Francesco Forte
L'argomento che devo trattare questa sera (*) è stato fatto oggetto di numerose risoluzioni del Consiglio e della Commissione della CEE, in par-ticolare durante l'anno 1974, m a anche d u r a n t e l'anno 1975. È inopportuno considerare tutti i documenti in questione, sia perché sono una quantità notevole sia perché si susseguono di continuo.
C o m u n q u e vi è un d o c u m e n t o di sintesi (seb-bene successivamente ce ne siano stati altri), del 27 novembre 1974 della Commissione delle Comunità Europee intitolato: « Politica energe-tica e comunitaria: obiettivi per il 1975; comuni-cazione della Commissione al Consiglio », il quale presenta, sia pure in m o d o generale, u n a panora-mica degli obiettivi e dei p r o g r a m m i della Comu-nità Europea in questa materia.
Tale panoramica è preceduta anche da u n a ambiziosa tabella, sui f u t u r i consumi europei di energia. Dico « ambiziosa », perché essa com-porta una modifica drastica, nella struttura e nel-l'ammontare, dei fabbisogni dell'energia dell'Eu-ropa. Si dovrebbe supporre che la Commissione e gli altri organismi europei giochino, assieme ai governi dei paesi m e m b r i , un ruolo v e r a m e n t e impegnativo per effettuare queste modificazioni. Basta dire che — al 1973 — i combustibili petroliferi sono il 6 1 , 4 % della d o m a n d a totale di prodotti energetici nella C o m u n i t à E u r o p e a — energia primaria in coefficienti omogenei di petrolio equivalente — e d o v r e b b e r o scendere al 1975, soltanto al 4 1 - 4 4 % , pur verificandosi un aumento in tonnellate di petrolio considerevole. Corrispondentemente a u m e n t a la q u o t a del gas naturale da 11,6 a 2 0 - 2 3 % , e s o p r a t t u t t o la q u o t a dell'energia nucleare d a l l ' I , 4 % al 1 6 % .
È anche degno di nota il fatto che il c a r b o n e scende dal 2 2 , 6 % al 1 7 % . Ma per f a r e questo, dato l'aumento globale dei consumi, si implica u n cospicuo a u m e n t o dell'offerta di c a r b o n e , che sino
a ieri, era in declino nella C o m u n i t à E u r o p e a . Il consumo passa nella C E E da 227 milioni di ton-nellate di equivalente petrolio a 2 5 0 milioni di tonnellate di equivalente petrolio.
Questi ambiziosi obiettivi v a n n o completati con l'osservazione che l ' i n c r e m e n t o del consumo, anziché essere al tasso p r e c e d e n t e del 5 % , è sol-tanto al tasso del 3 , 5 % ; cioè, in queste previ-sioni, si attua u n a riduzione dell'espansione del consumo.
Q u i n d i obiettivi molto impegnativi.
È da d u b i t a r e che la C o m u n i t à E u r o p e a abbia gli strumenti e le possibilità per attuare questi obiettivi. Forse si p u ò dire che, per q u a n t o ri-g u a r d a l'obiettivo ri-globale di c o n t e n i m e n t o del-l'espansione del c o n s u m o a questo fine giocherà più che un'esplicita politica della C E E , un assie-me di circostanze. D a u n lato gioca il fatto che il grosso r i n c a r o del prezzo dell'energia induce i n d u b b i a m e n t e a cercare di r i d u r r e il c o n s u m o di energia, e quindi determina u n c o n t e n i m e n t o del-l'espansione dell'impiego di energia (che in prin-cipio consiste in u n a riduzione netta nel c o n s u m o e in seguito in u n a u m e n t o minore che u n a volta). D ' a l t r o lato il g r a n d e rincaro del petrolio e il fatto che si siano verificate a livello internazio-nale u n a serie di p e r t u r b a z i o n i d r a m m a t i c h e , che tutti conosciamo, di carattere inflazionistico e r i g u a r d a n t i le bilance dei p a g a m e n t i , ha compor-tato e c o m p o r t a tuttora delle politiche di restri-zione e di deflarestri-zione che h a n n o ridotto il tasso di sviluppo globale dell'economia e q u i n d i la do-m a n d a di consudo-mi energetici, e p e r t a n t o anche la d o m a n d a di prodotti petroliferi. N o n la politica
(*) Relazione tenuta presso la sede della Società italiana per l'organizzazione internazionale (SIOl) di Torino il giorno 13 mag-gio u.s. nell'ambito delle riunioni di studio su « Le comunità europee di fronte ai grandi problemi settoriali », promossa dal-l'Università di Torino sotto gli auspici e con la collaborazione dell'Ufficio per l'Italia delle comunità europee.
esplicita della CEE di risparmio d'energia, m a gli avvenimenti internazionali esercitano l'influenza determinante.
C o m u n q u e vi sono anche delle direttive espli-cite della CEE, che r i g u a r d a n o politiche di d u e tipi: politiche per la d o m a n d a di energia e poli-tiche per l'offerta di energia.
Per la politica della d o m a n d a dell'energia, ci sono due obiettivi. Uno, è quello di limitare, come ho detto poc'anzi, il tasso di sviluppo a lungo termine del c o n s u m o interno al 3 % - 3 , 5 % anzi-ché al 5 % , il che c o m p o r t a specificatamente delle misure di intervento. L'altro, il secondo obiettivo è quello di incoraggiare progressivamente il con-sumo di elettricità, affinché questa f o r m a di ener-gia rappresenti il 3 5 % del c o n s u m o di enerener-gia nel 1975, contro il 2 5 % nel 1973.
Questa modifica nella d o m a n d a di energia ha d u e scopi, m i sembra di capire:
— il primo, quello di p e r m e t t e r e sul lato dell'offerta u n a crescente espansione dell'energia nucleare, la quale n o t o r i a m e n t e si estrinseca in energia elettrica. Q u i n d i f a c e n d o in m o d o che la d o m a n d a energetica si sviluppi c o m e d o m a n d a di energia elettrica più che di altre f o n t i , si faci-lita l'espansione dell'offerta di energia nucleare;
— il secondo che, essendo l'energia elettri-ca u n ' e n e r g i a p a r t i c o l a r m e n t e flessibile, in u n a q u a n t i t à di aspetti, si p u ò facilitare il r i s p a r m i o di energia p r i m a r i a , attraverso la maggior fles-sibilità che c'è nel suo c o n s u m o . Q u e s t o p e r ò è un tema sub judice. Se da un lato è vero che l'energia elettrica è flessibile (noi possiamo chiu-d e r e l ' i n t e r r u t t o r e e r i s p a r m i a r e a n c h e per 10 mi-nuti energia), è p u r v e r o che p e r p r o d u r r e energia elettrica, che è u n ' e n e r g i a d e r i v a t a , ci vuole u n processo di t r a s f o r m a z i o n e , nel q u a l e si p e r d e dell'energia. C h e la politica dell'energia meglio si faccia attraverso u n ' e n e r g i a flessibile, che p e r ò si ottiene a t t r a v e r s o la t r a s f o r m a z i o n e di un'al-tra energia, è q u e s t i o n e che resta da vedersi caso per caso.
Ma è i n d u b b i a m e n t e vero che se si vuole ac-crescere la q u o t a dell'energia n u c l e a r e e r i d u r r e la q u o t a del petrolio, è i m p o r t a n t e , sul lato della d o m a n d a , avere u n a politica c h e r e n d a possibile q u e s t a modifica s t r u t t u r a l e dell'offerta.
Per q u a n t o r i g u a r d a l'offerta, l'obiettivo prin-cipale della C E E , è q u e l l o di r i d u r r e al 4 0 % circa de! totale del f a b b i s o g n o e n e r g e t i c o la d i p e n d e n z a
riguardo all'energia importata: oggi la CEE di-pende per il 6 3 % del proprio fabbisogno dalla energia di importazione; l'Italia per quote supe-riori, anche l ' 8 0 % .
Qui discendono u n a serie di obiettivi. N o n vi è bisogno di spendere molte parole per illustrare il significato oltre che economico, anche politico e p o t r e m m o dire strategico (includendo in questo termine sia concetti economici, che concetti po-litici), del r i d u r r e la dipendenza della CEE dal-l'importazione di energia in u n a misura cosi rile-vante. Basterà sottolineare che la forte dipen-denza della C E E la indebolisce nella sua politica internazionale e nella continuità delle sue poli-tiche economiche; e infine nella sua possibilità di sviluppare politiche economiche autonome nei c o n f r o n t i dei vari paesi del m o n d o .
Fra poco v e d r e m o anche quali tematiche que-sto implica nei r a p p o r t i con gli Stati Uniti, e in genere con altri paesi a grosso sviluppo, interes-sati al p r o b l e m a energetico.
Q u e s t o obiettivo « principale » nel c a m p o del-l'offerta di energia si estrinseca in sei obiettivi derivati per le varie fonti di energia (ciascuno per u n a di esse).
Il p r i m o obiettivo viene posto nel c a m p o dei combustibili solidi, cioè essenzialmente il car-b o n e . Esso è articolato in tre sotto ocar-biettivi.
I n n a n z i t u t t o vi è quello di mantenere in va-lore assoluto il livello della produzione comuni-taria di carbone: 175-180 milioni di tonnellate di petrolio equivalente, nel 1985.
Q u e s t o è un grosso sforzo, perché nella C E E vi sono m i n i e r e di c a r b o n e in corso di esauri-m e n t o e in declino. Q u i n d i iesauri-mplica — nella C E E — investimenti di r i n n o v o , investimenti per accrescere la sicurezza nelle miniere, e u n a im-p o r t a n t e im-politica attiva im-per la m a n o d o im-p e r a , im-per incoraggiare i giovani ad a d d e n t r a r s i nelle mi-niere di c a r b o n e , cosa che essi nella C E E (tra l'altro scarsa fino a ieri di m a n o d o p e r a ) non ama-v a n o f a r e . Si è assistito a un i n ama-v e c c h i a m e n t o della m a n o d o p e r a c a r b o n i e r a , per cui c'era un p r o b l e m a di sostituzione, non solo delle miniere, m a d e l l ' o c c u p a z i o n e . Q u e s t o grosso sforzo si sup-p o n e che sarà sostenuto attraverso sup-prestiti age-volati e forse sovvenzioni da p a r t e della C E E .
Però in q u e s t o c a m p o comincia ad individuarsi un t e m a critico, che noi possiamo trovare anche in altri aspetti della politica energetica comuni-taria: cioè che gli s t r u m e n t i di azione della C E E
per quanto riguarda la politica industriale in ge-nere e la politica energetica in particolare, n o n sono molto ben specificati.
Sono previste delle facilitazioni creditizie e fiscali e forse (dico forse, perché n o n è chiaro con quali mezzi) delle sovvenzioni per delle imprese cosiddette comuni o comunitarie che, a p p u n t o , dovrebbero avere u n particolare statuto in seno alla Comunità Europea. D'altra parte sono pre-viste, delle raccomandazioni da parte della C E E ai governi membri perché esplichino delle azioni in questo senso.
Però tutto ciò, sino ad ora, è dotato di mezzi quantitativamente di gran lunga insufficienti, e anche di strumentazioni giuridiche di gran lunga insufficienti rispetto alle dimensioni negli obiet-tivi. Nel campo del carbone n o n basta avere que-ste vaghe impostazioni riguardo all'impresa co-m u n e e ad eventuali sovvenzioni creditizie, perché si tratta di impegni a lungo termine massicci, in cui non ci si avventurerà se n o n si a v r a n n o le spalle coperte.
Mi sembra anche di capire che la n o r m a t i v a esistente della CECA, n o n offre in questo c a m p o , strumenti ad hoc sufficientemente audaci. E ciò perché il carbone è stato sino ad ora concepito, dal p u n t o di vista della C o m u n i t à E u r o p e a , come un reliquato, come u n problema essenzialmente sociale, di conversione ad altre attività, n o n — come oggi viene ad emergere — quale un'alterna-tiva energetica f o n d a m e n t a l e .
Bisogna aggiungere che le miniere di c a r b o n e dell'Europa non sono tra le più p r o d u t t i v e del m o n d o , anche se sono state i n d u b b i a m e n t e rese più convenienti dal q u a d r u p l a m e n t o del prezzo del petrolio, che anche d o p o i d e p r e z z a m e n t i delle monete di questi a n n i è c o m u n q u e u n b u o n triplicamento. È chiaro che miniere di c a r b o n e che erano marginali o sottomarginali, d i v e n t a n o interessanti nella produzione. T u t t a v i a sempre meno di altre, in altri paesi del m o n d o .
Nella Comunità E u r o p e a , le miniere di c a r b o n e non sono a cielo aperto: sono sotterranee e sono a p r o f o n d i t à notevoli, perché le vene migliori già sono state sfruttate. Q u e s t o implica che le condi-zioni di insicurezza e di difficoltà del lavoro sono maggiori che altrove e i r e n d i m e n t i sono a n c h e minori.
D'altra parte alcune miniere di c a r b o n e a b b a n -donate potrebbero essere riprese. Ma a n c h e senza essere tecnici del settore, si p u ò dire che riprende-re minieriprende-re a b b a n d o n a t e è e s t r e m a m e n t e faticoso,
perché queste si allagano di acqua, sicché i pro-blemi che si determinano per la riattivazione sono molto c o m p i a s i .
Più in generale si deve osservare che l'attiva-zione o riattival'attiva-zione di miniere di carbone com-porta grossi investimenti che possono essere am-mortizzati solo con programmi a lungo termine. Q u i n d i queste operazioni sono convenienti n o n già p u r a m e n t e e semplicemente in relazione ad u n t e m p o r a n e o a u m e n t o dei prezzi, m a in relazio-ne a qualche cosa che sia garantito per il f u t u r o , cioè ad u n a prospettiva certa per u n decennio o u n ventennio di possibilità di vendita, a condi-zioni r e m u n e r a t i v e .
Ecco q u i n d i u n a questione f o n d a m e n t a l e che vale per il c a r b o n e C E E oltre che per altri approv-vigionamenti energetici e che si collega ad u n a certa tematica di Kissinger, che è reale anche se p u ò essere svolta in m o d o pretestuosamente uni-laterale, cioè quella di garantire u n prezzo mini-mo per le fonti di energia alternative per rendere conveniente lo sviluppo dell'offerta di lungo pe-riodo. Anziché u n prezzo m i n i m o , p u ò trattarsi di u n ricavo netto m i n i m o . C o m u n q u e il tema è di lungo p e r i o d o perché si tratta di offerte che h a n n o un'elasticità solo a condizione che si sap-pia che per u n lungo periodo di t e m p o vi è la convenienza di f a r quelle operazioni.
A p a r t e la questione dei crediti agevolati o delle politiche di f a v o r e di varia n a t u r a , tra cui p o t r e b b e r o esserci politiche sociali nei riguardi della m a n o d o p e r a , emerge come tema f o n d a m e n -tale quello delle garanzie contrattuali che il car-b o n e sarà ritirato a u n certo prezzo, salvo poi u n a cassa di conguaglio che p a g h i u n a differenza, rispetto al prezzo a cui è costato al c o n s u m a t o r e . Vi è poi u n assieme di temi tecnologici, che si collegano al c a r b o n e nel m e d i o e lungo p e r i o d o : come quello dello sviluppo della ricerca tecnolo-gica per la sicurezza delle miniere; e s o p r a t t u t t o quello della ricerca tecnologica per la gassifica-zione del c a r b o n e e la c a r b o c h i m i c a . O c c o r r e f o r m u l a r e u n a politica del c a r b o n e collegata n o n soltanto all'utilizzo del c a r b o n e delle centrali elet-triche (come o p p o r t u n a m e n t e nelle direttive della C o m u n i t à ) , ma a n c h e u n a politica per l'utilizzo del c a r b o n e al posto del petrolio, sia nel ciclo più tipico del petrolio come risorsa energetica, sia nel ciclo chimico, della c a r b o c h i m i c a , invece che della p e t r o l c h i m i c a .
Q u e s t o c o m p o r t a , a n c h e u n a serie di politiche di ricerca tecnologica e v e n t u a l m e n t e
comuni-tarie: politiche di cui sino ad ora si è parlato, ma che non h a n n o ancora trovato veste concreta. Il secondo sotto obiettivo è quello di accre-scere la possibilità di importazione del carbone
di provenienza dai paesi terzi, e portarlo a
55-40 milioni di tonnellate di equivalente petrolio nel 1985.
Q u e s t o comporta anche u n a politica comuni-taria di a p p r o v v i g i o n a m e n t o del c a r b o n e nei con-f r o n t i di aree terze, come p o t r e b b e r o essere la Polonia e l'Australia. È q u i n d i u n discorso di poli-tica internazionale di notevole interesse. È n o t o che ci sono paesi del m o n d o , come l'Australia, gli stessi Stati Uniti, e v o l e n d o il C a n a d à , che dispongono di grossissime m i n i e r e di c a r b o n e , ol-tre a quelli dell'Est E u r o p e o . E v i d e n t e m e n t e u n a politica internazionale di r a p p o r t i organici con questi paesi p u ò s u p e r a r e diffidenze in singoli campi, e s o p r a t t u t t o d a r e luogo a quella tematica che ho a c c e n n a t o p r i m a dell'attivazione di u n a offerta al di là di quello che p o t r e b b e essere l'espansione n o r m a l e contingente. E ciò in rela-zione al f a t t o che si è stipulato u n c o n t r a t t o di acquisto a lungo t e r m i n e o si è a p e r t a u n a prospet-tiva di acquisti a lungo t e r m i n e , p e r cui risulta conveniente p e r gli operatori locali in questione f a r e grossi investimenti che assicurino questa espansione dell'offerta.
Il terzo sottobbiettivo, connesso ai d u e prece-denti è quello di portare al 1985 a 30 milioni di tonnellate di equivalente petrolio la produzio-ne di lignite e di torba produzio-nella CEE. Questi pro-dotti inferiori servono essenzialmente per l'ener-gia elettrica. Per essi e v i d e n t e m e n t e o c c o r r e u n a certa politica di sostegno.
È c h i a r o che questa politica p e r il c a r b o n e pre-s u p p o n e u n a politica per l'elettricità, quella che a b b i a m o visto sul Iato della d o m a n d a di energia. Cioè p r e s u p p o n e di stimolare le i m p r e s e elettri-che dei paesi m e m b r i , nazionali o p r i v a t e (nel caso d e l l ' I t a l i a , l ' E N E L ) a utilizzare di più il c a r b o n e di quello che si facesse.
Il discorso vale in effetti in p a r t i c o l a r e per l'Italia che tra i paesi della C E E è quello che m e n o fino ad ora ha utilizzato il c a r b o n e nelle p r o p r i e centrali elettriche: e anzi, lo utilizza oggi di m e n o che non nel passato. Le ragioni storiche ed e c o n o m i c h e , p o s s i a m o dire, per cui l'Italia ha f a t t o ciò, sono s t r e m a m e n t e c o m p r e n s i b i l i , a n c h e se non del tutto giustificabili!
L'Italia ha f a t t o q u e s t o p e r c h é per un lungo p e r i o d o di t e m p o era il paese, insieme a l l ' O l a n d a ,
che maggiormente si trovava ad avere quantità di petrolio greggio e di petrolio lavorato di basso prezzo, residui per cosi dire di lavorazione (in u n certo senso sotto prodotti: l'olio combustibile è la parte più povera della raffinazione) in rela-zione alla sua ubicarela-zione geografica e allo svi-l u p p o in essa di u n a enorme capacità di raffina-zione. A causa di questo fatto c'era u n a grossa giacenza di prodotti lavorati di basso valore. Que-sta d e t e r m i n a v a u n a preferenza, u n a convenienza immediata per l'impiego di essi nell'elettricità; e nello stesso t e m p o u n a pressione dei petrolieri sulle aziende elettriche per l'utilizzo di questi prodotti e per il non-sviluppo delle attrezzature adatte per utilizzare il carbone.
Utilizzare il c a r b o n e nelle aziende elettriche implica d u e passaggi peculiari. Uno è quello di disporre di u n sistema di trasporti abbastanza complesso: bisogna p o r t a r e c a r b o n e con dei tre-ni, con delle navi, con dei tubi che lo scaricano, e cosi via, e l'altro quello di p r o v v e d e r e a tritarlo, m a c i n a r l o , staccarlo. Q u i n d i n o n sono cose che si i m p r o v v i s a n o .
N a t u r a l m e n t e sono investimenti che, rispetto agli e n o r m i costi delle centrali elettriche e degli stessi combustibili, non sono cosi rilevanti. A n c h e se sono decine o c i n q u a n t i n e di miliardi, visti gli ordini di g r a n d e z z a con cui si ragiona in questi c a m p i , n o n sono cifre spaventose. Però sono sem-pre c i f r e m o l t o consistenti, e investimenti di u n a certa complessità a n c h e geografica.
C'è poi l'aspetto ecologico: il c a r b o n e , eviden-t e m e n eviden-t e , b r u c i a n d o nelle ceneviden-trali eleeviden-teviden-triche, dà luogo a dei f u m i per a b b a t t e r e i quali ci vogliono dei mezzi tecnici di u n a notevole complessità. Q u i n d i ci sono dei costi tecnologici e ci sono delle p r e o c c u p a z i o n i degli enti locali e delle popola-zioni interessate.
Perciò, u n e n d o le pressioni delle compagnie p e t r o l i f e r e con questi aspetti organizzativi ed eco-logici, l'Italia non ha utilizzato affatto o quasi il c a r b o n e , n e a n c h e in centrali elettriche che h a n n o già u n a a t t r e z z a t u r a per usare il c a r b o n e , come per esempio quelle che si sono fatte in Sardegna, per l'utilizzo del c a r b o n e del Sulcis che v a n n o in realtà a petrolio.
T u t t a v i a l ' I t a l i a , già oggi, p o t r e b b e utilizzare c a r b o n e per u n e q u i v a l e n t e , se non erro, di 8 mi-lioni di tonnellate di petrolio nelle centrali che h a n n o già una possibilità di sostituzione.
T r a le direttive della C E E , vi è in p r i m o piano q u e s t a : di creare questo uso effettivo. È evidente
che in caso di crisi, la possibilità di ricorso a questi materiali alternativi è di e n o r m e impor-tanza.
Vorrei anche sottolineare che la diversifica-zione delle fonti di energia che la C E E giusta-mente persegue, non serve soltanto ad accrescere la sicurezza degli approvvigionamenti, ma anche ad alleviare un onere di bilancia dei pagamenti sotto il profilo delle contropartite. Nella misura in cui i paesi europei c o m p r a n o carbone, si rivol-gono in genere a paesi che h a n n o u n a grossa propensione ad importare, in relazione all'attivo della propria bilancia dei pagamenti: quindi è il problema del riciclaggio del denaro non speso nelle contropartite, e non si ripresenta. Se noi importiamo carbone dalla Polonia o i m p o r t i a m o carbone da altri paesi del m o n d o che offrono car-bone, presumibilmente questi paesi u s a n o queste risorse per effettuare essi stessi delle importazioni.
Ecco quindi l'importanza di questa diversifi-cazione.
Il secondo obiettivo riguarda il gas n a t u r a l e , e consiste di due sottobbiettivi. Il primo è quello di sviluppare la produzione comunitaria (terra-ferma e giacimenti sottomarini) in modo da otte-nere almeno 195 milioni di tonnellate di equiva-lente petrolio e se possibile 225 milioni di ton-nellate di equivalente petrolio nel 1985.
Questo implica una sovvenzione, u n o stimolo, un aiuto creditizio e finanziario alle imprese di ricerca, per la ricerca sottomarina e continentale nella CEE. Si ritorna al discorso che a b b i a m o fatto al p u n t o precedente, per il c a r b o n e , con u n rafforzamento: qui le risorse da impegnare sono veramente ingenti.
Le prospettive ci sono, come è noto. Basta pen-sare ai ritrovamenti che sono stati effettuati sia nel Mare del N o r d , sia in molti altri paesi d ' E u r o -pa: in Francia, in Italia e in O l a n d a soprattutto. Questo sviluppo del gas, n a t u r a l m e n t e , dà luogo ad u n a diversificazione rispetto al petrolio. Nella misura in cui si tratta di gas p r o d o t t o in E u r o p a consente anche un risparmio di valuta per l'im-portazione e ad u n a maggiore i n d i p e n d e n z a .
Secondo sottobbiettivo: assicurare l'importa-zione da 95 a 105 milioni di tonnellate di equi-valente petrolio di gas naturale, cioè la metà del quantitativo prodotto all'interno, in provenienza da paesi terzi.
Ci si p u ò d o m a n d a r e p e r c h é rivolgersi al gas naturale, e sviluppare le provviste di importa-zione con gestotti e altri mezzi costosi che
assi-curino al rifornimento, anziché al petrolio? Che vantaggio ciò d à ? La risposta è che i paesi che offrono gas natuFale n o n sono esattamente gli stessi, o non tutti gli stessi che d a n n o petrolio. Q u i n d i si p u ò accrescere la g a m m a degli offerenti e nello stesso tempo rivolgersi a offerenti i quali h a n n o un maggior interesse all'importazione in cambio dell'esportazione. In particolare, ad esse-re specifici, f r a i paesi i quali esportano gas natu-rale vi è l'Algeria, la quale è u n paese petrolifero che già oggi ha un problema di bilancia di paga-menti, cioè u n paese che più esporta, più importa e quindi che non si trova, come l'Arabia Saudita nella situazione di doverci fare, per così dire, u n piacere ad esportare perché n o n sa cosa farsene dei proventi valutari. Lo sviluppo dell'uso del gas n a t u r a l e , in questo caso, e anche nel caso d e l l ' I r a n che è u n o dei paesi che è al limite della capacità di p a g a m e n t o in relazione al suo svilup-po economico, accrescono la nostra i n d i p e n d e n z a , anche q u a n d o si tratta di importazione.
Occorre poi dire che il gas n a t u r a l e , in con-f r o n t o ad altre con-f o r m e di energia ocon-fcon-fre per la sua flessibilità, affine a quella dell'energia elettrica, maggiore possibilità nei c o n f r o n t i del tema del r i s p a r m i o dell'energia che in questo discorso è molto i m p o r t a n t e .
U n i m p i a n t o di riscaldamento domestico azio-n a t o a gas azio-n a t u r a l e p u ò essere regolato m e d i a azio-n t e termostati, acceso e spento in m o d o a u t o m a t i c o molto semplice; cosa che, evidentemente, n o n si p u ò fare allo stesso m o d o con gli impianti che sono azionati con altri tipi di combustibili i quali richiedono b e n altri tempi di accensioni e di spe-gnimento e complicazioni molto più considerevoli.
N a t u r a l m e n t e il gas n a t u r a l e ha dei pregi evi-denti dal p u n t o di vista ecologico perché è u n a energia pulita, a differenza di quelle che p r i m a a b b i a m o m e n z i o n a t o : c a r b o n e e per inciso l'olio combustibile. Q u e s t o è u n discorso che n o n c'en-tra e s a t t a m e n t e con la tematica che oggi la Comu-nità E u r o p e a si p o n e e che riguarda l'indipen-denza nel c a m p o del settore energetico, che tuttavia ci interessa in linea generale nella pro-blematica dell'energia.
Dal p u n t o di vista d e l l ' a m b i e n t e , questo è il combustibile ideale, perché n o n h a quasi ele-m e n t i di c o n t a ele-m i n a z i o n e a differenza di ogni altra f o r m a di risorse energetiche. D à solo quel peculiare tipo di i n q u i n a m e n t o , che è l'inquina-mento termico, il fatto che, p r o d u c e n d o s i calore,
si p r o v o c a n o nell'atmosfera delle perturbazioni che possono avere delle conseguenze.
Il terzo obiettivo è ambiziosissimo e riguar-da l'energia nucleare: disporre nel 1985 di un parco di centrali di una potenza installata di 200 gigawatt, che forniscono pressappoco metà della produzione di elettricità nella Comunità.
Mi p e r m e t t o di dire che questo a p p a r e oggi un obiettivo assurdo, considerando che le centrali nucleari impiegano cinque anni a essere attuate, e considerando il p u n t o di partenza attuale che è molto modesto. Oggi p r o d u c i a m o con le centrali nucleari solo 14 milioni di tonnellate di equiva-lente petrolio ( 1 , 4 % del f a b b i s o g n o energetico della comunità). Si dovrebbe arrivare a 242 ton-nellate di equivalente petrolio (16% del fabbi-sogno energetico della comunità al 1985).
Q u e s t o e n o r m e balzo in avanti che implica de-cine di centrali nucleari n o n potrà essere attuato. Credo c o m u n q u e che questa i m p o s t a z i o n e ambi-ziosa la si d e b b a anche i n t e r p r e t a r e politicamente, come u n a sorta di sfida.
Qui sorgono però, notevoli p r o b l e m i . Per lo sviluppo di u n a politica comune nel settore