Cap.4 – Il cyberconsumatore telematico e la sua tutela giuridica
4.3 Obblighi di informazione ai consumatori e conseguenze del relativo inadempimento
La vendita tramite Internet di prodotti o la prestazione di servizi si caratterizza per la circostanza che l'elevato livello tecnologico utilizzato per la transazione determina uno squilibrio informativo del consumatore.
Questo “gap di conoscenza69” e di competenza tecnica determina una posizione subordinata o dipendente del consumatore rispetto al professionista, che aumenta o diminuisce in funzione delle personali preparazioni tecniche. Così questa problematica ha indotto il legislatore a predisporre una normativa ad hoc per quel che riguarda le informazioni da fornire al consumatore. Inoltre, in base a tale disciplina il legislatore ha deciso di ampliare la definizione di consumatore. Infatti l’art.5 comma 170 del Codice del consumo sancisce che: “fatto salvo quanto disposto dall'art.3 comma 1°,lett.a) ai fini del presente titolo si intende consumatore o utente anche la persona fisica alla quale sono dirette le
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Costabile, Ricotta, Miceli, La personalizzazione dell'offerta in ambienti digitali: un modello per il dynamic profiling dei clienti, in Economia e Management, n°1, 2005, p.113
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Tommasi, Contratti e tutela dei consumatori, op. cit., p.50.
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G. Scorza, I contratti del consumatore nel nuovo codice del consumo, cit.
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Capitolo 4 – Il cyberconsumatore telematico e la sua tutela giuridica
45 informazioni commerciali”. La scelta del legislatore è stata ben precisa e mirata. Infatti, in questo modo il professionista deve adottare “eguali cautele e adempiere ai medesimi obblighi informativi nell'ambito di qualsiasi genere di informazione commerciale indirizzata direttamente o indirettamente ad una persona fisica71”. Gli obblighi di informazione devono riguardare la sicurezza, la composizione e la qualità dei prodotti e dei servizi.
Tali obblighi informativi di carattere generale, si rinvengono elencati nelle disposizioni dell'art.6 e seguenti del Codice del consumo.
L’art.6 statuisce che “i prodotti o le confezioni dei prodotti destinati al consumatore, commercializzati sul territorio nazionale, devono riportare in modo chiaramente visibile e leggibile almeno le indicazioni relative a:
a- la denominazione legale o merceologica del prodotto;
b- il nome o la ragione sociale o il marchio e alla sede legale del produttore o di un importatore stabilito nell'Unione europea;
c- il paese di origine se situato fuori dall'Unione europea;
d- l'eventuale presenza di materiali o sostanze che possono arrecare danno all'uomo, alle cose o all'ambiente;
e- i materiali impiegati e i metodi di lavorazione ove questi siano determinati per la qualità o le caratteristiche merceologiche del prodotto;
f- le istruzioni, le eventuali precauzioni e la destinazione d'uso, ove utili ai fini di fruizione e sicurezza del prodotto.”
Queste indicazioni devono figurare sulle confezioni o sulle etichette dei prodotti nel momento in cui sono posti in vendita al consumatore72 ed inoltre devono essere rese almeno in lingua italiana73. Così, l'art.11 sancisce il divieto di commercializzare qualsiasi prodotto o confezione di prodotto che non riporti tali informazioni74. Questi, però, sono obblighi informativi che si pongono alla base della tutela del consumatore in generale. Compito della presente trattazione è
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G. Scorza, I contratti del consumatore nel nuovo codice del consumo, cit.
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Art.7 codice del consumo.
73
Art.9 codice del consumo.
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La violazione di tale divieto comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa da 516 Euro a 25.823 Euro. Inoltre tale sanzione è determinata sulla base del prezzo di listino di ciascun prodotto e del numero di unità vendute.
quello di analizzare la tutela riservata al cyberconsumatore nelle contrattazioni
on-line. Tali obblighi informativi sono riscontrabili sia nel Codice del consumo,
nella parte che tratta i contratti a distanza75, sia nel d.lgs.n° 70/2003. Per tracciare “le fondamenta” di tali obblighi informativi è necessario coordinare la disciplina del Codice del consumo con quella del d.lgs. n°70/2003.
Anzitutto si può rilevare che il d.lgs. n°70/2003 è richiamato due volte nel Codice del consumo:
1) Nell’art.52 comma 3 – informazioni per il consumatore – che recita “ in caso di comunicazioni telefoniche, l'identità del professionista e lo scopo della telefonata devono essere dichiarati all'inizio della conversazione a pena di nullità del contratto. In caso di utilizzo di posta elettronica si applica la disciplina prevista dall'art.9 d.lgs. n°70/2003.”
2) Ultimo comma art.52 che statuisce “in caso di commercio elettronico gli obblighi informativi dovuti dal professionista vanno integrati con le informazioni previste dall'art.12 del d.lgs. n°70/2003.”
Quindi per avere un quadro di insieme delle informazioni da rendere al cyberconsumatore, dobbiamo coordinare la disciplina contenuta all'art.52 del Codice del consumo con quella contenuta all'art.12 del d.lgs. n°70/2003.
L'art.52 ha riconosciuto al consumatore il diritto di essere informato su: - L’identità del fornitore e il suo indirizzo;
- Le caratteristiche essenziali del bene e del servizio;
- Il prezzo del bene o del servizio, comprese tutte le tasse o le imposte;
- Le spese di consegna;
- Le modalità di pagamento, della consegna del bene o della prestazione del servizio e di ogni altra forma di esecuzione del contratto;
- L’esistenza del diritto di recesso;
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Tale sessione che disciplina i contratti a distanza riproduce le norme del d.lgs. n°185/99 depurate da disposizioni di carattere generale, come ad esempio la definizione di consumatore.
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47 - Le modalità e i tempi di restituzione o di ritiro del bene in caso di
esercizio del diritto di recesso;
- Il costo dell'utilizzo della tecnica di comunicazione a distanza, quando è calcolato su una base diversa della tariffa di base;
- La durata della validità dell'offerta e del prezzo;
- La durata minima del contratto in caso di contratti per la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi ad esecuzione continuata o periodica.
Tali informazioni devono essere integrate con quelle previste all'art.12, che impone al professionista di dare le informazioni che riguardano:
- le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto; - il modo in cui il contratto concluso sarà archiviato e le relative
modalità di accesso;
- i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l'ordine al prestatore;
- gli eventuali codici di condotta a cui aderisce e come accedervi per via telematica;
- le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all'italiano; - l'indicazione degli strumenti di composizione delle controversie. Individuate le informazioni, dobbiamo delineare i termini e le modalità di trasmissione di queste informazioni.
Quanto al primo di tali profili, la disciplina sui contratti a distanza, confluita nel Codice del consumo, prevede che il consumatore debba ricevere le informazioni, di cui si è detto, in tempo utile prima della conclusione di qualsiasi contratto a distanza. Invece, il d.lgs. n°70/2003 stabilisce che queste informazioni siano fornite al consumatore prima dell’inoltro dell’ordine.
Il d.lgs. n°70/2003 sembra aver anticipato il termine per l’adempimento ad una fase negoziale precedente rispetto a quella di conclusione a cui si riferisce la previgente normativa in materia di contratti a distanza.
Questa scelta appare coerente con il tipo di informazioni da fornire, che riguardano proprio la dinamica e la procedura negoziale. Infatti la tutela non sarebbe messa in atto se l’obbligo di fornire dette informazioni potesse essere adempiuto anche successivamente alla trasmissione dell’ordine e, dunque, in un momento in cui gli effetti del negozio giuridico non sono più influenzabili dal destinatario dei servizi dell’informazione.
E’ strano, comunque, che le disposizioni contenute nel Codice del consumo non prevedano un termine specifico circa la necessaria comunicazione al consumatore delle condizioni generali di contratto, mentre il d.lgs. n°70/2003 dedichi al problema un’apposita previsione.
A mio avviso, dati i principi generali della disciplina di tutela del consumatore, è ragionevole ritenere che anche dette informazioni debbano essere date prima dell’inoltro dell’ordine. Se così non fosse, sarebbe dubbia la validità di una manifestazione di volontà espressa senza aver avuto neppure la possibilità di conoscere la disciplina negoziale alla base del contratto76.
Però, una problematica che nasce dall'applicazione di tale disciplina riguarda il fatto che queste informazioni devono essere date al consumatore per la sua tutela prima dell'inoltro dell'ordine, e il professionista nel costruire la sua vetrina virtuale non è in grado di capire chi entrerà in contatto con il suo negozio telematico. Quindi l'unico comportamento coerente con la disciplina in esame è quello di predisporre comunque le informazioni come se il negozio virtuale sia frequentato da soli consumatori.
Invece, per quanto riguarda l'altro aspetto - le modalità attraverso cui i consumatori telematici devono venire a conoscenza di tali informazioni - le norme contenute nel Codice del consumo sembrano coincidere con quelle del d.lgs. n°70/2003.
Infatti, mentre gli articoli 52 e 53 del Codice del consumo affermano che le informazioni devono essere date “in modo chiaro e comprensibile, con ogni mezzo adeguato77 alla tecnica di comunicazione a distanza impiegata, osservando
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F.Tommasi, Contratti e tutela dei consumatori, Torino, 2007, p.268-269
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Tale norma non è di poco conto, se si tiene conto dello sviluppo di nuovi canali distributivi alternativi al tradizionale, che impongono al professionista a causa delle differenze tecniche del canale utilizzato, a
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49 i principi di buona fede e di lealtà in materia di transazioni commerciali...” e il consumatore deve ricevere conferma per iscritto o a sua scelta, su un altro supporto duraturo a sua disposizione ed a lui accessibile, di tutte le informazioni previste dall'art.3 comma 1, prima o al momento dell'esecuzione del contratto. Il comma 1 art.12 d.lgs. n°70/2003 prevede che “salvo diverso accordo tra le parti che non siano consumatori [...] in modo chiaro, comprensibile ed inequivocabile”; e al comma 3 dice: “tali informazioni devono essere messe a disposizione del destinatario in modo che gli sia consentita la memorizzazione e la riproduzione”.
Quindi dalla lettura di entrambi gli articoli si evince come il legislatore abbia introdotto lo stesso concetto in due testi normativi diversi. Assodato dunque in capo al professionista l'obbligo di fornire le suddette informazioni, è opportuno verificare le conseguenze della loro mancata adozione da parte del professionista. In realtà questo quesito non è di facile soluzione, data la mancanza di riferimenti normativi e la presenza di dibattiti dottrinali ancora aperti.
Infatti nel Codice del consumo esiste solo un riferimento espresso all'inadempimento di tale obbligo nell’art.62, che perlopiù ricalca la normativa che era contenuta nel d.lgs. n°185/99. Tale articolo stabilisce che, in caso di inadempimento, il professionista sarà soggetto ad una sanzione amministrativa che va da 516 Euro a 5.165 Euro. Inoltre nei casi di particolare gravità o di recidiva, il limite minimo e massimo della sanzione sono raddoppiati.
Se, invece, prendiamo come punto di riferimento il d.lgs. n°70/2003 e quindi la norma sul commercio elettronico vediamo che nessuna disposizione risolve il quesito.
Questo ha fatto sì che in dottrina scaturisse un lungo dibattito circa le possibili sanzioni da applicare al prestatore di servizi della società dell'informazione. fornire le informazioni nella forma più adeguata in relazione alla tecnologia utilizzata. In realtà però il legislatore ha, per così dire, lasciato una lacuna normativa. Infatti, così com'era nella disciplina previgente, il concetto di adeguatezza non è stato determinato; e inoltre non potrà neanche essere determinato a posteriori a causa della mancanza di certi parametri valutativi. Tutto ciò ha come conseguenza che solo raramente nel contenzioso in materia troveremo decisioni giurisprudenziali in merito all'inadeguatezza delle informazioni fornite dal consumatore. Scorza afferma che è “adeguato il contenuto e le modalità di comunicazione delle informazioni ogni qualvolta esse risultino idoneee a
Parte della dottrina, attribuendo carattere imperativo a tali informazioni, prevede - in caso di loro omissione - come sanzione, la nullità78 del contratto in base a quanto disposto dall'art.1418 cod. civ.79. Si tratta, però, di una cosiddetta “nullità di protezione, collegata alla violazione di norme dettate a tutela dell’interesse di una sola parte contraente, ed in quanto tale soggetta ad un regime diverso da quello delineato in via generale dal codice civile, segnatamente per quanto riguarda la legittimazione a farla valere. Il rilievo sistematico che sembra doversi riconoscere alla nuova tecnica di tutela ha indotto a prospettare la possibilità di ravvisare ipotesi di nullità virtuale, dotata delle stesse caratteristiche, in presenza di precetti ispirati alla finalità di tutela. Queste dovrebbero essere le ipotesi del d. lgs. n°427/1998 e del d. lgs. n°111/1995: nel primo caso viene stabilita la nullità del contratto per inosservanza del requisito della forma scritta (art.3, comma 1°), nel secondo, alla previsione del medesimo requisito (art.6, 1° comma) non è fatta seguire le conseguenze della sua violazione80”.
La corrente dottrinale contrapposta81 sostiene che la nullità del contratto nell'ipotesi di inadempimento del professionista agli obblighi informativi sia una sanzione eccessiva, che potrebbe penalizzare il consumatore stesso. Quindi, ritenendo doloso il comportamento del professionista che non abbia fornito dette informazioni, prevede come sanzione l'annullabilità82 del contratto, nei casi in cui il consumatore non avrebbe concluso il contratto senza tali informazioni. Se, invece, risulta che il consumatore senza queste informazioni, avrebbe comunque stipulato il contratto ma a condizioni diverse, la conseguenza sarà il risarcimento del danno83.
Comunque, per quanto riguarda la prima soluzione dottrinale, è la stessa giurisprudenza, a non condividere tale impostazione. Infatti la sentenza della consentire al consumatore di compiere la scelta e, successivamente, di manifestare la propria volontà contrattuale in modo consapevole.
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G. Scorza, I contratti del consumatore nel nuovo codice del consumo , cit.
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Art.1418 comma 1: “ il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente”.
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M.C.Cherubini, Tutela del <<contraente debole>> nella formazione del consenso, Torino, 2005, p. 57. Sull’argomento cfr. Gioia, Nuove nullità a tutela del contraente debole, in Contr. Impr., 1999, p.1332.
81
Gentili, Il codice del consumo e i rapporti on –line, cit.
82
Art.1439 Codice Civile.
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51 Cassazione Civile n. 19.024 del 2005 sottolinea che per giungere alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative, la violazione deve riguardare elementi relativi alla struttura o al contenuto del contratto; e non quindi la condotta sleale da parte del professionista.
Invece per quanto riguarda la seconda soluzione dottrinale, questa contrasta con la circostanza, come la stessa giurisprudenza afferma, della previsione di un dolo specifico all'interno della prassi negoziale. Questo vizio in tale circostanza sembra mancare.
Entrambe le correnti dottrinali, a mio parere, mostrano un’esasperazione normativa, diretta ad applicare comunque gli articoli del codice civile a questa fattispecie. A mio avviso, se dirigiamo la nostra attenzione alle dinamiche negoziali intrinseche nel commercio elettronico - quali la rapidità delle transazioni e del raggiungimento dell’accordo, l’adempimento dei suddetti obblighi informativi, la criticità delle clausole vessatorie - ci rendiamo conto che l’inadempimento del professionista rischia di pregiudicare la corretta formazione del contratto. Quindi, ogni qualvolta una “vetrina virtuale” risulta privata delle informazioni minime da fornire al consumatore, dovrebbe essere applicata la disciplina contenuta nel libro V del Codice del consumo. Tale disciplina84 legittima le associazioni rappresentative dei diritti dei consumatori di agire a tutela di tali interessi collettivi, richiedendo al giudice competente:
- di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti
- di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi delle violazioni accertate
- di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale.
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