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Fotoionizzazione di un fascio atomico freddo e lento

2.4 Fasci di ioni

2.4.2 Fotoionizzazione di un fascio atomico freddo e lento

L’approccio seguito in questo lavoro di tesi prevede di fotoionizzare direttamen- te il fascio atomico di Cesio prodotto nell’apparato: senza la pretesa di ricava- re risultati numericamente rigorosi, possiamo provare a stimare le caratteristiche più importanti del fascio ionico che ci aspettiamo di ottenere. Il numero di io- ni che possiamo produrre, per unità di tempo, è dato dal prodotto fra il rate di ionizzazione e il numero di atomi presenti nella regione di interazione, definita dall’intersezione dei fasci laser con il fascio atomico:

Nion= RionnaσaSion (2.10)

dove na e σa sono rispettivamente la densità e le dimensioni trasverse del fascio atomico, mentre Sion è la sezione del fascio laser di ionizzazione, che interseca perpendicolarmente il fascio atomico1. Se il laser di ionizzazione ha una poten- za di circa 20 mW (valore corrispondente alla nostra disponibilità sperimentale attuale), utilizzando i valori riportati in tabella 2.1 e assumendo una saturazione completa del livello eccitato (cioè ρee≈ 1/2), il numero di ioni stimati è di circa 1.8·107s−1e si ottiene quindi una corrente di 2.9 pA.

La sezione Sion gioca un ruolo molto importante in quanto, oltre a definire il vo- lume di ionizzazione, influisce sull’emittanza nella direzione y e sulla distribu-

1In base a questo semplice modello geometrico, il volume di ionizzazione è definito da un ci-

lindro con base data dal fascio laser di ionizzazione e altezza data dalle dimensioni trasverse del fascio atomico. Come vedremo in seguito, questo modello risulta troppo semplificato, in quanto viene trascurata ad esempio la dipendenza spaziale della potenza del fascio laser di ionizzazione. Tuttavia l’utilizzo di tale modello è legittimo poichè in questa sezione non abbiamo la pretesa di ri- cavare dati numericamente rigorosi ma soltanto di fornire una stima approssimata delle grandezze fisiche che caratterizzano il fascio ionico

2.4. FASCI DI IONI

zione di energia degli ioni prodotti2. Per minimizzare l’emittanza, almeno nella direzione y, è necessario focalizzare il fascio laser di ionizzazione: ad esempio possiamo focalizzare su regioni spaziali dell’ordine di 10 µm (valore ragionevo- le per il quale è ancora presente un numero significativo di atomi nella regione di ionizzazione). Con questi dati possiamo stimare le emittanze εz ≈6·10−8 m rad√eV e εy≈1.5 · 10−10 m rad

eV e una brillanza dell’ordine di 105A/m2sr eV, valori che, sebbene ricavati utilizzando drastiche approssimazioni, sembrano comunque competitivi con quelli di una sorgente tradizionale. La corrente otte- nibile risulta tuttavia molto bassa, inferiore di diversi ordini di grandezza rispetto a quella ottenibile da una sorgente LMIS, ma questo non è un problema. Infat- ti la corrente potrebbe facilmente essere aumentata di alcuni ordini di grandezza utilizzando una maggiore intensità di fotoionizzazione, come consentito da laser più potenti rispetto a quello usato in questo esperimento, ed eventualmente au- mentando la densità del fascio atomico, agendo ancora una volta sulle potenze dei laser di trappola e sulle dimensioni trasversali della PMOT. La bassa densità del fascio, e quindi la bassa corrente, può rivelarsi anche un vantaggio, almeno in fase di ricerche di laboratorio, poichè possiamo considerare praticamente trascurabili eventuali effetti di carica spaziale (repulsioni coulombiane fra cariche dello stesso segno), che generalmente tendono ad allargare il fascio in maniera eccessiva. Il punto di forza del nostro fascio ionico risiede soprattutto nel suo elevato gra- do di monocromaticità e nella sua velocità subtermica, che ne permette un facile controllo mediante opportuni campi elettromagnetici. Assumendo infatti che le caratteristiche dinamiche del fascio di atomi neutri possano essere trasferite al fa- scio ionico, quest’ultimo avrebbe una distribuzione di velocità longitudinale molto stretta, con valore di picco pari a 0.1 meV e una larghezza di poche decine di µeV (o inferiori). Tuttavia è necessario considerare l’allargamento di energia dovu- to alla presenza di un eventuale gradiente di potenziale elettrico nella regione di ionizzazione, esprimibile come:

σU = eE0wionx (2.11)

2Supponendo che il fascio atomico si propaghi in direzione x, scegliamo come asse z la

dove E0è il campo elettrico locale e wionx è il waist del fascio laser di ionizzazione nella direzione in cui si propaga il fascio atomico. Si noti che per minimizzare questo meccanismo di allargamento è necessario che la ionizzazione avvenga in una regione che sia il più possibile priva di campi elettrici (idealmente “a campo nullo”). Poichè la successiva accelerazione (e focalizzazione) del fascio richie- de l’utilizzo di potenziali elettrici piuttosto elevati (dell’ordine di qualche kV), la configurazione dei campi elettrici va progettata molto attentamente, ma questo, per il momento, è al di là degli scopi di questa tesi. D’altra parte, possiamo ragio- nevolmente supporre che il campo elettrico residuo nella zona di ionizzazione sia dell’ordine di 10÷100 V/m, o minore. Se il waist del laser è di circa 10 µm, la larghezza della distribuzione di energia degli ioni è comunque inferiore al meV, valore decisamente migliore di quello associato ad una sorgente tradizionale. Una successiva accelerazione e focalizzazione del fascio comporterebbe quindi una notevole riduzione di effetti legati ad aberrazioni cromatiche, permettendo quindi di raggiungere una elevata risoluzione spaziale. Questa può essere stimata in base all’equazione 2.8: si ottengono valori di 12 nm se il fascio viene accelerato ad 1 keV, 3 nm a 5 keV e 2 nm a 10 keV.

Dunque, pur tenendo conto dei numerosi problemi di carattere tecnologico (po- tenza del laser di ionizzazione, eventuale aumento della densità del fascio atomi- co, estrazione e focalizzazione delle cariche con sistemi ottimizzati in termini di campi residui, correnti ioniche, aberrazioni sferiche), l’idea di impiegare la foto- ionizzazione del nostro fascio “freddo e lento” sembra degna di essere studiata e verificata sperimentalmente.

Apparato sperimentale

L’apparato sperimentale comprende numerosi elementi ottici, optoelettronici e meccanici, che verranno in gran parte descritti nel corso di questo capitolo. L’ap- parato può essere diviso in diverse parti, illustrate schematicamente in figura 3.1, ciascuna con la propria specifica funzione:

• una camera ad ultra-alto vuoto comprendente la MOT piramidale, dalla quale è possibile estrarre il fascio atomico freddo e lento;

• uno stadio di collimazione, che agisce trasversalmente al fascio atomico, in grado di ridurne la divergenza e le dimensioni trasverse;

• uno stadio di osservazione, per eventuali misure di caratterizzazione del fascio o per la verifica del corretto funzionamento delle prime due parti; • uno stadio di ionizzazione, che permette la manipolazione e la raccolta degli

ioni prodotti.

L’apparato comprende inoltre un microscopio a effetto tunnel (STM), inutilizzato durante questo lavoro di tesi, ma che sarà utile in futuro per lo studio dell’intera- zione tra gli ioni prodotti e un substrato, al fine di verificare le effettive potenzialità del fascio ionico. La camera ad ultra-alto vuoto in cui alloggia l’STM è collega- ta ad una camera utilizzata per il carico dei campioni, a sua volta collegata alla camera di ionizzazione tramite traslatori lineari.