• Non ci sono risultati.

L’alienazione originaria e le sue pericolose declinazion

II. La riflessione psicologica e morale di Rousseau, amour de soi e amour-propre

3. L’alienazione originaria e le sue pericolose declinazion

Il «désir du désir autrui» segna la nascita della dipendenza dal riconoscimento sociale, l’amor-proprio sposta così il baricentro del sé da quella conferma immediata, proveniente dalla propria interiorità, all’esterno, sottoponendosi alla testimonianza e opinione altrui, sempre suscettibile di ricevere un rifiuto. Rousseau coglie in questo mo- do una delle prime forme di alienazione sperimentate dall’uomo come fenomeno dell’alterazione del sé, della perdita di qualcosa che lo definisce, che si lega indissolu- bilmente alla sua identità e che dunque, una volta perso, determinerà una trasformazione qualitativa dell’essere.

La coscienza dell’uomo primitivo perde progressivamente i suoi attributi di im- mediatezza, spontaneità, indifferenza allo sguardo altrui e assolutezza, trasformandosi in un sé completamente diverso, fatto di competizione, richiesta insaziabile di riconosci- mento, aggressività e relatività. Ricapitolando56, abbiamo visto questo cambiamento graduale iniziare con la scoperta della tecnica, grazie alla quale l’uomo ha iniziato a pensarsi come essere superiore agli altri animali; dunque, per la prima volta, si è visto in

55

Ecco che anche nella riflessione di Rousseau si giunge allo stato di guerra di tutti contro tutti, descritto da Hobbes nel De Cive, I, 5, dove la guerra è una «condizione metereologica» che trascende le occasioni reali di conflitto aperto e si traspone su un arco temporale indefinito.

56

Cfr. la suddivisione in tre figure del movimento dell’alienazione suggerita da B. Carnevali in “La faute à l’amour-propre. Aliénation et authenticité chez Rousseau”, presente in Annales de la Société Jean-

modo “relativo”: cioè come migliore rispetto a qualcosa di altro da sé, rompendo il nu- cleo dell’auto-referenzialità dell’amor di sé. Il primo moto di orgoglio dell’amor-proprio è così nato e non tarda a svilupparsi in un’altra direzione, ovvero verso gli individui del- la propria specie, sui quali si vorrà avere una posizione di preminenza, chiedendo inoltre a loro di riconoscere questo stato. Infine, il rito della festa davanti alle capanne segna l’alienazione definitiva, per cui la conoscenza di sé dipenderà inevitabilmente dal pas- saggio per l’opinione pubblica. Gli uomini si esibiranno in un continuo spettacolo sem- pre attenti allo sguardo che gli altri potranno rivolgere loro. L’amor di sé si è così dissol- to nell’amor-proprio, dando vita allo spazio intersoggettivo in cui la coscienza si lascia condurre dall’opinione e dalle convenzioni, sviluppando desideri indotti.

Uno dei meriti più importanti che devono essere riconosciuti a Rousseau è proprio quello di aver descritto la vita sociale a lui contemporanea come qualcosa che era diventato ormai troppo distante ed estraneo dalla forma di esistenza originaria dell’uomo, sviluppando così per la prima volta l’idea di estraniamento57

. Il problema dell’alienazione si configura come determinante per comprendere la filosofia di Rous- seau perché coincide con quello dell’amor-proprio e serve da chiave di interpretazione interna della genesi del suo sistema. L’origine dell’ineguaglianza e la critica della civi- lizzazione, racchiuse nella denuncia morale del filosofo ginevrino, vengono chiarite sol- tanto se studiate a partire dai presupposti dell’alienazione58. Quest’ultima inoltre mostra la riflessione filosofica di Rousseau quale cerniera fra la tradizione agostiniana dei mo- ralisti religiosi, che avevano tematizzato l’alienazione come allontanamento da Dio59, e la tradizione più recente che, da Hegel a Marx, ha sviluppato gli aspetti economici e so- ciali del problema. Cogliendo la conflittualità dei rapporti sociali e la loro continua peri- colosa discesa nell’inautenticità, Rousseau ha fornito una riflessione che rivela ancora

57 Cfr. A. Honneth, “Patologie del sociale”, in Iride, 18 (1996), pp.295-328.

58 Cfr. l’interpretazione di B. Carnevali fornita nel già citato articolo: “La faute à l’amour-propre.

Aliénation et authenticité chez Rousseau”.

59 Sul collegamento fra la filosofia di Rousseau e quella agostiniana si veda J. Starobinski, La trasparenza

oggi le sue potenzialità. L’alienazione è stata smascherata dal filosofo ginevrino quale caratteristica atemporale ed essenziale della condizione umana: sia come processo di cessione del diritto naturale essenziale dell’uomo nella formula giuridica del contratto sociale, sia come alterazione dell’identità nel divenire altro da sé quando si perde qual- cosa che ci definisce perché strettamente connesso al nostro essere soggetti. Nel Con-

tratto Sociale ritroviamo trasposto questo meccanismo là dove l’individuo privato, dota-

to di una volontà particolare, diventa cittadino virtuoso, rappresentante della volontà generale60. All’inevitabile movimento di alienazione Rousseau oppone il modello nor- mativo dell’autenticità, ed è proprio questo che si rivela oggi ancora utile quale indi- spensabile attitudine critica verso le menzogne, le ingiustizie e le maschere sociali in vi- sta di una solida riappropriazione della verità.

Il rischio insito nell’alienazione, nel passaggio cruciale dall’autarchia psicolo- gica dell’amor di sé all’intersoggettività dell’amor-proprio, è quello di perdersi: non traendo più la sensazione di esistere dalla propria interiorità, dalla percezione interna che ognuno ha di sé, ma demandandola continuamente a qualcun’altro, si sottopone il sentimento d’esistenza alla volubilità dell’opinione pubblica e dunque al pericolo di non vedersi mai riconosciuti, fonte del più tremendo malessere umano. Il processo di civiliz- zazione descritto nel Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uo-

mini è speculare a quello del Contratto Sociale: là dove il primo è caratterizzato

dall’alienazione e dalla perdita del sé, e il secondo dall’autenticità, da un ordine sociale capace di soddisfare gli interessi di tutti nella felicità e nella libertà. Il primo pericolo deriva dall’involontarietà del processo di estraniamento per cui l’uomo si ritrova passi- vamente a sottostare a un nuovo sistema di regole; successivamente la società si svilup- pa in un’associazione anonima e caotica, in cui i rapporti sono dettati dall’arbitrarietà e

60 « […] Ciascuno di noi mette in comune la sua persona e ogni suo potere sotto la suprema direzione

della volontà generale; e riceviamo in quanto corpo ciascun membro come parte indivisibile del tutto. Al

posto della persona singola di ciascun contraente, quest’atto di associazione produce subito un corpo morale e collettivo composto di tanti membri quanti sono i voti dell’assemblea; […]» (J.-J. Rousseau, Il

dalla depersonalizzazione. Tutto conduce all’ineguaglianza, all’ingiustizia perché non c’è mai una sintesi, una riconciliazione fra il sé e gli altri.

Perché congetturare un ipotetico, e forse mai esistito, stato di natura in cui l’uomo vive nella più completa armonia se non per sottolineare il movimento dell’alienazione, dell’allontanamento dalla felicità e della perdita nel mondo nelle appa- renze? Tuttavia, si deve fare molta attenzione a non fraintendere la critica della civiliz- zazione come un desiderio implicito di Rousseau di ritornare allo stato primitivo, di abolire completamente l’amor-proprio per ritornare nel ventre dell’amor di sé. Rousseau non autorizza mai un’interpretazione in questa direzione61

, egli descrive sì l’amour-

propre in tutti i suoi pericolosi difetti e nella sua natura artificiale, ma non immagina

mai davvero l’esistenza umana priva di questo sentimento. Esso è descritto come la principale fonte di tutti i mali che affliggono l’essere umano, ma non si dice che debba esserlo necessariamente, in tutte le sue forme. Pensare a se stessi più che agli altri è si- curamente una delle manifestazioni dell’amour-propre, ma poiché quest’ultimo ha un carattere artificiale, ovvero le sue forme dipendono strettamente dalle circostanze con- tingenti in cui si sviluppa, l’egoismo non sarà necessariamente uno dei suoi effetti in qualunque occasione. Lo stesso carattere artificiale dell’alienazione sembra suggerire che la posizione filosofica di Rousseau mira a descrivere uno stato di cose sbagliato, ma non per forza inevitabile. Scrivere il Discorso sull’origine e i fondamenti

dell’ineguaglianza tra gli uomini significa allora cercare una giusta direzione in cui por-

tare il genere umano, partendo dalla consapevolezza che esso attualmente si trova com- plessivamente in una condizione di non felicità, ma possiede tutte le potenzialità per riu- scire ad essere felice. La plasticità dell’amour-propre è la sua condanna, ma anche la sua fortuna: la sua capacità di assumere diverse forme permette di indirizzarlo verso una concezione di sé e degli altri più equa, che possa insegnare agli uomini a vivere bene as-

61 Si veda invece l’interpretazione fornita da A. O. Lovejoy in “The Supposed Primitivism of Rousseau’s

sieme e a non ricercare con ferocia il riconoscimento personale. La considerazione di sé include non soltanto la misura di quanto valore ci attribuiamo, ma anche gli ideali a cui aspiriamo e su cui poi valutiamo gli altri. Poiché queste concezioni sono altamente su- scettibili di trasformazioni e in grado di assumere una grande varietà di forme, anche l’amour-propre lo sarà. Nel pensiero di Rousseau abbiamo visto quanto la considerazio- ne che ognuno possiede di sé sia determinata dalle circostanze storiche e sociali in cui l’individuo nasce e cresce, dunque da regole e usi facilmente variabili. Il processo di ci- vilizzazione imprime infatti una forma particolare ai desideri degli uomini e anche le istituzioni sociali indirizzano inevitabilmente verso certi modi di ricerca del riconosci- mento, dichiarati legittimi, escludendone altri.

Tuttavia la riflessione del Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini non si limita a mettere in evidenza la passività umana

verso un contesto sociale e storico, ma ci ricorda che esiste anche una parte di noi attiva, donataci dalla natura: la libera volontà, ovvero quella forza, esclusiva dell’essere umano fra tutti gli animali, di riflettere e decidere se rifiutare o meno ciò che gli si pone davanti. La qualità di agente libero in seno alla società sembra manifestarsi anche quando ci li- mitiamo ad assumere ruoli e credere in ideali già definiti. Un consenso e una partecipa- zione sono dunque sempre attivi e permettono a Rousseau di affermare che l’ineguaglianza morale si basa su una sorta di convenzione stabilita, o quantomeno auto- rizzata, dal consenso degli uomini. Se allora le forme assunte dall’amor-proprio dipen- dono in definitiva dalla volontà di ognuno, si apre lo spazio per un intervento sostanzia- le dell’educazione e di una riforma socio-istituzionale che sappiano far convivere il bi- sogno di riconoscimento con la felicità e la libertà di tutti. Nell’interiorizzazione dei va- lori provenienti dall’esterno è sempre al lavoro la libera volontà dell’uomo e proprio su questa e sulla plasticità dell’amour-propre, ad essa collegata, potranno agire un’educazione adeguata (come quella che verrà impartita ad Émile) e istituzioni corrette

per dare una direzione positiva alle aspirazioni dell’uomo. La volubilità propria del bi- sogno di riconoscimento può dunque essere incanalata al fine di ottenere un ordine so- ciale capace di soddisfare gli interessi di tutti.