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Esigenze di semplificazione e di celerità: il giudizio immediato quale canale d

Caratterizzato da assoluta novità rispetto all’archetipo già noto sotto la vigenza del codice Rocco e da spiccata poliedricità579, il genus giudizio immediato si caratterizza

prioritariamente – ma forse, soltanto – per l’esigenza di garantire una cospicua anticipazione della celebrazione del dibattimento e, parallelamente, una deflazione dello stesso580.

Posto a «metà strada tra il giudizio direttissimo e il procedimento ordinario»581, ispirato

all’accentuazione delle caratteristiche accusatorie del nuovo processo – id est, la drastica riduzione dello iato cronologico che separa il tempus commissi delicti dalla celebrazione della pubblica udienza dibattimentale – il modello che costituisce punto di riferimento per la presente indagine è rappresentato dal rito instaurato dalla richiesta del pubblico ministero e qualificato, sin dall’entrata in vigore del codice Vassalli, genus tipico del rinnovato istituto582.

L’immediato583 approdo alla fase dibattimentale dovrebbe costituire – in linea teorica –

l’obiettivo cui tende ogni codice con dichiarata vocazione accusatoria. Tuttavia, la fisiologica sequenza ordinaria, rappresentata dal trittico indagini preliminari – udienza

579 F. SIRACUSANO, Originari statuti e nuovi orizzonti dei giudizi immediati, Torino, 2018, p. 4; RIVELLO, (voce) Giudizio immediato, in Enc. dir., Annali, III, Milano, 2010, p. 468-469, secondo cui sarebbe più appropriato discorrere di “giudizi immediati”, attesa l’impossibilità di ricondurre entro un unico paradigma le diverse tipologie del rito in esame.

580 RIVELLO, (voce) Giudizio immediato, cit., p. 469 spiega la necessità, in ottica di sistema, di uno strumento a innesco ex auctoritate al fine di incentivare lo sbocco verso alternative premiali e negoziali, sotto la minaccia di una sanzione percepita come più imminente e, indirettamente, certa.

L’idea alla base del codice accusatorio del 1988 può essere così sintetizzata: visti i “costi” del nuovo dibattimento, in termini tanto di risorse umane quanto economiche, il sistema non sarebbe in grado di tollerare la definizione dell’intera mole di procedimenti per via del rito ordinario, occorrendo definirne il più possibile in via alternativa. Cfr., CAPRIOLI, L’archiviazione, Napoli, 1994, p. 308-309 e, più di recente, ZAPPALÀ-PATANÈ, I

procedimenti speciali, in Diritto processuale penale, a cura di Di Chiara-Patané-F. Siracusano, Milano, 2013, p.

557.

581 Relazione al progetto preliminare al codice di procedura penale, in G.U. 24 ottobre 1988, n. 250, suppl. ordinario n. 2, 110.

582 ILLUMINATI, Il giudizio immediato, in Giust. pen., 1989, III, c. 706.

583 Visti i tempi medi della giustizia, colse il vero CORDERO, Procedura penale, Milano, 1991, p. 860, parlando di «rito diretto», ponendo l’accento sul fatto che il transito al dibattimento non è così “immediato” come la terminologia prescelta lascerebbe presumere.

preliminare – giudizio584, non sempre è in grado di garantire il rispetto di tempistiche

ragionevoli. Una tale presa di coscienza, ha nel tempo sospinto il legislatore a predisporre nuovi strumenti volti a ovviare a questa cronica insufficienza strutturale dell’apparato giudiziario585, modellando istituti in base ai quali, al verificarsi di certe condizioni, sarebbero

giustificate deviazione dalla strada ordinaria, con spostamento dei piatti della bilancia a vantaggio del profilo efficientistico e contestuale compressione delle chances difensive dell’imputato.

Talvolta, siffatta rivisitazione del punto di equilibrio tra istanze di sistema e garanzie difensive dell’individuo è giustificata da presupposti tradizionali, quali la supposta minore gravità delle fattispecie di reato (ex art. 550 c.p.p.) o dall’acquisizione di una notitia criminis particolarmente pregnante (stato di flagranza)586. In queste circostanze, infatti, non è ritenuto

irragionevole predisporre moduli procedimentali derogatori del rito ordinario, sub specie di eliminazione di fasi tipiche di quest’ultimo.

Dal canto suo, il giudizio immediato si caratterizza, strutturalmente, per l’amputazione della fase dell’udienza preliminare quale necessario step di controllo e verifica giurisdizionale sull’azione penale esercitata da parte del pubblico ministero, da svolgersi nel contraddittorio tra le parti poste in condizione di parità dinnanzi a un giudice il cui tasso di terzietà si è nel tempo progressivamente innalzato. Nel modello uscito dalla penna legislativa del 1988, la soppressione dell’udienza preliminare è giustificata, ex auctoritate, laddove la «prova appare evidente».

Ben presto, tuttavia, il meccanismo di precisione coniato con il codice repubblicano ha mostrato talune crepe. Da un lato, è divenuta considerazione persino banale e certamente incontrovertibile quella secondo cui il processo ordinario non si presta a un impiego generalizzato “su larga scala”, anche per via del fatto che la sua irragionevole durata costituisce in molti casi la sola strategia processuale dell’imputato587, così da generare un

inestricabile circolo vizioso in cui tendono a fondersi cause ed effetti del rallentato andamento della macchina giudiziaria; dall’altro, però, i riti premiali – una delle autentiche novità del codice di ispirazione anglosassone, il c.d. «codice delle scelte»588 – hanno faticato

a conquistare lo spazio (anzitutto, quantitativo) che i codificatori avevano immaginato, per via di plurime censure di legittimità costituzionale che ben presto ne alterarono la fisionomia, quanto dell’affermarsi del principio di tendenziale completezza delle indagini preliminari589.

Questa linea interpretativa, filtrata in un’ottica storica, può concorrere a spiegare l’energico restyling subito nel tempo dal libro VI del codice in tutti i suoi istituti chiave590.

584 Sequenza che, secondo CHIAVARIO, Diritto processuale penale. Profilo istituzionale, Torino, 2012, p. 544, essendo scandita da momenti distinti ma strettamente complementari, tuttora rappresenta il migliore bilanciamento possibile tra esigenze efficientistiche e garanzie individuali.

585 Basti questo dato, riportato nella relazione del Presidente dell’A.N.M. PONIZ, In nome del popolo italiano.

Le persone, il potere, la legge, Genova, 29-30 novembre-1° dicembre 2019, p. 8, secondo cui ««in Italia l’attuale

rapporto numerico tra magistrati in organico e popolazione è di 11 per 100.000, a fronte di una media europea di 22 magistrati per 100.000 abitanti».

586 F. SIRACUSANO, Originari statuti, cit., p. 189.

587 ORLANDI, Insostenibile lunghezza del processo penale e sorti progressive dei riti speciali, in Tempi

irragionevoli della giustizia penale. Alla ricerca di una effettiva speditezza processuale, Milano, 2013, p. 139.

588 DELLA MONICA, Opzioni di strategia processuale e scelta del rito, in La giustizia penale differenziata. I

procedimenti speciali, I, coord. da Giunchedi, Torino, 2010, 155.

589 F. SIRACUSANO, La completezza delle indagini nel processo penale, Torino, 2005, p. 45 s.

590 Compie una rapida panoramica AMODIO, I procedimenti speciali nel labirinto della giustizia

L’ultima novella sul tema che ci riguarda è del 2008591. Oltre a incentivare i poteri d’impulso

dell’attore pubblico, oggi attinto dal “dovere” di esercitare l’azione penale con le forme autoritative del giudizio direttissimo e immediato, essa è animata anche da improprie finalità penal-sostanziali: minacciare l’imputato di una rapida conclusione del processo, depurato dalla prospettiva della prescrizione e da incentivi premiali, dovrebbe fungere da stimolo idoneo a sollecitare in lui l’adesione a moduli procedimentali negoziali, convenienti dal punto di vista del risparmio di risorse per il sistema e finalizzati a una maggiore certezza della pena.

La strada intrapresa costituisce, tuttavia, estrinsecazione di un modo di legiferare più volte stigmatizzato dagli interpreti: frutto di ondate emotive frequentemente influenzate dal caso di cronaca giudiziaria del momento, tali rattoppi di sistema svelano una prassi nota, consistente nell’attribuire al processo scopi e finalità a esso estranee, dimodoché sempre più spesso «è la procedura, e non il diritto sostanziale, a decidere chi [e quanto] verrà punito»592.

L’ottica marcatamente efficientistica593 della l. n. 125 del 2008 (di conversione del d.l.

concernente il c.d. Pacchetto sicurezza approvato in via emergenziale dal Governo), orientata a intimidire il reo attraverso la celebrazione di processi-lampo, garantendo loro una corsia privilegiata in relazione ai reati di maggiore allarme sociale (vero o indotto che sia), è evidente al punto da rievocare plasticamente quell’esigenza di istantaneità della risposta giurisdizionale, espressione di «immediato esempio di energica repressione»594. La

quadratura del cerchio è, infine, raggiunta attraverso la rivisitazione del giudizio direttissimo595 e, da ultimo, dell’art. 132-bis disp. att. c.p.p. volto a delineare un elenco di

591 La l. 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. Legge Orlando) è intervenuta sul giudizio immediato in via del tutto marginale e, per quanto qui importa, trascurabile, spinta soltanto dalla necessità di garantire l’inevitabile raccordo con le modifiche apportate alla disciplina del giudizio abbreviato.

592 ALLEGREZZA, La nuova fisionomia del giudizio direttissimo, in Misure urgenti in materia di sicurezza

pubblica, a cura di Mazza-Viganò, Torino, 2008, p. 249. Per considerazioni analoghe, rivolte in special modo al

giudizio immediato c.d. “custodiale”, vi s. IASEVOLI, Le patologie processuali nei riti alternativi, in Le invalidità

processuali. Profili statici e dinamici, a cura di Marandola, Torino, 2015, p. 493.

593 Critico circa la deriva “aziendalistica” del processo penale, PECORELLA, Il crepuscolo del rito accusatorio:

contro l’efficienza senza le garanzie, in Cass. pen., 1998, p. 730.

594 Relazione del Guardasigilli on. Alfredo Rocco sul progetto preliminare di un nuovo codice di procedura

penale, in Lavori preparatori del codice penale e del codice di procedura penale, vol. VIII, Roma, 1929, p. 86 e,

più di recente, SPANGHER, I procedimenti speciali, in Procedura penale, Torino, 2015, p. 544 che evidenza come, a seguito delle modifiche introdotte nel 2008, il giudizio immediato abbia patito una «trasformazione “genetica”, maggiormente legata all’esemplarità, in linea con la filosofia della legislazione di sicurezza». Della stessa opinione VALENTINI, La poliedrica identità del nuovo giudizio immediato, in Misure urgenti, cit., p. 284.

595 Circa la possibilità che il rinnovato giudizio immediato costituisca lo sviluppo “fisiologico” della mancata proficua trattazione della regiudicanda attraverso l’instaurazione del rito direttissimo laddove, in particolare, il p.m. ritenga di non potere chiudere le indagini nel termine prolungato di trenta giorni ai sensi dell’art. 449 c.p.p., si v. BRICCHETTI-PISTORELLI, Giudizio immediato per chi è già in carcere, in Guida dir., 2008, f. 23, p. 80; ORLANDI, Note critiche, a prima lettura, in tema di giudizio immediato “custodiale”, in Osservatorio del

processo penale, 2008, f. 3, p. 10 s. e VARRASO, Il “doppio binario” del giudizio immediato richiesto dal

pubblico ministero, in Il decreto sicurezza, a cura di Scalfati, Torino, 2008, p. 180.

Dal combinato disposto dei due rinnovati istituti esce una direttiva di fondo del sistema, nitida ma preoccupante: la scelta di semplificazione procedimentale e di contenimento dei tempi di definizione della regiudicanda laddove l’imputato sia in vinculis è attuata mediante l’incentivazione degli strumenti autoritativi e l’amputazione di sempre più rilevanti fasi procedimentali un tempo considerate essenziali. Se l’idea di una risposta giudiziaria celere per l’imputato ristretto è di per sé positiva (F. SIRACUSANO, Originari statuti, cit., p. 165), l’elisione ex auctoritate di sempre maggiori garanzie dell’imputato (dall’avviso di conclusione delle indagini preliminari, con il fascio di attività defensionale complementari, all’udienza preliminare stessa), senza che questi possa in alcun modo interloquire al riguardo, lascia profondamente perplessi (VALENTINI, La

poliedrica identità, cit., p. 289).

Questo fil rouge è, in effetti, presente anche nelle recenti Proposte di riforma dell’Associazione Nazionale

Magistrati in materia di diritto e processo penale, approvate dal Comitato Direttivo Centrale il 10 novembre

procedimenti da trattare con «priorità assoluta» nella formazione dei ruoli d’udienza, senza però che l’organo politico si sia premurato di indicare alcuna gerarchia interna alla (pletorica) disposizione596.

Ciò che colpisce, dell’idea di “semplificazione”, è che l’«assoluta ingovernabilità»597 del

rito ordinario abbia rappresentato la base di partenza per l’amputazione delle potenzialità dell’udienza preliminare, fase reputata con tutta evidenza inutile al verificarsi di sempre più numerose condizioni sintomatiche tali da renderne – nell’immaginario legislativo – superflua la celebrazione. Le attività di filtro e di controllo, attuate nel contraddittorio delle parti a

discovery già effettuata e non già nel solipsismo del giudicante, circa la fondatezza della

pretesa di giudizio patrocinata dal pubblico ministero598 appare un «costo eccessivo rispetto

ai diritti che intende assicurare»599. Non è invece considerato, per esempio, che ciò che viene

«sottratta all’imputato è [anche] la possibilità di accedere al giudice prima di innescare i riti alternativi, integrando il fascicolo del pubblico ministero con gli eventuali esiti delle proprie indagini difensive ovvero ottenendo l’attivazione dei poteri istruttori»600 di cui agli artt. 421- bis e 422 c.p.p.

La torsione che l’ordinamento ha subito, nel volgere di neppure un decennio, desta stupore. Dalla “legge Carotti” del 1999 al “Pacchetto sicurezza” del 2008, infatti, il legislatore ha adottato scelte sistematiche la cui coerenza è ardua da riscontrare. Con la riforma del 1999, l’udienza preliminare era assurta al rango di snodo cruciale dell’iter procedurale, momento imprescindibile di verifica e completamento definitivo dell’imputazione, di opzione per i riti speciali a innesco negoziale e sedes materiae dell’ambita deflazione del sistema grazie alla riscrittura dell’art. 425, co. 3 c.p.p.

Il sistema ha, tuttavia, reagito in maniera ondivaga. Da un lato, la Corte costituzionale – interprete dalla spiccata sensibilità in materia – ha ribadito a più riprese l’importanza di questo crocevia, primo autentico momento di controllo giurisdizionale circa la corretta incardinazione della pretesa punitiva, posto a raccordo tra la fase investigativa e quella dibattimentale, elevandolo a vera e propria garanzia per il soggetto nei cui confronti si

proposta di Estensione del giudizio direttissimo anche al caso di fermo di indiziato di delitto. Tra le motivazioni addotte, si scorgono passaggi comuni a quanto sarà oggetto di disamina più approfondita infra: «in caso di fermo di indiziato di delitto, si deve procedere entro 48 ore alla richiesta di convalida del GIP e quindi il soggetto fermato è già garantito dalla necessaria interlocuzione con un Giudice, che dovrà contestargli gli elementi di prova e interrogarlo e se del caso procedere alla convalida del fermo. Una garanzia certo di maggiore spessore di quella eventuale interlocuzione col PM che è lo scopo perseguito dall’avviso ex 415 bis c.p.p. ... L’estensione dei presupposti del rito direttissimo pure ai casi di fermo per indiziato di delitto permette allora di definire la regiudicanda in termini processualmente celeri nonsoltanto nella evenienza in cui si sia proceduto ad un arresto in flagranza, ma pure nel caso in cui si sia proceduto ad un fermo di indiziato di delitto. E ciò, si badi, senza alcun arretramento sostanziale sul terreno delle garanzie processuali, dato che il controllo di legalità che il giudice della convalida esercita sull’accusa e sugli elementi di prova è il medesimo sia se esso abbia ad oggetto un arresto sia che esso concerna un fermo e di certo il predetto controllo giudiziale non ha nulla da invidiare a quello meramente eventuale esercitato dal PM a seguito dell’avviso ex art.415 bis c.p.p.».

596 Sul punto, BRICCHETTI-PISTORELLI, Una corsia preferenziale per la trattazione, in Guida dir., 2008, f. 32, p. 101 s. Esprime un giudizio positivo, RIVELLO, (voce) Giudizio immediato, cit., p. 476.

597 F. SIRACUSANO, Originari statuti, cit., p. 15.

598 Controllo che si esplica anche in punto di stabilizzazione dell’imputazione, cfr. Cass., Sez. un., 1° febbraio 2008, n. 5307, Battistella, in Cass. pen., 2008, p. 2310, con nota di PISTORELLI, Imputazione generica o

indeterminata, p. 2318 s. e MARINELLI, La genericità o indeterminatezza dell’imputazione, p. 2327 s.; il contrasto, tuttavia, è continuato: da un lato, si v. Cass., sez. V, 19 maggio 2015, p.m. in c. Masconni, in C.E.D.

Cass., n. 266415, dall’altro, Cass., sez. II, 8 aprile 2016, p.m. in proc. Maroni, in C.E.D. Cass., n.267848 e sez. VI, 12 maggio 2016, P.M. in proc. De Meo e altri, in C.E.D. Cass., n. 267035.

599 F. SIRACUSANO, Originari statuti, cit., p. 15.

procede601. Dall’altro, invece, tanto la Corte di cassazione602 quanto il legislatore hanno

manifestato difficoltà ad accettare il nuovo corso impresso dalla legge n. 479 del 1999. Il declassamento del filtro giurisdizionale da regola a «eccezione... da riservare a quei reati che non destano particolare allarme sociale»603 è evidente, così come palesi sono i rischi di

sperequazioni ingiustificate604 e di involuzioni inquisitorie che «mettono a dura prova il

rispetto costituzionale dei diritti difensivi dell’imputato»605.

Più che l’opzione di politica giudiziaria coltivata dal legislatore nell’ultimo decennio – che pure ha potuto attingere da un retroterra culturale piuttosto florido – a lasciare basiti è l’estrema facilità con cui, nel volgere di breve tempo, si è proceduto alla dequotazione di interventi a vocazione sistematica, a dispetto dell’impegno profuso per consolidare

601 Spunti in F. SIRACUSANO, Originari statuti, cit., p. 188. Corte cost., 19 giugno 2009, n. 182 (ord.), in Arch.

n. proc. pen., 2010, p. 160, con nota di CARBONE, Sull'utilità dell'udienza preliminare nella sua attuale

formulazione; Corte cost., 27 aprile 2001, n 112 (ord.), in Dir. pen. proc., 2001, p. 718; ante riforma Carotti,

Corte cost., 11 marzo 1993, n. 82 (rel. Vassalli), in Giur. it., 1993, I, c. 1371 s. che così limpidamente si esprime: «l’udienza preliminare sia stata contrassegnata dai caratteri tipici della fase giurisdizionale, in cui le parti, in contraddittorio fra loro, si misurano su un determinato thema decidendum, la cui delibazione è affidata ad un giudice di regola estraneo alla raccolta degli elementi sulla cui base è chiamato ad adottare la pronuncia conclusiva. Ciò significa che l’udienza, proprio perché è la sede in cui si introduce per la prima volta la dialettica processuale dinanzi ad un giudice che si colloca in una funzione di sostanziale terzietà, è destinata a svolgere essenzialmente una funzione di garanzia, quale certamente è quella di consentire all’imputato di difendersi e contrastare la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero. Che l’udienza preliminare possa poi concludersi con una sentenza di non luogo a procedere, e quindi svolgere anche una funzione di economia processuale, è aspetto che non interferisce con quanto si è detto, rappresentandone, semmai, il naturale corollario: a fronte della domanda di giudizio infondata, infatti, sta anzitutto l’esigenza di assicurare il pronto ristoro dei diritti dell’inquisito, e non certo quella, secondaria e conseguenziale, di impedire una superflua prosecuzione dell'attività processuale. ... Se l’udienza preliminare è sede di garanzia e se, ancora, quest’ultima è naturale espressione dell’inviolabile diritto di difesa che l’art. 24 della Costituzione riconosce in ogni stato e grado del procedimento, è di tutta evidenza, allora, che né di garanzia né di difesa potrebbe correttamente parlarsi ove all’imputato fosse consentito di contrastare alcuni soltanto dei profili in cui si articola l'atto contestativo: tra contestazione e difesa, dunque, corre un nesso di corrispondenza biunivoca che rende l’una funzionale all’altra».

Condividono questa impostazione, in dottrina, DOMINIONI, Chiusura delle indagini preliminari e udienza

preliminare, in Il nuovo processo penale. Dalle indagini preliminari al dibattimento, Milano, 1989, p. 69; DI BITONTO, Richiesta di rinvio a giudizio con capi d’imputazione generici, in Dir. pen. proc., 1999, p. 1021 s.; FERRUA, Il ruolo del giudice nel controllo delle indagini e nell’udienza preliminare, in Studi sul processo penale,

Torino, 1990, p. 64.

602 Emblematica è la giurisprudenza sull’art. 425, co. 3 c.p.p., particolarmente rigorosa e restrittiva nel concedere margine operativo, filtrato attraverso uno scrutinio anche di merito, al g.u.p. nell’emettere sentenza di non luogo a procedere per contraddittorietà degli elementi investigativi raccolti. Si v., Cass., Sez.II, 14 novembre 2013, Pg in proc. Maida, in C.E.D. Cass., n. 257645; Sez.II, 5 novembre 2015, P.O. in proc. Caputo e altri, in

C.E.D. Cass., n. 265246; Sez.IV, 12 luglio 2016, P.C. in proc. Trimarchi e altri, in C.E.D. Cass., n. 267457.

Queste sentenze si segnalano per la sterilizzazione, in via di fatto, della norma introdotta nel 1999: postulare che il G.u.p. debba pronunciare sentenza di proscioglimento soltanto laddove si trovi «al cospetto di un quadro probatorio non suscettibile di implementazione dibattimentale attraverso l’acquisizione di nuovi elementi probatori o una possibile diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito» significa alzare l’asticella dello scrutinio fino quasi alla... divinazione: eccettuati i casi di morte del reo, prescrizione del reato o palese difetto di procedibilità, in tutte le altre ipotesi, statisticamente la maggioranza e connotanti la “zona grigia”, il filtro del g.u.p. è azionabile soltanto laddove egli possa affermare con certezza che difetteranno, in giudizio, “nuovi elementi” e dunque il quadro probatorio cristallizzatosi con la richiesta di rinvio a giudizio resterà immutato. È ben nota agli operatori pratici e ai frequentatori dei tribunali la minima ricorrenza statistica delle sentenze di proscioglimento ex art. 425, co. 3 c.p.p.

603 F. SIRACUSANO, Originari statuti, cit., p. 18 e

604 Si assiste al paradosso dell’eliminazione di maggiori garanzie per l’imputato proprio laddove questi sia tratto a giudizio per i fatti più gravemente sanzionati dall’ordinamento e rispetto alle quale egli attenda il giudizio

in vinculis.

605 Così, VARRASO, Il giudizio immediato, in Procedura penale. Teoria e pratica del processo, diretto da Garuti-Kalb, vol. III, a cura di Garuti, Torino, 2015, p. 283-286; concordano con questa disamina, AMODIO- GALANTINI, Sull’illegittimità costituzionale del giudizio immediato custodiale, in

www.dirittopenalecontemporaneo.it, 13 luglio 2013, p. 1 s. e ORLANDI, Procedimenti speciali, in Compendio di

l’architettura dell’udienza preliminare con «adempimenti, integrazioni, poteri istruttori ex

officio e garanzie di varia consistenza»606. La sgradevole sensazione offerta dal legislatore è

di procedere, in questa materia, “a tentoni”, sempre più oscillante negli scopi da perseguire; la principale conseguenza è l’estrema precarietà, forse ormai cronica, degli equilibri di sistema607.

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