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Accountability e profili di rendicontazione sociale

2.2: ORIGINI ED EVOLUZIONI DELLA RENDICONTAZIONE SOCIALE

2.2.1. Esperienze di rendicontazione

Le prime forme di rendicontazioni sociali affondano le radici nei primi decenni del XX secolo, inizialmente in esperienze estere ed esclusivamente nel settore privato121. Negli anni trenta del secolo scorso, in Germania, comparve il primo esempio di rapporto sociale da parte della società tedesca AEG (precisamente, nel 1938) che conteneva un quadro sintetico delle prestazioni per il personale e delle spese sostenute per la collettività. Ma, l’impulso più rilevante alla sua diffusione si è avuto solo a partire dalla fine degli anni sessanta a seguito delle rivendicazioni, messe in atto in diversi paesi sviluppati, dai movimenti dei consumatori, degli ambientalisti e dai sindacati dei lavoratori. Negli Usa l’impulso all’integrazione delle informazioni fornite nel bilancio economico-finanziario è provenuto a metà degli anni settanta dai numerosi movimenti creati per la difesa dei consumatori e dell’ambiente, richiamando l’attenzione sui temi della qualità del prodotto, della salvaguardia dell’ambiente, della difesa dei consumatori e della tutela della sicurezza sul luogo di lavoro (come l’American

Accounting Association nel 1976). In Europa sono stati i movimenti

sindacali e quelli di protesta per i danni ambientali provocati dalle grandi imprese i principali attori che hanno mosso la formulazione dei rendiconti sociali. In questo senso, in Germania (nella ex Repubblica Federale Tedesca) le principali aziende multinazionali per rispondere alle rivendicazioni dei gruppi di protesta ambientale diedero vita a dei gruppi di ricerca per lo sviluppo di schemi uniformi di redazione del bilancio sociale, elaborando un modello nel 1978 da parte del Sozialbilanz Praxis (gruppo composto da alcune grandi aziende tra cui Shell, Rank Xerox, Volkswagen), i cui tratti caratterizzanti erano la riclassificazione del conto economico secondo la tecnica del valore aggiunto e l’esposizione della contabilità 121 Cfr.: DE SANTIS G., VENTRELLA A.M., (1980), Il bilancio sociale dell’impresa, documenti

ISVET, Franco Angeli, Milano; SALVEMINI S., (1978), “A che punto siamo con il ‘bilancio sociale’?”, in Sviluppo e Organizzazione, n. 47, maggio-giugno, pp. 5/26, Milano; RUSCONI G., (1988), op. cit.; VERMIGLIO F., (1984), op. cit.

sociale. Il valore aggiunto, in particolare, era utilizzato per misurare il contributo fornito dall’impresa alla creazione della ricchezza nazionale ed evidenziarne la distribuzione presso i diversi soggetti partecipanti alla produzione (fornitori, azionisti, dipendenti, stato, ambiente, pubblico), mentre la contabilità sociale serviva per segnalare i costi sostenuti dall’organizzazione per finalità sociali. In Francia, sulla spinta di rivendicazioni sindacali nel 1977, con apposita legge fu imposto a tutte le imprese con un numero di dipendenti superiore a 750 unità (ridotto nel 1982 a 300), di redigere annualmente un bilancio sociale contenente una serie prestabilita di informazioni e di dati relativi alla propria forza lavoro (impiego, retribuzioni e oneri accessori, condizioni di igiene e sicurezza e altre condizioni di vita dei dipendenti122). Queste norme, tutt’ora in vigore, fanno della Francia l’unico stato in cui la redazione del rendiconto sociale è obbligatoria, sebbene si tratti di un documento rivolto quasi esclusivamente agli interlocutori interni. Nel Regno Unito già nel 1973 si raccomandava l’aggiunta di una serie di informazioni al bilancio tradizionale delle imprese, tra cui una dichiarazione che mostrasse come venivano ripartiti gli utili tra i diversi stakeholder attraverso la riclassificazione del conto economico secondo la configurazione del valore aggiunto, con l’indicazione dei costi e dei benefici derivanti dall’attività economica dell’impresa (rapporto sull’occupazione, prospetto riepilogativo dei trasferimenti finanziari con la pubblica amministrazione, etc.). Il secondo intervento, rappresentato dal

Green paper nel 1977 definiva invece il bilancio sociale come uno

strumento utilizzato per coprire un’ampia gamma di aree di interesse informativo (quali le misure intraprese dall’azienda per ridurre l’inquinamento, consentire la sicurezza e l’igiene dei posti di lavoro), che conteneva l’illustrazione del valore aggiunto e l’esposizione di specifici rapporti destinati ai lavoratori123. In Italia, infine, i primi studi sul tema della rendicontazione sociale e ambientale si sviluppano tra la fine degli anni

122 Cfr.: CHEVALIER A., (1977), Le bilan social de l’entreprise, Masson, Paris, II ed.

123 Cfr.: ANDRIOLA L., SERAFINI C., (2002), Il bilancio sociale: obiettivi, principi e principali

settanta e il corso degli anni ottanta del secolo scorso124 mentre le iniziali sperimentazioni sono datate alla prima metà degli anni novanta. Il primo report sociale, in particolare, è stato redatto nel 1978 dall’azienda Merloni, ma tale esperienza è rimasta isolata fino agli inizi degli anni novanta, quando sono stati redatti il bilancio sociale delle Ferrovie dello Stato (per gli anni 1992-1993 e 1993-1994) e del Credito Valtellinese (per l’anno 1995). Il motivo principale che ha spinto la successiva diffusione dei rapporti sociali nelle imprese italiane è stato la progressiva presa di coscienza della società civile dell’importanza del rispetto, anche negli organismi produttivi, di alcuni fondamentali valori sociali, oltre a quello del ritorno economico. In questa logica hanno cominciato a diffondersi, anche nelle imprese, i codici etici contenenti i principi della tutela della persona umana, della salvaguardia dell’ambiente, della sicurezza e valorizzazione dei propri dipendenti, della correttezza e della trasparenza dei sistemi di gestione e del coinvolgimento delle rappresentanze della collettività locale al fine di rilevare bisogni e attese ai quali eventualmente rispondere. Va inoltre sottolineato che da questo periodo la reportistica sociale, oltre a diffondersi in ambito privato (Enel, Eni, Agip Petroli, Telecom, ec.) per i motivi esposti, ha cominciato a estendersi anche alle realtà pubbliche con la finalità di fungere quale strumento necessario a fornire una trasparente “resa del conto” dell’utilizzo delle risorse ottenute dai contribuenti. La diffusione ha riguardato in particolar modo gli Enti locali125: il Comune di Bologna è stato il primo ente infatti che nel 1997 ha presentato un bilancio sociale contenente la descrizione dei rapporti intrattenuti con le libere forme associative, poi c’è stato il Comune di Copparo, che nel 1998 ha elaborato il primo bilancio sociale che rendicontava l’intera attività svolta dall’amministrazione nel corso dell’anno precedente. Il Comune di Copparo 124 Cfr.:BANDETTINI A., (1981) "Responsabilità sociale dell'impresa" in AA.VV., Bilancio

d'esercizio e amministrazione delle imprese. Studi in onore di Pietro Onida; Giuffrè, Milano;

CAVALIERI E., (1981), “Aspetti sociali dell’informazione economicad’impresa”, in Rivista

italiana di Ragioneria e di Economia aziendale, n.3, pp. 108/120; TERZANI S., (1984),

"Responsabilità sociale dell'azienda", Rivista Italiana di Ragioneria e di Economia aziendale, n.7- 8, luglio-agosto: 286/299; RUSCONI G., (1987) op. cit.; MATACENA A., (1984) op. cit.

125 Crf: BARTOCCI L., (2003), Il bilancio sociale negli enti locali. Fondamenti teorici e aspetti

ha pubblicato il bilancio sociale per sei anni consecutivi, per passare poi nel 2006 al Bilancio di sostenibilità in adesione al Progetto Spes – Servizi Pubblici e Sostenibilità126. Nel 1999 sono stati redatti i primi bilanci di mandato da parte della Provincia di Roma e di quella di Torino.