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La l 46 del 2006 e l’introduzione, nell’art 405 c.p.p., del comma 1-bis: infondatezza

481

GIULIANI, Indagini preliminari e udienza preliminare, cit., p. 557 e CAPRIOLI, Indagini preliminari e udienza preliminare, cit., p. 521.

482

GIULIANI, Archiviazione della notizia di reato, cit., p. 36. 483

Come ipotizza CAPRIOLI, Indagini preliminari e udienza preliminare, cit., p. 645, che correttamente

sottolinea come l’art. 125 disp. att. abbia, in realtà, subìto uno stravolgimento del proprio significato. V. altresì GIULIANI, Archiviazione della notizia di reato, cit., p. 35.

484

Come già colto, pur in un contesto sistematico differente, da GREVI, Archiviazione per «inidoneità

probatoria», cit., p. 1292-3, 1312 e 1322.

485

Paradossalmente perché è dello stesso anno la riforma costituzionale che riscrive l’art. 111. Se con una mano il legislatore ha fissato, a livello esplicito, in Costituzione il parametro oggettivo di esplicazione della giurisdizione in materia penale, con l’altra e a livello di legislazione primaria ha gettato le basi perché il giudizio abbreviato – che plasticamente deroga al modus operandi di cui all’art. 111, co. 4 Cost. – sia la vera chiave di volta dell’ordinamento, il polo a cui il p.m., nel condurre l’attività d’indagine, deve sempre rapportarsi perché, in fin dei conti, il giudizio giunge non soltanto “dopo”, ma anche “eventualmente".

L’ultima evoluzione “verso l’alto”, se così si può dire, del concetto di infondatezza – e, sia detto per inciso, di tenore e segno del tutto opposto alle modifiche che hanno interessato più di recente l’istituto dell’archiviazione nell’ambito della non punibilità per particolare tenuità del fatto – risale a un intervento normativo del 2006, avente a oggetto la riforma delle impugnazioni. In quel contesto e con una previsione del tutto eccentrica486, il legislatore ha

colto l’occasione per introdurre, quasi di sorpresa e all’esito di un iter parlamentare tutt’altro che agevole487, una norma di difficile interpretazione488.

Originata – ufficialmente – da «ottime intenzioni (contenere gli abusi del pubblico ministero nell’esercizio delle sue funzioni investigative e dei suoi poteri di iniziativa penale), è apparso da subito che l’esito del cesello legislativo presentasse «risultati scarsi, per non dire pessimi»489.

La disposizione uscita dalla penna del legislatore, infatti, caratterizzata da forti sgrammaticature, è riuscita a conseguire due primati: per un verso, scardinare la logica di mero controllo dell’archiviazione e, per un altro, condizionare il pubblico ministero, nelle scelte relative all’esercizio dell’azione, a un pre-giudizio490.

La scarsa riflessione, in sede parlamentare, sul contenuto dispositivo del nuovo comma ha generato una norma «in difficoltà di senso»491, i cui difetti appaiono vieppiù gravi solo che si

pensi con quanta facilità (o faciloneria) il legislatore è intervenuto su un tema estremamente delicato, quale il rapporto tra procedimento principale e accertamenti incidentali condotti in ambito cautelare.

Il meccanismo è stato ideato per funzionare in modo tale che il pubblico ministero, all’esito delle indagini preliminari, formulasse richiesta di archiviazione qualora (elemento positivo) la Corte di cassazione si fosse pronunciata in ordine all’«insussistenza dei gravi

486

Così SPANGHER, Legge Pecorella, l’appello si sdoppia tra l’eccezione e il fisiologico, in Dir. e giust., 2006, n. 9, p. 72; ALONZI, L’art. 405 comma 1-bis c.p.p.: un inedito quanto stravagante obbligo di inazione, in La

legge sull’inappellabilità delle sentenze di patteggiamento, a cura di Filippi, Padova, 2007, p. 63; BONINI, Art. 3

l. 20.2.2006, n. 46, in Legisl. pen., 2007, p. 65; GARUTI, Dall’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento ai

nuovi «vincoli» in punto di archiviazione e di condanna dell’imputato, in Dir. pen. proc., 2006, p. 811; VARONE,

Incidente cautelare e archiviazione: brevi riflessioni sul significato dell’art. 405, comma 1-bis c.p.p., in Riv. it. dir. proc. pen., 2008, p. 1217; da ultimo, GIULIANI, Archiviazione della notizia di reato, cit., p. 90.

In una prospettiva più ampia connessa al «ruolo accusatorio del pubblico ministero», che qui non può condividersi, SCALFATI, Bilancio preventivo di una riforma: principi buoni e norme da ritoccare, in Novità su

impugnazioni penali e regole di giudizio. Legge 20 febbraio 2006, n. 46, “legge Pecorella”, a cura dello stesso,

Milano, 2006, p. 21. 487

Cfr., per tutti, VALENTINI, I lavori parlamentari, in Impugnazioni e regole di giudizio nella legge di

riforma del 2006. Dai problemi di fondi ai primi responsi costituzionali, a cura di Bargis-Caprioli, Torino, 2007,

p. 12 s. 488

FRIGO, Un intervento coerente con il sistema, in Guida dir., 2006, f. 10, p. 103 riconduce, addirittura, l’introduzione del co. 1-bis a un «diabolico scherzo per alterare e svilire il testo della riforma».

489

CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 17. Effettivamente, l’intervento legislativo muoveva da un assunto pacifico – tant’è che la disposizione è stata proposta, in sede parlamentare, dall’allora opposizione e condivisa quasi all’unanimità in entrambi i rami del Parlamento – secondo cui, ormai, l’autentica pena non è più neppure il processo, bensì l’indagine e, talvolta, anche la semplice iscrizione della notizia di reato nel registro apposito o la notificazione dell’informazione di garanzia.

Lapidario CORDERO, Procedura penale, cit., p. 429, quando segnala «al gius-patologo la stravaganza coniata» nel 2006 che, nell’immediatezza dell’entrata in vigore, si esprimeva così: «un capolavoro negativo... sferrat[o] in

articulo mortis dalle vecchie Camere: confidiamo nelle nuove; prima vi mettono mano abrogandola, meglio è», Storia di un dissesto legislativo, in Micromega, 2006, f. 6, p. 41.

490

CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 16. 491

Celebre definizione di GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”: il nuovo comma 1-bis dell’art. 405

indizi di colpevolezza» e sempre che, successivamente a essa, non fossero stati acquisiti ulteriori elementi a carico dell’indagato (elemento negativo).

A un primo esame dell’intentio legis si dovrebbe, dunque, scorgere una sorta di “automatismo” tra una certa pronuncia de libertate e la conseguente inazione492. A leggere,

invece, la norma con più attenzione non si possono non rilevare talune criticità che, approfondendo la disamina, si tramutano in vere e proprie perplessità per culminare in autentico sconcerto.

Il primo aspetto sul quale occorre soffermarsi attiene alla natura della posizione giuridica di dovere in capo al pubblico ministero493, che si riconnette a una delle maggiori difficoltà

interpretative che hanno attanagliano il novum e, precisamente, al tentativo di cogliere con precisione i contorni del requisito positivo rappresentato dal dictum della Suprema corte.

È stato, anzitutto, fatto notare che «a rigore, la Corte si pronuncia “in ordine alla insussistenza degli indizi” anche quando esclude tale insussistenza»494; ciò è certamente

vero. Per questa via, però, si farebbe torto alla ratio legis – volta, come noto, a impedire al pubblico ministero di esercitare l’azione penale “caparbiamente”, nonostante cioè una pronuncia cautelare di segno negativo della Corte di cassazione – e allora ci pare colga nel segno chi, in disparte ogni tentativo di ricondurre l’effetto preclusivo al formarsi, in via sostanziale, di un giudicato cautelare495, ritiene integrato il presupposto in esame nei soli casi

in cui la Corte confermi, rigettando il ricorso, un provvedimento di merito che abbia già escluso la sussistenza della gravità indiziaria496.

A questa conclusione si perviene valorizzando il tipo di sindacato cui la Corte di cassazione è preposta. Essa non accerta, direttamente, la sussistenza o meno del fumus

commissi delicti perché tra questo e l’atto oggetto di scrutinio di legittimità si staglia, a mo’

di diaframma o di schermo, la motivazione del provvedimento impugnato, sulla quale si riflettono non già i gravi indizi bensì «le ragioni in base alle quali ne è stata negata o asserita la sussistenza»497. Se è pur vero che si deve alla stessa legge n. 46 del 2006 la riscrittura, con

492 ALONZI, L’art. 405 comma 1-bis c.p.p., cit., p. 66.

493 Condivisa da CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 18 e ALONZI, L’art. 405 comma 1-bis

c.p.p., cit., p. 65; respinta, in nome di una logica “di riduzione del danno”, da GIOSTRA, Una norma “in difficoltà

di senso”, cit., p. 356, che opta per la categoria dell’onere.

494 CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 19 (corsivo dell’A.). Della stessa opinione ALONZI, L’art.

405 comma 1-bis c.p.p., cit., p. 71.

495

Ci pare non condivisibile la tesi di ADORNO, La richiesta «coatta» di archiviazione, in Novità su impugnazioni penali, cit., p. 52, secondo cui «la norma esige sì un giudicato cautelare “qualificato” ... ma non

richiede che la pronuncia della Suprema Corte ne segni il perfezionamento, potendo la stessa, anche semplicemente, “concorrere” alla sua formazione». Contrario a questa ipotesi, che nasconde i segni di un’inammissibile analogia di un istituto del tutto eccezionale, GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”, cit., p. 351; dubitativo, invece, SPANGHER, Legge Pecorella, l’appello si sdoppia, cit., p. 76.

496

CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 19, così individuando un ambito applicativo piuttosto esiguo al novum. Della stessa opinione GIARDA, Processo penale: sussulti di una legislatura al tramonto, in Corr.

Merito, 2006, p. 213 e VARONE, Incidente cautelare e archiviazione, cit., p. 1221 s.

Più radicale GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”, cit., p. 350-351, secondo cui «non esiste nel nostro ordinamento una pronuncia del Supremo Collegio “in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza”». Tale assunto viene giustificato facendo leva sul perimetro e sulla qualità del sindacato demandato alla Corte, ovvero la validità del discorso giustificativo imbastito dal giudice del merito. Così, da un lato, non si può certo escludere che quest’ultimo possa male motivare un provvedimento pur ineccepibile nel merito, in modo tale da esporre l’ordinanza all’annullamento con rinvio in sede di legittimità; dall’altro, invece, l’annullamento senza rinvio, disposto per la sussistenza di una nullità (art. 292, co. 2, lett. c e c-bis c.p.p.), lascia del tutto impregiudicata la questione attinente la gravità indiziaria.

497

GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”, cit., p. 351; conf., ALONZI, L’art. 405 comma 1-bis c.p.p., cit., p. 68-69; VALENTINI, Interferenze inedite tra la vicenda cautelare e l’esercizio dell’azione penale: il comma

conseguente allargamento dei margini di operatività, dell’art. 606, lett. e c.p.p.498, è

altrettanto innegabile che «a cambiare sono gli strumenti del sindacato di legittimità, non la sua natura»499.

Una simile interpretazione riduzionistica del novum può condividersi, conferendo così (minimo) margine di operatività alla disposizione, nonostante sorga il sospetto che il legislatore si sia poggiato esclusivamente sull’osservazione di ciò che, nella prassi, è solito accadere. In altri termini, «assenza di motivazione sul carico indiziario può significare (e nella maggior parte dei casi, significa) mancanza effettiva di indizi»500; tuttavia rischia di

risolversi in un esercizio sterile, ove non dannoso, l’attività legislativa che pretenda di legittimarsi sulla base del solo id quod plerumque accidit, senza curarsi dei pericoli di tenuta sistematica né, tantomeno, delle possibili – e nel nostro ambito, tutt’altro che infrequenti – ipotesi alternative capaci di confinare la presunta regola all’area dei desiderata501.

Ancorandosi alla ratio giustificatrice della novella, l’interprete si trova dunque sospinto a domandarsi il perché il legislatore, all’evidenza spaventato dalla figura del pubblico ministero che pervicacemente si ostina nel dare impulso al processo nonostante il non sussistere degli elementi indiziari, si sia limitato, nel delineare il primo presupposto del vincolo, a individuare la pronuncia della Corte di cassazione e non anche – come sarebbe stato più opportuno e facile – ogni pronuncia di merito, sulla quale sia successivamente sceso il c.d. giudicato cautelare502.

Non v’è, difatti, nessuna ragione plausibile per vincolare il pubblico ministero all’inazione laddove la Suprema Corte abbia rigettato un ricorso avverso il provvedimento di merito che già esclude la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, viceversa, lasciargli “carta bianca” laddove, nei confronti di quest’ultima ordinanza, l’attore pubblico non abbia proposto ricorso, magari perché motivata talmente bene in ordine alla (non) pregnanza della piattaforma indiziaria da scoraggiarne ogni tentativo di riforma.

1-bis dell’art. 405 c.p.p., in Cass. pen., 2006, p. 4754-4755 la quale tuttavia opera un puntuale sforzo di

individuazione di altre pronunce di legittimità idonee a integrare il presupposto qui in esame: l’«annullamento senza rinvio di un provvedimento ricognitivo della gravità indiziaria» (ipotesi sulla quale lo scrivente nutre qualche dubbio) e «l’ipotesi in cui la Cassazione neghi l’illiceità penale del fatto»; NAPPI, Guida al Codice di

Procedura penale, 10a ed., Milano, 2007, p. 387. Si v. anche VARONE, Incidente cautelare e archiviazione, cit., p. 1222-3 e ADORNO, La richiesta “coatta” di archiviazione, in Novità su impugnazioni penali, cit., p. 54 s.

498 Sul tema la letteratura è quanto mai vasta. Si segnalano IACOVIELLO, La Cassazione penale. Fatto, diritto

e motivazione, Milano, 2013, p. 342 s. e AA.VV., Impugnazioni penale. Assestamenti del sistema e prospettive di

riforma, a cura di Bargis-Hervé Belluta, Torino, 2013.

499

GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”, cit., p. 349.

Di opinione contraria, IACOVIELLO, Procedimento penale principale e procedimenti incidentali. Dal principio

di minima interferenza al principio di preclusione, in Cass. pen., 2008, p. 2210, secondo cui «la motivazione è

argomentazione e i gravi indizi ne sono l’oggetto... l’unico modo di accertare i gravi indizi è di argomentare intorno a essi». Ritiene invece che argomenti di tal fatta siano più «idonei a épater les burgeois che a controbattere fondatamente un fronte compatto di critiche» GIULIANI, Archiviazione della notizia di reato, cit., p. 92.

500

CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 20, corsivo dell’A. 501

Oltre alle ipotesi borderline di cui alla nota 102, vi è anche il problema di individuare l’esatto perimetro dell’inedito vincolo nei casi in cui il giudicato di annullamento implichi la carenza di indizi circa la fattispecie di reato per la quale la misura è stata emessa, non escludendo tuttavia la configurabilità di altra ipotesi di reato in forza di una distinta, sempre possibile, qualificazione giuridica per lo stesso fatto dedotto.

Su questa tematica, si v. BRICCHETTI-PISTORELLI, Suprema corte: vincolo inedito per il pm, in Guida dir., 2006, fasc. 10, p. 62.

502

Con varie sfumature, CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 20-21 e VALENTINI, Interferenze

inedite, cit., p. 4756-8 che paventa, per la parte in cui la norma omette di attribuire rilevanza anche alla pronuncia

Anzi, considerazioni di questo tenore inducono a scorgere nella norma un fatale difetto genetico: nata per irrigidire le determinazioni dell’inquirente, per una sorta di eterogenesi dei fini la disposizione è tale da garantirgli una larvata, inammissibile discrezionalità.

Basti porre mente alla possibilità per il pubblico ministero di costruirsi artatamente un

commodus discessus in chiave elusiva dell’obbligo di agire503. Come è stato rilevato in

dottrina, infatti, all’inquirente “smanioso” di sottrarsi al dovere costituzionale di esercitare l’azione penale basterebbe produrre, in via del tutto strumentale, a corredo della propria richiesta cautelare elementi palesemente insufficienti o contraddittori, ricorrere per cassazione avverso il provvedimento che correttamente non disponga alcuna misura, attesa la palese insussistenza di gravità indiziaria, per dichiararsi, infine, obbligato dal dictum della Suprema Corte a formulare richiesta di archiviazione.

Quanto detto ci è di spunto per mettere a fuoco il cuore del problema che l’art. 405, co. 1-

bis c.p.p. ha sollevato. Esso attiene alle dinamiche inerenti al condizionamento della scelta

archiviativa e ha indotto la dottrina (quasi) unanime a manifestare forti perplessità nei confronti dell’intervento novellistico in ragione del connubio, giudicato per lo meno improprio, tra i «sentieri probatori dell’incidente cautelare con la strada maestra della cognizione»504.

La principale, nonché radicale, obiezione concerne infatti la considerazione – reputata tralatizia505 – secondo cui «gravità indiziaria “cautelare” e idoneità degli elementi per

sostenere l’accusa in giudizio rimandano a fattispecie ed a regole di giudizio differenti»506,

risolvendosi in valutazioni del tutto eterogenee507.

Secondo la tesi tradizionale – che qui ci limitiamo a esporre – i gravi indizi cautelari afferiscono a un giudizio di tipo “statico”, di concludenza e robustezza del quadro indiziario in ordine a una qualificata prognosi di colpevolezza. Si tratta, più che di un mero aspetto quantitativo, della qualità degli indizi raccolti e offerti al giudicante per compendiare la robustezza della piattaforma accusatoria, reputati idonei a dimostrare – allo stato degli atti, dunque fisiologicamente esposti al flusso delle novità che l’indagine può disvelare – l’altamente probabile responsabilità dell’indagato. L’azione penale, invece, è esercitata ove gli atti a disposizione dell’inquirente permettano una valutazione di natura “dinamica”, di sostenibilità dell’accusa in giudizio – pur con i temperamenti di cui supra – che rimanda a un possibile, futuro sviluppo probatorio degli elementi raccolti in fase investigativa tale da far apparire utile l’approfondimento dibattimentale.

503

GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”, cit., p. 352; BRICCHETTI-PISTORELLI, Suprema corte:

vincolo inedito, cit., p. 66 e CAPRIOLI, Inchiesta penale e pregiudizio, cit., p. 24. 504

GIULIANI, Archiviazione della notizia di reato, cit., p. 94. 505

Si è soliti citare la pronuncia Cass., Sez. Un., 12 ottobre 1993, Durante, in Cass. pen., 1994, p. 283 s. In dottrina, si v. addirittura SABATINI, Trattato dei procedimenti incidentali, Torino, 1953 e VIGGIANO, Cautele

personali e merito, Padova, 2004.

A noi pare, piuttosto, che questa eccezionale scarsezza di citazioni in materia – ripetute piuttosto stancamente in quasi tutte le opere che si sono interessate all’argomento – costituisca il sintomo più evidente di una (sorprendentemente) scarsa attenzione rivolta al tema dei condizionamenti tra i due procedimenti, quello principale e quello incidentale. La spiegazione la offre IACOVIELLO, Procedimento penale principale e

procedimenti incidentali, cit., p. 2193-4, a cui si rimanda. Si v. anche il nostro Cap. II, sez. I.

506

GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”, cit., p. 341. 507

Così, AMODIO-GALANTINI, Sull’illegittimità costituzionale del giudizio immediato custodiale, in Dir. pen.

In altri termini, il giudizio di colpevolezza allo stato degli atti, compendiato nell’art. 273 c.p.p., «si focalizza esclusivamente sul presente, sugli elementi in possesso dell’accusa»508 e,

benché non faccia difetto la consapevolezza che il giudice della cautela debba comunque, in ogni caso, proiettarsi nel futuro volgendo lo sguardo alla sentenza di merito, tuttavia il suo

munus è ricostruito in modo tale da non imporgli il vaglio circa le «potenzialità evolutive del

quadro indiziario»509.

Cioè a dire che la verifica de futuro che il giudice della cautela è chiamato a compiere attiene soltanto alla virtuale traslazione, nel contesto del giudizio, del materiale indiziario disponibile hic et nunc, per saggiare se sussistano o meno le condizioni per una pronuncia di condanna.

Quest’ottica implica, va da sé, l’esistenza di un possibile scarto tra le due prognosi. Se, da un lato, esse potranno nella maggior parte dei casi coincidere – in modo che ove sussistono indizi gravi a carico dell’indagato è possibile prevederne fondatamente la condanna e l’azione penale, dunque, è sostenibile con successo – dall’altro, invero, sono facilmente ipotizzabili evenienze in cui gli indizi non raggiungano il livello di gravità rilevante ai fini cautelari ma cionondimeno presentino una forza “propulsiva” atta a sostenere la prognosi circa la loro sicura fertilità dibattimentale510.

Ad accrescere, inoltre, le perplessità nei riguardi del meccanismo condizionante – che, per la prima volta, ha inoculato nel sistema la completa permeabilità tra i due mondi – vi è il tema inerente alla selezione del materiale probatorio fornito dall’attore al giudice della cautela. Se si pone mente al potere di cui all’art. 291 c.p.p., in virtù del quale il pubblico ministero può produrre, a corredo della domanda, soltanto alcune delle risultanze investigative a carico dell’indagato, ci si avvede di come il meccanismo potesse mal funzionare511.

Una pronuncia della Corte di cassazione, confermativa di un provvedimento di diniego della richiesta cautela, dimostrerebbe all’evidenza soltanto che «l’accusa non ha assolto l’onere probatorio»512. Eppure, salvo che si materializzi il secondo presupposto, l’inquirente

sarebbe stato obbligato a chiedere l’archiviazione nonostante, per ipotesi, avesse già raccolto altri elementi a carico dell’indagato dei quali tuttavia, per i motivi più disparati, ha preferito non investire il giudice della cautela. Quest’ultimo, allora, può trovarsi fisiologicamente nella condizione di avere fondato la propria decisione reiettiva su un quadro probatorio diverso, per difetto, da quello successivamente sottoposto al giudice dell’archiviazione.

Il che, da un lato, può aprire margini di opinabilità – sub specie di alibi per l’omissione dell’azione – ma, dall’altro, induce inevitabilmente a rilevare come, per questa via, si corresse il rischio di sconfinare nell’ambito della preclusione, territorio per lo più ignoto al processualpenalista.

Il che può, verosimilmente, concorrere a spiegare l’introduzione del requisito la cui integrazione avrebbe comportato lo “scioglimento” del pubblico ministero dal vincolo di nuovo conio.

508

FERRUA, Impugnazioni, Cassazione a rischio paralisi, in Dir e giust., 2005, fasc. n. 36, p. 106. 509

GIOSTRA, Una norma “in difficoltà di senso”, cit., p. 341, nt. 2. 510

Condividono questa tesi ADORNO, La richiesta «coatta» di archiviazione, cit., p. 49; ALONZI, L’art. 405

comma 1-bis c.p.p., cit., p. 78 s. e GIULIANI, Archiviazione della notizia di reato, cit., p. 95-96. 511

VALENTINI, Interferenze inedite, cit., p. 4760-1.

La dizione normativa è sembrata chiara nel senso di «consentire il superamento dell’obbligo di inazione solo quando siano stati “acquisiti” ulteriori elementi a carico, in un

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