Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 72v (www.e-codices.ch)
Fig. 35: Arco di Costantino, da De Maria 1988, tav. 95.
CIL VI 8, 2, p. 4328; Walser 1987, pp. 95-96 nr. 36; Petoletti 2003, p. 13, nr. 7; Lenski 2008, pp.
241 218-231. Nº iscrizione silloge di Einsiedeln Luogo
iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi
36. Arco di
Fig. 36: iscrizione dell’arco di Costantino,
da http://www.edr-edr.it/foto_epigrafi/immagini_uso/103/103881.jpg?dummy=1594471936.
CIL VI 1139 (EDR103881)
Imp(eratori) Caes(ari) Fl(avio) Constantino Maximo
P(io) F(elici) Augusto, S(enatus) P(opulus)q(ue) R(omanus), quod instinctu divinitatis, mentis
magnitudine, cum exercitu suo
5 tam de tyranno quam de omni eius
factione, uno tempore, iustis rem publicam ultus est armis, arcum triumphis insignem dicavit. Liberatori urbis.
L’arco di Costantino (fig. 35) è uno dei tre archi trionfali della Roma classica ancora oggi 242
eretto.
La tradizione della sua iscrizione (fig. 36) è lunga e lineare, e tutte e cinque le sillogi epigrafiche pre-umanistiche ne fanno almeno una minima menzione.
Nel manoscritto di Einsiedeln sono riportati il testo principale, con una trascrizione nel complesso corretta, e le due iscrizioni presenti sulle pareti interne del fornice centrale. Per leggere quest’ultime, dunque, l’anonimo redattore deve aver attraversato l’arco, o per dirigersi a nord ovest verso l’arco di Tito, il cui testo è riportato subito dopo nella silloge, o per proseguire verso sud in direzione della chiesa di San Gregorio al Celio. L’arco era infatti noto nel Medioevo con il nome di “arco de trasi”, volgarizzazione del latino transeo per indicare la funzione transitoria dell’arco nel cammino dei fedeli cristiani verso l’importante luogo di culto. In questo caso si costituirebbe un termine post quem della trascrizione, da datarsi al papato di Gregorio II (669-731), committente della chiesa, ma per quanto questa seconda possibilità tornerebbe più utile ai fini di una datazione della silloge, per assenza di evidenze e per l’ordine di trascrizione dei testi, pare più probabile la prima.
Piuttosto, è da porsi la domanda sul perché l’anonimo chiami l’arco arcus Costantini e non col nome “medievale”, come invece farà, come vedremo, per l’arco di Tito. Suggestiva è l’idea per cui al tempo della redazione della silloge l’arco non fosse ancora considerato un “transito” in direzione di San Gregorio al Celio, e dunque la trascrizione sia antecedente l’edificazione della chiesa, tra 715 e 731, ma la datazione sarebbe troppo alta. È piuttosto facile, invero, che il redattore sapesse semplicemente di essere di fronte all’arco di Costantino e così lo abbia nominato. Mancano, almeno nel codice a noi giunto, riferimenti ai due testi incisi sopra i due fornici laterali dell’arco, facenti menzione della celebrazione dei decennalia e dell'auspicio per i vicennalia. Non è da escludere che esse fossero passate inosservate al viandante, dal momento che sono composte da poche e criptiche lettere, incise tra l’altro nel mezzo di un complesso programma scultoreo.
Dondi introduce il monumento ammettendo di non essere stato in grado di leggerne il 243
testo, ma di aver capito il riferimento alla sua edificazione da parte di Costantino. La trascrizione del dotto clodiense si limita a una copia sbagliata dell’inizio della prima riga dell’attico (Imp(erator) Caesar Costantinus invece di Imp(eratori) Caes(ari) Fl(avio)
LTUR, I pp. 86-91; Richardson 1992, pp. 24-25.
242
Cfr. CIL VI, p. XXVII.
Costantino), seguita dalla frase et multa alia secuntur. Anche in questo caso vengono copiate le due iscrizioni interne, con una breve per quanto esaustiva descrizione della loro ubicazione.
Poggio inserisce il testo principale tra quelli visionati autopticamente, ma non riporta quelli minori. Si noti come il Bracciolini abbia copiato dal codice di San Gallo le tre iscrizioni precedenti (vedi numero 35) e, dopo aver riportato tra le autoptiche quella qui in analisi e la successiva dell’arco di Tito, avesse ripreso la sezione delle copie dalla persa iscrizione dell’arco di Marco Aurelio. È convincente pensare che la silloge Poggiana sia frutto di un lavoro piuttosto approfondito, come già spiegato nell’analisi del titulus della Colonna Traiana (vedi numero 13). In questo caso, però, l’inserimento del testo dell’arco di Costantino tra i tituli autoptici ha comportato un calo di precisione da parte di Poggio, il quale riporta solo l’iscrizione principale . 244
Diversamente, la silloge Signoriliana e la raccolta del British Library, Add. 34758 245 246
riportano tutte le iscrizioni dell’arco, indice che tra il XIV e il XV secolo il monumento era ben conservato.
Da notare anche come Cola di Rienzo fece più volte riferimento all’espressione liberator urbis, facendola trascrivere in un’iscrizione aurea collocata sulla porta della chiesa di Santa Maria in Aracoeli ed utilizzandola nelle intitulationes delle sue lettere a partire dal 247
1347 248
Al di là dell’ambito meramente epigrafico, l’arco viene elencato nei Mirabilia , la cui 249
prima edizione viene redatta negli anni in cui la famiglia dei Frangipane fortifica il Colosseo e il Palatino (in particolare il Settizonio) unitamente agli archi di Tito e Costantino . 250
Quest’operazione militare da parte dell’importante famiglia romana non avrebbe recato danno alcuno al monumento, che anzi rimase integro e riconoscibile nei secoli successivi, come visto dalle testimonianze epigrafiche soprammenzionate.
CIL VI, p. XXXIV, nr. 45.
244
Cfr. CIL VI, p. XVII, nr. 5.
245 Petoletti 2003, p. 13 nr. 7. 246 Romano 2002, p. 180. 247 Burdach - Piur 1912, pp. 101, 114, 117, 119, 122, 132, 151-152. 248 Valentini - Zucchetti 1946, pp. 18-19. 249 Augenti 1996, pp. 90-96. 250
In generale, la storia dell’arco e delle sue iscrizioni non è di grande utilità per la datazione originaria della silloge di Einsiedeln. Anche qualora la sua visibilità fosse stata ostruita negli anni dei Frangipane, il conseguente e ipotetico impedimento di lettura sarebbe da datarsi ad un periodo già più tardo rispetto al termine ultimo di datazione della raccolta.