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Presupposti per l’esperibilità dell’azione inibitoria: Art.37 del Codice del consumo

Cap.4 – Il cyberconsumatore telematico e la sua tutela giuridica

4.7 Presupposti per l’esperibilità dell’azione inibitoria: Art.37 del Codice del consumo

Come già detto nei capitoli precedenti, l'emanazione del Codice del consumo è stata un'importante novità per uniformare la normativa in tema di tutela del consumatore. Così, il codice se da un lato enfatizza i diritti del consumatore, dall'altro individua gli strumenti che il consumatore potrebbe utilizzare per far valere i propri diritti.

A tutti gli strumenti di tutela di cui si è parlato precedentemente, come gli obblighi informativi, le clausole vessatorie, il diritto di recesso, si affianca la previsione di rimedi giudiziali. Tali previsioni, che ampliano e rinforzano sempre più la tutela dei consumatori, affidano all'autorità giudiziaria il compito di esercitare un controllo “sostanziale” sui contratti conclusi tra professionisti e consumatori, sia attraverso giudizi individuali164 tra consumatore e professionista, sia nell'ambito di giudizi collettivi promossi da associazioni

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Capitolo 4 – Il cyberconsumatore telematico e la sua tutela giuridica

87 rappresentative dei consumatori per ottenere che sia “inibito” per il futuro l'utilizzo da parte dei professionisti di condizioni generali di contratto definite vessatorie.

Anche in riferimento a tale azione inibitoria, in realtà, il nostro legislatore non ha innovato la materia ma ha ripreso la normativa esistente. L'ha resa organica eliminando i punti di contrasto fra le diverse discipline e l’ha fatta confluire, come appena detto, nel Codice del consumo.

In tale contesto, rinveniamo due diverse tipologie di azioni, anche se sono entrambe definite “azioni inibitorie”.

La prima, che è anche quella che approfondiremo in tale trattazione, è disciplinata dall'art.37 del Codice del consumo rubricato “Azione inibitoria”. Tale norma non ha fatto altro che recepire il testo del vecchio art.1469-sexies del codice civile.

La seconda è presente agli artt. 139-140 del Codice del consumo e riguarda l’utilizzo di azioni inibitorie ogni qualvolta siano violati interessi e diritti dei consumatori, non di tipo contrattuale.

Il rapporto tra le due azioni ha anche condotto ad evidenziare che “la disposizione di cui all'art.37 risulta sostanzialmente pleonastica in quanto ripetitiva di quella dettata, in modo più ampio ed approfondito, dal combinato disposto degli artt. 139-140165”.

L’art.37, comma 1, Codice del consumo, prevede che: “Le associazioni rappresentative dei consumatori, di cui all'articolo 137, le associazioni rappresentative dei professionisti e le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, possono convenire in giudizio il professionista o l'associazione di professionisti che utilizzano, o che raccomandano l'utilizzo di condizioni generali di contratto e richiedere al giudice competente che inibisca l'uso delle condizioni di cui sia accertata l'abusività ai sensi del presente titolo”.

Tale norma, nel riprendere quanto affermato dall'art.1469-sexies del codice civile con riferimento all'azione inibitoria intesa quale strumento di controllo verso i casi in cui i professionisti utilizzino nella contrattazione con i consumatori

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clausole ritenute vessatorie, attribuisce la legittimazione ad agire ad un numerus

clausus di soggetti, quali: le associazioni dei consumatori, le camere di

commercio, i professionisti e le loro associazioni.

Tali associazioni devono essere iscritte in un apposito elenco166- istituito con la legge 30 settembre 1998 n° 281167- che si trova al Ministero delle Attività produttive.

Le associazioni che non sono iscritte in elenco mantengono una legittimazione attiva solo però per le azioni introdotte prima del 1998. In tale direzione va segnalata una pronuncia della Corte d’Appello di Roma del 24 settembre 2002 che ha affermato come la legittimazione ad agire delle associazioni rappresentative degli interessi dei consumatori ai fini della declaratoria di inefficacia di clausole contrattuali vessatorie non sia subordinata “per le azioni inibitorie promosse prima dell'entrata in vigore della legge n° 281/98, al possesso dei requisiti necessari per l'iscrizione nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti istituito presso il Ministero dell'Industria. Essa è pertanto accertata incidentalmente dal giudice sulla base di indici concreti quali: l'oggetto statutario, la partecipazione ad organismi pubblici, precedenti riconoscimenti giurisdizionali168”.

La scelta del legislatore di ristringere l'alveo dei soggetti legittimati ad esperire l'azione inibitoria si giustifica attraverso la consapevolezza della natura di tale azione. Infatti, riservare la legittimazione attiva ai soli soggetti collettivi è importante perché consente di raggiungere una maggiore omogeneità di giudizio su quali clausole bisogna considerare vessatorie. Ciò a causa del fatto che “l'azione inibitoria contemplata all'art.37 del Codice del consumo risponde all'esigenza di garantire la tutela degli interessi diffusi169”, cioè dei “valori ed interessi che fanno capo non ai singoli, ma ad una pluralità di individui per la cui

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Il Tribunale di Rimini con una sentenza del 26 settembre 2003 ha infatti sancito che: "con l'entrata in vigore della legge 30 luglio 1998, n° 281 e l'istituzione presso il Ministero dell'Industria, del commercio e dell'artigianato dell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, sono legittimate a richiedere l'inibitoria delle clausole vessatorie ai sensi dell'art.1469-sexies c.c. solo le associazioni iscritte nel suddetto elenco (cfr. Scorza, I contratti del consumatore nel nuovo codice del consumo, op. cit., p.65).

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Tale legge è confluita anch'essa nel codice del consumo.

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89 difesa sono legittimati ad agire determinati enti, associazioni o comitati, riconosciuti quali enti esponenziali170”.

Fino a qui non troviamo nessuna differenza con la vecchia normativa contenuta all'art.1469-sexies c.c.. Per ritrovare una differenza dobbiamo analizzare la norma contenuta al comma 4° dell'art.37. Tale comma stabilisce che: “per quanto non previsto dal presente articolo, alle azioni inibitorie esercitate dalle associazioni dei consumatori di cui al comma 1°, si applicano le disposizioni dell'art.140”. La norma rappresenta l'elemento di coordinamento fra le due discipline, anche se l'ambito di intervento è praticamente diverso, dato che, come già accennato precedentemente, l’azione disciplinata dall'art.37 si configura come un'azione inibitoria settoriale rispetto a quella prevista nell’art.139 che è più generale. Così, si può affermare che “la funzione più innovativa dell'art.140 è quella di raccordare i profili normativi ed applicativi della disciplina riguardante l'azione inibitoria contrattuale e quella generale171”. In questo modo “viene in definitiva superato il problema del rapporto esistente fra le due tipologie inibitorie e, soprattutto grazie all'accordo fra l'art.140, comma 10172, e l'art.37, comma 4, viene rimossa ogni traccia di dubbio e d'incertezza interpretativa, esistente sia in dottrina che in giurisprudenza, riguardo alla normativa previgente173”.

Originariamente, quando era in vigore la norma contenuta all'art.1469-sexies, comma 1°, codice civile, l'individuazione delle associazioni dei consumatori non era ben definita. La norma stabiliva infatti che le associazioni legittimate erano quelle “rappresentative” dei consumatori. Questa genericità legislativa, e quindi la mancanza di parametri certi per capire quale era l'associazione legittimata ad agire, ha causato un acceso dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza per individuare parametri utili a tale valutazione.

Secondo una delle prime pronunce in materia, legittimati ad esercitare l'azione inibitoria erano le associazioni “rappresentative, a prescindere dai criteri

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Cesaro, I contratti del consumatore, op. cit., p.622.

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Maneschi, La difesa del consumatore dalle clausole vessatorie, Milano, 1997, p.99

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Lisi, L’azione inibitoria, in Contratti e tutela dei consumatori, op. cit. p. 104

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Art.140, comma 10°: "per le associazioni di cui all'art.139 l'azione inibitoria prevista dall'art.37 in materia di clausole vessatorie nei contratti stipulati con i consumatori, si esercita ai sensi del presente art.".

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quantitativi e per il solo fatto che tra i loro scopi statutari rientrava la tutela degli interessi dei consumatori174”.

Successivamente, il Tribunale di Palermo con una sentenza del 2 giugno 1998175 ha individuato come indice di rappresentatività non solo la previsione statutaria della tutela dei consumatori, come precedentemente detto, ma anche il raggiungimento “di un significativo grado di continuità ed effettività nel conseguimento di tale obiettivo. Questa sentenza ha sottolineato la corrispondenza dell'art.1469-sexies cod. civ. con le direttive comunitarie, che finiscono con il demandare all'autorità giudiziaria l'accertamento di indici - stabilità, radicamento sul territorio, riconoscimento dell'autorità amministrativa, rappresentatività- idonei a conferire al gruppo la legittimazione ad agire per la tutela degli interessi collettivi”. Il giudice palermitano continua affermando che “l'associazione istante è stata ritenuta legittimata giacché secondo lo statuto promuove l'informazione e l'educazione al consumo fra consumatori ed utenti stimolando l'associazionismo e la tutela anche giuridica degli interessi dei consumatori di cui si fa portatrice; inoltre, risulta aver intrapreso con enti pubblici e privati una significativa azione di promozione degli interessi degli utenti e dei consumatori ed ha ormai raggiunto un significativo grado di continuità ed effettività nel conseguimento dei propri fini statutari”.

Dall’entrata in vigore della legge n° 281 del 1998, che è stata integralmente recepita all'interno del Codice del consumo, le associazioni dei consumatori sono state definite “formazioni sociali che abbiano per scopo statutario esclusivo la

tutela dei diritti e degli interessi dei consumatori e degli utenti176”.

Appena emanata la legge n° 281/98 sono subito sorti problemi di coordinamento tra la nozione di rappresentanza contenuta all’art.1469-sexies c.c. e l’art.5 della suddetta legge. Quest’ultimo articolo individua i requisiti che un’associazione deve possedere per l’iscrizione nell’apposito elenco, quali:

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Tribunale di Palermo, ordinanza del 24 gennaio 1997, in Foro it., 1997, p. 2292; cfr, altresì, Tribunale di Roma, ordinanza del 2 agosto 1997, in Foro it., 1997, p.3010, secondo cui "perché vi sia legittimazione attiva alla proposizione dell'azione ex art.1469-sexies c.c. è sufficiente che la tutela dei consumatori rientri tra gli scopi statutari dell'associazione."

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Tribunale di Palermo, sentenza del 2 giugno 1998, in Foro it., 1999, p.358

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V. art.3, comma 1°, lett. b), Codice del consumo (in precedenza cfr. art.2, lett.b) della legge n. 281/1998.)

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91 a) la costituzione, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, da

almeno tre anni e il possesso di uno statuto che sancisca un ordinamento a base democratica e preveda come scopo esclusivo la tutela dei consumatori e degli utenti, senza fini di lucro;

b) la tenuta di un elenco degli iscritti, aggiornato annualmente con l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;

c) un numero di iscritti non inferiore allo 0,5 per mille della popolazione nazionale e presenza sul territorio di almeno cinque regioni o province autonome, con un numero di iscritti non inferiore allo 0,2 per mille degli abitanti di ciascuna di esse, da certificare con dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà resa dal legale rappresentante dell'associazione con le modalità di cui all'art.4 della legge 4 gennaio 1968, n°15;

d) l’elaborazione di un bilancio annuale delle entrate e delle uscite con indicazione delle quote versate dagli associati e tenuta dei libri contabili, conformemente alle norme vigenti in materia di contabilità delle associazioni non riconosciute;

e) lo svolgimento di un'attività continuativa nei tre anni precedenti;

f) non avere i suoi rappresentanti legali subito alcuna condanna, passata in giudicato, in relazione all'attività dell'associazione medesima, e non rivestire i medesimi rappresentanti la qualifica di imprenditori o di amministratori di imprese di produzione e servizi in qualsiasi forma costituite, per gli stessi settori in cui opera l'associazione.

Il fatto che la legge n°281/98 “sia entrata in vigore successivamente alla novella del codice civile ad opera della legge n°52/96, ha comunque posto il problema di un eventuale superamento della disciplina di cui all'art.1469-sexies, ad opera della legge del 1998, nella quale è stata rinvenuta una regolamentazione così generale da poter ricomprendere anche la fattispecie delle clausole vessatorie177”.

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Su tale argomento si rinviene una pronuncia del Tribunale di Roma del 2000178, nella quale si legge che “ai fini della legittimazione attiva a proporre l'azione inibitoria prevista dall'art.1469-sexies cod. civ., la rappresentatività delle associazioni dei consumatori va apprezzata dal giudice senza particolari limitazioni, non rilevando i parametri all’uopo stabiliti dalla legge sui diritti dei consumatori e degli utenti”. Quindi, come conseguenza di ciò, “una diversa interpretazione che limitasse la legittimazione ex art.1469-sexies solo alle associazioni scritte nell'elenco di cui all'art.5 della legge n°281/98, finirebbe per frustrare lo spirito della riforma introdotta dalla legge n°52/96 che è di tutelare il consumatore rispetto alle pratiche negoziali illecite, obiettivo al quale ben può contribuire l'azione di associazioni non iscritte in quell'elenco e porre dubbi di costituzionalità (in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione) in quanto finirebbe per incidere sfavorevolmente su situazioni giuridiche soggettive preesistenti, quali sono quelli degli enti esponenziali che, pur essendo rappresentative di parametri diversi, verrebbero ad essere private della tutela giurisdizionale, con ripercussioni sull'interesse dei singoli associati. Inoltre, sarebbe contraddittoria rispetto alla stessa legge n°281/98 che, all'art.1, comma 2, lett. f) ha riconosciuto il fondamentale diritto alla promozione e allo sviluppo dell'associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti".

A sostegno di questo modo di pensare, bisogna sottolineare che mentre l'art.1469-sexies c.c. legittimava un'azione applicabile alla sola tutela collettiva del consumatore e con esclusivo riferimento alle clausole inserite nelle condizioni generali di contratto poste in essere dal professionista, l'art.3 della legge 281/98 aveva invece un ambito di applicazione molto più ampio179. Così, la tutela collettiva che si è venuta a creare con tale sistema normativo risulta più omogenea rispetto alla disciplina previgente e si incentra sull'azione inibitoria,

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Tribunale di Roma, sentenza del 21 gennaio 2000, in Foro it.,2000, p.2045.

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A tal riguardo dobbiamo ricordare che l'art.1 della legge 281/98, oggi inserito nel Codice del consumo all'art.2, comma 1°, sancisce: "sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma associativa e collettiva, sono favorite le iniziative volte a perseguire tali finalità, anche attraverso la disciplina delle associazioni dei consumatori e degli utenti e delle pubbliche amministrazioni".

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93 intesa quale strumento tipico per combattere sia le clausole abusive o vessatorie, sia tutti quei comportamenti dei professionisti che possano rivelarsi pregiudizievoli per la collettività.

Tutte queste argomentazioni, però, risultano vane per la previsione dell'art.37 del Codice il consumo che, come detto all'inizio di tale trattazione, legittima all'esercizio dell'azione inibitoria esclusivamente le associazioni dei consumatori di cui all'art.137. Quindi, legittimate ad agire sono esclusivamente le associazioni inserite nell'elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale.

Un’autorevole dottrina180 ritiene, però, che “il nuovo dettato normativo e dunque il riferimento all'iscrizione delle associazioni di consumatori nell'elenco di cui all'art.137 del Codice del consumo quale criterio per l'accertamento della legittimazione ad agire delle stesse, non possa essere interpretato nel senso di escludere ogni successiva verifica in merito all'effettivo perseguimento, da parte dell'ente, della finalità di tutela degli interessi collettivi dei consumatori nel caso concreto”.

In questa direzione va segnalata una pronuncia del TAR del Lazio181, che ha escluso la legittimazione ad agire di un’associazione dei consumatori, anche se era iscritta nell’apposito elenco, perché ha riscontrato la mancanza di un effettivo interesse degli utenti da tutelare. Il tribunale amministrativo laziale ha spiegato ciò affermando che: “più volte in giurisprudenza è stato affrontato il problema della legittimazione a ricorrere o a intervenire delle associazioni dei consumatori e degli utenti nelle varie materie in cui sono coinvolti interessi dei medesimi (dalla pubblicità ingannevole, al diritto di recesso), potendosi l'estensione del contenzioso spiegare agevolmente alla luce di due elementi, quali:

1) la nozione legislativa di consumatore ed utente. In tale ambito è sufficiente ricordare la definizione contenuta nell'art.2, comma 1, della legge n°281 del 98 (si intendono per consumatori e utenti le

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Cesaro, I contratti del consumatore, op. cit., p.632

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Tar Lazio, sezione I, sentenza n°13160 del 7 dicembre 2005, Movimento in difesa del cittadino Onlus vs Presidente del senato della Repubblica e Presidente della Camera dei deputati. Dello stesso avviso un'altra pronuncia del Consiglio di Stato, sezione VI, decisione del 10 febbraio 2006 n°555, Codacons vs Autorità garante della concorrenza e del mercato.

persone fisiche che acquistino o utilizzino beni o servizi per scopi non riferibili all'attività imprenditoriale e professionale eventualmente svolta) e quella oggi vigente, contenuta nel sopravvenuto Codice del consumo: “è consumatore o utente la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta.”

2) le regole del sistema italiano di tutela giurisdizionale, che caratterizzano le controversie instaurate da questo tipo di associazioni.

L’articolato modello incentrato sull'imputazione degli interessi diffusi in capo ad enti che siano dotati di una certa rappresentatività e la cui ragion d'essere risiede nella tutela di questo tipo di interessi, costituisce il punto di arrivo di una lunga evoluzione che ha riguardato le cosiddette <<azioni di interesse collettivo>> e le corrispondenti esigenze di tutela derivanti dagli attuali modelli di produzione e distribuzione di massa”.

Questa argomentazione è sostenuta anche da una pronuncia delle Sezioni unite della Corte di Cassazione n° 2207 del 4 febbraio del 2005 che afferma: "il giudice, che dirime controversie e non si occupa di fenomeni, può essere officiato solo in presenza o in vista almeno di un pregiudizio” […] “Quanto detto giustifica infine il canone giurisprudenziale secondo cui la legittimazione a ricorrere di un'associazione di consumatori va verificata caso per caso alla luce dei provvedimenti effettivamente impugnati e della loro concreta attitudine a ledere, in rapporto di diretta congruità, gli interessi di cui l'ente è portatore”. In base a ciò, la Corte di Cassazione ha precisato che "occorre tenere conto del dettato dell'art.139 contenuto nel titolo II, parte V del codice del consumo, il quale sancisce (con norma sostanzialmente coincidente con l'art.3 della legge n° 281/98) che tali associazioni sono legittimate ad agire a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, mentre l'art.140 specifica come esse possano richiedere al tribunale:

a) di inibire gli atti e i comportamenti lesivi degli interessi dei consumatori e degli utenti;

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95 b) di adottare le misure idonee a correggere o eliminare gli effetti dannosi

delle violazioni accertate;

c) di ordinare la pubblicazione del provvedimento su uno o più quotidiani a diffusione nazionale oppure locale nei casi in cui la pubblicità del provvedimento può contribuire a correggere o eliminare gli effetti delle violazioni accertate.

I dati normativi appena riportati permettono di ribadire la conclusione di carattere generale innanzi anticipata: la pur ampia legittimazione ad agire in giudizio dell'associazione ricorrente non è tuttavia così vasta da ricomprendere qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si rifletta, in modo diretto o indiretto, sui cittadini, dovendo al contrario esser commisurata a quegli atti che siano idonei ad interferire con specificità e immediatezza sulla posizione dei consumatori e degli utenti” […] "In quest'ottica, va evidenziato che nel caso concreto non si riscontrano elementi dai quali desumere l'attitudine dell’atto impugnato a vulnerare, in modo certo o almeno probabile, gli interessi la cui tutela costituisce finalità statutaria del Movimento" […] "La contestata determinazione non è dunque idonea a incidere sull'interesse collettivo dei consumatori e degli utenti nè cagiona a costoro un pregiudizio meritevole di riparazione in sede giudiziaria, non rinvenendosi alcun interesse, tra quelli tutelati dal Movimento, intaccato in modo diretto dalla nomina. Ne segue che il gravame, preordinato non tanto alla protezione di un interesse collettivo quanto piuttosto alla tutela oggettiva della legittimità degli atti amministrativi, deve essere dichiarato inammissibile182”. Inoltre, legittimati all’azione inibitoria sono anche le camere di commercio. In realtà, esse dovrebbero effettuare un controllo di tipo preventivo. Infatti, l’art.2, commi 4 e 5 della legge n°580/93183 investe tali soggetti di compiti ben precisi per la tutela dei consumatori, tra i quali:

1) promuovere la costituzione di Commissioni arbitrali o conciliative per le controversie, sia fra imprese, sia fra imprese e consumatori;

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Cesàro, I contratti del consumatore, cit., pp. 629 e ss.

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Legge che ha riordinato le camere di commercio, artigianato e agricoltura. Tale legge ha dettato specifici compiti in tema di tutela del consumatore.

2) predisporre e promuovere contratti tipo tra imprese, loro associazioni e