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Iscrizione del restauro del Teatro di Pompeo

Einsiedeln, Stiftsbibliothek, Codex 326, f. 75r (www.e-codices.ch)

CIL VI 1191 (EDR111507)

Dd. Nn. Arcadius et Honorius [Invicti et] perpetui Augg. theatrum Pompei [collapso] exteriore ambitu magna etiam [ex parte] interior[e] r[uen]te convulsum [ruderibus]

5 subductis et excitatis invice[m fabricis]

[novis restituerunt].

Il redattore della silloge di Einsiedeln riporta qui un testo letto nei pressi del Teatro di Pompeo , menzionante un restauro delle strutture interne ed esterne dello stesso, che erano 326

crollate, da parte di Arcadio e Onorio.

La testimonianza è di duplice importanza per la ricostruzione della storia del teatro, oggi non più esistente, in età tardoantica e altomedievale.

Di esso si ben conoscono le origini: situato nella zona più meridionale del Campo Marzio, era stato dedicato nel 55 a.C., anno del secondo consolato di Pompeo, e si trattava del primo teatro permanente e in muratura di Roma che, stando a Plutarco, era stato ispirato al

CIL VI 8, 2, p. 4334; Walser 1987, p. 111 nr. 50. 325 LTUR V, pp. 35-38; Richardson 1992, pp. 383-385. 326 Nº iscrizione silloge di Einsiedeln Luogo

iscrizione Pagina manoscritto Edizione Database Autopsia CIL Esistente oggi

50. Teatro di

generale romano dalla vista del teatro di Mitilene . Visti gli impedimenti legali che ne 327

proibivano l’impianto, Pompeo l’aveva fatto passare come scalinata del Tempio di Venere Vincitrice, costruito nella sommità della parte centrale della cavea. Di ingenti dimensioni e ornato da un vasto e complesso apparato artistico e scultoreo, può essere considerato come un vero e proprio prototipo del monumento imperiale: esso era arricchito da un quadriportico con colonne di granito che scendeva verso l’odierno Largo di Torre Argentina, dove si trovavano la Curia Pompeii e la statua di Pompeo, presso la quale erano soliti incontrarsi i senatori prima delle riunioni e dove Cesare fu ucciso (fig. 41).

Proprio in seguito alle idi di marzo del 44 a.C., Augusto fece murare la Curia perché locus sceleratus, ma altresì spostò la statua di Pompeo in prossimità dell’ingresso alla scena. Già nel 32 a.C. - e a grandi spese - finanziò il primo di una lunga serie di restauri per il teatro, in uso addirittura fino al VI secolo . 328

Plutarco, Pompeo, 42,4: διοικήσας δὲ τὰ ἐκεῖ καὶ καταστησάµενος οὕτως ἤδη πανηγυρικώτερον 327 ἐχρῆτο τῇ πορείᾳ, καὶ γὰρ εἰς Μιτυλήνην ἀφικόµενος τήν τε πόλιν ἠλευθέρωσε διὰ Θεοφάνη, καὶ τὸν ἀγῶνα τὸν πάτριον ἐθεάσατο τῶν ποιητῶν, ὑπόθεσιν µίαν ἔχοντα τὰς ἐκείνου πράξεις, ἡσθεὶς δὲ τῷ θεάτρῳ περιεγράψατο τὸ εἶδος αὐτοῦ καὶ τὸν τύπον, ὡς ὅµοιον ἀπεργασόµενος τὸ ἐν Ῥώµῃ, µεῖζον δὲ καὶ σεµνότερον.

Per un recente studio sul Teatro di Pompeo e sulle scoperte archeologiche ad esse legate, si veda

328

Gagliardo-Packer 2006.

Fig. 41: ricostruzione 3D del Teatro di Pompeo, da https://commons.wikimedia.org/w/index.php?

L’ultima notizia di interventi alla struttura dell’edificio risale infatti a un periodo compreso tra il 507 e il 511, ad opera di Quinto Aurelio Memmio Simmaco e per ordine di Teodorico . 329

Il penultimo riferimento a noi noto è dato invece da un’iscrizione trasmessa solo dal codice di Einsiedeln, che menziona il restauro di componenti interne ed esterne del teatro dopo il 395, durante l’impero di Arcadio e Onorio. Il redattore aveva riportato un testo agli occhi di Mommsen non intero: è probabile che il supporto fosse mutilo dell’intera ultima parte sulla destra, integrata dallo storico . Il fatto che l’indicazione topografica nel codice sia in 330

theatro Pompeii implica che ancora ai tempi della redazione della silloge l’edifico fosse noto col suo nome originale: si era conservata anche in età altomedievale, dunque, la memoria quantomeno relativa al nome del teatro. Essa si mantiene addirittura nei Mirabilia, dove si fa menzione del theatrum Pompeii ad Sanctum Laurentium e di un templum Gnei Pompeii 331

mirae magnitudinis et pulchritudinis , definito in rovina, ma comunque ancora esistente 332

nel XII secolo, quando sappiamo che parte del sito era occupato anche dalle chiese di Santa Barbara e di Santa Maria in Grotta Pinta , succursali della grande basilica di San Lorenzo 333

in Damaso, anch’essa a poca distanza dal teatro . Anche il Liber politicus di Cencio 334

Camerino cita in un itinerario il theatrum Pompeii . Pochi anni dopo la redazione di queste 335

due opere, Bobone di Bobone comprò per sé e per i suoi eredi gli avanzi del Teatro di Pompeo: fu l’inizio della relazione tra le rovine della cavea del teatro e la famiglia degli Orsini, discendente da Bobone, che dal 1296 iniziò a comprare diversi edifici della zona per costruire una fortezza con torre che dominasse l’odierno Campo dei Fiori . Da qui in poi 336

Cassiod. Variae, 4.51.12: Hos ritus Romani sicut ceteras culturas ad suam rem publicam inutiliter

329

trahentes aedificium alta cogitatione conceptum magnanimitate mirabili condiderunt. unde non inmerito creditur Pompeius hinc potius Magnus fuisse vocitatus. et ideo sive masculis pilis contineri sive talis fabrica refectionis studio potuerit innovari, expensas vobis de nostro cubiculo curavimus destinare, ut et vobis adquiratur tam boni operis fama et nostris temporibus videatur antiquitas decentius innovata. Mommsen 1850, p. 307. 330 Valentini - Zucchetti 1946, pp. 22-23. 331 Valentini - Zucchetti 1946, p. 49. 332

Sulla chiesa di Santa Barbara vd. Hülsen 1927, pp. 204-205, B2; sulla chiesa di Santa Maria in

333

Grotta Pinta vd. Hülsen 1927, pp. 328-329, M34. Hülsen 1927, p. 284, L10. 334 Valentini - Zucchetti 1946, p. 219. 335 Gagliardo - Packer 2006, pp. 96-97. 336

vengono definitivamente a perdersi le conoscenze relative al passato architettonico ed archeologico dell’area, che tornano vagamente alla luce a partire dalla fine del XV secolo . 337

Si noti anche tuttavia come l’odierna disposizione degli edifici sorti sui resti del teatro mantenga ancora quella semicircolare della cavea (fig. 42).

Tornando a soffermarci sulla lettura del redattore della silloge di Einsiedeln, essa sarebbe avvenuta in un periodo in cui il Teatro di Pompeo, per quanto abbandonato e probabilmente in un primo declino, doveva ancora essere intatto e non sovrastato da nuovi edifici. Pare strano, invero, che fra le tante iscrizioni che si sarebbero potute leggere tra i resti di un così tanto importante luogo della Roma classica, l’unico trascritto sia un’iscrizione mutila di un restauro tardoantico, per quanto invero non siano molte le evidenze epigrafiche relative al teatro recuperate negli anni. Si deve credere che il redattore non fosse entrato effettivamente nel teatro, quanto piuttosto abbia visto l’edificio dall’esterno, dove vista la natura del

Limitatamente alle prime scoperte epigrafiche: nel 1482 nei pressi della chiesa di San Lorenzo in

337

Damaso viene trovata un’iscrizione in grandi lettere contenente le parole genius teatri pompeiani (Stinger 1985, p. 63 e Gagliardo-Packer 2006, p. 97, con ulteriore bibliografia alla nota 30); nel 1525 viene recuperato un altro frammento nelle fondamenta di Santa Maria in Grotta Pinta contenente le parole Veneris Victricis (CIL VI 785, cfr. Gagliardo-Packer 2006, p. 97, con ulteriore bibliografia alla nota 31).

Fig. 42: via di Grotta Pitta, Roma, da https://goo.gl/maps/tydmegeV7fse4LC58.

restauro, una copia dell’iscrizione sarebbe stata apposta. Per tale motivo, forse, egli non riuscì a leggere e copiare altri testi.

A differenza di altre sezioni della silloge, in cui i tituli sembrano essere in un certo senso collegati topograficamente tra loro, in questo caso l’iscrizione è isolata, essendo preceduta e seguita rispettivamente da epigrammi da San Paolo fuori le Mura e in prossimità di Clivo di Scauro.