di un decentramento controllato e coordinato della struttura contrattuale184, quale emerge dall’intervento combinato e del criterio gerarchico e di quello funzionale. Nel primo senso, è, come visto, il CCNL che individua le materie di competenza del livello inferiore; questo, al contempo – ed è qui che si integra il secondo profilo – ha una competenza sua propria che svolge in maniera non meramente integrativa delle previsioni poste dal livello nazionale, ma anche e soprattutto autonoma.

Il possibile intervento del livello aziendale entro i “margini” delineati dal livello nazionale – dunque, anche in materia di inquadramento e, per quanto qui interessa, di professionalità – pare trovare un’analoga conferma anche nell’accordo quadro del gennaio 2009185, volto a superare, nelle intenzioni, le deficienze manifestate dal protocollo Giugni186 .

II.5. LA RIFORMA DEGLI ASSETTI CONTRATTUALI DEL 2009: LE POSSIBILI

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