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L’evoluzione dei consumi alimentari

Nel documento Volume Rapporto 1995 (.pdf 2.4mb) (pagine 89-95)

4. LE NUOVE TENDENZE DEI CONSUMI ALIMENTARI

4.1. L’evoluzione dei consumi alimentari

Dopo la flessione subita dai consumi interni delle famiglie italiane nel 1993 (-2,5% in termini reali) e verificatasi per la prima volta dal dopoguerra, nel 1994 la dinamica dei consumi ha mostrato una cauta ripresa (+1,6%) insufficiente, però, a recuperare i livelli del 1992 (630 mila miliardi a fronte di 623,6 mila miliardi di lire nel 1994). Nel cor-so dell’anno il tascor-so di crescita ha fatto segnare una decelerazione, po-nendosi al di sotto dell’1%. I prezzi sono aumentati, nel 1994, del 4,7%, confermando la tendenza decrescente evidenziata negli ultimi anni. Al contenimento della dinamica hanno contribuito, per l’anno in esame, soprattutto i prezzi dei consumi non alimentari, con un tasso di crescita ridottosi al 5% contro il 5,5% del 1993, mentre i prezzi dei con-sumi alimentari hanno mostrato un’accelerazione, avendo fatto segnare un incremento del 3,2% a fronte del +1,9% dell’anno precedente.

Il clima di fiducia nei confronti del quadro economico, migliorato sensibilmente nella prima metà del 1994, è di nuovo peggiorato nella seconda parte dell’anno a causa delle rinnovate incertezze e preoccu-pazioni sul fronte dei redditi e delle prospettive del mercato del lavoro.

Basti pensare che nel 1994 il reddito lordo disponibile delle famiglie consumatrici è diminuito, in termini reali, dell’1,6%, facendo seguito al ben più forte calo fatto registrare nell’anno precedente (-5%). La perdita del potere di acquisto da parte delle famiglie italiane è stata mi-tigata parzialmente dall’azione pubblica che, contrariamente a quanto avvenuto nel 1993, ha ridotto il prelievo tributario sul reddito, a causa di una contrazione delle basi imponibili a parità di aliquote, e nel con-tempo ha accresciuto l’erogazione di prestazioni sociali.

Il reddito disponibile del settore privato, comprensivo anche degli utili d’impresa non distribuiti, ha presentato una dinamica migliore es-sendo aumentato, in termini reali, dell’1,9% dopo la perdita del 4%

subita nel 1993. Tale andamento nasconde, com’è ovvio, notevoli di-screpanze tra i redditi che hanno origine dal lavoro dipendente e i red-diti costituiti in buona parte da utili d’impresa, siano essi distribuiti o accantonati, e quindi tra i comportamenti delle famiglie percettrici del-le due categorie di reddito. Purtuttavia, nel compdel-lesso, la propensione media al consumo è diminuita nel 1994 dopo l’aumento evidenziato nell’anno precedente.

Infatti, la politica di contenimento dei redditi, da una parte, e l’elevato tasso di disoccupazione, dall’altro, caratterizzanti ormai da qualche tempo l’economia del nostro Paese, stanno sempre più condi-zionando il comportamento delle famiglie italiane che, anche nel 1995, sembrano mostrare un atteggiamento piuttosto prudente nei confronti dei consumi. Infatti, nei primi tre trimestri del 1995 la spesa comples-siva sostenuta dalle famiglie italiane è aumentata, rispetto al corri-spondente periodo dell’anno precedente, nella misura dell’1,3% in termini reali. Il rallentamento, evidenziato nei primi nove mesi del 1995, ha interessato tanto la componente non alimentare dei consumi (+1,6% a fronte di +2% nel 1994) quanto la componente alimentare, seppure in misura impercettibile (tab. 4.1). Purtuttavia, sembra sia possibile cogliere per il 1995 una leggera contrazione dei consumi a-limentari rispetto all’anno precedente, per quanto ciò debba comunque trovare una qualche conferma nel comportamento dei consumatori ita-liani nell’ultima parte dell’anno.

Tornando al 1994, ultimo anno in cui al momento della stesura del presente paragrafo è disponibile l’articolazione dei consumi per cate-goria, la spesa alimentare nel suo complesso è aumentata di appena lo 0,1% rispetto all’anno precedente, facendo seguito ad un calo dello 0,2% (tab. 4.2). Al suo interno è possibile notare innanzitutto l’andamento negativo dei consumi di “bevande” che, nel 1994, hanno avuto un ridimensionamento in termini reali dello 0,5%, proseguendo una tendenza discendente iniziata nel 1992. All’evoluzione costante-mente negativa delle bevande alcoliche che le caratterizza da qualche anno, trovando conferma anche nel 1994 (-1,5%), si è contrapposto, ancora una volta, l’incremento dei consumi per bevande analcoliche

(+1,8%) benché vi sia da segnalare una forte decelerazione rispetto a-gli elevati tassi di crescita fatti registrare soprattutto nella seconda me-tà degli anni ottanta e nei primi anni novanta. Basti pensare che nel quinquennio 1986-90 il tasso di crescita di questo tipo di bevande ha toccato, in media, quasi il 10% annuo. Sotto il profilo della modifica della struttura della spesa alimentare delle famiglie italiane le bevande analcoliche hanno comunque continuato ad aumentare il proprio peso, che si è portato nel 1994 al 2,3%, contro il 2% del 1990 e all’1,3%

dell’85 e che ha intaccato però solo in minima parte la quota detenuta dalle bevande alcoliche che sono scese al 5,4% a fronte di un 5,6% e-videnziato nel 1985 e mantenuto sostanzialmente fino al 1990.

Nell’ambito del paniere dei “generi alimentari” le variazioni che si possono cogliere, di segno positivo o negativo, sono talmente esigue, come si evince dalla tabella 4.2, da non consentire approfondimenti di analisi sotto il profilo strettamente congiunturale, tranne che registrare un leggero ridimensionamento dei consumi di oli e grassi (-1%), zuc-chero (-0,4%) e carne (-0,1%) a fronte di altrettanto modesti incremen-ti da parte delle altre categorie di beni. Guardando all’evoluzione della Tab. 4.1 - I consumi delle famiglie in Italia

1990 1991 1992 1993 1994 1995 1995 1995 I trim. II trim. III trim.

miliardi di lire correnti Consumi

ali-mentari

156.305 167.307 176.106 179.125 185.016 47.968 49.057 49.680

Consumi non alimentari

654.154 722.260 771.983 789.150 845.280 218.690 223.290 228.367

Totale consumi finali interni

810.459 889.567 948.089 968.275 1.030.296 266.658 272.347 278.048

miliardi di lire 1985 Consumi

ali-mentari

122.402 122.928 123.324 123.091 123.160 30.755 30.828 30.832

Consumi non alimentari

483.943 500.087 506.495 490.676 500.476 126.133 126.794 127.380

Totale consumi finali interni

606.345 623.015 629.819 613.767 623.636 156.888 157.623 158.212

Fonte: ISTAT.

composizione della spesa alimentare delle famiglie italiane (tab. 4.3) si possono individuare, nell’arco dell’ultimo decennio, leggeri mutamen-ti di struttura tendenmutamen-ti ad evidenziare una stabilità di comportamento da parte consumatore medio.

Le modificazioni relativamente più significative hanno interessato i seguenti tipi di consumi che, rispetto al 1985, hanno visto ridimensio-nare il proprio peso: “carne”, “oli e grassi”, “frutta e ortaggi” e “caffè, the e cacao”. Viceversa, hanno accresciuto la propria quota le catego-rie “pane e cereali”, “pesce”, “latte, formaggi e uova” e “altri generi a-limentari”. Hanno evidenziato, invece, una sostanziale stabilità le “pa-tate” e lo “zucchero”. La dieta alimentare del consumatore medio ita-liano si caratterizza ancora per un forte apporto di carne (pari al 27,4%

dei consumi alimentari totali) accompagnato significativamente da

“frutta e ortaggi” (20% circa). La dieta si connota, inoltre, per una pre-senza importante di “latte, formaggi e uova” (14,3%) e “pane e cerea-li” (12,8%). Tuttora distanziato permane il consumo di pesce che co-Tab. 4.2 - Tassi di variazione percentuale annua dei consumi delle famiglie in Italia (miliardi di lire 1985)

Categorie 1990 1991 1992 1993 1994

Consumi alimentari 0,3 0,4 0,3 -0,2 0,1

Generi alimentari 0,3 0,4 0,4 -0,1 0,1

- pane e cereali 0,5 0,7 0,8 0,2 0,2 - carne 0,1 -0,1 0,1 -0,4 -0,1

- pesce 0,3 1,9 -0,3 -1,0 0,0

- latte, formaggi, uova -0,1 0,4 0,6 0,2 0,4 - oli e grassi -0,3 0,0 0,1 -0,7 -1,0 - frutta e ortaggi 0,4 0,3 0,5 0,2 0,3

- patate -0,2 -0,5 0,3 0,2 0,2

- zucchero 0,8 0,2 0,2 -0,2 -0,4 - caffè, the, cacao 0,8 0,0 0,0 0,1 0,1 - altri generi alimen. 2,6 4,1 1,0 -0,4 0,4

Bevande 1,1 0,4 -0,4 -1,1 -0,5

- analcooliche 8,2 4,6 3,8 2,7 1,8

- alcooliche -1,4 -1,2 -2,2 -2,8 -1,5 Consumi non alimentari 3,0 3,3 1,3 -3,1 2,0 Totale consumi finali interni 2,5 2,7 1,1 -2,5 1,6

Fonte: ISTAT.

pre appena il 6,2% della spesa alimentare. Ciò nonostante vi siano stati alcuni fattori che avrebbero dovuto giocare a favore di una maggiore diffusione di questo tipo di consumo: primo, fra tutti, il fatto che il no-stro Paese può contare su una vasta e solida tradizione marinara e di pesca; in secondo luogo, la crescente importanza assunta dalle svariate forme di allevamento di pesci grazie alle quali, soprattutto in questi ul-timi anni, il consumatore italiano può confidare su di un prodotto ven-duto a prezzi ben più contenuti rispetto al passato; in terzo luogo, le numerose campagne pubblicitarie e di stampa volte a portare a cono-scenza del consumatore gli innumerevoli requisiti salutistici contenuti in un alimento di grandissima importanza per la dieta quale il pesce. D’altro canto, una conferma in questo senso si ha proprio dal più elevato ritmo di crescita fatto registrare dal consumo di pesce nell’ambito dei generi alimentari. Basti pensare che, nell’arco degli ul-timi venti anni, il consumo di pesce è passato da 4.213 miliardi di lire costanti nel 1974 a 6.874 miliardi nel 1994, con un incremento com-plessivo del 63%, concentratosi soprattutto nel decennio ottanta per Tab. 4.3 - Composizione percentuale dei consumi finali delle famiglie ita-liane per categoria

Categorie 1985 1990 1994

- pane e cereali 11,6 11,9 12,8

- carne 29,1 27,6 27,4

- pesce 5,1 6,3 6,2

- latte, formaggi, uova 14,0 14,2 14,3

- oli e grassi 4,3 3,8 3,7

- frutta e ortaggi 21,3 21,0 20,1

- patate 1,0 1,1 1,1

- zucchero 1,4 1,2 1,3

- caffè, the, cacao 2,5 2,2 2,2

- altri generi alimen. 2,8 3,1 3,2 - bevande analcoliche 1,3 2,0 2,3

- bevande alcoliche 5,6 5,6 5,4

Consumi alimentari e bevande 100,0 100,0 100,0

23,1 19,3 18,0

Consumi non alimentari 76,2 80,3 82,0

Totale consumi finali interni 100,0 100,0 100,0

Fonte: ISTAT.

poi rimanere pressoché stazionario in questi primi anni novanta. Pur-tuttavia, come si è avuto modo di vedere, il suo peso è tuttora molto basso a favore di una tradizione carnea della nostra dieta alimentare, affermatasi dalla fine degli anni sessanta, che non riesce minimamente a scalfire. Una delle spiegazioni più probabili può essere fatta risalire alle maggiori difficoltà presentate dalla preparazione di questo prodot-to e al maggiore tempo richiesprodot-to per cucinarlo, rispetprodot-to a un alimenprodot-to ben più sbrigativo quali certe qualità di carne. Non bisogna neanche dimenticare che in alcune aree del nostro Paese (si pensi al Settentrio-ne, in particolare) consuetudini locali e stili di vita prevalenti, legati anche a esigenze di ordine climatico così come alla maggiore diffusio-ne di alcudiffusio-ne produzioni rispetto ad altre, influenzano notevolmente la composizione della dieta alimentare determinando, nel caso specifico, un’assunzione limitata del consumo di pesce.

Più in generale, nonostante si possa ravvisare anche per l’Italia, come per gli altri Paesi industrializzati, una tendenza alla omogeneizzazione della struttura tipo dei consumi, con una riduzione delle differenze ri-scontrabili a livello territoriale e sociale, è possibile evidenziare, allo stesso tempo, una differenziazione, talvolta anche notevole, dei model-li di comportamento amodel-limentare, dettate dalle diverse esigenze espresse dalle varie categorie di consumatori (sul piano nutrizionale e dieteti-co, sul fronte dell’organizzazione dei tempi di lavoro e della famiglia, in termini del rapporto “qualità-prezzo”, etc.). E’ ormai am-piamente riconosciuta l’affermazione di un modello complesso di do-manda alimentare che tende sempre più a bipolarizzarsi: da un lato, verso un consumo cosiddetto di “nicchia” rivolto a quei prodotti, di qualità elevata, per i quali il prezzo riveste un’importanza secondaria e di cui è fruitrice la fascia medio-alta dei consumatori; dall’altro, verso un consumo di prodotti di media qualità rispetto ai quali il prezzo as-sume notevole rilevanza e per cui lo strumento pubblicitario può in-fluenzare significativamente le scelte dei consumatori.

L’analisi congiunturale sin qui svolta fa riferimento esclusivo al contesto nazionale, non potendo ampliare il commento, come invece si era soliti fare, alla situazione dell’Emilia-Romagna. Infatti, la non di-sponibilità a tutt’oggi dei dati sull’indagine ISTAT dei consumi delle famiglie, che negli anni passati consentivano di mettere a raffronto l’evoluzione dei modelli prevalenti di comportamento alimentare dei

consumatori dell’Emilia-Romagna con quella a livello nazionale, fa perdere una importante fonte di informazione per la nostra analisi.

4.2. I cambiamenti nelle abitudini di consumo delle famiglie: i

Nel documento Volume Rapporto 1995 (.pdf 2.4mb) (pagine 89-95)