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Cap.4 – Il cyberconsumatore telematico e la sua tutela giuridica

4.2 L’educazione del consumatore

La logica della tutela “preventiva” del consumatore è rinforzata mediante l'integrazione alla normativa vigente, dei principi di educazione del consumatore. Per “educazione del consumatore” si può intendere quel processo mediante il quale il consumatore apprende il funzionamento del mercato e la cui finalità consiste nel migliorare la capacità di agire in qualità di acquirente o di consumatore dei beni e dei servizi, che sono giudicati maggiormente idonei allo sviluppo del proprio benessere.

Il richiamo all'educazione del consumatore insinuato nella parte seconda del d.lgs. 206/2005, recante il Codice del consumo, intitolata appunto "educazione, informazione, pubblicità", rappresenta una conferma inconfutabile della necessità di dotare il consumatore di un apparato informativo completo. Proprio per il raggiungimento di tale obiettivo si affianca il fine di limitare le più frequenti distorsioni percettive di cui i consumatori soffrono in fase di raccolta, elaborazione e valutazione delle informazioni relative alle diverse categorie di beni e servizi da acquistare.

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39 Per far ciò, quindi bisogna riequilibrare la posizione del consumatore rispetto a quella del professionista in termini di messa a disposizione di informazioni chiare ed esaustive “circa le caratteristiche e qualità del bene o servizio oggetto del rapporto di consumo ed in termini di strumenti negoziali di reazione dinanzi ad eventuali errati processi di formazione della volontà dovuti alle modalità di perfezionamento dell'accordo61”.

Infatti, come anche precedentemente detto, da quando è crollato il mito della sostanziale parità dei contraenti, laddove si è resa palese la capacità del professionista di approfittare della debolezza del consumatore e nel momento in cui è fallito ogni tentativo di difendere adeguatamente la parte debole attraverso gli strumenti che il nostro codice civile ci fornisce, il legislatore del Codice del consumo mette in atto strumenti diversi, innovativi e prima inesplorati.

Il nuovo contesto sociale, in cui il consumatore agisce, si presenta caratterizzato da una nuova forza persuasiva, caratterizzata dai tanti e forti messaggi pubblicitari.

Il consumatore, tradizionalmente inteso, che acquista prodotti in base ai bisogni, esigenze e gusti imposti dalla società, non è in grado di recepire le informazioni che gli permettono di compiere la scelta giusta.

Al contrario, invece, in un'ottica di commercio elettronico e quindi di consumatore telematico, vediamo che esso si presenta come soggetto attivo, che si trova innanzi un'ampia gamma di scelte in un mercato globalizzato ed una ricchezza di informazioni ben superiore a quella tradizionalmente veicolata dai canali comunicativi tradizionali. La Rete, infatti, mette a disposizione di coloro che vogliono acquistare beni o servizi, volumi crescenti di informazioni disponibili in real time: si pensi, ad esempio, ai frequently asked questions (FAQ), sempre disponibili in linea, o alla diffusa possibilità di avere informazioni aggiuntive, corrisposte in termini assai brevi attraverso le e-mail. Così, date queste notevoli differenze tra consumatore tradizionalmente inteso ed

e-consumer ci accorgiamo che:

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- per il consumatore “reale” si devono predisporre strumenti per poterlo rendere consapevole dell'effettivo valore dell'operazione intrapresa e delle conseguenze che essa comporta, e ciò significa educarlo a cogliere gli effettivi vantaggi e svantaggi del bene che acquista;

- per il consumatore “virtuale”, l'educazione non riguarda la consapevolezza che questo soggetto ha delle transazioni che effettua, in quanto è un soggetto autonomo; non ha infatti bisogno dell'esistenza di un commesso, ma si orienta da solo. La sua educazione riguarda il fatto che spesso “il consumatore elettronico è un dormiente: i sistemi esperti agiscono automaticamente senza assistenza di operatori ed effettuano le operazioni elettroniche in relazione al momento in cui sono stati programmati; le offerte d'asta possono essere predefinite secondo certi parametri che il sistema gestisce automaticamente, mentre non solo il consumatore dorme, ma il suo computer è completamente spento62”.

Quindi, questa volontà di informare, educare e tutelare il consumatore, sia esso operante nel mondo reale che virtuale, si presenta come strumento volto a colmare quell’asimmetria informativa sia economica che normativa esistente tra consumatore ed imprenditore.

Come un’autorevole dottrina sostiene: “ovviamente l'obbligo di informazione non va scrutato sotto il profilo della quantità, potendo anzi ingenerare un sovraccarico di notizie difficilmente gestibili e controllabili e quindi favorire un effetto opposto a quello perseguito. Maggiore attenzione deve essere rivolta alla qualità delle informazioni, alla loro chiarezza e all'utilizzo di un linguaggio che le renda comprensibili e che incrementi effettivamente la capacità di scelta e di giudizio del consumatore63”.

Quindi, una tutela effettiva del consumatore non può riguardare ed incentrarsi solo sulla natura delle clausole vessatorie o agli obblighi informativi minimi, ma

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Buffa, Commercio elettronico e contratto telematico, in Contratti e tutela dei consumatori, a cura di Tommasi, Torino, 2007, p. 297 ss.

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41 deve agire dall'interno attraverso la formazione del consumatore, che gli dia maggiore consapevolezza delle sue transazioni.

In tal contesto sembra opportuno collocare le disposizioni di cui alla parte II del Codice del consumo: “in tale contesto, il processo educativo non assume in alcun modo finalità promozionali del consumo, ma si limita ad evidenziare quali attributi dell'offerta siano da valutarsi per poter inferire le prestazioni del prodotto, e quali attributi seppure non visibili o non valutabili a priori, siano maggiormente influenti sulle prestazioni. Inoltre, l'educazione deve permettere al consumatore di conoscere la dinamica temporale e causale con cui i legami fra attributi e prestazioni siano soliti manifestarsi64”.

Infatti, l’art.4, comma 1, del Codice del consumo, sancisce che: "l'educazione dei consumatori e degli utenti è orientata a favorire la consapevolezza dei loro diritti ed interessi, lo sviluppo dei rapporti associativi, la partecipazione ai procedimenti amministrativi, nonché la rappresentanza negli organismi esponenziali". Il secondo comma continua affermando che: “le attività destinate all'educazione dei consumatori, svolte da soggetti pubblici o privati, non hanno finalità promozionale, sono dirette ad esplicitare le caratteristiche di beni e servizi e a rendere chiaramente percepibili benefici e costi conseguenti alla loro scelta; prendendo, inoltre, in particolare considerazione le categorie di consumatori maggiormente vulnerabili”.

In questa direzione, in realtà, troviamo anche la giurisprudenza65 che “da sempre riconosce che le imprese devono assumere un comportamento permeato dalla massima trasparenza, correttezza e buona fede per assicurare il giusto equilibrio tra le posizioni contrapposte”.

In realtà, la volontà di voler educare il consumatore non è una novità recente nel mondo giuridico, ma il legislatore comunitario e di conseguenza quello nazionale, da tempo si sono prefissati tali obiettivi.

Così, possiamo ravvisare tali principi in alcune disposizioni, quali:

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Relazione al d. lg. 6 settembre 2005, n° 206, p.7

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- L'art.153 del Trattato CE, rubricato “Protezione dei consumatori” che sancisce: “ai fini di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, la Comunità contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori, nonché a promuovere il loro diritto all'informazione, all'educazione e all'organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi. Nella definizione e nell’attuazione di altre politiche o attività comunitarie sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla protezione del consumatore66”. In altre parole, tutti gli atti dell’ Unione Europea devono essere compatibili con i diritti dei consumatori.

- La Comunicazione n° 531 del 2 ottobre 2001 della CE, un libro verde che ha avuto come scopo quello di avviare una consultazione pubblica sulla forma migliore di regolamentazione in materia di pratiche commerciali sleali. Tale consultazione ha evidenziato la necessità di una riforma del diritto europeo dei consumatori sulla base di una direttiva “quadro” che armonizzi le norme sulla correttezza delle pratiche commerciali tra imprese e consumatori. La direttiva quadro, rappresenta dunque una “Rete di sicurezza” per regolamentare le pratiche connesse al commercio transfrontaliero senza incidere sulla materia oggetto di direttive settoriali specifiche.

- Legge n°281/98, recante la “Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti” -la c.d. legge quadro sui diritti dei consumatori- all’art.1, comma 2, enuclea i diritti fondamentali dei consumatori e degli utenti:

a) tutela della salute;

b) sicurezza e qualità dei prodotti e servizi c) adeguata informazione e corretta pubblicità;

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Riformulato dall’art.235 del Trattato di Roma del 29 ottobre 2004, che adotta una Costituzione per l’Europa.

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43 d) educazione al consumo;

e) correttezza, trasparenza ed equità nei rapporti contrattuali concernenti beni e servizi;

f) promozione e sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti g) erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità

e di efficienza.

- d.lgs. 1 settembre 1993, n°385, testo unico bancario, che dedica diverse norme del titolo quarto alla trasparenza delle condizioni contrattuali;

- d.lgs.22 maggio 1999, n° 185 sui contratti a distanza;

- d.lgs.2 febbraio del 2002, n° 24, attuazione della direttiva 1999/44 sulla vendita e le garanzie dei beni di consumo, che ha introdotto utilizzando la tecnica legislativa della novella del codice civile gli articoli 1519-bis e ss, prestando una disciplina a tutela dei consumatori che affianca quella già esistente in materia di vendita di beni mobili prevista dagli articoli 1510 e ss.

Con questo excursus normativo, si può vedere come il legislatore si propone ormai da tempo di colmare questo gap, imponendo in un continuo crescendo obblighi di informazione volti ad assicurare operazioni trasparenti e consapevoli. Al vertice normativo di questo cammino si colloca, oggi, il Codice del consumo. Infatti, il diritto all'educazione di cui all'art.4 di suddetto codice può essere adeguatamente compreso solo valutandolo alla luce della sua ratio ed in rapporto al fenomeno globale del consumerismo.

Il consumatore, quindi, non solo tradizionalmente inteso ma anche il consumatore telematico, correttamente educato ad una transazione veritiera e corretta, pondera gli effetti che uno specifico atto produce non solo nella propria sfera patrimoniale, ma guardando alla globalità del mercato e delle relazioni economiche.

Una dottrina autorevole, a tal proposito, sostiene che “un consumatore consapevole ed educato mira ad agire per soddisfare al contempo l'interesse

individuale e quello collettivo, fautore non solo del proprio tornaconto personale ma anche di quello generale. Si potrebbe dire efficacemente che un consumo consapevole è al tempo stesso un consumo etico67”.

Naturalmente, però, la concreta attuazione di un mercato equo non può spettare unicamente al singolo individuo. Così, diventa centrale “il ruolo delle associazioni, chiamate ad indirizzare le valutazioni di singoli verso scelte compatibili con il consolidamento di uno sviluppo sostenibile. Le stesse associazioni devono, anzi intervenire già prima, come protagoniste dell'attività formativa ed educativa dei consumatori68.”

4.3 Obblighi di informazione ai consumatori e conseguenze del