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Il “giusto procedimento cautelare”: verso il superamento del dogma?

In conclusione di questo capitolo, in cui si è affrontata la tematica dei condizionamenti tra procedimento incidentale de libertate e processo di merito, è opportuno tracciare una considerazione di sintesi.

Ragionare in termini di preclusione o condizionamento di un procedimento sull’altro è possibile soltanto laddove i due poli del rapporto tendano sempre più ad assomigliarsi. Nei codici del 1930 e del 1988, simile osmosi era impensabile; in quello odierno, invece, v’è chi dubita di tale assunto al punto da paventare l’idea (o il timore, a seconda dei punti di vista) che l’incidente cautelare, con la sua giurisdizione leggera ma dalle forme e dagli effetti pesantissimi (a volte irreversibili), sia nei fatti così estesa, penetrante ed efficace da «poter sostituire in qualche caso l’accertamento sul merito dell’imputazione»384.

Nell’attuale momento storico, in cui «il baricentro processuale [...] tende all’anticipazione, con conseguente inevitabile appesantimento delle forme, delle garanzie e dei tempi procedimentali»385, si assiste a un curioso cortocircuito.

Non si è forse ancora compreso né realmente accettato che «garanzie processuali e celerità del processo sono [...] valori tra loro per lo più incompatibili ed obiettivamente alternativi»386 e che l’avere plasmato un procedimento incidentale sulla falsariga di quello

383

AMODIO, Note sul futuribile delle misure cautelari personali, in Legisl. pen., 2006, p. 374. 384

AMODIO, Inviolabilità della libertà personale e coercizione cautelare minima, in Le fragili garanzie della

libertà personale. Per una effettiva tutela dei principi costituzionali, Atti del convegno di Trento, 11-13 ottobre

2013, Milano, 2014p. 21; SPANGHER, Evoluzione ed involuzione del sistema cautelare, in Studi in onore di Mario

Pisani, I, a cura di Corso – Peroni, Piacenza, 2010, p. 804. Sulla stessa lunghezza d’onda IACOVIELLO,

Procedimento penale principale e procedimenti incidentali, cit., p. 2190 s.

385

SPANGHER, La pratica del processo penale. Indagini preliminari e udienza preliminare. Il giudizio. Il

procedimento dinanzi al tribunale in composizione monocratica, II, Padova, 2012, p. 338.

386

GREVI, Dietro la vicenda delle scarcerazioni facili le contraddizioni della durata dei processi, in Guida

dir., 2000, fasc. 15, p. 9. Così anche DI BITONTO, Libertà personale dell’imputato e “giusto processo”, in Riv. it.

principale387, con la trasposizione dal secondo al primo di taluni istituti di indubbio spessore

garantista, ha implicato il gigantismo del procedimento incidentale, il progressivo suo avvicinamento a quello di merito e l’avvio di quel circolo vizioso tra necessità di evadere dal giudizio di merito attesa la sua lentezza, in favore dell’incidente, e sempre maggiore durata del primo, di cui pure si è dato conto nel presente capitolo.

Chi frequenta abitualmente le aule di tribunale percepisce nitidamente che, sovente, la partita giudiziaria si gioca molto più al tavolo del giudice per le indagini preliminari e del tribunale del riesame che non a quello del dibattimento.

I due procedimenti corrono a tal punto su binari convergenti, almeno a far data dal 1995, che, ormai, è entrata nel lessico corrente la dizione di “giusto processo cautelare” per indicare «l’epilogo di un cammino che, attraverso varie tappe [...] ha visto progressivamente sfumare le tradizionali differenze evidenziate tra decisione cautelare e giudizio di merito»388,

con tendenziale omologazione anche dei criteri decisori (grazie all’art. 273, co. 1-bis c.p.p.389).

Certo nessuno disconosce le differenze che, tuttora, esistono tra il procedimento preordinato alla pronuncia di condanna e la delibazione funzionale unicamente all’esercizio del potere cautelare: diverso è il grado di conferma dell’ipotesi accusatoria, sorretta da un quadro probatorio ispirato o meno al principio di completezza; diversi sono le finalità dei poteri giurisdizionali in gioco; diverso, ancora, il metodo di vaglio del sapere giudiziario.

Ciò tuttavia non sposta di un passo il problema a livello sistematico. In breve, e procedendo per spunti: gli artt. 111, co. 4 – nell’imporre un’opzione epistemologica smentita nel procedimento cautelare390 – e 27, co. 2 Cost. – dal quale si ricava il divieto di fare

ricadere esclusivamente o prevalentemente il rischio del processo sulla persona a esso sottoposta391 – sono o dovrebbero essere chiari nel pretendere un’applicazione davvero

minimale della custodia ante iudicium, specialmente di forme di coercizione personale custodiali.

Come si è visto anche nel capitolo precedente, la necessità di contrastare la tuttora diffusa tendenza a una troppo estesa adozione di misure privative della libertà personale non pare possa essere garantita mediante ciclici rattoppi legislativi ai presupposti del fumus e dei

pericula libertatis392: questa è una strada già più volte battuta dal legislatore, a partire sin dai

primi anni di vigenza del codice “nuovo”, con i risultati ben noti a tutti393.

Ecco che, allora, la vera questione cambia di oggetto. Non più, soltanto, l’indagine e l’irrobustimento di ciò che distingue la pena dalla cautela, sotto il profilo delle finalità

387

Cfr. GIULIANI, Autodifesa e difesa tecnica nei procedimenti de libertate, Padova, 2012; TONINI,

Considerazioni sul giudizio immediato custodiale, in Dir. pen. proc., 2010, p. 1393, secondo cui «ormai nel

procedimento cautelare la valutazione dei gravi indizi [ha] raggiunto un grado di contraddittorio abbastanza elevato» e SPANGHER, Evoluzione ed involuzione del sistema cautelare, cit., p. 804-5.

388

Cass., Sez. un., 30 maggio 2006, n. 36267, Spennato, in Guida dir., 2006, fasc. 44, p. 50 commentata da FRIGO, Passi avanti nell’affermazione del giusto processo cautelare, p. 57.

389

Su cui, da ultimo, TODARO, I gravi indizi di colpevolezza tra ragionevole dubbio e giusto processo, in

Cass. pen., 2008, p. 4243 s.

390

E un ordinamento che «non rispetta la propria scelta metodologica perde di credibilità», così GIOSTRA, Contraddittorio (principio del), II) Diritto processuale penale, in Enc. giur., IX, agg., 2001, p. 6.

391

ILLUMINATI, La presunzione di innocenza dell’imputato, Bologna, 1979, p. 33. 392 DI BITONTO, Libertà personale dell’imputato, cit., p. 892.

393

Salvo prendere in esame la (presumibile) provocazione di DAVIGO, Magistrati in politica, parla Davigo, in Il Fatto Quotidiano online, 28 luglio 2016, secondo cui «i presupposti della custodia cautelare devono essere analoghi a quelli necessari per la sentenza di condanna».

perseguite e dei termini massimi di durata, bensì la riduzione quantitativa del ricorso allo strumento cautelare in genere e custodiale nello specifico.

In quest’ottica, dunque, i risultati cui dottrina e giurisprudenza sono pervenuti in tema di condizionamento e preclusione possono essere utilizzati quale punto di partenza onde immaginare un sistema cautelare non più “a costo zero” per l’inquirente, consapevoli che, per sradicare la vischiosa tendenza del sistema accusatorio a mantenere un “cuore inquisitorio”394, è sul piano dell’effettivo riequilibrio dei poteri degli attori processuali che

pare opportuno intervenire con rinnovata consapevolezza e maggiore energia.

Fino a che, da un lato, il pubblico ministero, oltreché delle indagini preliminari sarà concepito – e forse socialmente accettato – come dominus della libertà personale dell’inquisito e, dall’altro, si manterrà il giudice per le indagini preliminari “schiacciato” dall’ipertrofia dell’investigatore, «la scelta tra accusatorio e inquisitorio [come] frutto soprattutto dell’ideologia»395 rischia di essere, sostanzialmente, posticipata di continuo.

394 Secondo il celebre titolo di un saggio di NOBILI, L’accusatorio sulle labbra, l’inquisitorio nel cuore, in

Crit. del dir., 1992, fasc. 4/5, p. 11 s.

395

VASSALLI, Introduzione, in L’inconscio inquisitorio. L’eredità del codice Rocco nella cultura

Sezione II

Archiviazione per assenza di gravi indizi cautelari.

SOMMARIO:1. L’archiviazione. Logica del controllo giurisdizionale sull’inazione. – 2. La

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