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Stabilizzazione della frequenza dei laser master

3.3 Laser in configurazione master-slave

3.3.3 Stabilizzazione della frequenza dei laser master

Una volta iniettati i laser master, è necessario stabilizzare la loro frequenza su una delle transizioni iperfini della riga D2, la cui larghezza è di pochi MHz: per fare

ciò sfruttiamo il fenomeno dell’assorbimento saturato e agganciamo la frequenza del master alla transizione iperfine desiderata mediante un circuito di detezione sincrona (lock-in) e un integratore.

Supponiamo di mandare un segnale di onda triangolare al traslatore piezoelettri- co del laser master, in modo da far variare la frequenza attorno alla risonanza, e di inviare la radiazione su una celletta contenete vapori di Cesio, raccoglien- do la radiazione trasmessa attraverso un fotodiodo. Inviando il segnale uscente dal fotodiodo e l’onda triangolare in ingresso ad un oscilloscopio, in modalità xy, possiamo osservare una curva di assorbimento Doppler, con larghezza di circa 500 MHz, generata dalla velocità termica degli atomi nella cella, che rappresenta la convoluzione delle tre transizioni iperfini che hanno origine a partire dal livello Fg=4. Se il fascio laser viene retroriflesso all’interno della cella e inviato ad un fotodiodo, sull’oscilloscopio osserviamo uno spettro di trasmissione che ha le ca- ratteristiche dell’ “assorbimento saturato”, come in figura 3.5. In questa configu- razione stiamo selezionando l’assorbimento di una determinata classe di velocità degli atomi, che è in risonanza con entrambi i fasci contropropaganti; infatti, a causa dell’effetto Doppler, un atomo in moto con velocità v vede nel proprio ri- ferimento di riposo due onde di frequenza ω = ω0± kv e quindi, se la frequenza della radiazione è risonante con una transizione atomica, l’assorbimento contem- poraneo dai due fasci può avvenire solamente per velocità nulle: i picchi così prodotti, corrispondenti a dei minimi nello spettro di assorbimento, ovvero massi- mi in quello di trasmissione, sono denominati Lamb-Dip. In figura 3.5 è possibile distinguere i tre picchi corrispondenti alle transizioni iperfini Fg= 4 → Fe= 3, Fg= 4 → Fe = 4, Fg= 4 → Fe= 5, assieme a tre picchi intermedi che vengono denominati crossover. La presenza di questi ulteriori picchi si spiega osservando che, quando la frequenza della radiazione è esattamente a metà tra due transizioni, esiste una classe di velocità degli atomi che è in risonanza con entrambe: il fascio di ritorno vedrà quindi una popolazione del livello eccitato parzialmente saturata e si avrà quindi un minimo nella curva di assorbimento.

3.3. LASER IN CONFIGURAZIONE MASTER-SLAVE

Figura 3.5: Spettro di trasmissione saturata della transizione D2 del Cesio, os- servato su una celletta a temperatura ambiente: sono chiaramente visibili i picchi relativi alle transizioni iperfini e ai crossover. L’asse orizzontale è espresso in unità di frequenze, centrate sul Lamb-Dip della transizione Fg= 4 → Fe= 5, tra- mite una calibrazione che sfrutta la distanza relativa, nota, dei Lamb-Dip e dei crossover

La stabilizzazione in frequenza dei laser master avviene mediante l’aggancio ad un picco di assorbimento saturato: il segnale di assorbimento saturato, rivelato da un fotodiodo, viene inviato in ingresso ad un oscilloscopio e a un dispositivo di detezione sincrona (lock-in), un circuito elettronico in grado di effettuare una rivelazione in fase di un segnale al quale sia stata sovrapposta una modulazione sinusoidale. Tale modulazione, come discuteremo, è realizzata in modo diverso a seconda dei laser considerati, agendo su diversi parametri del laser stesso; il segnale di modulazione proviene da un oscillatore interno al lock-in e ha general- mente una frequenza di qualche kHz. Il lock-in miscela il segnale in ingresso e quello di modulazione ed estrae le componenti in fase con quest’ultima: il segnale che si ottiene in uscita è in gran parte ripulito dal rumore e permette l’aggancio ad un determinato picco di assorbimento saturato, che ha una larghezza in frequenza di pochi MHz. Il segnale in uscita viene poi inviato ad un circuito integratore il quale fornisce il segnale di errore al piezoelettrico del laser in modo da correg-

gere eventuali variazioni di frequenza (realizzando in pratica un meccanismo di feedback).

Per modulare la frequenza dei master di trappola e di collimazione abbiamo utiliz- zato dei modulatori acusto-ottici (AOM), dispositivi che permettono di applicare la modulazione direttamente sulla radiazione emessa dal laser, senza modificare altri parametri come corrente, temperatura o posizione del reticolo ed inoltre con- sentono di disaccordare la frequenza della radiazione in modo controllato. Un AOM è costituito da un cristallo che opera per diffrazione Bragg della luce inci- dente per mezzo di un fronte d’onda acustico. Esso è collegato ad un oscillatore controllato in tensione (VCO), che riceve in ingresso la modulazione sinusoidale proveniente dal lock-in, sommato a un valore costante, e fornisce in uscita una radiofrequenza la quale, dopo essere stata amplificata, viene inviata in ingresso all’AOM. Quando un fascio laser incide sull’AOM, viene diffratto in vari ordini con frequenze ωn= ω + nΩAOM, dove ΩAOM è la frequenza del segnale uscente dal

VCO e n è l’ordine di diffrazione: allineando opportunamente l’AOM è possibile massimizzare un ordine a scapito degli altri (si veda la figura 3.6).

3.3. LASER IN CONFIGURAZIONE MASTER-SLAVE

Figura 3.6: Rappresentazione schematica del funzionamento di un AOM

Dopo aver attraversato i prismi anamorfici, il fascio laser passa attraverso un te- lescopio con il fuoco nell’isolatore ottico (si faccia riferimento alla figura 3.7). Il fascio laser, polarizzato linearmente, attraversa una lamina λ /2 e raggiunge un cubo polarizzatore (che trasmette la polarizzazione orizzontale rispetto al piano del tavolo e riflette quella verticale), dove viene diviso in due parti: una parte del fascio va ad iniettare lo slave, mentre l’altra è dedicata alla stabilizzazione della frequenza. Ruotando opportunamente la lamina è possibile decidere quan- ta potenza passa nei due rami: generalmente la maggior parte di essa (qualche mW) viene utilizzata per l’iniezione dello slave. Il fascio dedicato alla stabiliz- zazione raggiunge poi un beam splitter, dove circa il 3% di esso viene riflesso, passa attraverso una celletta di Cesio e giunge sul fotodiodo, andando a costituire il cosiddetto fascio di sonda; la parte restante del fascio viene inviata in ingres- so all’AOM, dove viene diffratta. Regolando opportunamente l’allineamento, è possibile ottimizzare l’ordine +1 e bloccare gli altri: l’ordine +1 attraversa una lente e una lamina λ /4, viene retroriflesso, passa nuovamente attraverso l’AOM,

all’uscita del quale viene ottimizzato ancora l’ordine +1 (l’AOM lavora in pratica in doppio passaggio). Per facilitare il processo di allineamento, lo specchio che retroriflette l’ordine 1 è montato in configurazione “occhio di gatto”: un pezzo di carta nera incollata sullo specchio blocca gli ordini non desiderati, in particolare lo zero, e permette la riflessione solo del fascio relativo all’ordine 1.

A questo punto il fascio retroriflesso, avendo attraversato per due volte l’AOM, ha una frequenza pari a ω + 2ΩAOM; inoltre, la presenza della lamina fa sì che la

polarizzazione sia ortogonale rispetto a quella del fascio di andata: la radiazione viene quindi riflessa dal cubo polarizzatore e, mediante la riflessione su due spec- chi, viene inviata nella celletta di Cesio in direzione contropropagante rispetto al fascio di sonda. Dopo aver allineato con cura i due fasci laser contropropaganti nella cella, è possibile vedere all’oscilloscopio una curva di assorbimento satura- to, in cui però i picchi sono spostati verso frequenze maggiori rispetto al caso in cui non si utilizzi un AOM. Infatti, a causa dell’effetto Doppler, un atomo in moto all’interno della cella con velocità v percepisce due fasci laser contropropaganti con frequenze: ω1= ω0(1 + v c) ω2= ω0(1 − v c) + 2ΩAOM

L’assorbimento contemporaneo dai due fasci avviene soltanto per la classe di ato- mi caratterizzata da una velocità pari a v = ΩAOM

k : la frequenza di ciascun picco appare così spostata di una quantità pari a ΩAOM.

Dopo aver tarato opportunamente il VCO (radiofrequenza in uscita in funzione della tensione in ingresso), abbiamo regolato la tensione sui valori ottimali. Il master MOT viene agganciato sul crossover tra la transizione Fg= 4 → Fe= 3 e la Fg= 4 → Fe= 5, distante circa -225 MHz da quest’ultima: il disaccordo utilizzato vale quindi δ = −225 + ΩAOM MHz; tipicamente abbiamo lavorato alimentando il

VCO con una tensione costante di 8 V, corrispondente ad un disaccordo di circa -10 MHz. Il master di collimazione viene invece stabilizzato sul crossover tra la Fg= 4 → Fe= 4 e la Fg= 4 → Fe = 5, distante -125 MHz da quest’ultima: in questo caso il VCO viene alimentato con una tensione di 14.9 V, corrispondente ad un detuning di -15 MHz.

3.3. LASER IN CONFIGURAZIONE MASTER-SLAVE

I vantaggi di questo schema di stabilizzazione sono essenzialmente due: la bassa sensibilità al rumore dovuta alla alta frequenza di modulazione, e la facilità con cui può essere disaccordata la radiazione (in un range dell’ordine di un centinaio di MHz) semplicemente agendo sulla tensione di alimentazione, costante, del VCO.

Figura 3.7: Schema per la stabilizzazione dei laser master tramite AOM e assorbimento saturato

Per quanto riguarda invece il master di eccitazione e il laser di sonda, il meccani- smo di stabilizzazione non prevede la presenza di un AOM in quanto i due laser generalmente lavorano in risonanza e non c’è bisogno di spostare la frequenza di emissione. In questo caso la modulazione sinusoidale viene applicata diretta- mente sulla corrente di alimentazione dei laser e un circuito di detezione sincro- na permette l’aggancio ad un picco di assorbimento saturato, come descritto in precedenza.