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Pianificatore territoriale Email: fabio.maulella@gmail.com Abstract

Questo contributo si incardina su ricerche e esperienze operative a diverso grado di avanzamento svolte da chi scrive su alcuni centri storici di città e paesi di differente gerarchia e ruolo territoriale, aree urbane integrate e interagenti con contesti anche amplissimi o globali, che assumono la natura di insulae sempre più diversamente specializzate in relazione ad una riconfigurazione spesso non governata delle dinamiche localizzative e funzionali alle quali sono esposti. Se ci sono segni di nuova appropriazione attraverso pratiche disruptives agenti in zone grigie della disciplina, la dilatazione edilizia oltre gli antichi confini, la dispersione insediativa nei loro territori di riferimento tradizionale, l'irruzione di dinamiche esogene e non centrifughe hanno determinato evidenti inadeguatezze e rotture; mentre regge, sebbene in forme anche sorprendenti e funge da elemento di continuità, il loro portato di bene culturale, inteso come luogo depositario o accogliente per memorie, tradizioni, storie.

Parole chiave: historic centers, tourism, commons.

Figura 1 | “Tourism Precints in Florence”, Mappa dell'area indagata durante lo svolgimento del Laboratorio Changing

Landscapes, dal tema "Il turismo e la città". Fonte: elaborazione M.Carta.

Un campo ancora fertile e stimolante di ricerca e un indicatore dei cambiamenti

I centri storici (Astengo 1965; Cervellati 1977) se con questo termine si può indicare la ragguardevole varietà delle situazioni che articolano la famiglia dei nuclei più consolidati e duraturi dell'insediamento concentrato, sono luoghi con una forte connotazione simbolica; sono i luoghi della "fondazione" di centri urbani di diversissimo rango territoriale, sono comunque i nuclei delle agglomerazioni successive e ricorsive di diverso spessore ed entità. Essi sono frutto di una "concentrazione" urbana che si esprime spesso con l'assoluta eccellenza dello spazio pubblico. Questo è frutto di un incessante lavorio minuto e di continui aggiustamenti, esito dell'equilibrio tra poteri e individui: sia nel caso di molti centri minori che

hanno una natura molto organica e a volte quasi "minerale", sia quando si tratta di centri di città d'arte frutto di progetti urbani colti e di assoluta eccellenza, come il centro di Firenze. Sono comunque depositi pluri-stratificati e iper connessi di ricchezze patrimoniali di vasti territori, divenuti aree urbane non sempre integrate entro l'enorme "cantiere interrotto" della grande trasformazione avviata nel secondo dopoguerra (Carta e Lucchesi, 2016).

Figura 2 | Lo spazio pubblico di Firenze utilizzato prevalentemente dai turisti. Immagine ripresa durante lo svolgimento del

Laboratorio Changing Landscapes, dal tema "Il turismo e la città". Fonte: foto di M.Carta.

Entro questo "cantiere" costituito dall'enorme e vario patrimonio edilizio e infrastrutturale accumulato per aggiunta e per addizione ai centri storici prima, con logiche sempre più livellanti e indipendenti dalla loro posizione e gerarchia poi, l'assetto di queste aree di accumulazione di valore è ancora una delle questioni più pressanti dell'urbanistica italiana (Lanzani 2003).

Il dibattito disciplinare negli ultimi anni li ha forse un poco trascurati: troppo pressante l'urgenza di provare ad indagare ed affrontare la crisi edilizia e dei sistemi urbani conseguente al 2007, troppo pressante il problema del recupero delle periferie e nello specifico degli enormi spazi irrisolti della dispersione; il dibattito sulla rigenerazione urbana spesso più concentrato sui grandi contenitori dismessi (Carta e Monacci 2017), i problemi della resilienza avendo una dimensione troppo marcatamente territoriale, i temi della smart city non molto adatti alla dimensione "limitata" del centro storico.

Ma, ancora più evidente analizzando le produzioni scientifiche e i dibattiti disciplinari (Piano 2014), è una generale impressione di avere in qualche modo risolto i problemi principali di questa importante parte del territorio, con una lunga riflessione che si può fare risalire alla Carta di Gubbio, in Italia (ANCSA 1960). Avendo tutelato dunque il grande valore artistico e storico testimoniale di città quali Firenze, ad esempio, ma anche, su di un altro continente, Fès in Marocco, per il loro pregio urbano e per la presenza di una incredibile densità di monumenti inseriti nei loro tessuti edilizi; oppure avendone almeno appreso il valore di "bene paesaggistico" in senso più lato, come concentrato di significati territoriali, storico testimoniali, insediativi, anche di alta qualità (Nulvi, SS) o addirittura come entità che trascendono la qualità stessa dei tessuti urbani (Mamoiada, NU) per essere individuate come "accentramenti" di significati sociali locali. Le dinamiche alle quali assistiamo nel perimetro dei centri storici (così come nei centri delle città d'arte), sono potenti e in qualche modo vi si possono individuare delle ricorrenze che prescindono dalle specificità locali, per divenire riconoscibili a livello generale; da notare che i livelli di tutela e di progettualità sono spesso molto elevati per i centri storici, anche in conseguenza della speciale attenzione del legislatore italiano (Videtta 2012):

• la presenza sempre più pressante usi temporanei estranei alla residenzialità: visite turistiche e pernottamenti periodici, spazi e attrezzature della sociabilità (movida), concentrazione di contenitori culturali etc.;

Figura 3 | Turisti alle prese con barriere, margini, percorsi. Immagine ripresa durante lo svolgimento del Laboratorio

Changing Landscapes, dal tema "Il turismo e la città". Fonte: foto di M.Carta.

• abbandono delle forme tradizionali della concentrazione abitativa, della residenza di prossimità, del modello casa-bottega, della dotazione ampia dei servizi pubblici per le famiglie;

• cambiamento e specializzazione delle attività del commercio, verso una dimensione globale (centri delle città d'arte) o desertificazione commerciale (centri storici minori);

• variazioni del rapporto di equilibrio tra centro e territorio di riferimento, con riconfigurazione della natura della centralità, che si specializza o si indebolisce;

• gentrificazione e/o espulsione di residenze;

• obsolescenza e abbandono di parte del patrimonio edilizio (Nulvi, Oristano, Mamoiada) o appropriazione capillare del patrimonio da parte di soggetti economici (a partire ad esempio da chi esercita servizi turistici con strumenti di condivisione quali AirB&B...).

I centri storici delle città d'arte metropolitane: urban precincts

Se la dispersione si può osservare nella sua forma più basica e chiara, anche in Italia, nelle grandi distese dello sprawl urbano che ha modificato l'assetto insediativo di quella che un tempo si sarebbe chiamata "campagna", queste grandi distese, spesso invase da elementi inconclusi, sono solo uno degli aspetti, forse il più evidente, della dispersione insediativa. L'espandersi dell'insediamento, e il dilatarsi degli spazi urbani, se ci hanno consegnato nuovi elementi con i quali occorre ora fare i conti, d'altra parte hanno determinato lo speculare cambiamento dei brani della città densa più consolidata, tipicamente i centri storici delle città, e in alcune aree metropolitane più importanti, i centri delle città d'arte. Se dal punto di vista della loro conservazione fisica tali centri storici sono stati adeguatamente studiati e tutelati (Firenze, Roma, Venezia, per citare i più noti), fino a diventare patrimonio dell'Umanità (UNESCO), dall'altra alcune delle dinamiche insediative delle quali la dispersione è una sintesi, hanno interessato in misura importante i centri storici maggiori (quelli, per capirsi, dove alla porzione di costruito storico spesso delimitata da cinte murarie di varie epoche, si sono aggiunte successive espansioni e addizioni che solo molto recentemente hanno rallentato il loro ritmi di crescita). La trasformazione monofunzionale delle città d'arte emerge forse anche dall'osservazione diretta, che ha fatto emergere la creazione di un complesso sistema di "recinti" per turisti entro il quale si gestiscono flussi sempre crescenti ed economicamente importanti di visitatori "paganti"; trasformazioni indotte di cambio di residenza, tra residenza temporanea pagante (turisti e visitatori) con diverse percentuali di residenza povera di popolazioni (immigrate o autoctone in via di espulsione...) che hanno occupato sacche di tessuti particolari, urbani, storici, non adeguati ai più elevati standard abitativi. Tali "recinti" per turisti sono un esempio delle conseguenze della specializzazione che pare pervadere la città dispersa. Chi scrive ha indagato fotograficamente per alcune settimane l'assetto spaziale usato per convogliare i flussi di turisti a Firenze, basandosi su alcune suggestioni classificate nel testo del 2008 «City Spaces - Tourist Places: Urban Tourism Precincts» (Hayllar B., Griffin T. e Edwards

D., a cura di, 2008)1. La definizione di questi elementi è molto suggestiva: «urban tourism precincts are defined by their particular patterns of architectural design, layout, attractions and the overall configuration of the physical elements that help to forge a particular sense of place». La configurazione all'interno delle città e i diversi elementi che li compongono sono stati ripresi in vari momenti della giornata, incrociando

l'osservazione esperienziale con utili riferimenti a indagini di supporto2.

Figura 4 | Movimenti turistici e strutture ricettive presenti sul territorio del Comune di Firenze tra gli anni 2003-2016.

Fonte: “Città Metropolitana di Firenze”, Ufficio Servizi alle imprese, controlli e statistica (elaborazione F.Maulella).

La particolare configurazione di alcuni specifici spazi urbani (ad esempio la presenza di tessuti urbani storici, di architetture eccezionali, di monumenti famosi, di musei, come nel caso di Firenze), determina in alcune città la presenza massiccia di turisti, che tende a concentrarsi e a modificare determinate aree della città stessa. La tendenza alla monofunzionalità di questi spazi è potente e crescente: «if tourism is regarded as an industrial activity, tourism precincts may be examined as industrial complexes» (ibidem, pag.115). I turisti riconoscono dunque questi luoghi dalla densità di visitatori/turisti, dai segni e dalle attrezzature a loro destinate. Gli abitanti o i frequentatori abituali delle città turistiche interessate da queste dinamiche (e Firenze è tra le città più interessate) mutano necessariamente essi stessi l'esperienza di questi luoghi; ne possono essere spesso esclusi, oppure possono "immergersi" in questi recinti compiendo esperienze di fruizione della città completamente diverse dalla loro normale esperienza.

La creazione di "recinti", la loro presenza nei nostri centri storici è certamente un fatto consolidato, sebbene essi abbiano nature e forme differenziate: siano vaste servitù militari, proprietà pubbliche, o grandi macchine del potere religioso. Alcuni di questi recinti si possono e si devono aprire. Nel caso di

Oristano ad esempio, nel PPCS recentemente approvato3 una delle Aree Speciali da esso individuata nel

tessuto del centro storico è stata fatta oggetto di un Progetto Integrato per la partecipazione a un bando

della Regione Sardegna4. Qui si è affrontata la separatezza rilevata tra la dimensione dell'edilizia privata,

minuta o parcellizzata, e quella che si può indicare come della città pubblica, che comprende le grandi

1 Laboratorio 4 Changing Landscapes, dal tema "Il turismo e la città", a cura di Sandro Bini e Davide Virdis, maggio-giugno 2016.

Cfr. https://changinglandscape.wordpress.com/2017/03/08/il-turismo-e-la-citta/. Si tratta di una esplorazione sul territorio della città di Firenze alla ricerca di una chiave interpretativa personale tra le differenti forme percepibili del rapporto tra tessuto urbano, comunità stanziale e flusso turistico.

2 Ad esempio i risultati del sondaggio compiuto nel 2016 dal Centro di Studi Turistici ed ETOA che ha coinvolto 3000 residenti.

«Dai dati (...) emerge che i fiorentini, a causa dell’elevata affluenza di visitatori, non frequentano più 72 tra vie, piazze e zone della città: nelle prime tre posizioni spiccano piazza Duomo, via Calzaiuoli e Ponte Vecchio» (pag.4).

3 Approvazione definitiva marzo 2017. Massimo Carta capogruppo coordinatoredel gruppo Abeille (Alberto Loche, Giuseppe

Loche, Enrica Campus, LDP Studio progetti, Emanuele Tendas. Il lavoro del PPCS è stato selezionato per essere presentato all'evento mediatico: ilpaesechevorrei, XIX Congresso INU - poster, Progetto Paese, Cagliari, 28-30 Aprile 2016.

"macchine urbane" civili o rappresentative del potere religioso, che articolano il centro di Oristano e costituiscono i nodi delle relazioni urbane e territoriali. Se altrove si assiste alla contrazione di questo spazio, alla sua irreggimentazione, alla sua specializzazione, ad Oristano si è compiuto un tentativo di integrazione di percorsi, attraverso l'apertura di direttrici e prospettive di accesso inedite, permettendo con una "promenade" architettonica di penetrare nel cuore storico testimoniale per tanto tempo custodito negli spazi della Curia e ipotizzando funzioni leggere in un equilibrato e chiaro insieme di ruoli reciproci. Si tratta di un esempio di "apertura" di recinti e di allargamento della dimensione dei commons.

Figura 5 | Alcune pratiche disruptive entro il perimetro UNESCO di Firenze: presenza e distribuzione degli associati alla

piattaforma AirB&B (2017). Fonte: Elaborazionedi F. Maulella.

I centri storici interni minori: commons tra radicamento e abbandono

Le dinamiche evolutive dei centri interni italiani sono mutate fortemente e velocemente almeno a partire dal secondo dopoguerra, quando è iniziata quella grande trasformazione citata sopra. Una delle conseguenze di queste dinamiche si è vista nei territori "periferici", con l'insorgere di modificazioni e di criticità che hanno inciso il corpo fisico dei centri storici minori, ne hanno mutato la composizione sociale e il ruolo funzionale all'interno dei loro territori di afferenza: è il caso dei centri sardi presi qui come esempio,

Mamoiada5 (NU) e Nulvi6 (SS). Una lettura del loro patrimonio edilizio e urbano, seppure differenziato, ha

evidenziato delle ricorrenze: (i) l'abbandono diffuso del patrimonio edilizio; (ii) le vaste modificazioni di quest'ultimo e dello spazio pubblico, difformi dal "carattere" del centro storico e stridenti con la sua omogeneità, con l'equilibrio delicato che vi si è sempre conservato tra tradizione e innovazione; (iii) l'aggravarsi progressivo di cesure tra centro e territorio di riferimento tradizionale, sia funzionali (percorsi tra paese e campagna interrotti o indeboliti) o paesaggistiche (mancata cura o apertura di visuali).

Ci concentriamo qui su di un aspetto particolare, ovvero la resistenza dei centri storici minori come

commons, come luoghi accessibili ancora densi di significato sociale e di valori condivisi dalle comunità.

In questi centri emerge certo la necessità di una "ricostruzione" dell'ambiente fisico più che la sua conservazione: anche rispetto ad una impostazione "conservativa" del bene culturale e paesaggistico, le sfide maggiori che la pianificazione si trova ad affrontare sono riferite: (i) alla necessità di prevedere una ingente quantità di sostituzioni edilizie orientandole alla uniformazione, qualità e coerenza; (ii) alla possibilità di essere accogliente rispetto ai linguaggi più recenti dell'architettura contemporanea; (iii) alla possibilità di una gestione efficacie della conoscenza sull'esistente e della gestione del progetto di tutela e modificazione.

5A Mamoiada chi scrive ha redatto, con Donatella Cau e la collaborazionedi Alfonso Dodero, il PPCS del centro storico. 6 A Nulvi, chi scrive coordina la redazione del PPCS da parte di Abeille (Alberto Loche, Giuseppe Loche, Enrica Campus, LDP

Studio progetti, Emanuele Tendas, Cosima Atzori).

Figura 6 | Turisti nei principali "recinti" dedicati: piazza Signoria a Firenze. Immagine ripresa durante lo svolgimento del

Laboratorio Changing Landscapes, dal tema "Il turismo e la città" (M.Carta).

Così, la caratteristica più evidente del CS di Mamoiada ad esempio, è la difficile differenziazione delle caratteristiche edilizie del centro dal resto dell'abitato. I pochi monumenti e i pochi episodi di edilizia pregiata (circa il 92% degli edifici è stato da noi classificato nel PPCS come potenzialmente "sostituibile") sono immersi in un impianto di pregio, che si apprezza bene solo planimetricamente, che mantiene la natura introversa delle aggregazioni delle cellule abitative originarie, organizzate attorno a delle cortes (corti) private chiuse e protette sulla via pubblica da alti muri in pietra. La struttura delle cortes permette lo svolgimento molto sentito di eventi temporanei che tuttavia interessano vaste porzioni di popolazione (cortes apertas), e il centro storico ospita ben tre allestimenti museali ben curati e molto importanti anche in

un'ottica di promozione territoriale (Decandia 2013)7. Come Mamoiada, Nulvi presenta tessuti

abbandonati in larga percentuale, sebbene la sua struttura urbana sia più pregiata e densa di edifici di valore storico testimoniale e architettonico (ad esempio le diverse chiese che presidiano spazi pubblici variamente articolari): come il comune barbaricino, la dimensione sociale dello sviluppo locale è il tema ineludibile all’interno della descrizione del suo centro storico, che si lega a tutte le parti del territorio circostante, fulcro di relazioni per il più ampio contesto urbano e territoriale dell'Anglona. Si tratta anche per i due comuni, del ruolo paesaggistico che ricoprono: i centri storici in sé, con la loro collocazione, la notevole articolazione che arriva ad includere la quasi totalità della parte urbanizzata dei paesi, questi e altri fattori rendono i Centri storici un giacimento di grande interesse per innestare politiche sviluppo locale. La «centralità» ritrova le sue radici nel giacimento di valori e significati riconosciuti socialmente, quel corpo immateriale al quale alcuni si riferiscono come "commons" (Marella 2015).

7 Il Museo delle Maschere Mediterranee, il Museo della Cultura e del Lavoro, il Museo MATer dell'Archeologia e del territorio;

Figura 7 | Turisti nei principali "recinti" dedicati: piazza Signoria a Firenze. Immagine ripresa durante lo svolgimento del

Laboratorio Changing Landscapes, dal tema "Il turismo e la città" (M.Carta).

Attribuzioni

Massimo Carta ha curato il testo e le immagini dove indicato; Fabio Maulella ha curato la ricerca dei dati e la redazione dei grafici e delle mappe presenti nel testo.

Riferimenti bibliografici

ANCSA 1960, “Carta di Gubbio”, Urbanistica 32: 66-67.

Astengo G., 1965, “Studi, esperienze e problemi attuali nei centri storici in Italia”, in Urbanistica 42/43. Carta M., Monacci F. (2017), “Prove di rigenerazione urbana: norme, modelli, contesti nella

sperimentazione istituzionale ANCI/Regione Toscana per la calibrazione della LR.65/2014”, in AA. VV. (2017), Atti della XIX Conferenza Nazionale SIU. Cambiamenti. Responsabilità e strumenti per l'urbanistica al

servizio del paese, Catania 16-18 giugno 2016, Planum Publisher, Roma Milano, pp. 1407-1415.

Carta M. e Fabio L. 2016, “Ri-avviare il cantiere interrotto della «grande trasformazione»: ri-conoscere nuovi paesaggi, lavorare per tessuti e componenti”, in Un nuovo ciclo della pianificazione urbanistica tra tattica e

strategia, M. Talia, Planum Publisher, Roma-Milano: 217-224.

Cervellati P. L. e Miliari M. 1977, I centri storici, Gueraldi, Firenze.

Decandia L. 2013, “Un appuntamento nascosto fra l’arcaico e il contemporaneo. Mamoiada: voci di pastori”, in Scienze del Territorio (1): 387-394.

Hayllar B., Griffin T. e Edwards D., a cura di, 2008, City Spaces - Tourist Places: Urban Tourism Precincts Elsevier, London.

Lanzani A. 2003, I paesaggi italiani, Meltemi, Roma.

Marella M. R. 2015, “Lo spazio urbano come bene comune”, in Scienze del Territorio n. 3 Ricostruire la Città: pp. 78-87.

Piano R. 2014, “Il rammendo delle periferie”, Il sole 24 ore, 26 gennaio 2014 Domenica / Cultura.

Videtta C. 2012, “I centri storici al crocevia tra disciplina dei beni culturali, disciplina del paesaggio e urbanistica: profili critici”, in Aedon (3).

Sostenibilità energetico-ambientale e centri storici: