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Educare alla virtù con l’esempio, Émile

IV. La conquista del rispetto, approdare al Contratto Sociale

2. Educare alla virtù con l’esempio, Émile

L’amour-propre, oltre a svolgere un ruolo importante nella formazione razionale di un individuo, si rivela determinante nell’educare alla virtù i giovani non ancora cor- rotti dai meccanismi di una società ingiusta. Così accade infatti per Émile: il suo precet- tore sfrutterà la capacità di imitare, rintracciabile nella caratteristica mimetica dell’amour-propre, al fine di utilizzare il ruolo dell’esempio in un senso positivo. «Un bel modo di istruire gli uomini» è quello utilizzato da Socrate, definito come il più sag- gio degli uomini, il quale, ci dice Rousseau122, ha lasciato ai suoi discepoli e ai nostri nipoti un solo insegnamento: l’esempio e la memoria della sua virtù. Dunque, al di là delle «vane scienze» e dei «libri da cui siamo da ogni parte sommersi»123, ciò che real- mente resta impresso nella coscienza di un giovane è l’indirizzo dato all’amour-propre dai consigli e dall’esempio fornitogli dal precettore. Questo sentimento, che permette di volgere lo sguardo verso gli altri, assume allora un ruolo cruciale nello sviluppo della moralità dell’individuo poiché sarà soltanto quando Émile allargherà la sua sensibilità all’esterno, e non la limiterà più alla sua persona, che acquisirà il sentimento e la conce- zione di ciò che è bene e di ciò che è male.

«Fino a quando la sua sensibilità resta limitata alla sua persona nelle sue azioni non vi è nulla di morale. Solo quando essa comincia a espandersi all’esterno, egli acquisisce prima i sentimenti e quindi le nozioni di bene e male che di lui fan- no davvero un uomo e parte integrante della specie.»124

122 J.-J. Rousseau, Discorso sulle scienze e le arti in “Scritti politici”, Volume Primo, op. cit., p.12. 123 Sull’avversione di Rousseau verso un tipo di educazione che vuole che il sapere sia racchiuso soltanto

nei libri si veda anche J.-J. Rousseau, Émile o Dell’Educazione, op. cit., Libro IV, pp. 318 («Non mi stanco mai di ripeterlo: mettete in azioni, piuttosto che in discorsi, tutte le lezioni dei giovani. Non imparino mai sui libri ciò che può insegnare l’esperienza.»); pp. 386-387 («Tutti i libri non sono stati scritti da uomini? Allora come fa l’uomo ad averne bisogno per conoscere i suoi doveri, e di che mezzi disponeva prima che questi libri fossero stati scritti? O apprenderà questi doveri da se stesso, o ne sarà dispensato.»); pp. 436-437.

L’interesse per i propri simili è determinante nello sviluppo della personalità di Émile: interessandosi ad essi impara da subito a soppesare e valutare le loro azioni, così come i loro piaceri, e sarà così in grado di dare un giusto valore a ciò che può contribui- re o nuocere alla felicità umana in generale. Chi infatti non si interessa a nessuno e si occupa esclusivamente dei propri affari è troppo coinvolto da se stesso per poter giudi- care rettamente lo stato delle cose, una persona di questo tipo regola soltanto sul proprio desiderio le idee di bene e male, riempiendosi lo spirito di numerosi pregiudizi, difficili da sradicare. Il precettore allora educherà Émile a staccarsi da sé, a non essere l’unico oggetto delle sue attenzioni, tenendolo lontano dall’interesse particolare in modo da tra- sformare in lui l’amore del genere umano in amore della giustizia.

«Estendiamo l’amor proprio agli altri esseri, lo trasformeremo in virtù, e non vi è cuore umano in cui tale virtù non abbia radice»125.

L’operazione da attuare sull’amor-proprio è quella di ampliarlo per riuscire a scorgere l’idea di eguaglianza morale appartenente a tutti gli esseri umani; tale osserva- zione giunge nell’Émile quando il precettore ha appena finito di illustrare l’indirizzo giusto da dare al sentimento della pietà, che non a caso si è rivelata carente come guida morale. Essa necessita infatti di essere generalizzata per non degenerare in debolezza, per far sì che Émile non la provi soltanto nei confronti di chi vive attorno a lui. La pitié dipende allora dall’amour-propre quando ci fa sentire la sua dolcezza nella sensazione che l’altro sofferente ha bisogno del nostro aiuto, nello sperimentare che anche l’altro desidera reciprocità e attenzioni da noi. Attraverso l’educazione è possibile fare dell’amor-proprio un concetto dinamico, basato sulla pratica di un lavoro mediato, rela- tivo e riflessivo. L’amour de soi non è invece neanche avvicinabile al nucleo

dell’insegnamento che tenta continuamente di migliorare l’uomo mettendolo in discus- sione e ponendolo in una prospettiva che si trova agli antipodi dell’immediatezza, della spontaneità e dell’assolutezza, attributi dell’amor di sé. Dal momento che l’amor- proprio esiste e non è possibile per l’uomo non compararsi con gli altri, Rousseau si de- dica a studiarne il funzionamento, più che a condannarlo in sé, per scoprirlo quale mo- mento necessario e utile nello sviluppo delle affezioni morali. Il passaggio decisivo dal

Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini all’Émile è se-

gnato dalla volontà dell’autore di capire come procedere dall’amor di sé verso l’amor- proprio nel migliore dei modi possibili, abbandonando l’interpretazione storica dell’alienazione per approdare a una lettura pedagogica. L’attenzione si sposta dalla condanna morale del male alla ricerca di una soluzione pratica da attuare al fine di agire bene; Rousseau non si è dunque limitato a fornire una riflessione formale sul bene, ma si è impegnato a realizzare una morale concreta che potesse aiutare quotidianamente il giovane Émile ad affrontare le prove della vita. Soltanto applicando il metodo educativo adatto si potrà verificare la validità della positività insita nell’amor-proprio. Quest’esigenza di effettività è chiaramente espressa anche nella preferenza assegnata da Rousseau alla figura del soldato-filosofo Catone a sfavore del filosofo Socrate: l’uomo d’azione attua uno scarto decisivo sul saggio che ragiona spesso da solo e in modo egoi- sta126. Catone può rappresentare un esempio paradigmatico per istruire un giovane su cosa sia la virtù e il precettore di Émile si servirà infatti di numerosi esempi provenienti dagli autori antichi; questi uomini, appartenenti ad altri luoghi e altri tempi, gli rendono possibile una visione da semplice spettatore su come si deve agire, senza entrare in pri- ma persona nei fatti nella figura di giudice, complice o accusatore che sia.

126 «Socrate pouvait vivre sous des Tyrans, car il était bien sûr de conserver partout sa liberté, Caton

abhorrait la Tyrannie, car il ne lui suffisait pas d’être libre, il voulait que tous les Citoyens le fussent.» (J.- J. Rousseau, Jean-Jacques entre Socrate et Caton (1750-1753), a cura di C. Pichois e R. Pintard, José Corti, Paris 1972, p. 49).

«Per conoscere gli uomini, bisogna vederli agire. Nel mondo li si sente par- lare: essi mostrano i loro discorsi e nascondono le loro azioni. Ma nella storia que- ste azioni vengono svelate e gli uomini sono giudicati sui fatti.»127

Lo studio della storia si rivela un ottimo modo di fornire esempi di virtù a Émile, nonostante essa possa avere i suoi limiti, come quello di ritrarre gli uomini più nei loro lati negativi che in quelli positivi o la sua stretta dipendenza dallo storico che ce la co- munica, che le fa correre il rischio di non essere totalmente attinente ai fatti realmente accaduti. Per iniziare è bene proporre a Émile la lettura delle biografie in cui lo storico descrive l’uomo, non solo le azioni da lui compiute e, soprattutto, lo ritrae anche nei momenti privati oltre che quando si trova in pubblico, già predisposto ad apparire nel migliore dei modi possibili. Osservando come le passioni possano aver accecato gli uo- mini in ogni epoca, il giovane imparerà ad allontanare le loro illusioni, conoscerà in an- ticipo il modo in cui potrebbe essere ingannato a sua volta. Appena sviluppato l’amor- proprio, l’io di Émile sarà sempre presente nei suoi pensieri e non gli permetterà più di osservare gli altri senza poi ritornare su se stesso e paragonarsi ad essi. Ecco che diventa importante capire quale posto egli vorrà occupare tra i suoi simili, dopo averli a lungo studiati. Il precettore sa bene che il giovane può farsi sedurre dalle passioni che condi- vide con gli altri, soprattutto perché potrebbe biasimare negli altri ciò che vorrebbe imi- tare; ma Émile possiede un grande interesse a conoscere gli uomini e un cuore calmo per non immedesimarsi troppo nelle loro passioni che non ha ancora provato su di sé. A questo punto l’amor-proprio è uno strumento davvero utile, anche se sempre pericolo- so128 poiché potrebbe condurre Émile alla conclusione che il suo posto felice nella spe- cie umana è esclusivamente merito suo, frutto di una dignità superiore rispetto agli altri. Ma il precettore, conoscendo la plasticità dell’amour-propre, saprà indirizzare il suo al-

127

J.-J. Rousseau, , Émile o Dell’Educazione, op. cit., Libro IV, p. 300.

128 «L’amor proprio è uno strumento utile, ma pericoloso; ferisce spesso la mano che l’adopera e di rado

lievo nella giusta direzione, dimostrandogli che non è migliore degli altri, esponendolo volontariamente a tutti quegli incidenti che gli possano provare di non essere una natura eccelsa, senza perdersi troppo in ragionamenti, anche se sempre indirizzati a fargli senti- re che è un uomo come gli altri, soggetto alle stesse debolezze. Non esiste infatti cono- scenza morale che non possa essere acquisita attraverso la propria esperienza o quella altrui, e, nel caso in cui questa sia pericolosa, il precettore farà in modo che Émile la ap- prenda dalla storia, senza sperimentarla direttamente.

Rousseau è un grande osservatore dei meccanismi di socializzazione e vuole presentare un’antropologia rigorosa che sappia contrassegnare il progresso dei senti- menti e delle conoscenze sulla costituzione dell’uomo. Proprio per questo motivo non è del tutto corretto fermarsi alla propensione del filosofo ginevrino per il discorso norma- tivo129 nell’opporre amour de soi e amour-propre poiché nell’Émile si trovano numerose analisi descrittive delle passioni, non pregiudicate da un giudizio morale. Come nota Sébastien Charbonnier130, la distinzione fra amor di sé e amor-proprio diventa nell’Émile una separazione dinamica di due momenti nel corso dello sviluppo delle af- fezioni morali; essi interagiscono allora fra di loro in modo tale che quello che si è svi- luppato successivamente modifica quello che lo precede. La genesi di queste passioni è retroattiva, così come l’amour de soi influenza e rende possibile la nascita della pitié e dell’amour-propre, questi ultimi, di rimando, permettono il pieno sviluppo del primo. In questa prospettiva l’amor di sé rappresenta un grande momento di soddisfazione interio- re e stima di sé solo se accompagnato dall’amor-proprio: non può restare un semplice attaccamento agli esseri umani esclusivamente in vista della propria conservazione, ma si deve indirizzare all’altro in quanto tale. La dimensione della scelta, della preferenza

129

Vedi B. Carnevali, “La faute à l’amour-propre. Aliénation et authenticité chez Rousseau”, art. cit., p. 87 («l’anthropologie et la psychologie de Rousseau sont toujours “pré-jugées”, imprégnées de morale. L’analyse des passions n’est jamais descriptive.»)

130

S. Charbonnier, “L’éducation de l’amour-propre chez Rousseau: un dialogue avec Sénèque?” presente in Annales de la Société Jean-Jacques Rousseau, Tome Quarante-Neuvième, Editions DROZ, Genève 2010, pp.336-349.

che l’amour-propre assegna a qualcuno degli esseri che ci circonda, deve essere preser- vata, ma educata per non incorrere nel rischio che l’amore per l’altro diventi l’amore per un unico individuo. Al fine di evitare la fissazione tipica dell’amore-passione e superare l’esclusività della preferenza si può indirizzare tale sentimento verso una generalizza- zione che permetta di espandere lo spazio assegnatogli, senza arrestarne il vigore. Mol- tiplicando le relazioni si manda in cortocircuito la tendenza a valorizzare in modo asso- luto un unico individuo, si può abbandonare l’idea di gerarchizzazione degli affetti per approdare invece a una generalizzazione. L’amor-proprio possiede allora nelle sue capa- cità la forza di superarsi, di proteggersi dalle proprie derive. Ovviamente il passaggio all’esterno, mediato dall’altro, è comunque un pericolo per la coscienza dell’uomo che, nell’abbandonare l’autoreferenzialità, potrebbe veder nascere l’amour-propre vaniteux, che si accontenta della realizzazione di pochi paragoni, fissandosi completamente su questi.

La distinzione fra amor di sé e amor-proprio non può essere vista come una netta opposizione fra bene e male anche perché la nascita di quest’ultimo dal primo avviene in modo spontaneo, e non come deviazione anormale. L’amor-proprio scaturisce allora dall’incontro fra l’amor di sé e la comparazione con l’altro ed è una conseguenza neces- saria, non un accidente, nello sviluppo dell’uomo. Se il precettore ha intenzione di for- mare un uomo civile, non può pensare di evitare l’amor-proprio, di impedire il contatto con gli altri al giovane Émile, piuttosto si deve impegnare a riflettere sul tipo di persone che egli frequenterà. L’idea di isolare il bambino all’inizio, come prima tappa della sua crescita, non è volta al rifiuto delle relazioni, ma si rivela soltanto una precauzione per scegliere fra queste quelle più adatte allo sviluppo morale successivo. Il vero problema consiste nel capire se saranno le passioni positive o quelle negative a dominare il carat- tere di Émile, e questo non dipenderà dalla possibilità di sopprimere il paragone con l’altro, ma dal posto che il giovane considererà essere suo all’interno di questa compa-

razione. Non possiamo pensare che a un fallimento dei tentativi di ritornare a un amor di sé puro, non relativo, e dunque a un auto-illusione a cui lo stesso Rousseau ha a volte ceduto, ma che non è altro che una costruzione a posteriori per rimediare a un mancato riconoscimento. Come nota infatti Barbara Carnevali nel già citato articolo “La faute à l’amour-propre. Aliénation et authenticité chez Rousseau”131

per noi è impossibile spe- rimentare l’auto-referenzialità tipica dell’amor di sé: tutta la nostra esistenza individuale si trova inevitabilmente coinvolta in riflessioni e dipendenze dagli altri. L’immagine di una coscienza completamente immediata assume allora i tratti di un sogno, di un obiet- tivo che si pone alla fine di un percorso mistico e ascetico alla conquista della solitudine, spogliandosi di ogni passione sociale. La fenomenologia dell’amor di sé può essere in- scritta soltanto nella storia ipotetica, mentre quella dell’amor-proprio deriva direttamen- te dall’osservazione dei rapporti sociali e trova conferma nell’esperienza quotidiana di ognuno. Dopo questa osservazione possiamo comprendere meglio come l’immediatezza e la spontaneità rischino di apparire come l’invenzione di un sé fortemente inautentico che si trova a fronteggiare un mancato riconoscimento da parte dell’altro: per riscattare il suo insuccesso sociale, l’amour-propre tenta di costruire un sé diverso, ignaro del bi- sogno di riconoscimento, ma che è fin dal principio falsificato.

L’amour-propre è all’origine dell’identità personale poiché rende possibile la ri- flessione su quale posto il singolo individuo possa occupare all’interno della specie umana: il sé si mette così in gioco ripensandosi continuamente quale soggetto in mezzo ad altri simili. Come abbiamo visto, Émile dovrà conoscere gli altri esseri umani e il precettore agirà in questa direzione mostrandogli gli esempi dei grandi personaggi dell’antichità, dei quali dovrà però servirsi attivamente e non in un atteggiamento passi- vo di semplice imitazione. Per adottare l’attitudine giusta verso gli exempla è necessario richiamarsi all’amor-proprio: Émile non dovrà rendersi estraneo a se stesso nel deside-

rio di essere qualcun altro, fosse anche nella volontà di essere Socrate o Catone132, e nemmeno credersi loro superiore. Il ruolo dell’amor-proprio come guardiano di un’integrità della coscienza individuale si esplicherà nel non preferire un altro a se stes- so e nel mantenersi comunque in una dimensione di eguaglianza. Il paragone con l’altro apporta il valore della conoscenza della differenza, caratteristica di tutti i rapporti, che, per restare giusti, non devono essere snaturati nell’imporre loro un ordine. L’istanza educativa delle relazioni di comparazione per Rousseau è insita nel loro metterci in gio- co quali esseri morali dotati di eguale dignità, senza spingerci ad innalzarci al di sopra degli altri, evitando però anche di farci sentire inferiori rispetto a grandi figure come quelle di Socrate o Catone. Il precettore deve spostare l’attenzione di Émile dal bisogno incessante di cercarsi un posto nell’ordine sociale al desiderio di conoscenza di chi può divenire attraverso l’ambiente sociale a cui appartiene. L’educazione dell’amor-proprio è primariamente una questione gnoseologica riguardante la conoscenza di sé e, allo stes- so tempo, degli altri. La volontà di migliorarsi è alla base del progetto educativo di Rousseau, che non rinuncia all’ambizione di trasformare l’uomo, anche in seno a una società corrotta e ingiusta: l’etica è allora alla base della politica. Non ha senso provare a immaginare una società giusta, se non tentiamo anche di formare l’uomo giusto. Rousseau infatti non accetta di utilizzare al meglio le risorse che l’uomo ha attualmente in suo possesso e dunque di prendere l’amor-proprio, così com’è, tentando di ricavarne la massima utilità pratica, ma vuole fare di più: si propone di modificarlo e indirizzarlo nella direzione più appropriata per formare un uomo e un cittadino migliore. La ricerca della propria felicità, una stima adeguata delle proprie qualità, ovvero un amor-proprio educato correttamente, e le azioni esemplari da imitare al fine di praticare la giustizia concorrono alla formazione dell’etica che Rousseau ha in mente e che si trova perfetta-

132 «[…] se solo una volta capita in questi paralleli che egli preferisca essere un altro piuttosto che lui

stesso, foss’anche quest’altro Socrate o Catone, tutto sarà comunque perduto. Chi comincia a rendersi estraneo a se stesso non tarda a dimenticarsi completamente.» (J.-J. Rousseau, Émile o Dell’Educazione, op. cit., p. 308).

mente riassunta da Rousseau nell’approssimarsi alla descrizione della “Professione di fede del Vicario Savoiardo”.

«Per risparmiare il giovane sventurato da questa morte morale cui era tanto vicino, egli cominciò a risvegliare in lui l’amor proprio e la stima di sé, mostrando- gli un avvenire più felice nel buon uso del suo talento. Il racconto delle belle azioni altrui animava d’un ardore generoso il suo giovane cuore. Facendogli ammirare co- loro che le avevano compiute, gli ridava il desiderio di compierne di simili.» 133

Il precettore cercherà dunque di lavorare con Émile, non ancora entrato in socie- tà, verso una generalizzazione del suo amor-proprio per inserirsi da subito in una rela- zione morale con l’altro, estendibile a tutto il genere umano. Generalizzare il proprio in- teresse significa comprendere i rapporti oggettivi che esistono fra gli uomini, ma non approdare a una pietà indifferenziata: «Per ragione, per amore nostro dobbiamo avere pietà per la nostra specie e ancor di più per il nostro prossimo. La pietà verso i malvagi è un’enorme crudeltà verso gli uomini.»134

. La pietà deve accordarsi con la giustizia che accoglie soltanto i veri valori, correggendo gli errori in cui gli uomini possono incorrere. Altrimenti, un tipo di pietà indifferenziata verso tutti è equiparabile all’amour-propre

vaniteux verso se stessi poiché entrambi si basano su una valorizzazione ingiustificata.

L’amor-proprio educato invece ha un ruolo centrale nel lavoro di generalizzazione che permette l’accesso alla giustizia: «[…] l’uguaglianza di diritto e la nozione di giustizia che essa produce derivano dalla preferenza che ciascuno si dà, e, in conseguenza, dalla natura dell’uomo […]»135

. Se la pietà naturale, provata per semplice identificazione con l’altro sofferente, descritta nel Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza

tra gli uomini, non permetteva l’accesso al mondo politico, quella a cui approda adesso