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III. La copertura del caso a due settimane dal terremoto: 26 marzo 11 aprile

1.1.4 Gli eroi di Fukushima

Nel cercare di individuare le principali tematiche nella copertura del caso bisogna sottolineare la particolare attenzione dei due quotidiani italiani verso i lavoratori impegnati nella centrale.

L'analisi va operata dal punto di vista qualitativo più che quantitativo per le modalità descrittive, gli stili narrativi adottati e soprattutto gli appellativi dati a questi lavoratori da parte dei quotidiani considerati.

Un primo esempio è l'articolo “La battaglia dei superpompieri con l'incubo di Cernobyl”, presentato dal Corriere della Sera del 13 marzo, focalizzato sulla radioattività alla quale i lavoratori sono esposti. Il termine usato per indicare i lavoratori trova una spiegazione nella prima riga dell'articolo, secondo cui l'Agenzia per la sicurezza nucleare giapponese li chiama ‘superpompieri’47

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Sempre il Corriere nell'apertura di prima pagina del 16 marzo presenta in riferimento ai lavoratori della centrale il titolo “La lotta disperata dei volontari”, indicando come volontari quelli che sono gli specialisti impegnati nei lavori alla centrale. Nel sottolineare il loro carattere volontario, a partire dal titolo il quotidiano italiano enfatizza lo spirito di sacrifico di questi lavoratori.

Considerando questi due primi esempi si nota una sottolineatura dell'eccezionalità: i lavoratori non sono semplici addetti ma superpompieri o volontari pronti al sacrifico48.

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Più che ‘superpompieri’ dai quotidiani giapponesi vengono indicati come ‘pompieri specializzati’ 48

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L'attenzione per i cinquanta eroi impiegati nella centrale continua anche nell'edizione del 18 marzo con l'articolo “'Il destino ci condanna'/Le email dei 50 eroi/'Moglie, non tornerò'”. Qui, come per i giorni precedenti, viene sottolineato il lato umano e il sacrificio che stanno compiendo, riportando i messaggi che questi lavoratori hanno inviato alle famiglie e ponendo così il focus sui legami affettivi dei lavoratori più che sulle condizioni oggettive e i dettagli delle operazioni che sono chiamati a effettuare.

L'uso del termine eroi o 50 eroi presente nei quotidiani italiani viene considerato anche dai quotidiani giapponesi. Ne è un esempio l'articolo presentato dallo Yomiuri Shinbun nell'edizione del 22 marzo dal titolo “Fukushima 50, i 50 eroi di Fukushima (Fukushima 50, Fukushima no yūshi). Qui l'attenzione va ai media stranieri e a quanto riportato da questi sui lavoratori impegnati nella centrale, presentando alcune delle denominazioni di elogio di media quali il New York Times o Sky

News. L'origine del termine Fukushima 50, o anche dell'espressione eroi di Fukushima, trova una

più chiara spiegazione nell'edizione del 10 aprile dell'Asahi Shinbun. Qui, ad accompagnare l'articolo di lungo formato “I 50 di Fukushima” (Fukushima 50), dove vengono presentate le condizioni di vita dei lavoratori impegnati nella centrale, i rischi per la loro salute e le preoccupazione delle famiglie, si trova una finestra di approfondimento a chiarire quanto riportato nel titolo dell'articolo principale:

“[...] Al momento del terremoto erano presenti oltre 700 persone ma, con l'esplosione al reattore 2 del 15 marzo molti sono stati allontanati e circa 70 persone hanno continuato le operazioni. Poiché all'inizio è stato dichiarato che il numero rimasto era di 50 persone, ‘Fukushima fifty’ riportato dai media stranieri si è diffuso. [...]” (Jisshin hassei toki ni wa

700 nin ijō ita ga, 3 gatsu 15 nichi no 2 gōki no bakuhatsu de ōzei ga taihi shi, yaku 70 nin de sagyō o tsuzuketa. Nokotta ninzū wa tōsho 50 nin to happyō sareta tame, kaigai media ga ‘Fukushima fifutī’ to hōji, hiromatta).

Come per il Corriere della Sera, anche la Repubblica lascia ampio spazio ai lavoratori della centrale, in particolare agli aspetti di carattere umano. Il caso più esemplificativo è il lungo servizio dell'inviato Pietro Del Re pubblicato nella sezione di approfondimento R2 del 31 marzo49.

Anticipato anche in prima pagina sotto il titolo “Io, l'ultimo samurai di Fukushima”, il servizio presentata l'intervista a Kazuma Yakota, come riportato nell'occhiello uno dei cinquecento uomini impegnati a spegnere la centrale nucleare giapponese. L'intervista si focalizza sulle condizioni di vita e di lavoro all'interno della centrale, prestando però particolare attenzione alle paure e ai

nel Corriere della Sera, nell'edizione del 16 marzo con il primo articolo presentato, il servizio dell'inviato a Fukushima Giusi Fasano dal titolo “Ingegneri, operai, impiegati i 50 eroi di Fukushima”. L'attenzione va ai lavoratori della centrale, alle loro condizioni di lavoro e ai rischi che corrono, indicandoli come eroi o “Ulisse davanti a un Polifemo che sbuffa senza sosta” e creando così un'immagine ad effetto per il lettore.

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bisogni dei lavoratori. Un esempio della focalizzazione sugli aspetti privati dei lavoratori è dato dal seguente estratto, dove più che la domanda posta dall'inviato è la risposta dell'intervistato a enfatizzare le relazioni umane dei lavoratori:

“Ma da chi sono composte queste squadre di volontari?

Per lo più residenti, che sono stati anche vittime del terremoto. Molti di loro non hanno più la casa, spazzata via dallo tsunami. È gente che perso tutto: il lavoro, la famiglia, gli amici. Adesso ce la stanno mettendo tutta. Il ripristino della centrale o, quanto meno, la sua messa in sicurezza è divenuta la loro ragione di vita”.

Si consideri invece una delle domande presentate dall'inviato a dimostrazione di come il giornalista curatore del servizio possa influenzare l'intervista a livello di contenuto:

“Voi volontari vi sacrificate per il bene altrui, come già accadde dopo l'incidente si Cernobyl, dove decine di 'liquidatori' morirono per esser intervenuti nella fase dell'emergenza, o per aver lavorato alla decontaminazione o alla realizzazione del sarcofago. In che cosa consiste il vostro lavoro di super-pompieri?”

In questo caso la domanda in senso stretto delle ultime righe è preceduta da un'ampia premessa che non solo sottolinea lo spirito di sacrificio dei lavoratori, ma crea una simmetria con l'incidente di Cernobyl e le morti dei lavoratori allora impiegati, enfatizzando così il senso di pericolo delle operazioni alla centrale.

Si nota inoltre che l'intervista è preceduta da un'introduzione dove lo stile della cronaca con attenzione ai fatti e ai dati lascia posto ad una descrizione soggettiva del giornalista che va a sottolineare, oltre al senso di pericolo, anche le caratteristiche della persona intervistata e il suo lato umano:

“Infagottato nella sua ingombrante tuta di protezione bianca, l'omino Michelin con gli occhi ad asola ha la voce stanca. 'No, la radioattività non mi spaventa' dice. 'Ma ciò di cui avrei più bisogno è una buona notte di sonno'. Kazuma Yakota, 39 anni, tossisce spesso, con tosse stizzosa, forse per via della polvere venefica che respira da un paio di settimane, da quando insieme a qualche centinaio di uomini è al lavoro nella centrale di Fukushima nel tentativo di impedire che la catastrofe nucleare in corso assuma proporzioni bibliche. 'Vorrei anche che ci fornissero dei cibi caldi: non ne possiamo più delle barrette energetiche e dello scatolame'. Come ogni vero eroe, Yakota non si lamenta dell'essenziale, ossia del pericolo che corre esponendosi a forti dosi di sostanza contaminanti. Chiede soltanto piccole cose, accessorie all'attività che svolge, come una cena decente e un materasso per riposarsi dopo la fatica. [...]”.

Considerando l'estratto riportato va innanzitutto segnalato un esempio di come l'interpretazione soggettiva da parte del giornalista possa sfociare in rappresentazioni non propriamente adatte alla

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presentazione giornalistica di una delle principali testate italiane. Si fa in particolare riferimento alla descrizione dell'intervistato come omino Michelin con gli occhi ad asola, che può risultare poco appropriata considerando la gravità della situazione e il lavoro a cui è chiamato l'addetto. In secondo luogo va sottolineato il riferimento indiretto, ma efficace in quanto agisce sulla percezione del lettore, alla tosse dell'addetto, che “tossisce spesso, con tosse stizzosa, forse per via della polvere venefica che respira da un paio di settimane”.

Va inoltre evidenziato l'uso, più volte fatto dal quotidiano la Repubblica, dell'espressione

catastrofe nucleare per descrivere la situazione in corso. Nell'estratto, in particolare, il giornalista

non si limita all'uso di questo termine, ma lo amplia secondo criteri soggettivi e non misurabili definendolo dalle proporzioni bibliche.

L'intervista a Kazuma Yakota presentata da la Repubblica trova un suo corrispettivo nel quotidiano giapponese Yomiuri Shinbun che, nell'edizione del 29 marzo, riporta le dichiarazioni dello stesso addetto durante la conferenza stampa del 28 marzo. Considerando quindi che il quotidiano giapponese riporta quanto dichiarato nella conferenza stampa e non in un'intervista concessa al quotidiano, va messa in dubbio l'origine e il fondamento del servizio de la Repubblica in quanto è poco probabile che l'addetto abbia concesso, oltre alla conferenza stampa a cui fa riferimento lo

Yomiuri Shinbun, anche un'intervista privata al quotidiano italiano.

Secondo quanto riportato dallo Yomiuri Shinbun sorge inoltre un problema legato all'identità dell'intervistato in quanto non sarebbe uno degli uomini direttamente impegnati nella centrale, come riportato da la Repubblica, ma il capo ispettore Nisa (Nuclear Industry Security Agency) per la centrale Fukushima Daiichi. Va infatti precisato che l'intervistato non è un operaio impegnato ai lavori di messa in sicurezza della centrale, i cui nomi non sono mai stati resi noti, ma un funzionario che in questo caso funge da addetto stampa.

Dal punto di vista stilistico, ma anche di contenuto, bisogna infine sottolineare che l'articolo presentato dallo Yomiuri Shinbun50, a differenza di quanto pubblicato dal quotidiano italiano, pur descrivendo le dure condizioni di lavoro, non si focalizza sulle emozioni e sulle paure del lavoratore, presentando la situazione in modo distaccato, limitando al minimo l'aspetto descrittivo del lato umano e attenendosi alle dichiarazioni date durante la conferenza stampa.

Si può quindi arrivare a concludere che il quotidiano italiano, partendo dalla conferenza stampa rilasciata da Yokota il giorno 28 marzo, abbia creato un serie di domande e ipotetiche risposte nella forma dell'intervista, di fatto mai avvenuta, per rappresentare le possibili condizioni di lavoro e i bisogni dei lavoratori.

Oltre all'esempio considerato, si può notare come l'attenzione che i due quotidiani italiani

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“Chōshoku ni bisuketto yoru ha zakone/Genpatsu sagyōin kakokuna genba” (A colazione biscotti e alla sera si dorme ammassati/Il duro luogo di lavoro degli addetti alla centrale), Yomiuri Shinbun, 29 marzo 2011, pp.1-2

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riservano ai lavoratori impegnati nella centrale trovi un riscontro anche nei quotidiani giapponesi, seppur con modalità espressive e oggetti di focus differenti. Nei due quotidiani giapponesi prevalgono infatti le descrizioni delle condizioni di lavoro e, a livello lessicale, si può notare come quelli che per i media stranieri sono eroi, per Asahi Shinbun e Yomiuri Shinbun sono semplici operatori o addetti51.

Per quanto riguarda i due quotidiani giapponesi va inoltre sottolineata la presenza di articoli riguardanti i lavoratori sia nelle pagine di primo piano sia nella sezione shakai. Nel primo caso sono gli articoli presentati secondo lo stile di cronaca con focalizzazione sugli aspetti tecnici, mentre nel secondo caso l'attenzione degli articoli va agli aspetti umani e ai legami famigliari dei lavoratori. Un esempio di questa divisione qualitativa operata dai quotidiani giapponesi è data dai due articoli dello Yomiuri Shinbun, di cui il primo presentato in prima pagina e il secondo inserito nella sezione

shakai:

“Pericolosità dell'acqua/La Tepco non l'ha comunicato ai lavoratori contaminati dell'unità 3”

Mizu no kikensei/ Tōden tsutaezu 3 gōki hibaku no sagyōin ni

(Yomiuri Shinbun, 26 marzo)

“La mail della moglie che ha sostenuto la missione/Il caposquadra di salvataggio dell'operazione di scarico dell'acqua 'Con fiducia sto proteggendo la famiglia'”

Ninmu sasaeta tsuma no mēru/ Hōsui sagyō no resukyū taichō 'Shinjite ie o mamottemasu'

(Yomiuri Shinbun, 30 marzo)52.

Va inoltre sottolineato come, nell'edizione del 25 marzo, mentre i due quotidiani italiani spostano momentaneamente l'attenzione dalla situazione alla centrale nucleare ad altri aspetti, e in parte persa

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Si possono riscontrare casi come l'articolo dello Yomiuri Shinbun “Operatori, la paura e la lotta dei 400millisievert” (Sagyōin 400 mirishīberuto no kyōfu to tatakau, Yomiuri Shinbun, 16 marzo 2011, p. 2) in cui il tono del titolo si presenta relativamente forte facendo riferimento alla lotta e alla paura che questi addetti devono affrontare, ma che nel complesso risulta poi un articolo senza particolare enfasi sulla drammaticità del fatto. Entrambi i quotidiani giapponesi, pur riportano la notizia che su ottocento impiegati settecentocinquanta vengono temporaneamente fatti allontanare dal posto vista l'interruzione delle operazioni per radioattività troppo elevata, a differenza dei due quotidiani italiani ai restanti cinquanta addetti non riservano un'attenzione particolare e, invece di eroi, vengono definiti come minimo necessario, come nel seguente esempio: “800 addetti stavano effettuando l'operazione di iniezione di acqua ma, con l'esplosione, si è lasciato un numero minimo necessario di 50 persone, allontanando temporaneamente dal posto 750 persone” (Sagyōinra 800 nin ga mizu no chūnyū sagyō o okonatte ita ga, bakuhatsu

ni tomonai, 'hitsuyō saishōgen' to iu 50 nin o nokoshi, 750 nin ga ichiji, genba kara hanareta). Come ulteriore

esempio, nell'edizione del 23 marzo sia l'Asahi Shinbun che lo Yomiuri Shinbun lasciano spazio al racconto di un impiegato di un'azienda subappaltata della Tepco dal momento del terremoto al rifugio con al famiglia fino al richiamo sul posto di lavoro dal 17 al 19 marzo (“Hinansho kara genpatsu e”, Yomiuri Shinbun, 23 marzo 2011, p.31; “Hara o kukutta demo kowakute shikata nakatta”, Asahi Shinbun, 23 marzo 2011, p.29)

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In questo articolo l'attenzione si focalizza sulle mogli dei lavoratori e in particolare sulle loro mail, come fatto anche dal Corriere con l'articolo “'Il destino ci condanna'/Le mail dei 50 eroi”. Oltre allo Yomiuri Shinbun e all'articolo del quotidiani italiano considerato, anche l'Asahi Shinbun lascia spazio ai messaggi inviati dai lavoratori alle loro famiglie nell'articolo del 18 marzo “Non scappare...Impiegati della Tepco, la lotta al limite con la radioattività” (Nigeru wake ni wa... Tōden shain, hōshasen to kyokugen no tatakai). Nonostante l'impostazione di base dell'articolo sia comune a tutti e tre i quotidiani, le modalità narrative presentano delle differenze in primo luogo dovute a una minor enfasi dal punto di vista emotivo da parte dei quotidiani giapponesi, unita a una minore focalizzazione sull'eroicità di questi lavoratori, pur riportando i pericoli legati alla radioattività.

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l'enfasi iniziale sull'eroicità dei lavoratori, i due quotidiani giapponesi presentano in prima pagina la notizia della contaminazione di tre addetti impegnati nei lavori alla centrale di Fukushima Daiichi. La contaminazione degli addetti e la presenza di acqua contaminata ad alta concentrazione trovano ampio spazio nella prima pagina di entrambi i quotidiani, sia nell'edizione del mattino che in quella della sera, evidenziando in particolare gli aspetti tecnici e i relativi dati.

Considerando quest'ultimo caso, unitamente a quanto riscontrato negli esempi precedenti, si riconferma anche per quanto riguarda gli articoli sui lavoratori della centrale quella tendenza individuata nei quotidiani italiani a far prevalere i lati emotivi e personali piuttosto che quelli tecnici specifici più legati alla cronaca in senso stretto.