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Equilibri geopolitici del futuro

In termini di sicurezza di approvvigionamento energetico, in caso di un'improvvisa assenza delle forniture provenienti dall'Algeria e/o dall'Ucraina, l'Europa rimarrebbe in ogni caso sotto una forte dipendenza dalla Russia. Bisogna dire però che questo è una sorta di legame a doppio filo, dato che i bisogni energetici dell'Europa alimentano allo stesso tempo i profitti della vendita di gas necessari alla Russia per finanziare il proprio bilancio pubblico. A tal proposito, data la stagnante crisi economica europea che frena possibili maggiori entrate, la Russia ha ultimamente cercato nuovi orizzonti verso cui dirigere le sue enormi forniture di gas a disposizione.

Infatti, «nonostante le storiche divergenze, tante volte inconciliabili, nel mese di maggio Russia e Cina hanno iniziato a collaborare, firmando un accordo trentennale per la fornitura di gas al gigante asiatico»26. Si prevede infatti che a partire dal 2018, proprio

grazie a questa fornitura energetica diretta verso la Cina, anche Pechino possa diventare un importante cliente per il grande fornitore russo.

Nonostante questa mossa sollevò qualche sospetto di un ipotetico “tradimento” da parte della Russia nei confronti dell'Europa, in realtà pare abbastanza evidente la necessità per Mosca di poter sfruttare più efficacemente le sue enormi risorse.

Il budget russo è fortemente sostenuto dai ricavi per esportazione d'idrocarburi. Non avrebbe senso che rinunciasse al cliente-europa. La Russia può produrre più gas di quanto ne produce oggi. L'Europa in declino non è in grado di assorbirlo. L'unico modo che la Russia ha di esportare di più è diversificare i clienti. […] Il tubo che va in Cina non “cambia” il mercato del gas russo; ma giusto lo allarga27.

Questi nuovi accordi potrebbero avere in effetti un forte impatto negli equilibri geopolitici energetici. Il terreno di scontro per la competizione energetica globale vedrebbe da un lato il nuovo asse Russia-Cina, che potrebbe anche scontrarsi con gli Stati Uniti e i suoi interessi economico-strategici in Asia, mentre dall'altro vi sarebbe il blocco basato sui solidi rapporti fra Usa ed Europa, spinto fra l'altro dal forte incremento energetico del non convenzionale ottenuto grazie alle nuove tecnologie di estrazione.

26 M. Verda, Europa e approvvigionamenti di gas..., cit., p. 73. 27 M. Verda, Energia e geopolitica..., cit., p. 5.

Gli elementi determinanti di questo scontro potrebbero essere il fattore demografico, che andrebbe sicuramente a vantaggio del blocco orientale nascente, mentre dall'altro lato penderebbe di più l'aspetto economico-tecnologico date le maggiori ricchezze del versante occidentale.

Tuttavia questa disputa parrebbe più intesa a contrastare gli emergenti legami tra Cina e Russia, dato che nonostante gli Stati Uniti si siano recentemente riaperti all'esportazione di petrolio e gas, anche se solo di un certo tipo, ciò non sembra ovviamente poter intaccare la posizione dominante della Russia.

Una tale possibilità appare effettivamente poco realistica, almeno nel breve periodo, ma bisogna sempre considerare un fattore fondamentale che potrebbe cambiare in qualsiasi momento le regole del gioco, cioè la tecnologia.

Il progresso tecnologico porterà sicuramente a un miglioramento delle tecniche estrattive rispetto alla situazione attuale che permetterebbe un migliore e maggiore sfruttamento delle riserve non convenzionali, e anch'esso potrebbe avere un importante impatto negli equilibri energetici internazionali in quanto a forniture e disponibilità di risorse.

Ipotizzando una maggiore fornitura di gas per l'Europa, proveniente però dalla sponda occidentale, si potrebbe rafforzare ancor più il blocco Usa-Ue sempre nell'ipotetico tentativo di sostituire la solida partnership energetica esistente fra Europa e Russia28.

In questi scenari si prospetta un ruolo di poco risalto nel futuro per l'Arabia Saudita, sovrastata per quantità dalle riserve del sempre odiato Iran il quale invece, sospeso tra una possibile apertura verso l'Occidente o una continuità di sostegno da parte della Russia, potrebbe rappresentare proprio l'ago della bilancia degli equilibri energetici futuri.

Negli scenari del futuro le sfide tecnologiche si intrecciano quindi con quelle politiche, fino a diventarne strumento. Un successo nelle prime potrebbe significare una vittoria nelle seconde, con conseguenti impatti sullo scacchiere degli scambi globali, sulla sicurezza energetica, sulla protezione dell'ambiente e, non ultimo, sui prezzi di petrolio e gas. Tracciare oggi una rotta su questi aspetti appare prematuro, ma è importante mantenere alta l'attenzione per coglierne in tempo sfide e opportunità29.

28 M. Verda, Europa e approvvigionamenti di gas..., cit., pp. 137-139. 29 ivi, p. 140.

CONCLUSIONI

L'importanza fondamentale del petrolio e dei combustibili fossili per le necessità diarie dell'intera umanità, unita alla recente caduta dei prezzi, le sue possibili ragioni, la presunta fine del petrolio e le possibili conseguenze a livello internazionale hanno destato personalmente quella curiosità che poi ha portato alla nascita di questo lavoro.

In base a quanto descritto, si è potuto notare come e quanto sia complicata la situazione geopolitica energetica internazionale. Fin dal 1970 si è assistito più volte a guerre e a crisi petrolifere, dove gli attori interessati sono stati più o meno sempre gli stessi (Arabia Saudita, USA, Russia, Iran, Iraq, ecc.), e chissà a quante ancora ne assisteremo dato che si tratta sempre e comunque di eventi imprevedibili.

Se le guerre e gli scontri si sono verificati in tempi di abbondanza, non è per nulla facile anche solo immaginare cosa accadrà quando rimarranno le ultime “gocce” di petrolio disponibili sul pianeta.

Per ciò che abbiamo appreso però pare che i veri problemi non sorgeranno quando verranno sfruttate le ultime riserve disponibili, perché a quel punto molto probabilmente il petrolio sarà già stato sostituito con un'altra fonte energetica primaria, bensì quando si raggiungerà il tanto temuto picco della produzione di petrolio o più in generale dei combustibili fossili, cioè quando inizieranno a non essere più la risorsa (primaria) abbondante e a buon mercato cui il mondo era ormai abituato.

Effettivamente a partire dagli anni 2000 si assistette a un progressivo e spropositato aumento dei prezzi, culminato con il record raggiunto nel 2008 di 147 dollari al barile che fece presagire un possibile raggiungimento del picco, ma l'ultima recente scoperta del più grande bacino di gas del Mediterraneo nei pressi dell'Egitto ha allontanato decisamente la preoccupante fine a breve termine dei combustibili fossili.

Tesi fra l'altro rafforzata dal drastico calo dei prezzi del barile iniziato un anno fa, stazionari ormai fra i 40 e i 50 dollari, che parrebbe indicare almeno in teoria una sovrabbondanza rispetto al fabbisogno energetico globale necessario, sovrabbondanza che contrasta quindi con la già remota possibilità di essere in procinto di raggiungimento del picco.

Sebbene questa situazione di “stallo” di bassi prezzi parrebbe avvantaggiare attualmente i Paesi consumatori e più in generale le economie europee in crisi, è difficilmente contemplabile che si tratti di un gesto di buona volontà da parte dei Sauditi o dell'OPEC. La crisi infatti è cominciata ormai da alcuni anni, ma il petrolio era rimasto ben saldo su certi valori.

Facendo un confronto con le crisi energetiche degli anni Settanta e Ottanta se pensiamo ai recenti scontri in Ucraina, con le conseguenti preoccupazioni sulla sicurezza degli approvvigionamenti energetici, e alle tensioni geopolitiche sempre vive in quelle zone del pianeta in cui il petrolio è la risorsa primaria, solitamente questi eventi sarebbero bastati per scatenare una qualche crisi petrolifera che di conseguenza, come si è verificato in passato, avrebbe fatto schizzare verso l'alto il prezzo del petrolio. Oggi invece non è stato così, spingendoci a trovare delle risposte alle nuove domande che la geopolitica ci pone: chi colpisce il crollo del petrolio? Quali Paesi ne risentono maggiormente?

Le ragioni posso essere svariate e molto difficili da individuare, specie in tempi in cui molte previsioni anche autorevoli vengono puntualmente sbagliate, e in tempi in cui le relazioni tra cause ed effetti non sono più così scontate.

Fin dalle prime ricerche però è apparso come l'unica nazione che pare poter sopportare senza sforzi gli attuali bassi prezzi del petrolio sia l'Arabia Saudita seguita da alcuni storici alleati all'interno dell'OPEC, che volontariamente non riducono l'estrazione, lo sfruttamento e la quantità di petrolio disponibile, contrastando così nuove possibili leadership energetiche.

Nonostante sia stato allontanato il terrore di un possibile esaurimento in tempi brevissimi, dato che la presenza di petrolio è prevista ancora per circa cinquant'anni, esiste una sola certezza: il petrolio e i combustibili fossili prima o poi finiranno e spariranno del tutto, queste non sono infinite, è innegabile, e prima o poi il mondo dovrà prepararsi a un qualche cambio epocale.

Il problema è che al momento attuale le uniche valide alternative ai combustibili fossili sono rappresentate dal rischioso e costoso nucleare o dall'ancora poco sviluppata energia solare, così la fonte energetica più prossima che potrebbe sostituire il petrolio sembra essere il gas.

Malgrado sia difficilmente ipotizzabile che una tale situazione possa ancora durare a lungo nel tempo, la strategia saudita di bassi prezzi pare essere diretta a contrastare possibili concorrenti attuali e futuri, sia interni che esterni all'OPEC come gli USA, il Venezuela, l'Iran e la Russia.

I fruttuosi risultati ottenuti grazie all'evoluzione del petrolio non convenzionale e la tanto agognata e dichiarata indipendenza energetica degli Stati Uniti sembrano realizzabili e possibili solo attraverso alti prezzi del greggio, e con il sostanziale e amichevole aiuto del Canada, fattori che comunque non escludono una seppur minima necessità di forniture energetiche esterne.

Per quanto riguarda il Venezuela, primo paese non arabo per quantità e riserve di petrolio, è anch'esso in carenza della tecnologia necessaria per meglio sfruttare le proprie risorse, e la estrema dipendenza dai proventi del petrolio e le strette relazioni con la Russia non migliorano o aiutano la situazione.

Proprio quest'ultima potrebbe rappresentare, insieme all'Iran, un elemento di particolare dinamismo nello scacchiere energetico internazionale futuro, specie dopo gli accordi stipulati insieme agli USA sul nucleare iraniano e considerando come entrambi i Paesi siano i detentori delle più grandi riserve di gas al mondo.

Proprio in previsione di ciò sembra essere stato istituito il GEFC, al momento solo un forum dei Paesi con le maggiori riserve di gas ma che potrebbe a poco a poco sostituire l'OPEC una volta esaurito il petrolio e quindi la ragione della sua esistenza.

In quest'ottica si potrebbe assistere alla nascita di un nuovo cartello del gas dove proprio la Russia, grazie anche all'enorme espansione delle forniture del suo gas in tutta l'Asia, potrebbe svolgere il ruolo di nuovo pivot energetico globale.

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