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LA RIFORMA DEGLI ASSETTI CONTRATTUALI DEL 2009: LE POSSIBILI RIPERCUSSIONI SU SISTEMI CLASSIFICATORI E RILEVANZA DELLA

Sezione II: Le peculiarità del settore pubblico : II.1 L’irrilevanza della professionalità negl

II.5. LA RIFORMA DEGLI ASSETTI CONTRATTUALI DEL 2009: LE POSSIBILI RIPERCUSSIONI SU SISTEMI CLASSIFICATORI E RILEVANZA DELLA

PROFESSIONALITÀ.

Con l’intervento di riforma degli assetti contrattuali avente carattere sperimentale – operata con l’accordo quadro e con i successivi accordi interconfederali187 ai quali è fatto espresso rinvio di definire specifiche modalità criteri e tempi per attuare i principi in esso contenuto – si assiste ad una sostanziale conferma del duplice livello di contrattazione, in un’ottica di

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M. V. BALLESTRERO, Lezioni di diritto sindacale, Torino, 2008, 203. 185

Su cui funditus F. CARINCI, Una dichiarazione d’intenti: l’accordo quadro 22 gennaio 2009 sulla riforma a degli assetti contrattuali, in Riv. It. Dir. Lav., 2009/2, II; V. FERRANTE, L’accordo interconfederale dell’aprile 2009 di riforma del sistema della contrattazione collettiva: brevi note, in Arg. Dir. Lav., 2009, n. 4/5, 1021 e ss.; R. PESSI, Prospettive evolutive della contrattazione collettiva in Italia: la riforma degli assetti contrattuali, in Dir. rel. ind., 2009, n. 2, 326 e ss.; A. PIZZOFERRATO, L’accordo separato del 22 gennaio 2009: quali ulteriori prove di dialogo?, in www.lavoce.info; M. RICCI, L’accordo quadro e l’accordo interconfederale del 2009: contenuti, criticità e modelli di relazioni industriali, in Riv. It. Dir. Lav., 2009, n. 3, parte I, 353 e ss.

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Questo consegue un sostanziale successo nel conseguimento dell’obiettivo macroeconomico, ma uno ben più limitato quanto all’effettiva diffusione della contrattazione aziendale, del tutto insufficiente dal punto di vista qualitativo e quantitativo, attesane la “circoscrizione” in aree ben delimitate del Paese.

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Il primo intervenuto è l’Accordo interconfederale per l’industria sottoscritto il 15 aprile 2009 da Cisl, Uil e Confindustria.

86 dichiarato favor per il livello aziendale. Sorvolandosi sulle molte innovazioni introdotte dalla riforma188, l’ attenzione verrà concentrata sul “nuovo” riparto di competenze tra livello nazionale ed aziendale, nonché su una valutazione di carattere generale sui possibili impatti della nuova disciplina negoziale sul tema oggetto della nostra analisi.

Preliminare appare l’avvertenza per cui dirompenti sarebbero le conseguenze sull’intera compagine dei sistemi classificatori – e relativi criteri – nel caso in cui dovesse prendere corpo la previsione contenuta al punto 19 AQ e poi ribadito dall’AI al punto 8, laddove si prevede, a fini di razionalizzazione, la riduzione del numero dei contratti nazionali189: tanto imporrebbe un’opera di rielaborazione non solo dei sistemi, ma anche dei più elementari criteri classificatori che dovrebbero essere tanto duttili ed elastici da poter sovrintendere alla classificazione di lavoratori appartenenti a precedenti distinte categorie produttive, caratterizzate da una sorta di incomparabilità. Sebbene ciò potrebbe rendere necessaria ed imprescindibile il riferimento esclusivamente a criteri che assumano le caratteristiche professionali dei lavoratori190, tanto pare un mero esercizio di fantasia: il cauto atteggiamento delle parti sociali – che nel punto 8 dell’AI aprile 2009 “confermano l'interesse a proseguire nell'attività di verifica

circa la possibilità di semplificazione ovvero di razionalizzazione od anche di riduzione del numero dei contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati fra le rispettive organizzazioni nazionali di categoria” – ed il climax linguistico

utilizzato rivelano una certa “indefinitezza” circa l’individuazione del momento in cui effettivamente si porrà mano ad una riforma del sistema contrattuale improntata alla semplificazione. Tanto più si terranno in debito conto gli interessi delle stesse associazioni/federazioni di categoria che potrebbero non rinunciare molto facilmente alla propria ragion d’essere.

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Sinteticamente: diversa durata temporale del contratto collettivo ed in maniera uguale per la parte economica e quella normativa; nuovo criterio alla cui luce procedere all’adeguamento delle retribuzioni onde proteggerne il potere di acquisto, individuato nell’indicatore di prezzi al consumo armonizzato in ambito europeo (c.d. IPCA); revisione delle procedure negoziali.

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L’AQ peraltro fa riferimento esplicito ai contratti di comparto: l’utilizzo di un termine proprio del settore pubblico - nel quale peraltro pari misura è prevista dall’art. 40, d. Lgs. 150 del 2009 – non deve indurre a ritenere che si tratti di una misura “agognata” per il solo lavoro pubblico, quanto piuttosto alla circostanza che si tratti di un’improprietà linguistica scusabile, in certa misura, alla luce della volontà delle parti sociali di delineare un modello contrattuale unico per il pubblico ed il privato.

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Potendosi poi eventualmente demandare al livello aziendale la definizione più concreta in relazione all’attività produttiva ivi esercitata.

87 Di maggiore concretezza e di pressoché immediata attuabilità è, invece, il profilo relativo al riparto di competenze tra i due livelli.

Stante la formulazione letterale dell’accordo quadro e dei successivi accordi interconfederali, non è da ritenersi che operi una preclusione a che il livello aziendale continui ad operare in materia di inquadramento dei lavoratori e di valorizzazione della professionalità, tanto in sede di individuazione di criteri che enfatizzino il reale possesso di capacità professionali da parte dei lavoratori stessi, quanto nella delineazione di strumenti promozionali. Al contrario, il fine della riforma, che conferma la ripartizione delle competenze su un duplice livello, è proprio quello di incentivare la diffusione della contrattazione di secondo livello, aziendale o territoriale, anche e soprattutto mediante la concessione di sgravi economici191.

Peculiare è, però, il criterio di riparto tra i due livelli: confermato ed anzi rafforzato secondo taluni il ruolo del contratto nazionale di categoria che dovrà individuare le materie delegate, in tutto o in parte, al livello aziendale che non potrà intervenire sulle materie già disciplinate dal livello superiore. Parrebbe anche in questo caso adottarsi un meccanismo simile a quello proprio del Protocollo del 1993, se non fosse per il generico ampliamento del principio del ne

bis in idem – così si esprime il punto 3.2 dell’accordo interconfederale dell’aprile

– a tutte le materie, e quindi non solo a quelle afferenti gli istituti retributivi già disciplinati. Il modello che emerge, e nonostante le dichiarazioni, volge nel senso dell’accentramento non solo a favore, per taluni versi, del contratto collettivo di livello nazionale, ma ancora più a vantaggio di quello confederale192. A fronte della centralità del livello nazionale193, il ruolo della contrattazione aziendale

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Espressa conferma della fiducia riposta in tale tipo di incentivazione alla contrattazione di secondo livello si rinviene nei punti 13, 14, 15 dell’Accordo quadro stesso. Tale scelta trova espressa conferma nel punto 3.3 dell’AI a mente del quale “Le parti, pertanto, con il presente accordo interconfederale confermano la necessità che vengano incrementate, rese strutturali, certe e facilmente accessibili tutte le misure volte ad incentivare, in termini di riduzione di tasse e contributi, la contrattazione di secondo livello …”.

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In senso critico L. BELLARDI, Concertazione e contrattazione dal protocollo Giugni agli accordi separati del 2009, in Riv. Giur. Lav. Prev. Soc., 2009, n. 3, I, 476-478 che rileva come non solo, in realtà, non si amplino i margini di intervento del livello decentrato, ma si riducano contemporaneamente anche quelli del contratto nazionale sia in punto di “amministrazione” del contratto, sia in materia di trattamento economico.

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Chiamato a definire le relazioni industriali, a livello nazionale, ma anche territoriale e aziendale e per le imprese rientranti nel campo di applicazione la disciplina dei diritti di informazione e consultazione in attuazione delle direttive europee nonché modelli, regole e procedure di funzionamento di eventuali organismi parititetici per approfondire i temi connessi agli andamenti economico-sociali ed alle politiche settoriali. Il CCNL dispone, infine, anche in relazione ai tempi

88 viene ad essere circoscritto alle sole materie delegate, in ipotesi anche dalla legge, senza possibilità di ripetizione rispetto a quanto già oggetto di disciplina, adottandosi in concreto un criterio gerarchico194. Un primo effetto che, quindi, potrebbe conseguire è quello di una potenziale limitazione dell’ambito di intervento del secondo livello in materia di organizzazione del lavoro da parte di quello nazionale: non è detto, ovviamente che l’autonomia negoziale si eserciti in questo senso, ma è da sottolinearsi come questa possibilità sia comunque concessa, concedendo quindi margini di intervento in tal senso195.

Tanto induce, peraltro, a condividere una perplessità che vale anche quale osservazione di carattere generale sul trend nel quale si colloca la riforma degli assetti contrattuali. Tutta calibrata sui temi del rilancio della crescita economica, dello sviluppo occupazionale e aumento della produttività, ancora della competitività, l’AQ e la disciplina posta nei successivi accordi interconfederali, oltre a “subire” il peso della mancata sottoscrizione da parte della CGIL, configurano una marginalizzazione anche del livello aziendale a tutto vantaggio di un rafforzamento della gestione unilaterale delle imprese.

Si assiste ad una sorta di estromissione del soggetto sindacale dal perseguimento di finalità che presuppongono non solo una “partecipazione” di quest’ultimo alle decisioni aziendali, ma anche, il venire in considerazione, come avviene nelle organizzazioni di lavoro più innovative, di una serie di elementi tra cui un ruolo non certo marginale è svolto dalla cooperazione attiva dei lavoratori al processo produttivo, nonché dalla qualità del lavoro196 di cui la professionalità costituisce componente essenziale197.

e alle procedure per la presentazione delle proposte sindacali relative alla modifica delle disposizioni economiche e normative previste dalla contrattazione nazionale, aziendale o territoriale nonché ai tempi di apertura e svolgimento dei negoziati.

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L. BELLARDI, op. ult. cit., 461. 195

Emblematica è la vicenda “Mirafiori” oggetto di attenzione proprio in questi giorni che ripropone le medesime problematiche già viste con l’accordo Pomigliano ivi comprese quelle relative ad una maggiore esigibilità di straordinario da parte aziendale. Possibilità questa pienamente lecita, in quanto attuata entro i margini elastici previsti dal d.lgs. 66/2003. In termini, peraltro critici, M. BROLLO, La ricaduta dell’Accordo di Pomigliano sul diritto del lavoro individuale: i punti problematici ‘in ombra’, relazione svolta in occasione del seminario Bertinoro 2010.

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A. LASSANDARI, Contrattazione collettiva e produttività: cronaca di evocazioni (ripetute) e incontri (mancati), in Riv. Giur. Lav. Prev. Soc., 2009, n. 2, 331-332.

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M. D’ONGHIA, Un itinerario sulla qualità del lavoro, in op. ult. cit., 267 per cui la professionalità diviene uno dei componenti della qualità del lavoro, intesa non come corretta esecuzione di compiti più o meni complessi dal contenuto prestabilito (o meglio non solo), ma nel partecipare appropriatamente a circuiti di informazione e decisione relativi al controllo di eventi

89 Sarà dunque necessario verificare i futuri prodotti dell’autonomia negoziale per verificare se ed in che termini questa saprà e vorrà farsi carico dell’inveramento della professionalità nei sistemi classificatori: e non solo come obiettivo ultimo cui tendere in ragione della connessione con l’organizzazione del lavoro e dei mutamenti tecnologici (aspetti questi pure rilevanti), ma soprattutto come criterio classificatorio che, nelle sue concrete declinazioni, dà conto di come la nozione della professionalità vada costantemente evolvendosi.

Il giudizio svolto dalla contrattazione non può allo stato che prendere atto del costante anelito ad assumere e fare propria una nozione di professionalità che sia quanto più possibile aderente ai contesti organizzativi e produttivi. Obiettivo che appare maggiormente raggiunto allorquando si debbano adottare strumenti volti a far conseguire al lavoratore una maggiore padronanza del ciclo produttivo198, che non rispetto all’assunzione delle voci che compongono la professionalità come criterio classificatorio.

SOMMARIO SEZIONE II:–LE PECULIARITÀ DEL SETTORE PUBBLICO: II.1. L’irrilevanza

della professionalità negli originari sistemi classificatori del pubblico impiego; II.2. La qualifica funzionale come maldestro tentativo di innovazione del sistema e dei criteri classificatori; II.3. Dal pubblico impiego al lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione: le conseguenze sull’organizzazione del lavoro e la gestione del personale;

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