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77 Emerge, quindi, la centralità della figura d

progettista e direttore dei lavori che, utilizzando la propria cultura specifica deve contribuire in modo critico e propositivo al restauro dell‟opera da conservare, restauro concepito come «complesso di interventi

tecnici scientifici, intesi a garantire,

nell‟ambito di una metodologia critico- estetica, la continuità temporale di un‟opera

d‟arte»109

, congiuntamente alla cultura

109 Di Stefano, p.34

archeologica a cui va il compito della lettura e dell‟interpretazione del patrimonio, la più approfondita possibile. Egli potrà ricorrere a strutture protettive di tipo passivo consapevole che ogni tipo di soluzione che verrà messa in campo dovrà essere sempre intimamente connessa alle qualità ed alle condizioni dei singoli reperti, nonché alla circostanza che in quei siti siano contenuti ed ospitati episodi di rilevanti qualità artistiche o documentarie, in modo da preservare quei documenti nel loro contesto ambientale e nel loro reciproco

rapporto, assecondando la loro

musealizzazione in situ.

3.2 Criteri per la progettazione di protezioni

in ambito archeologico

78 Oggi alle coperture, come sistemi di protezione archeologica passiva, si ricorre sempre più di frequente, sia per l‟accresciuto valore attribuito a resti della cultura materiale trascurati fino a pochi decenni fa, sia per un raggiungimento di gradi di salvaguardia che non sarebbero altrimenti possibili da ottenere specie per le strutture più fragili, quali i rivestimenti parietali e pavimentali, ma anche

LE PROTEZIONI DELLE AREE ARCHEOLOGICHE.ARCHITETTURA PER L‟ARCHEOLOGIA 82 per agevolare la fruizione pubblica e

differenziata di tutti quei documenti che si decide possano essere sottoposti ad una musealizzazione in loco.

Premesso, come più volte si è ripetuto, che ogni monumento ha una sua specificità e che richiede pertanto delle misure e delle soluzioni che devono essere pensate per quel luogo e per quel monumento, esistono tuttavia delle finalità comuni, delle esigenze che tutti i sistemi di protezione devono sviluppare. La funzione principale di ogni copertura è quella di offrire una valida protezione e riparo dai principali fattori di rischio ambientale e

antropici, soddisfacendo i seguenti criteri110:

-protezione dall‟azione dirette della acque

meteoriche;

-protezione dai fenomeni di condensazione e

di “effetto serra”;

-protezione dalle acque di scorrimento; -garantire un adeguata raccolta e smaltimento delle acque;

-schermatura termica ai raggi ultravioletti; -protezione dai venti prevalenti e dall‟aggressione delle polveri;

-protezione dalle presenze biologiche; - protezione dalla attività antropiche; -benessere della materia;

-benessere delle attività antropiche, siano

esse quelle di scavo, documentazione, e restauro che quelle delle fruizione pubblica;

-basso impatto ambientale, ovvero il sistema di protezione deve essere discreto, in modo che la struttura non sia vissuta come un corpo estraneo nel contesto , deturpante e fastidioso alla fruizione a nella percezione dell‟ambiente che lo

110

Sposito, pp.326-327; Ferroni, Laurenti, 2007, pp.92-93

contiene, ma che si inserisca nel modo più organico possibile con il contesto; -basso impatto archeologico, ovvero il

sistema di protezione non deve essere invasivo, prevedendo pertanto che le fondazioni siano superficiali o con scarsa profondità ed estensione, che i

sostegni verticali siano autonomi

rispetto alla materia archeologica, infine che la copertura sia, per quanto possibile, leggera;

-reversibilità, del sistema di protezione, deve cioè consentire lo smontaggio delle struttura senza arrecare danni alle stratigrafie archeologiche;

-riconoscibilità e identità dell‟intervento, ovvero il sistema di protezione deve prevedere materiali e tecnologie che

forniscano una integrazione

dell‟immagine senza porsi come falso storico;

-manutenibilità dell‟opera, ovvero facilità di manutenzione per garantire la durabilità

delle protezioni e la seguente

conservazione delle strutture da

proteggere;

-sicurezza e stabilità,quindi rispondenza alle norme antisismiche e di sicurezza per gli utenti e per la materia archeologica, secondo sistemi valutati caso per caso;

-utilizzo di materiali e prodotti

adeguatamente sperimentati sul campo,

al fine di evitare la perdita, nel tempo delle prestazioni iniziali, primaria causa del proprio degrado;

-attrezzabilità del sistema, mediante

componenti variamente disposti, sia per l‟inserimento di passerelle per i visitatori, di chiusure verticali, sia per l‟alloggiamento di sistemi impiantistici: la struttura deve coinvolgere gli spettatori, permettendo la visitabilità delle opere di scavo e di lavoro, per diventare evento culturale; si devono perciò prevedere passerelle o percorsi

LE PROTEZIONI DELLE AREE ARCHEOLOGICHE.ARCHITETTURA PER L‟ARCHEOLOGIA 83 appositi che, senza intralciare il lavoro

degli operatori di cantiere, rendano visibili le attività e i rinvenimenti; - facilità di trasporto e di montaggio,ovvero

consentire il trasporto dei vari

componenti adeguati alla natura dei contesti in modo da non metterli a rischio.

Si tratta di una serie di requisiti, desunti da una pluridecennale esperienza sul campo, che aiutano ad evidenziare l‟adeguatezza e l‟appropriatezza di determinati sistemi dal

punto di vista conservativo, alla protezione e

alla tutela del bene, ma che non vanno ad

informare il progetto della copertura

archeologica dal punto di vista formale ed

estetico, inteso qui solo come impatto fisico

del bene. Sono, cioè, linee guida

assolutamente svincolate da giudizi

sull‟aspetto formale architettonico del progetto e sulle sue capacità di migliorare la fruizione

del bene e il suo contributo alla

comprensibilità e alla trasmissione, oltreché

alla capacità di contribuire all‟assetto

allestitivo-museografico generale delle aree archeologiche.

Essi sono dei requisiti necessari ed

inderogabili, ma non sufficienti per una valutazione complessiva dell‟appropriatezza delle scelte.

Va considerato che, nonostante la non esaustività del loro valore, i criteri riportati permettono di effettuare alcune considerazioni sull‟inefficienza di alcune soluzioni, come ad esempio, le realizzazioni con materiali o tecniche non idonee, perché potenzialmente dannose nel confronti del reperti. Pensiamo alle tettoie che utilizzano elementi di supporto in ferro non zincato, che possono produrre fenomeni di ossidazione e quindi danneggiare le superfici sottostanti, o alle coperture vincolate direttamente su murature ed elementi architettonici originali, che oltre a poter confondere l‟osservatore, come si è già

detto111, possono recare danno nelle zone di

contatto per una non corretta trasmissione degli sforzi.

Parimenti, sono da stimare come inadeguate anche le coperture di dimensioni non sufficienti rispetto a quelle del monumento da proteggere, o quelle con piani di tenuta che

determinano condizioni microclimatiche

dannose, inducendo al di sotto variazioni significative di temperature e umidità.

.

3.3 Caratteri tipologici e morfologici delle

coperture delle aree archeologiche

Al di là della relazione, costruttiva e spaziale, che ogni copertura instaura con le parti ad essa sottoposte, ovvero il suo “valore di

relazione”112, resta che un tetto, “in quanto

parte dell‟edificio disposto in modo da limitare

lo spazio interno verso l‟alto”113

, contribuisce in maniera univoca a ristabilire i caratteri tipologici di un reperto, ma anche a stravolgerli, là dove non è coerentemente progettato.

Il passaggio che avviene da un‟idea generica di protezione al fine di tutelare i reperti disseppelliti, studiati e restaurati, ad una copertura, ha in sé un problema che può essere discusso ed affrontato con terminologie proprie del linguaggio architettonico.

In primo luogo, le coperture sono esse stesse componenti tettoniche ed, in quanto tali, posso

111 Cfr, par.2.4 112 Manieri Elia

LE PROTEZIONI DELLE AREE ARCHEOLOGICHE.ARCHITETTURA PER L‟ARCHEOLOGIA 84 essere lette ed interpretate in base alla

rispondenza alla funzione che sono chiamate a svolgere, in base alla loro conformazione spaziale ed essere, quindi, suddivise per tipologie che tengano conto della tecnica costruttiva, e dei rapporti sia interni che con le altre parti costruttive antiche o moderne.

Va detto che l‟elaborazione di classificazioni e distinzioni tra coperture archeologiche sono state operate già in passato.

Tra queste quella operata da Hartwig Schmidt è tra le più organiche: egli pubblica una sorta

di atlante114 che campiona coperture

architettoniche esistenti su scavi archeologici situati in Occidente ed nel Vicino Oriente, suddividendole in due gruppi: coperture che non confinano il bene e coperture che lo

confinano. Giorgio Gullini115, invece,

distingue le coperture in tre tipi,

comprendendo nel primo le coperture

filologiche sia nella forma che nei materiali, nel secondo le coperture che imitano la forma e i volumi delle coperture originarie ma impiegano materiali differenti, e nel terzo le coperture del tutto indipendenti dal contesto di riferimento.

Si tratta di tentativi validi per il loro sforzo documentaristico e organizzativo, anche se entrambi i casi mostrano dei limiti, per carattere di rassegna acritica come nel caso di Schmidt, e per una scelta al ristretto ambito

pompeiano, nel secondo caso, troppo

particolare per diventare un riferimento generale.

Pochi anni prima, Franco Minissi aveva

operato una tipizzazione di più respiro116,

proponendo una suddivisione delle coperture

114 Schmidt 115

Gullini,1991 116 Minissi,1985

in quattro categorie basandosi sulla

funzionalità e sulla conformazione

architettonica:

-coperture provvisorie;

-coperture unitarie di interi complessi archeologici che fungono da contenitori museali rispetto ai resti antichi;

-coperture che ricompongono

arbitrariamente spazi e volumi di pura invenzione, ma in contraddizione con l‟originario impianto planimetrico; -coperture che ricompongono su basi

filologiche le forme e i volumi originari,

resi con materiali completamente

moderni, distinguibili rispetto agli antichi e integralmente reversibili.

Il merito di tale tipizzazione è di affermare che il progetto di una copertura deve essere visto in un ambito più ampio, che è quello della

valorizzazione integrale dell‟area

archeologica.

La distinzione, operata da Minissi, tra sistemi di protezione provvisori e definitivi, a seconda

del loro grado di temporaneità, è accettabile117,

se per le prime ci riferiamo a quelle coperture realizzate con materiali vili e facilmente deteriorabili, che vengono approntate per garantire la protezione dell‟area di scavo per il

periodo dell‟emersione e della

documentazione, seppure, come si è detto118,

mancando spesso una programmazione nella loro gestione, finiscano per diventare sistemi che permangono per periodo anche molto più lunghi rispetto agli intenti iniziali.

Più interessante, invece, è la distinzione operata da Schmidt tra sistemi che non confinano il bene e sistemi aperti, seppure ,

117

Cfr. Laurenti,2006; Ranellucci,2009; Sposito.

118

LE PROTEZIONI DELLE AREE ARCHEOLOGICHE.ARCHITETTURA PER L‟ARCHEOLOGIA 85 trattandosi di elementi descrivibili rifererndosi

alla grammatica architettonica sarà più opportuno mutuare tali dizioni in tettoie e

involucri, individuando così già delle componenti costruttive.

3.3.1 Le tettoie

79