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Iscrizione frammentaria nella catacomba di San Sebastiano

Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 72r (www.e-codices.ch)

ILCV 2005

O quam cito parvulis serenitas [rediit - - -] nutrimentoirum ad cruciatum vitam producere cogitasti [- - -]

Ad sanctum Sebastianum, il redattore della silloge copia un frammento di un’iscrizione martoriale, altrimenti non trasmessa. Si tratta di un testo criptico e apparentemente poco utile: incompleto e frammentario, manca persino del nome del martire in questione. Vista la collocazione data dall’Anonimo, è da credere fosse stato letto o nella chiesa di San Sebastiano al Palatino, come crede Henzen , o nel santuario di San Sebastiano sulla via 200

Appia, come propongono De Rossi, Diehl e Walser. Entrambi i casi sono possibili, ma si crede la seconda opzione sia una scelta più probabile. Per indicare la presenza di un testo all’interno di una chiesa, infatti, l’Anonimo usa sempre la preposizione in; l’ad usato in questo caso, invece, potrebbe indicare la presenza dell’iscrizione nei pressi di una località - quale appunto le catacombe di S. Sebastiano - e richiama inoltre lo stesso nome latino del santuario, noto appunto come S. Sebastiani ad Catacumbas . Se così fosse, resterebbe da 201 capire se il testo sia stato visto nel complesso catacombale o presso la basilica ivi edificata

Walser 1987, p. 91, nr. 32. 199 Vd. CIL VI 14313. 200 LTURS II, pp. 79-82. 201 Nº iscrizione silloge di Einsiedeln Luogo

iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia ILCV Esistente oggi

32. Catacombe

di San Sebastiano

durante il pontificato di papa Damaso . Dal momento che, nel riportare l’iscrizione dei 202

Santi Pietro e Paolo (n. 75), la silloge dà come riferimento il consueto in basilica Sancti Sebastiani, è da credere che, nel caso del testo qui in esame, l’Anonimo faccia riferimento al complesso catacombale in sé.

In ogni caso, è da escludere che la frammentarietà del testo qui in esame sia da ricondurre ad una natura non monumentale dell’iscrizione. Osservando infatti la natura delle iscrizioni cristiane della silloge, esse si dividono in due grandi gruppi: iscrizioni provenienti da chiese e basiliche (nn. 6, 10, 11, 23, 25, 26, 48, 49) e altri edifici di grande interesse (n. 51); iscrizioni damasiane (nn. 67, 71, 74, 75), con, in aggiunta, la breve iscrizione martoriale di San Giacinto (n. 68), da leggersi comunque insieme alla precedente. Lo stesso De Rossi nella sua edizione della silloge fa riferimento al testo come ad un elogium martyrum.

Pare evidente, dunque, che l’Anonimo non fosse interessato ad epitaffi funebri cristiani di origine privata, e anche questo testo doveva riferirsi al martirio di un santo importante, quale appunto lo stesso San Sebastiano.

Hülsen 1927, p. 460, S48.

33 . Iscrizione della statua equestre di Costantino 203

Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 72r (www.e-codices.ch)

CIL VI 1141 (EDR128741)

D(omino) n(ostro) Constantino Maximo Pio Felici ac triumphatori semper Augusto

ob amplificatam toto orbe rem publicam factis consultisq(ue) S(enatus) p(opulus)q(ue) R(omanus),

5 dedicante Anicio Paulino Iuniore, c(larissimo) v(iro), cons(ule) ord(inario), praef(ecto)

urbi.

Collocata secondo il redattore “in basi Costantini”, l’iscrizione era probabilmente il titulus della base della statua equestre dell’imperatore Costantino.

Dedicata nel 334 dal prefetto della città e console Anicio Paolino, la tradizione del suo testo deriva unicamente dalla lezione presente nella silloge di Einsiedeln e dalla copia del manoscritto di San Gallo di Poggio.

CIL VI 8, 2, p. 4328; Walser 1987, pp. 91-92, nr. 33. 203 Nº iscrizione silloge di Einsiedeln Luogo

iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi

Sono due le fonti topografiche antiche a noi giunte che menzionano la statua: la prima è la Notitia urbis Romae, uno dei due cataloghi delle quattordici regioni augustee di Roma a noi pervenuto, che la elenca assieme al Genio del Popolo Romano , tra i Rostra (da intendersi 204

quelli cesariano-augustei) e la Curia Iulia; la seconda è proprio la sezione del codice di Einsiedeln dedicata agli itinerari, che colloca un cavallus Costantini all’uscita dell’arco di Settimio Severo e di fronte alla chiesa di S. Adriano (Curia Iulia). Entrambe le letture coinciderebbero con la zona in cui, in seguito a degli scavi degli scorsi anni ’80, sono stati rinvenuti dei resti di un basamento in calcestruzzo, purtroppo anepigrafe, addossato allo zoccolo dei Rostra Vandalica, a sua volta inglobato in reimpiego nel muro di recinzione dell’arco di Settimio Severo. Dalle ricostruzioni compiute da Giuliani e Verduchi, si è risaliti alla forma e alle dimensioni della base: allungata e con i suoi m. 7,40 x 3,40, sicuramente in origine si trattava di una base equestre e, vista la posizione, verosimilmente proprio quella di Costantino, come già i due archeologi avevano proposto nel 1980 . 205

Nonostante fonti ed evidenze cronologiche sembrino non lasciare spazio a diverse interpretazioni, la statua è stata sovente - e tradizionalmente - considerata essere al centro del Foro. De Ruggiero e Lugli, infatti, hanno appoggiato la proposta di Jordan, che nel 1877 ha identificato la base della statua equestre di Costantino in un piccolo basamento laterizio rinvenuto nel mezzo del foro nel 1872, originariamente attribuito a Domiziano . 206

Interpretazione ragionevole, se si pensa che i tre hanno operato prima delle scoperte archeologiche di Giuliani e Verduchi, ma che allo stesso tempo non giustifica l’errata lettura secondo cui il luogo di rinvenimento di questa base coincidesse con le ubicazioni di Notitia e Itineraria: conclusione affrettata e non attenta, probabilmente forzata per trovare un appoggio all’ipotesi proposta che, in ogni caso, viene accolta anche da Coarelli, che nella ricostruzione del Foro nel suo libro Roma posiziona l’equus Costantini proprio nel mezzo della piazza difronte ai Rostra Aediis Divi Iulii, poco distante dalla Basilica Iulia . 207

Tuttavia pare d’obbligo, per le concrete evidenze letterarie ed archeologiche, avvallare la lettura per cui la statua equestre si sarebbe trovata nei pressi dell’arco e dei Rostra cesariano-augustei. Di conseguenza, per risalire a quando il redattore della silloge avrebbe

LTUR II, pp. 365-368.

204

Giuliani - Verduchi 1980, pp. 20 e 50; Giuliani - Verduchi 1987, pp. 69-73 e 143-147; Verduchi in

205

LTUR II, pp. 226-227.

Jordan 1877, p. 257; De Ruggiero 1913, pp. 488-490; Lugli 1946, p. 160.

206

Coarelli 2011, p. 44.

potuto leggere l’iscrizione in situ, è doveroso definire quale sia stato il destino della zona in esame nel Medioevo. Sappiamo che il basamento della statua equestre di Costantino è stato trovato anepigrafe in prossimità del muro di recinzione dell’arco di Settimio Severo, in stretta relazione con i Rostra, proprio dove già nel VII secolo d.C. doveva trovarsi la chiesa dei Santi Sergio e Bacco. Essa era nata come piccola diaconia nel 678, eretta da papa Agatone; Papa Gregorio III prima e papa Adriano I dopo ingrandirono l’edificio, il cui campanile si trovava proprio appresso l’arco di Settimio Severo . L’idea che il destino 208

della base di Costantino sia da legarsi con l’espansione della chiesa sarebbe suggestiva, in quanto limiterebbe a circa un secolo esatto tra VII e VIII l’origine della silloge. Dal momento che negli itinerari del codice di Einsiedeln la chiesa Sancti Sergii ubi umbilicus e il Cavallus Costantini vengono entrambi citati, se si assecondasse l’idea di un reimpiego della base in uno dei due ampliamenti della chiesa bisognerebbe datare la redazione degli itinerari e della silloge o al periodo compreso tra la costruzione dell’edificio e il papato di Gregorio III (tra 678 e 731/741) o a quello tra il papato di Gregorio III e l’ultimo intervento di Adriano I (tra 741 e 772/795), quando ovvero la compresenza di chiesa e base sarebbe stata possibile, in quanto la seconda non coinvolta ancora nei restauri. Si tratta di una congettura cronologicamente e topograficamente plausibile e come detto decisamente suggestiva, ma purtroppo non certa: la chiesa, già in rovina nel 1492, era stata distrutta nel 1562; nel 1812 Luigi Rossini aveva riportato alla luce parte dell’abside, che venne tuttavia presto rimossa. Ne consegue che le uniche testimonianze da cui poter risalire all’origine dell’area siano dei disegni di XVI secolo, tra tutti quello di Maarten van Hemmskerck (fig. 24): da questo si può notare come la chiesa dei Santi Bacco e Sergio non fosse, ad eccezione del campanile, in ogni modo collegata all’arco di Settimio Severo - che precedeva rispetto ai fori - e la stessa relazione con i Rostra era da intendersi più in termini di vicinanza topografica che non di effettiva complementarietà edilizia. La base della statua equestre di Costantino, dunque, non sarebbe stata riutilizzata per l’edificazione della chiesa, ma sarebbe rimasta intatta nella sua posizione fino al suo inglobamento nel muro medievale in recinzione all’arco di Settimio Severo nel XII secolo . 209

Hülsen 1927, pp. 461-462, S50. Su papa Gregorio III cfr. Valentini - Zucchetti 1942, pp. 263-266;

208

su papa Adriano I cfr. Valentini - Zucchetti 1942, pp. 276-290. Brilliant 1967, pp. 251-257.

Fig. 24: veduta del Foro di Maarten van Hemmskerck. La chiesa dei Santi Sergio e Bacco si vede dall’abside, tra il Tempio di Vespasiano e l’Arco di Settimio Severo,

da Armellini 1891.

Se dunque, a causa della menzione della chiesa, si può considerare il 678 come data post quem la redazione degli itineraria originali poi copiati nel codice di Einsiedeln, più difficile far uso di questa iscrizione per provare a risalire alla datazione della silloge epigrafica. L’arco temporale entro cui il testo sarebbe stato copiato è infatti troppo ampio: nella sezione della silloge in cui l’iscrizione della base viene trascritta mancano, infatti, riferimenti ad edifici - quale poteva essere appunto la chiesa - che possano definire una coordinata cronologica di partenza verosimile, mentre la ricostruzione soprammenzionata secondo cui la base sarebbe stata intatta fino al XII secolo abbassa troppo il termine ante quem.