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LE SCELTE DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE E AZIENDALE IN MATERIA DI VALUTAZIONE DELLA PROFESSIONALITÀ

Sezione II: Le peculiarità del settore pubblico : II.1 L’irrilevanza della professionalità negl

III.2. LE SCELTE DELLA CONTRATTAZIONE COLLETTIVA NAZIONALE E AZIENDALE IN MATERIA DI VALUTAZIONE DELLA PROFESSIONALITÀ

In conseguenza della inevitabile incompletezza della disciplina codicistica, si dovrà avere riguardo all’autonomia collettiva. Anche in questo caso, il riferimento è ai contratti collettivi nazionali del settore tessile, commercio e chimico: analizzati per ciò che attiene l’aspetto statico quanto alla rilevanza della professionalità quale criterio classificatore, vengono qui in considerazione per verificare se ed in che termini abbiano “agito” nella delineazione di un sistema maggiormente compiuto rispetto alle (poche) indicazioni contenute nel codice.

Ebbene, come si anticipava, il ruolo svolto dagli agenti contrattuali sul punto è poco più che marginale.

Questi ultimi si limitano a ribadire la disciplina di cui all’art. 2103 c.c.: dunque il principio di contrattualità delle mansioni32, l’operare della promozione automatica; in alcuni casi il diritto a conseguire l’inquadramento nel livello superiore a seguito di un periodo di permanenza minima in quello inferiore33.

L’affermazione più significativa nei CCNL visti è, probabilmente, quella contenuta nell’art. 21, CCNL tessili del 27 luglio 1995 in cui l’art. 21, punto 4, prevede una sorta di diritto di prelazione da parte dei lavoratori già dipendenti dell’azienda ad acquisire il livello superiore nel caso in cui dovessero rendersi vacanti dei posti: tutto ciò al fine di favorire la valorizzazione della professionalità e della mobilità verticale.

Tanto, però, non basta a poter raggiungere un giudizio nemmeno mediocre per una disposizione che comunque non può ritenersi in modo alcuno soddisfacente, anche e soprattutto in considerazione della perdurante adozione di un vecchio criterio di carriera: è pur vero che la disposizione contrattuale prevede che i lavoratori che aspirano alla “promozione” debbano avere i requisiti e le capacità per svolgere le mansioni proprie del livello superiore, ma in testi contrattuali che vanno articolandosi sempre più, appropriandosi di istituti

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Così l’art. 103 CCNL Commercio del 1990 che, con diversa numerazione, verrà riproposto anche nelle successive tornate contrattuali senza subire variazione alcuna.

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Riproponendo in tal modo un meccanismo già sperimentato nella vigenza dell’inquadramento unico che, nel dichiarare la necessità di un effettivo incremento delle capacità professionali del lavoratore, prevede per i lavoratori inquadrati nel livello più basso avanzamenti automatici in quello immediatamente superiore, essenzialmente a fini retributivi. In termini si inscrive l’art. 6, CCNL chimici del 1998 che nel dettare previsioni particolari per gli operai dispone che “L'acquisizione della categoria E4, per il personale di 1a assunzione a tempo indeterminato, avviene dopo un periodo di 24 mesi di addestramento e di permanenza nella categoria F, con l'assistenza di personale esperto e con il controllo della RSU”.

133 ulteriori34, il mancato riferimento al momento della crescita professionale appare veramente inaccettabile.

E ciò, si badi bene, non soltanto con riferimento all’assenza di dinamiche di “carriera” – per tale intendendosi la nozione proposta nel paragrafo precedente – ma soprattutto per il completo disinteresse dimostrato dalla contrattazione su tale aspetto.

Viene del tutto pretermesso il momento della valutazione ed incomprensibilmente: la professionalità pare interessare le parti sociali principalmente quando è necessario dichiararne la rilevanza sia nell’interesse del lavoratore sia di parte datoriale. E paradossalmente dopo aver affermato la necessità di misure che ne permettano l’accrescimento, vi è il pieno disinteresse per il momento in cui si potrebbe prendere atto dell’efficacia degli strumenti adottati35; verificare se ed in che termini si è avuto un accrescimento delle capacità professionali del lavoratore; predisporre adeguate misure premiali.

Né quale ragione giustificatrice interviene la circostanza, pure veritiera, della “specializzazione” tra i livelli della contrattazione collettiva in forza della quale la competenza della sede “decentrata”, aziendale, si è esercitata sugli aspetti “gestionali”, e quindi anche in materia di valutazione della professionalità e della delineazione di percorsi professionali36. Assetto quest’ultimo che, tipico dell’esperienza sindacale italiana37 ha poi ricevuto ulteriore conferma ad opera del protocollo del 1993.

Con ciò non si vuole indurre in un giudizio di sfavore verso tale scelta, ritenendosi condivisibile l’affermazione per cui la sede aziendale, in virtù della maggiore vicinanza con il contesto produttivo, appare maggiormente idonea a specificare i principi generali posti dal livello nazionale. Tuttavia, chi scrive, ritiene pur necessario che il livello nazionale, in questo così come per altri istituti, detti una disciplina anche minima che rappresenti il canovaccio su cui possano maturare le singole esperienze, analogamente a quanto avvenuto per la definizione dei sistemi di classificazione38.

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Così in particolare per il settore del commercio i cui CCNL del 2004 e del 2008 prevedono apposite sezioni dedicate al “mobbing”, piuttosto che al welfare contrattuale.

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Tendenzialmente coincidenti con la ricomposizione delle mansioni e la predisposizione di percorsi formativi.

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F. GUARRIELLO, Trasformazioni organizzative e contratto di lavoro, op. cit., 168. 37

F. CARINCI, L’evoluzione storica, in AA. VV., L’inquadramento dei lavoratori, op. cit., 16 38

Si tratta peraltro, se ne è consapevoli, di un giudizio che travalica la questione specifica oggetto dell’analisi e riguarda l’intero sistema contrattuale. Tra gli altri che sostengono la necessità di un ripensamento del ruolo del contratto nazionale M. DEL CONTE, Per una maggiore

134 Rimettere alla sola istanza aziendale – e quindi alla situazioni contingenti di ciascuna impresa e di ciascun settore39 – la funzione di intervenire su un aspetto così rilevante e centrale ai fini di una corretta concretizzazione della professionalità dei lavoratori appare una scelta non condivisibile e che rivela un atteggiamento, in prima istanza da parte del soggetto sindacale, poco attento all’aspetto sostanziale della materia.

Ben diversa è, fortunatamente, l’esperienza avutasi in alcuni contesti aziendali in cui non solo l’elaborazione degli ordinamenti professionali, ma la valutazione della professionalità rilevante a fini evolutivi dell’assetto contrattuale, anche dal punto di vista retributivo, sono state condotte con criteri del tutto innovativi.

Ci si riferisce, in particolare ai testi contrattuali stipulati per le aziende Gucci, Pirelli, Zanussi che, anticipati dal contratto aziendale Dalmine del 1994, costituiscono una sorta di “boccata d’aria fresca” rispetto ai polverosi testi contrattuali appena sopra menzionati40.

Dalla lettura dei primi, peraltro, pare potersi ricavare conferma di una affermazione svolta nel corso delle pagine precedenti41 sulla scorta della quale i criteri classificatori costituiscono concreta premessa ed indice rivelatore di quella che è la possibile direzione in cui si svolgerà la progressione professionale.

Quelli appena menzionati, infatti, sono testi contrattuali realmente innovativi in quanto esplicitamente dichiarano di voler assumere innanzitutto un metodo classificatorio volto ad attribuire un differente significato alle declaratorie: laddove nei sistemi tradizionali, l'inquadramento è sostanzialmente guidato da profili professionali dettagliati e descrittivi di gran parte delle attività effettivamente svolte e rispetto ai quali le declaratorie hanno una funzione meramente specificativa; viceversa nel nuovo sistema concordato, queste si riferiscono alle competenze professionali alle capacità soggettive del lavoratore contrattualmente rilevanti, che assumono un ruolo preminente ai fini della valutazione complessiva della professionalità42. Ne discende come logica conseguenza il mancato rilievo della specifica attività lavorativa svolta a favore

responsabilizzazione del sindacato nel rinnovamento dell’organizzazione del lavoro, in Riv. it. dir. lav., 2006, I, 417 e ss.

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F. GUARRIELLO, op. loc. cit., 163. 40

Giudizio che ben può essere esteso anche al CCNL Energia e petrolio del 2002. 41

Cap. I, par. 5. 42

135 della valutazione delle capacità professionali del lavoratore43, suscettibile di incidere sull’intera vicenda contrattuale. L’attività, in questo caso, rileva “solo” come parametro oggettivo cui parametrare le competenze, componenti della professionalità44: ed anche in questo caso, l’esperienza contrattuale interviene ad attribuire substrato sostanziale ad un’opzione ricostruttiva che si era ritenuto di fare propria nelle pagine precedenti45.

Il contratto Dalmine, in particolare, introduce un sistema di valutazione, scandito temporalmente, che ha ad oggetto la capacità di assumere, cercare, trasmettere e utilizzare informazioni; l’impegno nel proprio lavoro e la verifica dei risultati; il grado di autonomia decisionale e le capacità relazionali; le conoscenze, la disponibilità alla loro trasmissione e all’aggiornamento; la polivalenza/polifunzionalità in condizioni di sicurezza.

In termini del tutto analoghi dispone l’accordo Gucci46 che significativamente rubrica l’art. 11 “Sistema di valutazione e classificazione del livello di professionalità” e prosegue prevedendo percorsi professionali articolati all’interno delle “famiglie professionali”: queste vengono definite in ragione del comune riferimento al segmento del processo aziendale su cui incidono, delle competenze richieste, della stessa idoneità a consentire meccanismi di sviluppo professionali coerenti.

Si individua nel “superiore”, gerarchico si aggiunge, il soggetto che dovrà svolgere la valutazione sull’eventuale incremento della professionalità – prevedendosi nella commissione paritetica la sede per dirimere eventuali controversie sul giudizio espresso – e si cadenza il processo valutativo. Questo si svolgerà in ogni caso una volta all’anno, a meno che il valutatore non rilevi un significativo mutamento ora del contesto tecnologico o organizzativo, nonché delle competenze espresse da lavoratore.

Il giudizio positivo inciderà, ovviamente, sulla retribuzione spettante al lavoratore.

Il sistema che emerge appare attento ai profili effettivi della professionalità che, “scissa” nelle sue componenti elementari, diviene oggetto di una valutazione meticolosa ed oggettiva tanto da indurre un parallelo con l’esperienza della job

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Sottolinea tale aspetto M. MAGNANI, Organizzazione del lavoro, op. cit.. 44

Interpreta il rapporto tra “competenze” e “professionalità” in termini opposti a quelli fatti propri in questa sede F. GUARRIELLO, Trasformazioni organizzative e rapporto di lavoro, op. cit., 79 e ss. 45

Capitolo I., par. 4. 46

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evaluation47. Muta però radicalmente l’oggetto della valutazione, nonché l’ottica in cui questa viene posta in essere non facendosi precipuo riferimento a percorsi di “carriera”.

Sembra quindi possibile dare una risposta positiva all’interrogativo sull’esperibilità di percorsi di crescita professionale che siano concretamente tali a prescindere dalla qualificazione formale con cui viene definita la propria posizione all’interno dell’organigramma aziendale. Profilo che, peraltro, è in via di progressiva e costante marginalizzazione anche nelle pronunce giurisprudenziali che, nello statuire in materia di equivalenza e danno alla professionalità, sempre meno fanno riferimento alla posizione formale del lavoratore e sempre più al corrispondente contenuto sostanziale48.

III.3. POSSIBILI DIFFERENTI METODI DI VALUTAZIONE DELLA

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