1.1 Sviluppo e crisi delle città industrial
1.1.2 L’emergere di una nuova urbanità
A partire dagli anni Ottanta, sempre più sociologi e geografi iniziarono a descrivere le nuove metropoli che andavano affermandosi in America ed Europa in modo differente rispetto al passato. Ad essi non passarono inosservate le radicali mutazioni che le città stavano attraversando in quel periodo. A loro avviso32, infatti essi erano vittime di un micidiale attacco. Seguendo questa ipotesi la ferita micidiale era stata inferta da un diffuso atteggiamento antiurbano rintracciabile in quel ceto medio affermatosi definitivamente negli anni Settanta e che andava disamorandosi del centro metropolitano. A. Strauss, ad esempio, utilizzò una metafora che rende bene l’idea di tali cambiamenti, definendoli come una “minaccia di strangolamento [nei confronti delle città] da parte dei sobborghi”33.
31 P.H. Rossi (1955), op. cit. pp. 15 - 25.
32 Cit. in Amendola (1977), p. 76.
In effetti tali autori, pur esagerando, coglievano un cambiamento realmente in atto e di vasta portata che, a partire da quegli anni, ebbe come conseguenza una profonda mutazione tanto della struttura urbana quanto di quella sociale.
Le società occidentali, specialmente a partire dai primi anni settanta, furono attraversate da cambiamenti culturali e comportamentali piuttosto significativi. In prima approssimazione essi furono portati dalle rivendicazioni che, sul finire degli anni sessanta, coinvolsero quasi indistintamente ogni parte del globo. Più precisamente, a partire da quelle esperienze, presero forma nuove sensibilità ed un diverso modo di concepire le società altamente industrializzate che fecero sentire la propria influenza per tutti gli anni seguenti.
Soffermandoci in campo urbano, tali cambiamenti sociali fecero crescere i desideri di libertà individuale (sia sul lato delle attività quotidiane che su quello abitativo), il desiderio di maggiori spazi a disposizione (dentro e fuori l’abitazione) ed il desiderio di un maggior contatto con l’ambiente naturale34. Si vollero, in definitiva, lasciare alle spalle le enormi difficoltà legate alla prima ondata di urbanizzazione, la quale aveva pesantemente sacrificato la qualità abitativa e lavorativa a favore dell’efficienza e dell’economicità. In campo urbanistico si avvertirono, di conseguenza, i primi segnali di una presa di distanza da un modello di stampo razionalista dominante per tutti gli anni sessanta e per la prima parte dei settanta; modello che aveva finito col disegnare forme urbane percepite come umanamente distanti da coloro che le abitavano.
In questi due decenni era stato privilegiato, infatti, il concetto di standard, sia in termini di tipologie abitative, sia in termini di servizi offerti. A livello politico, sotto la spinta di un assalto alla città da parte di popolazioni sradicate dal mondo rurale, emerse la volontà di rinunciare nel campo edilizio a tutto ciò che non fosse strettamente utile, motivando il tutto con l’idea di sviluppare un’architettura valida per ogni classe sociale. La città razionalista che si
sviluppò da queste premesse fu centrata su un’urbanistica quasi esclusivamente funzionale, rivolta alla razionalità della progettazione ed alla dinamicità delle comunicazioni. Lungo questa strada fu Le Corbusier il primo a teorizzare un’abitazione concepita come una vera e propria “cellula”, ovvero come una unità standardizzata e funzionale allo svolgersi delle attività umane all’interno delle città. Furono dunque questo modello e lo stesso Le Corbusier i riferimenti ideali di tutta la fase razionalista che, a partire dalla metà degli anni settanta, lentamente s’avviò ad una fase di declino.
La crisi della città industriale e della sua appendice razionalista35 partì dunque da una profonda ridiscussione del modello di città nato dalla sostenuta ripresa economica post-bellica e da una riappropriazione culturale del territorio, inteso sempre di più in senso ambientale e paesaggistico. Questo avvenne dopo che la visione funzionalista dominante nei decenni precedenti aveva ridotto lo spazio dell’abitare a un astratto contenitore di case e impianti su cui spesso e – come vedremo nelle pagine seguenti – con particolare forza nel caso italiano, era stata la mano invisibile del mercato immobiliare a dettare le geometrie localizzative urbane.
Da queste trasformazioni risulta profondamente mutato oggi il ruolo delle città che tendono ad essere sempre meno il luogo dell’industria, come lo sono state nelle società industriali, sia perché la stessa industria viene drasticamente ridimensionata sia perché l’industria favorita dai nuovi sistemi di comunicazione tende a diramarsi sul territorio e a disperdersi nelle società locali.
Nella “società dell’informazione”, assistiamo ad un progressivo processo di contro-urbanizzazione e al diffondersi della conseguente prossimità
35 A dire il vero il razionalismo era nato proprio in opposizione al disordine generato
dall’assenza di pianificazione all’interno delle città di prima industrializzazione. Tuttavia, in questa sede, per semplicità espositiva, considererò le forme architettoniche razionaliste come parte integrante del fenomeno di espansione dei centri urbani, conseguente all’inurbamento massiccio che ha cambiato il volto delle città nella seconda metà del XX secolo. Tanto per essere espliciti tali forme sono intese nel presente lavoro più come “appendici notturne” delle fabbriche fordiste che come progetto di riscatto dalle fatiscenze delle città paleotecniche.
informatica che si viene a creare, ad uno stato di vitalità delle società locali. Lo stesso sviluppo che tende ad emergere sembra fortemente differenziato nelle sue caratteristiche specifiche, legate alle caratteristiche specifiche delle comunità locali: assistiamo ad una molteplicità di percorsi di sviluppo che danno luogo alla modernizzazione di piccole economie locali.
In sintesi, dall’analisi che A. Detragiache avanza come fattori della messa in crisi della città industriale ciò che emerge è una nuova rappresentazione morfologica e territoriale che si viene oggi a creare all’interno dei contesti urbani: un nucleo centrale che rappresenta una parte della città interna da cui si è iniziato il processo di polarizzazione. Oggi questo nucleo si presenta come sede delle funzioni centrali in forte sviluppo, che tende a dilatarsi riducendo la funzione abitativa.
L’area di conurbazione costituita dall’insieme del nucleo centrale dell’area generatore del polo e dai centri prossimi che sono stati coinvolti nel processo di espansione del nucleo centrale, vengono a formare un continuo di edificazione. Le linee di trasformazione che hanno prodotto l’inglobamento sono l’avanzamento delle industrie lungo le direttrici di fuoriuscita dal nucleo centrale verso i centri periferici e quindi la progressiva localizzazione di industrie anche a partire dai centri periferici, un avanzamento del fronte abitativo lungo le direttrici dal nucleo centrale verso i centri periferici e poi dai centri periferici verso il nucleo centrale e quindi la formazione di un asse di connessione. A loro volta anche i centri periferici tendono a riprodurre su scala inferiore la struttura del centro principale e cioè presentano un’area in cui sono localizzate le funzioni centrali, nelle cui adiacenze vi sono aree degradate in cui si insediano gli immigrati e le aree minori di localizzazione degli altri strati sociali. I processi di espansione ulteriore del polo vengono a determinare un’area più vasta in cui si trovano i fattori agglomerativi in presenza dei quali tendono a localizzarsi le industrie. Quest’area si presenta così come la seconda rilocalizzazione delle imprese, quelle che prima erano insediate nella città centrale e poi si erano insediate nella fascia di congiunzione con i primi nuclei
coinvolti nella conurbazione e che ora tendono ad abbandonare questa localizzazione. Quest’area è quella che accoglie le nuove industrie, soprattutto le medie, mentre le unità produttive maggiori, quelle cioè connesse con le grandi imprese, tendono a localizzarsi ancora oltre, anticipando l’ampliamento ulteriore di quest’area, in vista anche di sfruttare la dinamica fondiaria che esse stesse determinano con la loro localizzazione. La condizione su cui si basa lo sviluppo di tutte queste aree è che il polo abbia toccato elevati livelli di sviluppo, sebbene anche a scala inferiore è probabile che si riscontri questo modello quando un polo, pur non avendo ancora raggiunto dimensioni elevate presenti tuttavia elevati tassi di crescita.