• Non ci sono risultati.

Il quadro demografico a livello comunale

Dinamiche demografiche dell’area bolognese

3. Il quadro delle principali tendenze nella provincia bolognese

3.2. Il quadro delle principali tendenze nel Comune di Bologna

3.2.1 Il quadro demografico a livello comunale

Il territorio provinciale ha ceduto negli ultimi dieci anni circa 15.000 persone al capoluogo, il 62% circa provenienti da comuni del P.U.I30, il 16% dalla pianura, un altro 16% da i comuni della montagna e il rimanente 6% dall’imolese. Per quanto riguarda il fenomeno di emigrazione, il flusso in uscita da Bologna è stato negli ultimi dieci pari a circa 48.000 persone, una media di 9.700 unità all’anno.

Il numero degli emigrati verso il territorio provinciale ha raggiunto negli ultimi dieci anni le 32.000 unità: si è però passati da flussi in uscita di quasi 7.000

30 Nel 1982 fu attuata una esperienza di pianificazione di area vasta innovativa ed importante il

Piano Urbanistico Intercomunale P.U.I, facevano parte dei quest’area i comuni di Bologna, Zola Predosa, Casalecchio di Reno, Sasso Marconi, Pianoro, S. Lazzaro di Savena, Ozzano dell’Emilia, Castenaso, Granarolo dell’Emila, Castel Maggiore, Calderara di Reno, Anzola dell’Emila, Bentivoglio, S.Giorgio di Piano, Sala Bolognese.

persone all’inizio del periodo alle 5.500 del 2004. Le destinazioni riguardano per il 55% i comuni del P.U.I, per il 20% quelli di pianura, per il 18% quelli di montagna e per il rimanente 7% Imola e dintorni.

Al Censimento del 1991 Bologna è risultata la settima città d'Italia in termini di importanza demografica. Il numero dei suoi abitanti era, a quella data, di poco superiore alle 400.000 unità. Nonostante la popolazione di Bologna sia in netta e costante diminuzione dal 1973, la posizione del capoluogo emiliano nella graduatoria delle città per numero di abitanti non si è mai modificata rispetto al Censimento precedente.

Infatti, se nel decennio 1981-91 Bologna ha perso oltre 54.000 residenti (più di due volte gli abitanti dell'attuale quartiere Borgo Panigale), nello stesso periodo tutte le grandi città hanno subito un ridimensionamento demografico più o meno marcato.

Nel loro complesso, le diciotto maggiori città italiane hanno perso in dieci anni oltre 1 milione di abitanti (una dimensione paragonabile a quella della città di Napoli), mentre contemporaneamente la popolazione residente sull'intero territorio nazionale tra il censimento del 1981 e quello del 1991 è, sia pur lievemente, aumentata (+0,5%), ciò significa che Bologna, come altre grandi città italiane, si trova all’interno di un fenomeno sociale e territoriale di tipo epocale di diffusione insediativa.

Bologna è stata oggetto di immigrazioni anche di notevole intensità fino ai primi anni Settanta: da allora, la città ha ceduto popolazione al suo hinterland e ad altre province limitrofe. Il Capoluogo invece ha continuato ad assorbire popolazione dalle regioni situate più a sud del paese ma, soprattutto, è diventata meta di flussi di immigrati stranieri, ai quali, in larga misura, si deve nel 1996 il primo segnale di inversione di un saldo migratorio negativo da oltre un ventennio.

L’hinterland rappresenta, d’altra parte, il maggior bacino di attrazione delle persone che hanno deciso di lasciare la città e di vivere in centri di minori

dimensioni: solo dal 2001 al 2004, 32.000 bolognesi hanno scelto come nuova sistemazione abitativa un comune della provincia. La destinazione favorita è ovviamente la prima cintura, più vicina alla città e meglio servita da mezzi di trasporto pubblici; i dati hanno inoltre mostrato come vi sia spesso una tendenza a rimanere lungo le stesse direttrici in cui si trovano i quartieri di provenienza, cosa peraltro vera anche nel caso degli spostamenti opposti (dalla provincia al capoluogo).

Interessante ai fini del presente studio sembra poter analizzare il movimento migratorio dei quartieri che compongono il Comune di Bologna, in quanto se esiste una zona in città dove già da diversi anni gli arrivi di residenti sono più delle partenze, quello è rappresentato dal centro storico.

Al contrario alcuni quartieri come, Savena, San Donato, Reno, Borgo Panigale e Navile, - quelli cioè interamente situati in periferia - hanno fatto registrare, nel periodo considerato, un saldo migratorio negativo31.

Nonostante la rilevanza del flusso immigratorio, il saldo naturale permane ancora negativo. La variazione del trend demografico è dunque dovuta all’aumento delle entrate rispetto alle uscite dal capoluogo.

Sembra interessante tracciare, grazie all’aiuto dei dati statistici del Comune di Bologna, un vero e proprio identikit dell’immigrato e dell’emigrato “standard” negli ultimi dieci anni. L'analisi dei dati ha permesso di individuare almeno tre tipologie di immigrati32:

- della prima, fanno parte persone con un livello di istruzione medio-alto, che appartengono spesso al ceto impiegatizio, anche ricoprendo qualifiche elevate, o che risultano lavorare in modo autonomo (imprenditori, liberi professionisti, ecc.); tra essi prevale quindi l’appartenenza al settore delle cosiddette “altre

31 I dati relativi all’andamento della popolazione residente nel centro storico di Bologna e

quelli relativi allo studio della popolazione nei diversi quartieri cittadini sono pubblicati a cura del Settore Programmazione, Controlli e Statistica del Comune di Bologna, I numeri di

Bologna, Edizione 2004.

32 Comune di Bologna (2005), Allegato n. 1. “Come cambia Bologna: le recenti tendenze

attività”. Essi si stabiliscono in città, dove peraltro il terziario ha la sua roccaforte, preferendo il centro storico oppure le zone più signorili come Costa-Saragozza, Murri, Colli;

- una seconda tipologia di immigrati è costituita, invece, da persone con un livello d’istruzione non troppo elevato, tra cui troviamo i lavoratori dipendenti (operai e simili), che si indirizzano prevalentemente verso aree della città in cui è dominante un’edilizia di tipo popolare, economicamente abbastanza accessibile, in particolare in zone come Bolognina, Corticella e Borgo Panigale;

- la terza e ultima categoria di immigrati è quella degli stranieri: anche in questo caso è opportuno non generalizzare, la maggioranza è rappresentata da persone con livelli di istruzione medio-bassi, che trovano spesso occupazioni di tipo puramente manuale o esecutivo. Questa tipologia di stranieri si è indirizzata verso sistemazioni economiche situate nelle zone residenziali di minor pregio.

Per quanto riguarda gli emigrati, il territorio provinciale rimane la meta preferita di chi esce dalla città di Bologna e ha rappresentato la soluzione abitativa di famiglie spesso alla ricerca di sistemazioni meno costose di quelle cittadine o, a parità di costo, assai più spaziose e dotate di maggiori comfort. Esiste però anche un’emigrazione cosiddetta “di ritorno”, vale a dire un rientro nelle località di origine (un comune della provincia, una città del sud, ecc.) di bolognesi acquisiti, magari al termine della propria vita lavorativa: non è un caso, infatti, che una buona percentuale di emigrati non faccia parte della popolazione attiva ed appartenga a fasce di età non propriamente giovanili. Poco più della metà tanto degli immigrati quanto degli emigrati in questo periodo sono maschi. La maggior parte degli immigrati (il 55%) appartiene alla fascia di età 20-34 anni. Gli emigrati appaiono mediamente un po’ meno giovani (il 51% di essi ha comunque una età compresa tra 20 e 39 anni).

Solo nelle classi di età comprese tra i 15 e i 29 anni gli ingressi sono risultati superiori alle uscite: mentre per tutte le altre, comprese quindi quelle di cui fanno parte bambini e anziani, il saldo migratorio è negativo.

Passando al titolo di studio, vale la pena sottolineare come, mediamente, chi è immigrato a Bologna negli ultimi dieci anni, fosse più istruito di chi ne è emigrato: mentre, infatti, la percentuale di emigrati con livello scolastico basso (al più la scuola dell’obbligo) risulta più elevata di quella corrispondente fatta registrare dagli immigrati (52% contro 42%), il contrario si verifica per diplomati e laureati (41% contro 51%).

Possiamo aggiungere però che per gli emigrati si assiste, ad un progressivo innalzamento del livello di istruzione dichiarato, infatti, la quota di chi aveva al più superato l’obbligo scolastico era negli ultimi dieci anni del 54% e quella di chi aveva un diploma o una laurea del 39%, le due percentuali sono divenute rispettivamente pari a 50% e 43%.

Il fenomeno contrario si verifica tra gli immigrati. E′ probabile che alla base di ciò, come vedremo meglio in seguito, sia il progressivo aumento tra di essi delle presenze straniere.

Al termine del processo migratorio svoltosi negli ultimi dieci anni, il capoluogo ha “guadagnato” cittadinanza con livello d’istruzione medio-alto, perdendone contemporaneamente di meno istruita.

Quanto all’attività svolta, gli immigrati sono costituiti per il 61% da persone in condizione professionale e per il 39% da persone in “altra condizione non lavorativa” (studenti, casalinghe, persone alla ricerca del primo impiego, ecc.). Tali percentuali sono rispettivamente il 72% e il 28% per i maschi e il 48% e il 52% per le femmine.

La percentuale di persone non attive sul totale è di poco superiore per gli emigrati (il 43%); diversi appaiono però i pesi delle singole categorie. In particolare, fra gli emigrati sono molto più numerosi i pensionati, le casalinghe

e altre persone non attive, mentre tra gli immigrati risultano assai più rappresentati gli studenti, cosa peraltro facilmente collegabile alla presenza dell’Università e al peso sempre crescente che la componente di provenienza extra-regionale riveste sugli iscritti. Così pure, tra quanti sono in condizione professionale, gli emigrati mostrano percentuali più elevate di lavoratori indipendenti e di ceti impiegatizi (di basso o alto livello), mentre tra gli immigrati si contano quote più consistenti di altre figure di lavoro dipendente. Quanto ai rispettivi settori di attività, gli emigrati hanno dichiarato più frequentemente degli immigrati di appartenere all’industria e al commercio; il contrario si verifica per le altre attività del terziario. Sembra quindi di poter leggere nei dati, la volontà dei lavoratori di avvicinarsi alle rispettive sedi lavorative, quelle industriali ormai in maggioranza dislocate al di fuori dei confini cittadini e quelle dei servizi, invece, assai diffuse proprio in città.

L’analisi per zona di destinazione e titolo di studio rivela una presenza superiore alla media di immigrati con basso livello di istruzione (al più la scuola dell’obbligo) presenti nei quartieri, San Donato, Navile, Reno e Borgo Panigale, mentre livelli di scolarità elevata caratterizzano gli immigrati delle zone, Murri, Saffi, Costa-Saragozza e di tutto il centro storico.

L’incrocio tra destinazione e condizione professionale rivela una presenza superiore alla media di studenti immigrati nelle zone del centro, mentre il ceto impiegatizio ed i lavoratori in proprio sembrano essersi indirizzati con particolare frequenza verso i quartieri, Costa-Saragozza, Murri e Colli: gli altri lavoratori dipendenti figurano in misura molto superiore alla media nei quartieri, Bolognina, Saffi, Borgo Panigale e Corticella.

In qualche modo, quindi, i flussi migratori confermano alcune caratteristiche socio-demografiche già note nei presenti quartieri cittadini, determinate spesso dalle quotazioni di mercato degli immobili ivi collocati: così, ad esempio, Bolognina, Corticella e Borgo Panigale, aree in cui prevale un’edilizia popolare, attirano più di altre zone un’immigrazione di tipo operaio e con

livello educativo piuttosto basso, mentre i quartieri Murri, Costa-Saragozza, Colli e il centro storico, zone cioè con abitazioni mediamente di più alto pregio, rappresentano mete ricercate da professionisti, colletti bianchi e studenti.

Alcune interessanti considerazioni sono possibili, osservando poi le provenienze e le destinazioni di immigrati ed emigrati. Per quanto riguarda la provenienza degli immigrati ed iniziando dal territorio provinciale, un ruolo di primo piano rivestono, come è facile attendersi, due dei comuni di più grandi dimensioni (San Lazzaro di Savena e Casalecchio di Reno). E′ possibile altresì osservare come gli arrivi dal territorio della provincia abbiano tendenza a rimanere lungo le direttrici di partenza: ecco che così, ad esempio, Borgo Panigale diviene meta consueta per chi si trasferisce dai comuni di Anzola dell’Emilia o da Calderara di Reno, mentre Corticella e Bolognina per chi giunge da Castel Maggiore e Argelato. E ancora, Mazzini, Murri e San Ruffillo raccolgono molti degli immigrati provenienti dal comune di Pianoro, mentre San Vitale molte delle provenienze dal comune di Castenaso.

La stessa cosa può dirsi per gli emigrati: osservando a titolo di esempio, i flussi diretti da Corticella e Bolognina verso il Comune di Castel Maggiore e Argelato, mentre da Costa-Saragozza e Barca verso il comune di Casalecchio di Reno, dal quartiere Mazzini verso il comune di San Lazzaro di Savena, dall’area di San Ruffillo verso il comune di Pianoro e dal quartiere di San Donato verso il comune di Granarolo dell’Emilia.

Per chi proviene da luoghi non limitrofi è possibile individuare, attraverso l’analisi dei dati, le più frequenti destinazioni: i quartieri Bolognina e San Vitale in primo luogo, ma anche Saffi, Mazzini, San Donato hanno registrato negli ultimi anni forti ingressi dal sud e dalle isole.

3.2.2 Le dinamiche demografiche a livello comunale nel periodo 2001-