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sul tema dell’innovazione in stretto legame con le comunità Il Manifesto prevedeva la nascita ufficiale dell’European Network

utilizzando le parole chiave resilient and/or resilience e cultural heritage risulta che su 406 Living Lab, 5 affrontano le tematiche della resilienza nelle loro attività, e solamente 17, di cui 5 in Italia, sviluppano la tematica del patrimonio culturale nelle loro attività. Di questi, l’Apulian ITC ACTLab è una rete di 79 Living Lab che operano in 8 ambiti tematici, di cui 13 nell’ambito dei Beni Culturali e Turismo.

L’analisi ha evidenziato come esistano pochi esempi di Living Lab che, in linea con quanto si prevede per il Laboratorio Aperto di Bologna, siano collocati in un contesto storico e allo stesso tempo sviluppino il tema dell’heritage, urbano e culturale. Tra questi il Living Lab di Catania risulta il caso più rilevante. Con sede nei locali comunali di Via Manzoni, nel centro storico di Catania, il lab è stato concepito come un laboratorio di idee per lo sviluppo collaborativo di progetti, infrastrutture sociali, prodotti e servizi innovativi per la valorizzazione, la fruibilità e la comunicazione del cultural heritage del territorio (Malfitana D. et al, 2016). In questo caso, i messaggi portati dal contenitore e quelli espressi dal contenuto si allineano, facendo del Living Lab un modello e al tempo stesso un luogo di produzione di idee, politiche e progetti per la valorizzazione del patrimonio.

Sebbene non perfettamente assimilabile al Laboratorio pilota di Bologna, altro caso interessante è il progetto Living Piemonte, promosso CSP, centro di eccellenza per la ricerca, sviluppo e sperimentazione di tecnologie avanzate informatiche e telematiche con sede a Torino. Nell’ambito del progetto, e grazie alle molte collaborazioni attivate con gli enti territoriali, le imprese e le comunità, il CSP ha sviluppato una serie di Living Lab dislocati in differenti aree della regione. Obiettivo complessivo del progetto Living Piemonte è quello di indagare le potenzialità e gli impatti delle nuove tecnologie in differenti ambiti tematici. Tra questi, il cultural heritage ha avuto un ruolo centrale nei Laboratori RoeroLab (2012) e VIVI VALSESIA (2010-2012). Utilizzando le modalità dello user generated content, il primo ha prodotto la georeferenziazione del patrimonio culturale e paesaggistico presente nell’area, mentre il secondo ha sviluppato un piano innovativo per la valorizzazione della Valsesia e la sua promozione turistica.

Tra i Living Lab che affrontano il tema della resilienza, il KWest Research di Bristol mira a costruire una comunità resiliente e a coinvolgere i cittadini nella rigenerazione culturale, ambientale ed economica del quartiere di Knowle West, attraverso il “Bristol Approach to Citizen Sensing” per la realizzazione di progetti che coinvolgono la tecnologia dei sensori. L’approccio, strutturato in fasi cicliche, è atto ad assicurare che i programmi tecnologici rivolti alle comunità, siano guidati da questioni rilevanti per le esigenze locali e che si svolgano a livello di comunità, coinvolgendola attivamente nella progettazione di temi e obiettivi, oltre che nel testing e nella valutazione. Tale approccio, che rappresenta un caso unico nel panorama dei living lab internazionali dove di norma le tematiche e le tecnologie da testare sono fissate dai partner tecnologici e dai soggetti istituzionali o di ricerca, e non dalle comunità locali, oltre ad

aumentare il “grado di partecipazione”2 complessivo del processo, accresce la fiducia nei confronti del Lab

stesso, aumentando le probabilità di adesione al percorso da parte dei partecipanti. Il Living Lab Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano è stato individuato allargando la ricerca sui motori di ricerca web, trattandosi dell’unico caso individuato che assume la città storica come laboratorio di resilienza urbana. Localizzato nel centro storico di Sassano, è frutto di un progetto di ricerca dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Con esplicito riferimento all’obiettivo “Make cities and human settlements inclusive, safe, resilient and sustainable” (SDG 11) dell’Agenda 2030 UN per lo Sviluppo Sostenibile, il laboratorio ha messo in campo l’osservazione partecipata delle transizioni tecnologiche avvenute nel tessuto storico urbano di Sassano, per riattivare le sinergie perdute tra ambiente costruito e comunità, e prefigurare strategie di recupero innovative (Pinto, Viola, 2016). Per 18 mesi ricercatori e cittadini, enti locali, progettisti e imprese nel settore dell’edilizia, hanno sperimentato l’esplorazione dell’ambiente e la costruzione condivisa di priorità di intervento, permettendo alla comunità locale di individuare strategie di tutela e recupero del tessuto storico, rispettose dell’identità culturale ma che soddisfacessero al contempo le esigenze della vita contemporanea e dello sviluppo sostenibile. L’heritage community diventa così una nuova opportunità di governo delle trasformazioni dei sistemi insediativi (Pinto, Viola, 2016) mentre il recupero della cultura materiale, uno strumento per accrescere la resilienza dei tessuti urbani e delle comunità insediate.

Analizzando i Living Lab come luoghi di aggregazione delle pratiche e le politiche urbane agenti sul territorio, si evidenziano diversi elementi da tenere in considerazione. The Neighbourhood, nel quartiere Rosengard di Malmo, è un Living Lab nato con l’obiettivo di esplorare come una piattaforma virtuale e

2 Esistono diverse “scale della partecipazione” - Arnstein (1969), Hart (1992), “Partnership Organization” UK (1999) riveduta da

Bishop (2015) - che mirano a definire/stabilire l’effettivo livello di partecipazione nelle diverse situazioni di co-progettazione, pianificazione, decision making etc., dalla semplice “informazione” e “consultazione” fino alla “collaborazione” e al “dare appoggio a iniziative indipendenti”.

fisica di co-progettazione, possa stimolare l'innovazione sociale e i servizi di collaborazione in un’area centrale ad alto conflitto sociale. Si tratta di un esempio particolarmente interessante per il meccanismo di mutuo apprendimento grazie al quale il Living Lab è stato capace di modificare l’azione sia di pratiche locali sia delle istituzioni promotrici. La messa in pratica di un quadro generale dinamico, con una struttura di supporto istituzionale periodicamente ri-organizzata, ha fatto sì che le pratiche locali aumentassero la loro capacità di contribuire alla rigenerazione di parti di quartiere, riconoscendo anche l’emergere di nuovi arrangiamenti istituzionali (Moulaert, Vicari Haddock, 2009). Il caso dimostra la centralità del meccanismo di mediazione, di connessione di gruppi di attori generalmente esclusi, arrivando a valorizzare azioni collettive, con maggiori capacità di contaminazione trasversale alla città intera. Come in The Neighbourhood, la sperimentazione di nuove alleanze su progetti di trasformazione urbana è il tema centrale che ha portato alla nascita di M-LAB a Maastricht. Il centro urbano di Maastricht ha attraversato dal 2008 una fase di forte svuotamento, di usi e di senso. In questo scenario M-LAB, si propone come luogo di innesco di processi innovativi di sviluppo urbano orientati a trasformare (gradualmente) immobili vuoti e spazi pubblici. I processi, promossi da un team di progettisti in collaborazione con finanziatori esterni, non producono però risultati soddisfacenti rispetto agli obiettivi iniziali. In una seconda fase, a partire da una call aperta alla cittadinanza, M-LAB ha focalizzato maggiormente l’attenzione sul “capitale territoriale” (Camagni e Dotti, 2010), inteso come l’insieme delle risorse materiali e immateriali presenti su un territorio ma non sufficientemente valorizzate. Il Living Lab ha assunto quindi un ruolo più generale di guida dei processi di pianificazione locale dal basso, in veste di facilitatore e partner. In questo caso la forza dell’approccio è stata di favorire le interazioni tra soggetti diversi coordinandole localmente in maniera trasversale integrando livelli di intervento multi-scala e multi-attore.

5| Conclusioni e possibili elementi trasferibili al Laboratorio Aperto di Bologna

I luoghi di innovazione aperta analizzati, per essere efficaci su scala urbana, devono essere inseriti all’interno di un contesto istituzionale che favorisca l’apprendimento, la capacità di produrre conoscenza in maniera aperta e fornisca validi framework di scambio tra differenti sistemi di valori. In questo senso il ruolo delle istituzioni, oltre che di facilitazione, deve diventare di garante di valori fondamentali, di lettura dei bisogni e predisposizione al mutuo apprendimento. Per accrescere il grado di partecipazione e alimentare la fiducia nel laboratorio, il Living Lab può applicare metodologie in grado di individuare e partire dalle esigenze locali delle comunità coinvolte nella sperimentazione, mettendo la tecnologia a servizio dei bisogni. L’esplorazione della cultura materiale e l’interazione creativa con il patrimonio stesso e con il tessuto storico in cui si inserisce il laboratorio, sono invece strumenti efficaci per (ri)costruire la conoscenza locale e i legami di appartenenza, favorendo la resilienza dei luoghi e delle comunità che vi abitano.

Attribuzioni

Fermo restando che l’impostazione del contributo è frutto del lavoro comune delle autrici, la redazione del primo paragrafo del §1 è di S. Maldina, del secondo paragrafo del §1 di V. Lorenzo e del §2 di M. Massari. I casi di Living Lab Catania e Living Piemonte sono stati analizzati da S. Maldina, KWest Research e Living Lab Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano da V. Lorenzo e The Neighbourhood e M-LAB da M. Massari.

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View protection areas of the historic monuments