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Un uso capovolto del territorio

1.2 La crisi dei centri storic

1.2.2. Un uso capovolto del territorio

Gli inizi del XXI secolo, la spazialità contemporanea sembra vicina ad un capovolgimento dei modelli classici di relazione tra “centro” e “periferia” e tra “urbano” e “rurale”. Una delle immagini più popolari di questo ribaltamento è stata in verità anticipata negli anni Ottanta da P. L. Cervellati, che ha parlato di una reciproca contaminazione della condizione urbana e della condizione rurale: «mentre l’emergente si allarga e si diffonde verso la campagna,

l’esistente si rimpicciolisce fino a ridursi in qualche edificio storico considerato, da una punto di vista meramente burocratico ‘monumento’»74 . L’osservazione di una reciproca contaminazione delle condizioni urbane e rurali è il risultato della recente metamorfosi – nei simboli e negli episodi insediativi – del rapporto tra “centro” e “periferia”, con il merito di aver rappresentato il fenomeno soprattutto sul ruolo attivo, e non più passivo, della “periferia” rispetto ad un “centro” privato delle sue prerogative classiche. Mentre la forma urbana che, per tanto tempo, si era presentata compatta intorno al suo “centro”, esplodeva nel territorio circostante, la “periferia” si insinuava nelle maglie sempre più larghe dei confini urbani. Intanto che i caratteri della perifericità si universalizzavano, non riguardando più soltanto determinati settori dello spazio e della società, allo stesso tempo i caratteri della “centralità” non erano più esclusivi delle formazioni territoriali per lungo tempo deputate a contenerli.

Stando ad una delle più celebri citazioni di G. Martinotti – «il vero centro si è già spostato, non è più ‘dentro’, sta in periferia»75 – nuove centralità si starebbero riorganizzando, anche se sempre temporaneamente, all’esterno dei nuclei centrali degli agglomerati urbano-metropolitani, ossia in tutti quei territori del sub-/peri-/para-urbano, dove la potenzialità urbana si è scaricata «in una serie di forme insediative, aeroporti, shopping malls, quartieri residenziali, infrastrutture di tempo libero» o in «semplici agglutinazioni di insediamenti di vario tipo attorno a strade, autostrade, ferrovie, stazioni e altri servizi»76.

La vera novità è che non è “periferica” soltanto l’origine di questi nuovi percorsi, ma lo sono anche l’orientamento e la direzione, condizionati sì dalla collocazione sempre più decentrata dei luoghi del lavoro, del consumo e del tempo libero, ma anche dalla perdita di forza attrattiva delle località centrali. Ne trascuriamo la rilevanza quando ignoriamo i meccanismi concorrenziali che si instaurano tra luoghi pubblici “storici” e luoghi pubblici “contemporanei” e non vediamo che il rapporto tra i primi ed i secondi si risolve sempre più a vantaggio dei secondi, che incrementano l’offerta di opportunità per l’impegno di tempo libero, a scapito dei luoghi pubblici “storici” progressivamente deprivati di elementi di attrazione. Così facendo non si prende per nulla in considerazione il fatto che il decentramento e la frammentazione dei luoghi pubblici e delle relative centralità possono essere favoriti proprio dalla contrazione della domanda dei luoghi pubblici ereditati dalla città della tradizione, indipendentemente dalla variazione dell’offerta stessa. I luoghi pubblici “storici” possono, infatti, semplicemente non rientrare più nei percorsi preferenziali delle persone, oppure non essere più compresi nelle loro traiettorie biografiche. Infatti, tante volte, anche quando essi non sono stati

75 G. Martinotti, «Il vero centro si è già spostato, non è più ‘dentro’, sta in periferia», in

Teléma, n. 15, 1998-1999.

76 G. Martinotti, «Introduzione», in G. Martinotti (a cura di) (1999), La dimensione

trascurati dalle amministrazioni pubbliche, hanno ugualmente perso forza di attrazione nei confronti dei loro tradizionali destinatari77.

La dispersione del centro in periferia ha corrisposto al declino dei valori simbolici che la “centralità” aveva storicamente espresso ovvero, concentrazione ed accumulo di gerarchia e potere. L’estinzione di una centralità unica ed esclusiva era in connessione con il fatto che l’ideologia del potere avesse trovato altre vie di espressione della sua forza, mentre era assai difficile credere che la gerarchia ed il potere espressi dalla centralità avessero abdicato così facilmente al loro ruolo storico di dominio. Era forse più probabile che la centralità si fosse “astutamente” frazionata, o dispersa in modo indefinito sul territorio o, ancora, dilazionata casualmente in forme e spazi con densità differenti, rispondendo così alle esigenze dell’ideologia del potere di trascriversi con modalità sempre più sofisticate e raffinate su di un territorio più esteso78.

Qualsiasi sia la matrice di questa prospettiva, comunque, a partire da essa non esiste più alcun motivo per rimandare oltre lo spostamento dell’oggetto di analisi dai contesti d’indagine tradizionali alle nuove formazioni territoriali. E non solo per il carattere di novità che li caratterizza dal punto di vista della morfologia fisica, ma soprattutto perché ci si rende conto che qui germogliano pratiche sociali che sempre più ridisegnano il rapporto tra spazi e pratiche sociali nel territorio contemporaneo79, per la loro capacità di liberare

77 «Al riparo delle vie alberate suburbane, è nata l’ultima generazione di cittadini che delle

grandi città ha sempre conosciuto soltanto il profilo lontano, la skyline che intravede nei giorni di aria tersa. Chi ha 15 o 16 anni adesso, pensa alla vita in città come alle vestigia di un passato remoto, parte di un costume superato e stravagante. La televisione parla chiaro: laggiù non c’è più niente da vedere. Solo pericoli e povertà. Una civiltà in fiamme. I ghetti, il crimine, la violenza. Meglio restarsene al sicuro, meglio spingersi, tutt’al più, fino allo shopping mall di zona», S. Pistolini (1995), Gli sprecati. I turbamenti della nuova gioventù, Feltrinelli, Milano, p. 143.

78 M. Roncayolo (1978), La città, op. cit p. 40. 79 Ibidem.

«potenzialità e tensioni in grado di rivoluzionare, nel breve giro di pochi anni ogni aspetto della vita sociale e privata»80.