2.4 Fasci di ioni
2.4.1 Fasci di ioni focalizzati e loro proprietà
I sistemi basati su fasci di ioni focalizzati (focused ion beams, o semplicemen- te FIB) sono molto utili per un gran numero di applicazioni tecnologiche quali litografia, microscopia, drogaggio di materiali semiconduttori e lavorazione di su- perfici su scala micro e nanometrica. La sorgente di ioni maggiormente utilizzata è la cosiddetta LMIS (liquid metal ion source): un metallo, generalmente Gallio (che presenta le migliori proprietà in termini di tensione superficiale e pressione di vapore), viene posto a contatto con un ago di tungsteno e riscaldato, e gli ioni di Ga vengono estratti per field-effect mediante un forte campo elettrico (dell’ordine di 108 V/cm). Questa sorgente permette di ottenere fasci ionici di alta luminosità (grandezza che verrà definita in seguito), con correnti elevate (fino a qualche µA) e dà luogo, nei migliori apparati attualmente realizzati, a risoluzioni spaziali di circa una decina di nm, date dalle dimensioni trasversali del fascio focalizzato. La risoluzione finale è limitata soprattutto dalla grande larghezza di distribuzione di energia del fascio, che vale generalmente qualche eV ed è causa di aberrazioni cromatiche durante il processo di focalizzazione, eseguito tramite opportune con- figurazioni di campi elettrici [33]; un ulteriore punto debole di questa sorgente è dato dal limitato numero di specie chimiche utilizzabili [13], una limitazione ri- levante soprattutto quando il fascio viene usato per modificare “chimicamente” il materiale (drogaggio selettivo).
La qualità di un fascio di ioni viene generalmente valutata attraverso due parame- tri: l’emittanza ε e la luminosità B. L’emittanza è una misura dello spazio delle
2.4. FASCI DI IONI
fasi occupato dal fascio e può essere espressa come [34]:
εz= √ U π Z Z dzdz0 (2.3)
dove U è l’energia del fascio, mentre z e z0 sono rispettivamente la posizione trasversa e la coordinata angolare del fascio. L’emittanza è una grandezza molto importante in quanto, trascurando eventuali effetti di carica spaziale, è invariante lungo una colonna di focalizzazione [13] ed inoltre essa ci permette di stimare la risoluzione finale ottenibile (che sarà migliore minimizzando l’emittanza). Si può dimostrare che, per una sorgente caratterizzata da una distribuzione spa- ziale gaussiana con larghezza σz e da una distribuzione di velocità maxwelliana lungo z con temperatura T , vale l’espressione [13]:
εz= σz r
KBT
2 (2.4)
La luminosità (o brillanza) B misura invece la quantità di corrente focalizzabile in uno spot e, normalizzata per unità di energia, è definita come [33]:
B= 1 U
∂2I
∂ Ω∂ A (2.5)
dove I è la corrente, A è l’area e Ω l’angolo solido da cui questa viene emessa, mentre U è l’energia cinetica media del fascio. La luminosità, anch’essa invariante lungo una colonna, è legata all’emittanza dalla relazione [34]:
B= I
εyεz
(2.6)
dove εy e εz sono le emittanze normalizzate nelle direzioni trasverse a quella di propagazione del fascio. Valori tipici per una sorgente tradizionale di tipo LMIS sono B ≈106A/m2sr eV e ε ≈10−9m rad√eV [35], mentre gli ioni prodotti hanno generalmente una distribuzione di energia larga circa 4-5 eV.
lizzato e può essere espressa come: d=
q
dd2+ d2
c+ d2s (2.7)
dove il primo termine rappresenta il contributo dovuto alla diffrazione (lunghez- za d’onda di De Broglie) e può essere trascurato; gli altri termini tengono conto rispettivamente delle aberrazioni cromatiche e sferiche della colonna di focalizza- zione. Questi due effetti dipendono da numerosi fattori e la loro determinazione è piuttosto complessa; tuttavia è possibile ricavare delle espressioni semplificate che li legano alla brillanza e all’emittanza del fascio.
Per quanto riguarda le aberrazioni cromatiche si ricava la seguente espressione [14, 35]: dc= IC 2 cσU2 BU3 1/4 (2.8) dove σU è la larghezza della distribuzione di energia del fascio ed U il suo valor medio (dopo l’accelerazione), mentre Cc è un coefficiente che tiene conto del- le aberrazione cromatiche e generalmente dipende dal tipo di lenti focalizzanti utilizzate (con valori tipici di decine di mm/rad).
La presenza di aberrazioni sferiche è dovuta essenzialmente alle dimensioni finite della sorgente e alla divergenza angolare del fascio; è possibile dimostrare [36] che vale l’espressione:
ds= Cs1/4ε3/4U−3/8 (2.9)
dove Cs è un fattore che dipende dal tipo di lenti utilizzate (generalmente è del- l’ordine del centinaio di mm/rad3).
Da quanto affermato, vediamo che per la qualità del fascio gioca un ruolo critico non solo la dimensione della sorgente ma anche la sua temperatura: una mino- re temperatura comporta una minore emittanza e una maggiore luminosità, e di conseguenza una risoluzione migliore. Sorgenti basate sulla ionizzazione di ato- mi raffreddati via laser permetterebbero quindi, in linea di principio, una drastica riduzione degli effetti legati alle aberrazioni cromatiche. Negli ultimi anni questo approccio è stato esplorato da alcuni gruppi di ricerca, tra i quali possiamo citare ad esempio il gruppo di J.J. McClelland al NIST (National Institute of Standards
2.4. FASCI DI IONI
and Technology) e il gruppo di E.J.D. Vredenbregt dell’Università di Eindho- ven. Sebbene le ricerche siano ancora ad una fase preliminare, i primi risultati raggiunti da questi gruppi, che qui richiamiamo brevemente, sembrano piuttosto incoraggianti.
Il primo gruppo citato utilizza un processo di ionizzazione two step, analogo al nostro, su atomi di Cr intrappolati in una MOT: gli ioni prodotti vengono estratti mediante opportuni campi elettrici (dell’ordine di qualche keV) applicati a due elettrodi posti alle estremità della MOT [13]. Le prime stime teoriche prevedono di poter realizzare fasci di ioni con proprietà superiori rispetto a quelle di una sor- gente LMIS. Infatti, a causa delle ridotte dimensioni della MOT utilizzata (decine di µm) e delle basse temperature ottenibili al suo interno (dell’ordine del centi- naio di µK), è possibile realizzare fasci di ioni con emittanze e luminosità che sono dell’ordine di 10−10m rad√eV e di 109A/m2sr eV rispettivamente: questi valori indicano che il fascio può, almeno in linea di principio, essere focalizzato su regioni spaziali inferiori alla decina di nm. Il rate al quale gli atomi vengono catturati nella MOT pone però un limite superiore alla corrente estraibile che, per il Cr, si attesta su valori di circa 160 pA. I primi risultati sperimentali conferma- no, almeno parzialmente, le previsioni teoriche; tuttavia essi mostrano come la corrente estraibile dalla MOT sia attualmente limitata a valori di pochi pA [37], mentre le dimensioni finali del fascio focalizzato sono dell’ordine del centinaio di nm [16], valore non ancora competitivo con quello di un FIB tradizionale.
Il gruppo olandese invece utilizza una diversa configurazione sperimentale, che prevede la ionizzazione con un campo elettrico di atomi di Rb (anch’essi confi- nati in una MOT) eccitati ad alti livelli di Rydberg con conseguente creazione di un plasma ultrafreddo, da cui gli ioni vengono estratti mediante campi elettrici impulsati [38]. La larghezza della distribuzione di energia degli ioni dipende in modo critico dal potenziale elettrico utilizzato per la loro estrazione: in [15] è stato dimostrato che, per valori del potenziale elettrico applicato inferiori ai 100 V, tale larghezza è dell’ordine delle decine di meV, due ordini di grandezza infe- riori rispetto a quella di una sorgente LMIS. Una caratteristica molto interessante ed originale del lavoro effettuato da questo gruppo è rappresentata dall’utilizzo di campi elettrici dipendenti dal tempo per creare e manipolare (cioè accelerare e fo-
calizzare) il fascio ionico: come dimostrato in [39], ciò permette di controllare il segno della distanza focale e del coefficiente di aberrazione sferica di un sistema focalizzante (al contrario delle configurazioni convenzionali per le quali il sud- detto coefficiente è sempre positivo [40]), dando così la possibilità di correggere eventuali aberrazioni sferiche.