Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 76r (www.e-codices.ch)
CIL VI 991 (EDR104032)
Ìmp(eratori) Caesari L(ucio) Aurelio Vero Aug(usto) Armeniac(o) Med(ico) Parthic(o), pontific(i), tribunic(ia)
pot(estate) V̅I̅I̅I̅I̅, imp(eratori) V̅, co(n)s(uli) I̅I̅I̅, p(atri) p(atriae).
Il testo dedicato a Lucio Vero, imperatore dal 161 al 169, anno della sua morte e sepoltura nel Mausoleo, gode di una tradizione del tutto uguale a quella del titulus di Commodo. Nº iscrizione
silloge di Einsiedeln
Luogo
iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi
57. Mausoleo di
58-59 Epitaffi di Lucio Elio Cesare e Antonino Pio
Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 76r (www.e-codices.ch)
CIL VI 985 (EDR104016)
L(ucio) Aelio Caesari Divi Hadriani Aug(usti) filio co(n)s(uli) I̅I̅ .
CIL VI 986 (EDR104017)
Imp(eratori) Caesari Tito Aelio Hadriano Antonino
Aug(usto) Pio pontifici max(imo), tribunic(ia) pot(estate) X̅X̅I̅I̅I̅I̅,
5 imp(eratori) I̅I̅, co(n)s(uli) I̅I̅I̅I̅, p(atri) p(atriae).
Altra coppia di iscrizioni il cui destino sembra essere simile è quella rappresentata dagli epitaffi di Lucio Elio Cesare e di Antonino Pio. Questi si trovavano l’uno a destra, l’altro a sinistra della porta d’entrata della Mole. Entrambe le iscrizioni hanno una tradizione ulteriore a quella del codice di Einsiedeln, e vengono riportate nella silloge Signoriliana, nel Nº iscrizione
silloge di Einsiedeln
Luogo
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58. Mausoleo di
Adriano 76v CIL VI 985 EDR104016 No No
59. Mausoleo di
British Library, Add. 34758 e da altri autori rinascimentali. Esse pare siano andate distrutte durante il papato di Alessandro VI, il quale aveva commissionato un’ingente opera di restauro e fortificazione dell’edificio che aveva riguardato anche l’ingresso. Stando ad una testimonianza del 1506 di Raffaele Maffei relativa all’iscrizione di Antonino Pio essa sarebbe stata da lui vista per l’ultima volta proprio pochi anni prima del restauro della mole . 356
60-66 Le iscrizioni minori
Scomparse di sicuro da prima della redazione della silloge Signoriliana sono invece le sette iscrizioni che seguivano la tabula di Antonino Pio lungo il lato destro della facciata.
Queste non solo sono state trascritte esclusivamente dalla silloge di Einsiedeln, ma non sono nemmeno state copiate e trasmesse partendo dalla silloge fino alla riscoperta del codice da parte di Jean Mabilion nel 1685.
CIL VI, p. 184: “Videtur interiisse cum Alexander VI novum illum aditum faceret, dicit enim
356
Volaterranus, qui scripsit a. 1506, se eam aperte leggisse paulo ante quam castrum S. Angeli reconcinnaretur”.
Nº iscrizione silloge di Einsiedeln
Luogo
iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi
60. Mausoleo di
Adriano 76v CIL VI 987 EDR104018 No No
61. Mausoleo di
Adriano 76v CIL VI 988 EDR104019 No No
62. Mausoleo di
Adriano 76v CIL VI 989 EDR104020 No No
63. Mausoleo di
Adriano 76v CIL VI 990 EDR104031 No No
64. Mausoleo di
Adriano 76v CIL VI 993 EDR104034 No No
65. Mausoleo di
Adriano 76v-77r CIL VI 994 EDR104035 No No
66. Mausoleo di
Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 76v-77r (www.e-codices.ch)
-
CIL VI 987 (EDR104028) è l’epitaffio di Faustina maggiore, moglie di Antonino Pio,divinizzata nel 141, ad un anno dalla morte . 357
Divae Faustin[a]e Augustae
Imp(eratoris) Caesaris T(iti) Aelii Hadriani Antonini Aug(usti) Pii, pontif(icis) maximi,
trib(unicia) pot(estate) I̅I̅II̅, co(n)s(ulis) I̅II̅, p(atris) p(atriae).
-
CIL VI 988 (EDR104029) è l’epitaffio di Marco Aurelio Fulvo Antonino, figlio di AntoninoPio, morto nel 138.
M(arcus) Aurelius Fulvus Antoninus
filius Imp(eratoris) Caesaris T(iti) Aelii
Hadriani Antonini Aug(ust) Pii p(atris) p(atriae).
Malavolta 2015, p. 387.
-
CIL VI 989 (EDR104030) è l’epitaffio di Marco Galerio Aurelio Antonino, figlio diAntonino Pio, morto nel 138. M(arcus) Galerius Aurelius Antoninus
filius Imp(eratoris) Caesaris T(iti) Aelii
Hadriani Antonini Aug(usti) Pii, p(atris) p(atriae).
-
CIL VI 990 (EDR104031) è l’epitaffio di Aurelia Fadilla, figlia di Antonino Pio, morta nel138.
Aurelia Fadilla,
filia Imp(eratoris) Caesaris T(iti) Aelii Hadriani
Antonini Augusti Pii, p(atris) p(atriae).
-
CIL VI 993 (EDR104034) è l’epitaffio di Tito Aurelio Antonino, figlio di Marco Aurelio,morto nel 161.
T(itus) Aurelius Antoninus M(arci) Aurelii Caesaris filius,
Imp(eratoris) Antonini Augusti Pii p(atris) p(atriae) nepos.
-
CIL VI 994 (EDR104035) è l’epitaffio di Tito Elio Aurelio, figlio di Marco Aurelio, mortonel 161.
T(itus) Aelius Aurelius, M(arci) Aurelii Caesaris et Faustinae Aug(ustae) filius
Imp(eratoris) Antonini Augusti Pii, [p(atris) p(atriae)],
-
CIL VI 995 (EDR104035) è l’epitaffio di Domizia Faustina, figlia di Marco Aurelio, mortanel 161.
Domitia Faustina
M(arci) Aurelii Caesaris filia
Imp(eratoris) Antonini Augusti Pii, p(atris) p(atriae) neptis.
Si sono definiti questi testi minori tanto per l’importanza quanto per la loro struttura ed impostazione, ripetitive e basilari. Come si è sopra accennato, si può trovare nella redazione della silloge Signoriliana e della raccolta del British Library, Add. 34758 il termine ante quem per la scomparsa di questi sette testi: essi, infatti, furono i primo dopo l’Anonimo di Einsiedeln a trascrivere i testi inseriti nel Mausoleo e, qualora questi epitaffi fossero stati visibili, è certo credere che li avrebbero riportati. Definire quando queste sette iscrizioni sono state andate disperse è difficile: il vacat temporale tra la silloge di Einsiedeln e la fine del XIV e l’inizio del XV secolo è ampio, così come varie sono le vicissitudini che nel Medioevo hanno coinvolto il Mausoleo di Adriano, dapprima oggetto del desiderio di diverse ricche famiglie aristocratiche romane, quindi legato indissolubilmente alle sorti del papato dal 1367, anno del passaggio delle chiavi a papa Urbano V . Qualsiasi momento 358
compreso tra VIII/IX e inizio XV secolo potrebbe essere considerato, per non parlare del fatto che non è nemmeno certo che le sette tabulae siano state perse in contemporanea. Tuttavia, dal momento che gli altri cinque testi della mole si sono conservati fino al XVI secolo, si può proporre una data piuttosto bassa anche per la scomparsa degli epitaffi in esame: si può ipotizzare, ad esempio, è che questa sia avvenuta in seguito alla rivolta del 1379 da parte della folla inferocita contro la guarnigione francese lasciata a presidio del castello da Urbano V. Il popolo di Roma aveva quasi raso al suolo l’edificio, poi iniziato a restaurare nel 1395 su commissione di Bonifacio IX, il quale aveva chiesto all’architetto Niccolò Lamberti di fortificare l’ingresso al castello attraverso una rampa di accesso e un ponte levatoio . La perdita delle iscrizioni sarebbe potuta avvenire tanto durante i moti, 359
quanto durante il restauro. Se il primo è un evento sicuramente più “traumatico” e che avrebbe potuto tranquillamente portare alla rottura delle lapidi, risulta tuttavia difficilmente spiegabile il motivo per cui quasi la metà dei testi sia rimasto intatto ed interamente
Cfr. Pagliucchi 1906, pp. 3-27.
358
Vitti 2014, p. 258.
leggibile, soprattutto se consideriamo che le iscrizioni perdute sono quelle meno importanti. Nel caso del restauro, invece, si può pensare l’architetto abbia deciso per il reimpiego 'non esposto' delle sette lastre, considerate minori e quindi non meritevoli di conservazione.
Nel complesso, la carenza di fonti e documenti iconografici medievali non permette a pieno di ricostruire le sorti del Mausoleo in questo periodo storico.
Per ciò che concerne la redazione della silloge, si è già visto nell’analisi delle schede 4, 5 e 5a come la dicitura in Adriano potrebbe confondere circa la datazione, dal momento che dizione di Castel Sant’Angelo è documentata appena dopo il 590, anno della visione dell’arcangelo Michele sopra la mole da parte di Gregorio Magno. Tuttavia sappiamo dai Mirabilia di XII secolo che la memoria dell’edificio in quanto monumento funebre di Adriano rimase viva : non deve dunque stupire che negli ipotetici anni di redazione della 360
silloge questa denominazione fosse ancora in uso.
Inoltre, sempre riprendendo quanto scritto nelle schede 4, 5 e 5a, è giusto notare come le indicazioni topografiche dei testi tra nn. 56 e 66, suddivisi in in Adrianio in parte australi e item in ipso in altera parte, suggeriscono che chi trascriveva i testi doveva trovarsi di persona di fronte al monumento, così come che la frase in alio loco plenius scripsi, copiata come indicazione topografica per i testi 5 e 5a dal copista di IX secolo, in origine doveva essere una nota a margine del redattore, il quale rimandava ad una più approfondita trascrizione dei tituli della mole altrove nella silloge. Il lavoro, dunque, doveva essere veramente di un singolo individuo, passato per il Mausoleo due volte. Dal momento che le prime trascrizioni dalla Mole si trovano ad inizio silloge, le seconde quasi alla fine, è giusto poter pensare che anche tutti i testi compresi tra le une e le altre siano opera dello stesso Anonimo.
Valentini - Zucchetti 1946, pp. 46-47.
67 (68), 71, 74, 75. Gli epigrammata damasiani
La silloge di Einsiedeln riporta quattro delle numerose iscrizioni in versi redatte durante il suo papato da Damaso, pontefice poeta in carica tra 366 e 384 e responsabile dell’esplosione in Roma del culto dei martiri e dello sviluppo di una nuova epica epigrafica martoriale.
Lo scopo di Damaso era doppiamente cultuale ed ideologico: gli epigrammata segnavano in un certo senso quali fossero i luoghi di culto più importanti secondo le sfere alte della Grande Chiesa nel IV secolo e l’insieme di clausole, formule e aggettivazioni, unite all’esametro, costituivano una sorta di nuova epica cristiana, dove gli eroi sono quei martyres sancti , beatissimi ed egregii che, con la loro morte per mano del carnifex 361 362 363
rabidus , si sono fatti esempio dei Christi triumphos , divenendo cittadini romani e 364 365
consolidando il primato di Roma come epicentro della cristianità.
Il responsabile per l’incisione degli epigrammata era Furio Dionisio Filocalo, celebre calligrafo attivo all’epoca e responsabile, tra le varie cose, di un calendario illustrato del 354 e di due calendari per la commemorazione dei martiri e dei papi dal 255 al 335 . 366
Le modalità di trascrizione del testo sono uniche ed innovative rispetto al vigente panorama epigrafico: Filocalo riprende la tradizione di primo secolo, recuperandone la forma quadrata delle lettere e l’eleganza del tratto, e la filtra attraverso una propria identità artistica, guadagnandone in monumentalità ed originalità . 367
Così queste grandi lastre marmoree, che sono ormai il fulcro artistico delle cripte e delle basiliche cimiteriali, collocate nei punti più strategici e visibili di questi ambienti, diventano il primo veicolo di diffusione del messaggio cristiano, attraverso però i modi e le forme della tradizione classica: l’esametro e le formule testuali attingono da Virgilio e il medium epigrafico richiama la funzione comunicativa svolta con gli epitaffi degli Scipioni e nelle Res Gestae Divi Augusti . 368
ED 25, 8; 42, 5. 361 ED 24, 46, 1. 362 ED 33, 4. 363 ED 28, 3. 364 ED 8, 8; 25, 7. 365 Carletti 2008, pp. 80-81. 366 Ferrua 1991, p. 46. 367 Carletti 2008, p. 82. 368
Le conseguenze dirette sono un rinnovamento del formulario funerario cristiano, in cui i martiri vengono innanzitutto invocati per accompagnare e garantire l’ingresso nell’aldilà delle anime dei cari che commissionano le iscrizioni, e quindi menzionati negli epitaffi funebri di quegli individui che ottengono una sepoltura ad essi vicina. Il fenomeno delle sepolture ad sanctos sancisce in un primo momento l’emergere delle differenze sociali interne alla comunità cristiana di IV secolo, che si riflette ad esempio nel sepolcro di Uranio Satiro , predisposto accanto alla tomba del martire Vittore nella basilica martyrum di 369
Milano dal fratello del defunto, il vescovo Ambrogio, mentre già in V secolo l’onomastica martiriale assume un valore topografico, ad indicare cioè in quale zona del cimitero si trovasse la sepoltura in cui il messaggio era iscritto.
D’altro canto, la monumentalizzazione epigrafica e architettonica dei cimiteri si riflette nell’accentuazione di flussi di pellegrini da ogni parte d’Italia e d’Europa, che giungono a Roma per prestare ossequi ai martiri ivi sepolti e, talvolta, sulla scia di quanto già visto, incidere un proprio messaggio sulle pareti di questi luoghi di culto.
La realtà rappresentata dai viatores ad martyres costituisce un rilevante elemento di congiuntura tra la tarda antichità romana e il primo Medioevo, tanto dal più generale punto di vista cultuale, con il confermarsi dell’importanza degli itinerari damasiani, quanto da quello più specifico dell’epigrafia.
Il fatto che l’Anonimo riporti questi testi a secoli di distanza dalla loro disposizione, è indice in primo luogo della conservazione degli stessi, in secondo della loro importanza cultuale, culturale ed anche artistica. Anche qualora infatti non fosse a conoscenza della provenienza degli epigrammi, non è da dubitare che la vista di grandi lastre con testi ben scritti ed esaustivi a livello contenutistico abbia attirato l’attenzione del viandante, che si è visto essere particolarmente incline a ricopiare iscrizioni di dimensioni rilevanti e ben leggibili.
ILCV 2165: Uranio Satyro supremum frater honorem / martyris ad laevam detulit Ambrosius /
369
67-68. Iscrizioni dei Santi Proto e Giacinto 370
Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 77r (www.e-codices.ch)
ICVR X 26668; ED 47 (EDB11294)
Extremo tumulus latu[it sub aggere montis]
hunc Damasus monstrat [servat quod membra piorum] te Protum retinet mel[ior sibi regia caeli]
sanguine purpureo se[queris Hyacinthe pr]o[bat]us
5 germani fratres ani[mis ingentibu]s amb[o]
hic victor meruit pa[lmam prior ille cor]o[nam].
Walser 1987, pp. 125-127 nn. 67, 68. 370 Nº iscrizione silloge di Einsiedeln Luogo
iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia ICVR/ED/ ILCV Esistente oggi 67. Cimitero di Bassilla 77r ICVR X 26668; ED 47 EDB11294 No No 68. Cimitero di Bassilla 77r ILCV 1985 - No No
ILCV 1985
Sepulcrum s(an)c(t)i martyris Yiacinthi Leopardus pr(es)b(yter) ornavit. Depo(situs est) III id(us) Sep(tembres).
Il primo epigramma damasiano ricopiato dall’Anonimo è quello dei fratelli Proto e Giacinto, letto in via Pincia in sepulchro Proti mar(tyris). Riportato anche dalla silloge di Lorsch , il testo si trovava in una cripta del cimitero di Sant’Ermete, altresì appunto detto 371
cimitero dei santi Proto e Giacinto o, più comunemente, di Bassilla . La cripta in cui erano 372
stati sepolti i due santi fu rinvenuta il 21 marzo 1845 . Quivi erano ancora leggibili varie 373
iscrizioni di cui due, l’una in un pezzo di marmo bianco e con lettere damasiane, l’altra murata, riferivano i seguenti testi: Sepulcrum Proti m[artyri - - -] e D(e)p(ositus) III idus Septebre[m] Yacinthus martyr. I due santi, dunque, disponevano ciascuno del proprio loculo, come testimonia la stessa silloge di Einsiedeln, che subito dopo l’epigramma di Damaso riporta un’altra iscrizione dalla cripta indicandola in sepulchro Yacinthi in via Pincia. Ulteriore conferma della divisione dei fratelli è che il corpo di Proto, e con esso l’iscrizione damasiana, erano stati trasferiti da Leone IV già nel IX secolo nella basilica dei Santi Quattro Coronati - dove ancora oggi parte dell’epigramma è leggibile - mentre i resti del corpo di Giacinto sono stati rinvenuti, per lo più bruciati, nel 1845 all’interno di un loculo della cripta.
Quest’ultima, a circa un secolo dalla disposizione dei due martiri, era stata sgomberata dalle rovine che ne vietavano l’accesso da Damaso, come si può leggere dal testo riportato dall’Anonimo.
Secondo la tradizione, Proto e Giacinto erano due eunuchi dell’imperatore Gallieno, convertiti al cristianesimo da Eugenia, figlia di un prefetto dell’Egitto chiamato Filippo, ed educati nella fede proprio da Bassilla, nipote di Gallieno. Andarono incontro al martirio l’uno di seguito all’altro, prima Proto e poi Giacinto. Il giorno del martirio e del conseguente natale dei due è l’11 settembre, come appurato nei calendari dei martiri, in una delle due iscrizioni rinvenute nella cripta nel 1845 e nel secondo testo riportato
Cfr. de Rossi 1888, p. 141 nr. 41.
371
LTURS I, pp. 211-214.
372
Sulle vicende archeologiche della catacomba e relative discussioni sulla sepoltura dei due santi si
373
dall’Anonimo. Quest’ultimo, di cui la silloge è unica testimone, riporta che Giacinto fu lì deposto l’11 settembre, e che il sepolcro era stato ornato dal presbitero Leopardo.
L’Anonimo visita la cripta in un periodo antecedente al trasporto del corpo di Proto e dell’epigramma damasiano nella basilica dei Santi Quattro Coronati. Se, viste le scoperte archeologiche del 1845, qui si trovavano anche altre iscrizioni, resta da capire perché solo due vengano riportate: il motivo, si crede qui, sta nella ripetitività dei contenuti testuali, che ha portato il redattore a preferire i testi più importanti e con più informazioni. Il testo dell’iscrizione viene tramandato anche da Gruter . 374