I tre testi sono trascritti assieme in un’unica voce In Capitolio. Tale sommaria dicitura collide in un certo senso con la precisione di altre indicazioni della silloge. Si deve credere che il redattore stesse osservando i tre edifici in uno stesso momento, senza forse nemmeno sapere di quali templi trascriveva le iscrizioni.
Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 72v (www.e-codices.ch)
351.Tempio di Saturno 213
CIL VI 8, 2, p. 4308; Walser 1987, pp. 93-94, nr. 35; Pensabene 1984.
213
Nº iscrizione silloge di Einsiedeln
Luogo
iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi
35. Tempio di
Fig. 29: l’iscrizione del tempio di Saturno,
da http://www.edr-edr.it/foto_epigrafi/immagini_uso/105/105657-2.jpg?dummy=1594472412.
CIL VI 937 (EDR105657)
Senatus populusque Romanus incendio consumptum restituit.
La prima iscrizione, oggetto di autopsia anche da parte di Henzen nel CIL, è ancora oggi ben visibile sui resti del fregio del tempio di Saturno e ne ricorda il restauro a cura del Senato in seguito a un incendio del 283 d.C. (fig. 29) La sua tradizione deriva tanto dalle 214
lezioni del codice di San Gallo copiato da Poggio e dalla silloge Signoriliana, quanto da riscontri autoptici. Per essere più precisi, è lo stesso Poggio a riportare il testo due volte nelle sua silloge: la prima volta nella sezione “copiata”, la seconda in quella dedicata alle autopsie . In quest’ultimo esempio l’indicazione topografica è simile a quella del codice 215
di Einsiedeln, facendo riferimento al Campidoglio e non al nome effettivo del tempio, cosa che invece accade nel De varietate fortunae, in cui il dotto fiorentino scrive - riportando per
LTUR, IV, pp. 234-236; Richardson 1992, pp. 343-344.
214
Cfr. CIL VI, p. XXXI; CIL VI, p. XXXV.
un’altra volta il testo - che si tratta dell’aedis Concordiae . L'errore fu dettato 216
probabilmente dal fatto che, negli anni in cui Poggio operava a Roma, il vero tempio della Concordia - di cui si vedrà più avanti - si trovava in pessime condizioni, pericolante e probabilmente illeggibile nell’iscrizione. È facile che Poggio fosse a conoscenza dalle sue letture della presenza di un tempio in Capitolio dedicato alla Concordia e che, vedendo questi resti, a esso associasse il tempio di Saturno. Scorrette anche le denominazioni “la vecchia zecca” e “templum monetae" delle tre edizioni della silloge Signoriliana : per 217
quanto il tempio di Saturno fosse stato utilizzato a fini economici - inizialmente era sede dell’erario pubblico e vi si pesava il metallo - i due riferimenti sono da considerarsi in relazione al tempio di Giunone Moneta, che si trovava altrove nel Campidoglio . Pare, 218
generalmente, che ci fosse poca conoscenza del Tempio di Saturno non solo tra Medioevo e prima età umanistica, ma per tutta l’età moderna. Sono numerose, infatti, le vedute di quest’area del Foro che, nella descrizione, chiamano il tempio di Saturno tempio della Concordia: Leonardo Bufalini nella Pianta di Roma del 1551 indica Tempi Concordiae nell’area dei templi di Saturno e Vespasiano ; similmente, Etiénne Du Pérac nel 1575 (fig. 219
30) , Iacopo Lauro nel 1612 (fig. 31) , Giovan Battista Nolli tra 1736 e 1744 , 220 221 222
Giuseppe Vasi da Corleone nel 1752 , più volte tra 1752 e 1792 Giovanni Battista 223
Piranesi (fig. 32) e Luigi Rossini nel 1817 e nel 1843 tutti chiamano il tempio di 224 225
Saturno tempio della Concordia, proseguendo così la tradizione di Poggio.
Poggio, De Varietate Fortunae I, p. 12.
216 Cfr. CIL VI p. XIX. 217 Richardson 1992, p. 289. 218 Cfr. Pensabene 1984, p. 156 nr. 8. 219 Ibid. p. 157 nr. 12. 220 Ibid. p. 159 nr. 21. 221 Ibid. p. 161 nr. 29. 222 Ibid. nr. 30. 223 Ibid. pp. 162-163 nn. 33, 35, 36, 37. 224 Ibid. pp. 164-165 nn. 40, 43, 44, 45. 225
Fig. 30: vista del foro di Etiénne Du Pérac, 1575. Sulla sinistra, i resti del Tempio di Saturno, elencato come Tempio della Concordia nella descrizione sottostante.
Da Pensabene 1984, p. 158.
Fig. 31: pianta del foro di Iacopo Lauro, 1612. Il Tempio di Saturno, elencato come Tempio della Concordia, si trova al numero 7. Da Pensabene -
La certezza che queste descrizioni siano sbagliate deriva innanzitutto dalle fonti antiche, quindi da un frammento della Forma Urbis (fig. 33), che confermano le indicazioni topografiche di cui siamo a conoscenza oggi. Se l’Anonimo di Einsiedeln fosse a conoscenza del suo nome corretto, non ci è dato a sapere, visto che l’indicazione topografica è generica. Certo è che, al contrario dei dotti operanti tra XV e XIX secolo e di cui detto sopra, egli si trovava nella zona del Campidoglio in questione quando ancora il tempio della Concordia doveva essere in piedi.
Fig. 32: vista del Tempio di Saturno, definita “Avanzo del Tempio della Concordia”, di G.B. Piranesi, 1756.
Da Pensabene 1984, p. 162.
Fig. 33: frammenti della Forma Urbis, in cui si notano le posizioni del Tempio di Saturno e del Tempio della
352. Tempio del Divo Vespasiano 226
CIL VI 938 (EDR106134)
Divo Vespasiano Augusto S(enatus)P(opolus)Q(ue)R(omanus)
I̲m̲p̲(eratores) C̲a̲e̲s̲s̲. S̲e̲v̲e̲r̲u̲s̲ e̲t̲ A̲n̲t̲o̲n̲i̲n̲u̲s P̲i̲i̲ F̲e̲l̲i̲c̲(es) A̲u̲g̲g. r̲estituer(unt).
Il secondo testo riportato è l’iscrizione del tempio di Vespasiano . L’importanza storica 227
della silloge è, in questo caso, assoluta, in quanto l’Anonimo è l’unico a tramandare il titulus completo, poi ripreso anche da Poggio. Dell'edificio oggi sopravvivono solo tre colonne disposte ad angolo, e l’ultimissima parte del testo nell’epistilio, in cui si legge solo ESTITVER. L’iscrizione faceva riferimento a un restauro - evidentemente abbastanza limitato, le colonne sono ancora di età flavia - finanziato da Settimio Severo tra 200 e 203 d.C. 228
Il testo ricorda il solo Vespasiano: ciò ci permette di assecondare le letture degli Acta fratrum Arvalium , del Chronicon di San Girolamo e della Notitia Urbis Romae 229 230 231 secondo cui egli sarebbe stato l’unico dedicatario del tempio. Errati, dunque, sono il Cronografo del 354 d.C. e il più o meno coevo Curiosum urbis Romae regionum XIIII , 232 233
per cui il tempio era dedicato anche a Tito. La testimonianza dell’anonimo risale a un periodo in cui il tempio doveva ancora essere eretto. Purtroppo essa è temporalmente
CIL VI 8, 2, p. 4308; Walser 1987, pp. 93-94, nr. 35; De Angeli 1992; Lichtenberger 2011, pp.
226 310-311. LTUR, V, pp. 124-125; Richardson 1992, p. 412. 227 De Angeli 1992, pp. 159-163. 228
CIL VI 2065. Il frammento menziona l’indictio di un sacrificio alla dea Dia per il gennaio dell’87
229
d.C. Si tratta dell’unica tra le indictiones a noi note facenti menzione al templum divi Vespasiani. Lugli 1952, p. 61 nr. 71; De Angeli 1992, p. 26 nr. 4. 230 Valentini - Zucchetti 1940, pp. 174. 231 De Angeli 1992, p. 25 nr. 2. 232 Valentini - Zucchetti 1940, pp. 115-116. 233 Nº iscrizione silloge di Einsiedeln Luogo
iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi
35. Tempio del
Divo Vespasiano
72v CIL VI 938 EDR106134 Sì (parte
piuttosto ‘isolata’, se si pensa che la fonte precedente più vicina è quella della Notitia urbis Romae del IV secolo, mentre la prima successiva, contenuta nei Mirabilia Urbis Romae che semplicemente elencano i templi in Campidoglio, è del XII secolo . Una veduta del Foro 234
dal Tabularium nel Codex Escurialensis (fig. 34) dimostra che già nel XV secolo il tempio si ritrovava nelle condizioni in cui si trova oggi, ma è facile che già ai tempi dei Mirabilia l’edificio versasse in cattive condizioni. I Mirabilia risalgono probabilmente alla metà del XII secolo, pochi anni prima della bolla di Innocenzo III che delimita i confini della diaconia dei SS. Sergio e Bacco e in cui, tra i vari edifici del foro, non viene menzionato il tempio, probabilmente non più “influente” topograficamente. Nibby propone che i danni al tempio seguissero l’incendio di Guiscardo del 1084, ma si tratta di mera congettura . 235
Ibid. 1946, pp. 53-54.
234
Nibby 1838, p. 544.
235
Fig. 34: vista del foro nel Codex Escurialensis, ante 1506. Si vedono sulla destra le tre colonne ad angolo del Tempio di Vespasiano. Da De Angeli 1992, p. 31.
353. Tempio della Concordia 236
CIL VI 89 (EDR161224)
S(enatus) P(opulus)q(ue) R(omanus) aedem Concordiae vetustate conlapsam
in meliorem faciem opere et cultu splendidiore restituit.
L’ultimo testo trascritto è quello del tempio della Concordia . Anche in questo caso 237
l’Anonimo è stato il primo e unico a trascriverne il testo, che viene poi copiato e tramandato attraverso Poggio. Esso è da ricollegare possibilmente al restauro del tempio compiuto tra 7 e 10 d.C.: si fa riferimento, infatti, tanto alla vetustas per colpa della quale l’edificio negli ultimi anni si era rovinato, quanto allo splendore e alla rinnovata forma acquisiti in seguito al rifacimento. Nei libri XXXIV e XXXV della Naturalis Historia Plinio il Vecchio riporta una sorta di catalogo delle opere conservate nel nuovo tempio, dimostrando come esso fungesse come una sorta di “museo” di arte e scultura . 238
Tuttavia nell’iscrizione manca una menzione diretta a Tiberio che, stando a quanto scritto da Cassio Dione e Svetonio , nel primo giorno del suo consolato nel 7 a.C. avrebbe 239 240
commissionato il restauro del tempio a nome suo e del defunto fratello Druso. Nº iscrizione
silloge di Einsiedeln
Luogo
iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi
35. Tempio della Concordia 72v CIL VI 89 EDR161224 No No CIL VI 8, 1, p. 4108; Walser 1987, pp. 93-95, nr. 35. 236 LTUR I, pp. 316-320; Richardson 1992, pp. 98-99. 237 Plin., Nat., 34, 73-77-89-90; 35, 66-131-144. 238
Cassio Dione, Storia romana, LV, 8, 1-2: Τιβέριος δὲ ἐν τῇ νουµηίᾳ ἐν ἧ ὑπαπεύειν µετὰ Γναίου
239
Πίσωνος ἢρξατο, ἔς τε τὸ Ὀκταουίειον τὴν βουλὴν ἤθροισε διὰ τὸ ἒξω τοῦ πωµηρίου αὐτὸ εἶναι, καὶ τὸ Όµονόειον αὐτὸς ἑαυτῶ ἐπισκεάσαι προστάξας, ὃπως τό τε ἲδιον καὶ τὸ Δρούσου ὂνοµα αὐτὦ ἐπιγράψῃ. («Tiberio, nel primo giorno del primo mese in cui entrò in carica come console insieme a Gneo Pisone, riunì il senato nella Curia di Ottavia, poiché questa si trovava al di fuori del pomerium. Dopo essersi assunto l’onere di restaurare il tempio della Concordia, in modo tale che vi venisse iscritto il suo nome e quello di Druso»).
Svet., Tib., 20: Dedicavit et Concordiae aedem, item Pollucis et Castoris suo fratrisque nomine
240
Se così fosse, i due avrebbero dovuto essere il soggetto del messaggio esposto, in luogo del Senato e del popolo di Roma, come invece riporta la silloge di Einsiedeln.
Una possibile soluzione a tale questione può trovarsi nell'ipotesi che, in seguito allo stesso incendio citato nell’iscrizione del tempio di Saturno, anche il tempio della Concordia avesse subito danni e fosse stato oggetto di un restauro sovvenzionato dal Senato. Quest’ultimo avrebbe quindi cambiato il solo soggetto dell’iscrizione originale, mantenendo tuttavia il resto del testo, che, in questa nuova forma, sarebbe apparso al redattore della silloge e a chiunque fosse passato nei paraggi fino al 1450, anno in cui il tempio è stato raso al suolo.