• Non ci sono risultati.

TERRITORIO COMUNALE DI CABRAS 60 Benas de Marchi

98. Riu Urchi (Sa Gora de Sa Scafa)

2.2 Analisi critica del noto: sistemi e culture tra le pagine della storia 1 Introduzione

2.2.6 La fase Cartaginese

La colonia fenicia di Cartagine si impose presto come protagonista dell’espansione in occidente, mentre una crisi dalle fasi alterne investiva l’Oriente fenicio. Terminato il fenomeno della colonizzazione mediterranea da parte delle città della Fenicia, i rapporti tra le colonie d’occidente le la madrepatria si allentarono ulteriormente alimentando, da un lato relazioni sempre più fitte tra i coloni in occidente e le comunità sarde, dall’altro un maggior impegno verso i commerci tirrenici. Dopo aver assunto un ruolo di primo

609STIGLITZ 2008, p. 92, fig. 6.

610 Già noti per Monastir (ZUCCA 2002, pp. 116-117), Alghero (D’ORIANO 2002, p.34; CAPUTA 2004, p. 89) e poi di Huelva (GONZÁLEZ DE CANALES CERISOLA, SERRANO TICHARDO,LLOMPART

GÓMEZ 2004, p. 133).

611 MOSCATI,BARTOLONI,BERNARDINI 1997, pp. 50-57; BARTOLONI,BERNARDINI 2005, pp. 57-64; GUIRGUIS 2008.

612 PERRA 2007, pp. 169-206; FARCI 2007.

613 GONZALES DE CANALES CERISOLA, SERRANO PICHARD,LLOMPART GOMEZ 2004, pp.206-207. 614DELPINO 2002, pp. 364-368.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

137 piano nel Nord Africa, Cartagine intraprese una sistematica esplorazione del Mediterraneo che si tramutò in breve tempo nella egemonia commerciale. Con la fondazione della colonia balearica di Ibiza (654-653), assicuratasi uno scalo lungo la via dei metalli per la Spagna, l’alleanza etrusca divenne necessaria per contrastare l’espansione commerciale greca616. A seguito della battaglia di Alalia, Cartagine si

assicurò la possibilità di nuove basi in Sardegna che, tra la seconda metà e la fine del VI secolo a.C. risulta completamente assorbita nell’orbita cartaginese617, tanto riuscire ad

individuare un fenomeno che pare verificarsi nell’intera Sardegna, ossia l’assenza di presenze sardo nuragiche autonome in questa fase. Conquistato il ruolo di potenza mediterranea Cartagine esercita la sua egemonia anche sulle città fenicie, attraverso una rapida occupazione delle antiche città e dei territori di più immediato interesse economico per il centro africano, le aree agricole e quelle minerarie618. Cartagine, nell’ambito della

rigida politica amministrativa dei territori conquistati volle costituire anche in Sardegna una QRTHDŠT, individuandola proprio in Tharros, ora eletta a nuovo capoluogo619,

come ormai ampiamente riconosciuto attraverso l’interpretazione dell’iscrizione proveniente da essa e databile al III secolo a.C., con la dedica a Melqart620 e con

l’attestazione dei due sufeti di Qrthdšt621; che attesterebbe appunto il primato politico-

amministrativo della citta sulla Sardegna622. Sarà Cartagine a plasmare in feorme

monumentali la città di Tharros con un vasto programma urbanistico che investe le due aree settentrionale e meridionale di necropoli, le mura e i templi, ma il dominio cartaginese determinò anche un sensibile stravolgimento della società, frutto di una precoce presa del potere da parte di esponenti che impiantano le proprie tombe a camera, anche a costo di distruggere le tombe a fossa semplice a cremazione delle preesistenti

616 E’ stato evidenziato come l’alleanza etrusca si sintomatica dell’autorevolezza riconosciuta ormai internazionalmente a Cartagine. BONDÌ 200, p.65. Durante la fase fenicio-punica della Sardegna sono

note diverse iscrizioni in lingua etrusca che, scarse nel numero, potrebbero indiziare della presenza di pochi etruscofoni. 617 GRAS 1972. 618 BARTOLONI 2009a. 619 MANFREDI 2000, p.151. 620 GUZZO AMADASI 1967. 621 CHIERA 1982. 622 ACQUARO 1995; MANFREDI 2003, p. 333.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

138 aree funerarie fenicie623. All’interno delle tombe puniche furono deposti in numero

elevatissimo, stimabile intorno alle 2000 unità, i sigilli-scarabei, precedentemente utilizzati per sigillare documenti papiracei delle transazioni commerciali e atti amministrativi o giuridici dei Cartaginesi di Tharros titolari di una cittadinanza optimo iure624, che vanno a comporre quei noti e ricchi corredi funerari cartaginesi, connotati da

caratteristiche prettamente puniche come le maschere625.

La politica di consolidamento della posizione ora raggiunta da Cartagine viene assicurata da questa attraverso il movimento di genti dal nord Africa, che segnano il trapasso da quella che siamo soliti identificare come fase fenicia alla fase punica. Così i Cartaginesi parlarono “della Sardegna e dell’Africa come loro possesso”626 e sebbene ancora in

numero limitato registriamo la comparsa di materiali etruschi, primariamente da Tharros627, poi da S’Urachi628, da Su Pallosu629 e zone contermini630. A seguito della

conquista cartaginese della Sardegna la città di Tharros, a differenza di altri centri di fondazione fenicia dell’isola, vivrà dunque una fase di espansione e di crescita. Sul piano delle relazioni internazionali parrebbe accertato che all’atto della conquista della Sardegna intorno al 510 a. C. Cartagine ponesse il proprio dominio sull’intera isola come, in una situazione assimilabile a quella della Libye, con un territorio annesso direttamente a Cartagine e suddiviso in vari distretti631. Differente è, invece, il discorso sul piano

culturale; infatti benché sia testimoniata dalle fonti la persistenza dei Sardi nelle montagne dell’isola e la contrapposizione militare fra questi e i Cartaginesi632, non

possiamo pensare, né abbiamo le prove per farlo, ad un costante conflitto fra le parti. In

623 FARISELLI 2006, pp. 303-310- e pp. 354-355. 624 ACQUARO 1994.

625 ZUCCA 2004, p. 95. 626 POLL. 3, 23, 5.

627 ZUCCA 1981; UGAS,ZUCCA, pp. 132-144; SANTOCCHINI GREG 2014, pp. 135-161. Con rinvenimenti che hanno portato ad ipotizzare la possibile presenza di personaggi etruschi in alcune sepolture (ZUCCA 1989, p. 124).

628 LILLIU 1950, p. 402; UGAS,ZUCCA 1984, p. 53; TORE 1987, p. 1264; SANTOCCHINI GREG 2014, pp. 161-162.

629 UGAS,ZUCCA 1984, p. 54; STIGLITZ 2006, p.69, Fig. 3.9.

630 Da Othoca (Santa Giusta) e da Cornus (S’Archittu), rispettivamente in TORE,ZUCCA 1983, pp. 25-26; UGAS,ZUCCA 1984, pp. 127-128; SANTOCCHINI GREG 2014, pp. 131-133 e CAMPUS 2000, p. 340;

SANNA 2006, p. 84.

631 MANFREDI 2004, pp. 394-396. 632 DIOD. IV, 30; V, 15.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

139 realtà possediamo un'unica fonte che riguarda l’ultimo conflitto tra i Sardi e i Cartaginesi intorno al 368 / 367 a. C., testimoniato da Diodoro633.

Le forme del territorio

Nelle campagne circostanti il centro urbano il nuovo dominio pare tradursi in una presenza e in una penetrazione capillare, determinate probabilmente dalla volontà di sfruttamento agrario e minerario, mentre dai mercati sardi sembrano scomparire le importazioni etrusche sostituite poi dai materiali di produzione attica634 che testimoniano

materialmente i nuovi equilibri tra Cartagine ed Atene. La distribuzione dei siti che restituiscono vasellame attico attesta, a partire dalle prime importazioni testimoniate dalle anfore olearie SOS, l’attività dei traffici dal VII al III secolo a.C. che toccano solo in maniera molto limitata i centri rurali. Ad eccezione del caso urbano di Tharros infatti le testimonianze, limitate a un gruppo sporadico di località, si concretizzano in un numero non elevato di frammenti materiali riconducibili - al di là dell’esistenza o meno di rapporti diretti tra Greci e Sardegna o di contatti veicolati da centri costieri fenici attraverso gli Etruschi635- nella richiesta di materiali destinati alle classi di rango più elevato;

concorrendo a disegnare delle campagne insediate con piccoli centri di non particolarmente numerosa popolazione. La struttura culturale della Sardegna nel periodo in esame (fine VI -238 / 37 a.C.) appare caratterizzata da diversi livelli antropologici, linguistici, di cultura materiale. Sul piano linguistico le aree di diffusione di lessemi punici (soprattutto riferibili all’ambito botanico, come zippiri636) coincidono con l’area

centro meridionale della Sardegna. La presenza di elementi tecnologici e di cultura materiale punica (e attica mediata dai Cartaginesi) è invece presente anche nelle zone interne della Sardegna637.

L’osservazione della carta del Sinis con le evidenze dei rinvenimenti d’età punica restituisce un’appiattita realtà di consistente popolamento e frequentazione, probabilmente da ricondurre a piccoli insediamenti interessati allo sfruttamento agrario

633 DIOD.XV, 24, 1-3. 634 TRONCHETTI 1988, p. 104.

635 Si vedano UGAS,ZUCCA 1985, p. 202 e TRONCHETTI 2002. 636 PAULIS 1986, p. XXV.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

140 dell’area. Un prevedibile addensamento nel sud della penisola, appare da collegarsi alla ormai strutturata realtà di Tharros nonché ad una seconda zona forse da connettere - oltre che alla relazione con i traffici della costa e il Korakodes Portus638 - con la viabilità in

direzione del Capo Mannu. L’immagine pare quella di una serie di piccole o piccolissime realtà rurali639 forse unite tra loro da sistemi di connessioni e riferimenti, che legati

prevalentemente alla produzione agricola, risultano in relazione con il centro di Tharros il quale, a discapito di altre realtà isolane, come già detto non registra alcun fenomeno recessivo da connettere al governo cartaginese. L’antropizzazione dell’area, disponendosi su quote non elevate, è collocata prevalentemente sui terreni maggiormente fertili (sedimenti alluvionali) e in maniera meno consistente sui terreni sedimentari miocenici (cosiddetti calcari di torre del Sevo).

In rosso la localizzazione del Korakodes Portus

Le testimonianze materiali risultano sostanzialmente scarse per tutto il VI secolo a.C., per raggiungere invece livelli di maggiore consistenza nel corso del V secolo a.C. e, forse ancor più tra il IV e III secolo a.C. quando a prevalere è il materiale anforario da

638 STIGLITZ 2006; ZUCCA 2006.

639 Un centro che pare essere dimensionalmente maggiore rispetto agli altri, anche in relazione alla quantità e qualità di materiali fino ad ora restituiti, potrebbe essere quello di Prei Madau. Per i materiali si veda ZUCCA s.d. p. 23.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

141 trasporto640. Sebbene non si conosca affatto l’organizzazione territoriale d’epoca

cartaginese, essa potrebbe essere stata, in via assolutamente ipotetica, non particolarmente dissimile da quella nord africano; con la terra di pertinenza di una città suddivisa in diversi distretti produttivi. Tra in rinvenimenti materiali spiccano per numero i reperti riconducibili ad aree sacre d’ambito rurale, genericamente collocabili tra IV e III secolo a.C., la cui frequenza è evidentemente da ricollegare alla gestione dello spazio rurale. Accanto alle attestazioni di culti di sanatio, testimoniati dalle statuine antropomorfe in ceramica, forgiate a mano641, numerose sono le località che restituiscono

frammenti di Thymiateria cosiddetti kernophoroi, a conferma dell’esistenza di luoghi votati ai culti agrari, che riportano a diverse divinità, tra le quali Demetra642. È da rilevare

che molti di questi ambiti cultuali si sovrappongono a strutture preesistenti molte per altre è possibile ipotizzare che andassero ad utilizzare degli spazi aperti di nuovo insediamento. I dati palinologici a disposizione, che provengono da campionamenti effettuati nei pressi della città di Tharros, evidenziano il processo di cambiamento della struttura della vegetazione che, tra V e IV secolo a.C., raggiugono l’apice all’interno dei quali si rileva in maniera netta la sostituzione dei taxa arborei dominanti con i cereali643. Il dato

troverebbe accordo con la frequenza di rinvenimento di indicatori pertinenti le aree sacre di tipo rurale riconducibili al IV-III secolo a.C., frequentati prevalentemente dagli abitanti della chora. Per una fase che dunque dobbiamo caratterizzare per l’organizzazione o l’aumento di coltivazioni cerealicole il territorio restituisce discrete quantità di anfore commerciali (anfore puniche commerciali, anfore di tipo Maña C e D e anfore greco- italiche) che possiamo considerare indicatori di presenza per piccole e medie proprietà terriere, più probabilmente latifondi che conoscono un tipo d’insediamento diffuso ma sparso, legato alla lavorazione dei campi. A questo tipo di popolamento delle campagne, potremmo forse ricollegare le citate statuine fittili che, considerate ex-voto offerto o per

640 DEL VAIS 2014, p. 106.

641 Come nei siti di Pearba, Bidda Maiore e Cuccuru is Arrius con simili esemplari da contesti ben noti come Neapolis, Vilaurbana e Orri (in SANNA 2002; ZUCCA 1989, p. 37; SANNA,USAI,ZUCCA 2009,

pp.247-257). In rapporto a divinità taumaturgiche, probabilmente Eshmun (in RIBICHINI-XELLA 1994,

p. 20).

642 Nel Sinis queste si rinvengono a Cuccuru is Arrius e a Is Procaxius, a Monte Benei, Zerrei, Matta Isterri e a Is Ariscas Burdas.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

142 ottenere una grazia di tipo salutifera o per esprimere gratitudine per una guarigione avvenuta, trovano accordanza con una richiesta essenziale per la sopravvivenza legata alla lavorazione della terra. Un aspetto di grande interesse riveste l’impianto di luoghi di culto votati a Demetra su precedenti siti nuragici e, in particolare, il riutilizzo dei pozzi sacri. Frequentemente attestato in Sardegna, il fenomeno si conosce anche per Cuccuru is Arrius dove, tra III e II secolo a.C., in corrispondenza del vestibolo del pozzo cultuale protostorico si impianta un santuario, forse a cielo aperto, con altare realizzato in conci di arenaria. Nei pressi dell’altare, oltre a tracce di bruciato e resti faunistici (in particolare di volatili) si rinvennero numerosi frammenti di kernophoroi, ex voto anatomici e due placche decorative con volto umano644 oltre a quattro stele ed un cippo che le analisi

hanno dimostrato pertinenti alle stesse cave dei simili esemplari rinvenute a Tharros645.

Al di là della frequente continuità o meglio persistenza d’utilizzo dei luoghi di culto della Sardegna protostorica è rilevante notare come i culti relativi a divinità salutifere abbiano un collegamento con le fonti e i chasmata già nella cultura fenicia646, legate più ad

esigenze di tipo salutare piuttosto che propiziatorio647. La maggior parte dei rinvenimenti

di superficie, eccezion fatta per le anfore, si riconducono a ceramica di tipo comune, in particolare ceramica da cucina, pentole, casseruole e bacini; così come numerose sono le attestazioni dei cosiddetti tannour o tabouna. Sebbene non manchino testimonianze di ceramica fine (produzioni attiche e puniche a vernice nera, piatti da pesce e lucerne) è chiaro che la maggior parte delle produzioni ceramiche vada riferita a contesti abitativi rurali648 e, considerate le quantità e la tipologia, ad un popolamento sparso che non

sembra conoscere dimensioni considerevoli ne ravvisabili gerarchizzazioni. L’organizzazione territoriale dei centri è già stata ricondotta alle modalità del ‘rst che troverà poi una naturale evoluzione nei pagi di età romana649. Ancora a Serra is Araus è

però necessario fare riferimento in relazione ad un'altra interessante forma di riutilizzo

644 SEBIS 1982; GIORGETTI 1982. 645 MELIS 2003.

646 LEDDA 2009.

647 Materiali votivi da età arcaica sono stati rinvenuti nei pozzi di Sa Testa-Olbia (TORE 1983, p. 449) Santa Cristina-Paulilatino (BARRECA 1990, p. 285), San salvatore-Cabras (BARRECA 1990, p. 287),

Sant’Anastasia-Sardara (BARRECA 1990, p. 294), Matzani-Vallermosa (BARRECA 1990, p. 294), Scala

‘e Cresia-Morgongiori (USAI 2011, pp.387-388)

648 DEL VAIS 2014, p. 117. 649 STIGLITZ 1997, p. 411.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

143 d’età punica. Come infatti si è visto nell’elencazione dei rinvenimenti noti, a Serra is Araus è attestata la pratica del riutilizzo funerario delle sepolture preistoriche a domus de janas durante il V-IV secolo a.C. Uno scavo clandestino permise di documentare inumazioni collettive, forse familiari, i cui corredi erano composti da ceramica punica, a pittura rossa e vasi attici. Noi conosciamo altri casi di riutilizzi similari, per esempio a Pimentel (Ca) nel sito di S’Acqua Salida, dove alcune tombe restituirono monete puniche650 o a Cuglieri (Or) nel sito di Is Furrighesus, in cui si rinvennero materiali di

chiara tradizione punica e forme a vernice nera651. Questo fenomeno di riutilizzo in epoca

punica di sepolture ipogee scavate e utilizzate in fase prenuragica documentano uno sfruttamento della comune tradizione di deposizione in ambiente ipogeo, ancora poco indagato dalle tradizionali tematiche di studio.

Nel tentativo di delineare l’organizzazione dello spazio rurale e le attività in esso praticate, grande interesse assume l’attestazione della presenza di vasche di piccole dimensioni presenti sul territorio e riferibili ad età antica. Conosciamo l’esistenza di tre piccole vasche intonacate in loc. Cuccuru is Arrius652, di cisterne per l’acqua a sa Mistra

S’Ommu653 di una vasca, suddivisa internamente e con rivestimento in cocciopesto,

presso Nuracraba654 (vasca rettangolare di 3X1,65 metri di grandezza). Questi

rinvenimenti sebbene non ci possano offrire chiare indicazioni cronologiche, riconducono a contesti noti e indagati stratigraficamente come quello dell’agro terralbese655, bosano656

e olbiese657, oltre al laboratorio del nuraghe Arrubiu di Orroli658 e forse del Nuraghe Li

Luzzani a Sassari659consentendoci di intravvedere un potenziale informativo pertinente

l’organizzazione delle attività sul territorio ancora celato ma dove, con probabilità, accanto alla pratica dell’agricoltura nei terreni più adatti, si svolgevano una serie di attività fondamentali alla sussistenza della stessa popolazione locale. Piccole realtà rurali,

650 SPANO 1874, p.76;E.USAI 1982. 651 TARAMELLI 1918, pp. 326-329. 652 TORE 1982, pp. 122-123. 653 STIGLITZ 2002, p. 136.

654 Ricerche di Salvatore Sebis, riportate in DEL VAIS 2014, p.117, p. 130 nota 120. 655 Da ultimo VAN DOMMELEN et al. 2012.

656 SATTA 1992. 657SANCIU 1997.

658 LO SCHIAVO,SANGES 1994.

BARBARA PANICO

Penisola del Sinis:

fonti per paesaggi dell’archeologia rurale

Tesi di dottorato in Archeologia, Storia e Scienze dell’Uomo Università degli Studi di Sassari

144 che raramente si strutturavano in maniera più articolata rispetto a una semplice fattoria, abitazioni solitamente non agglomerate che sembrano accrescere come strutturazione e articolazione nelle aree più distanti da Tharros, la quale doveva rimanere punto di riferimento al vertice del sistema di pianificazione territoriale e da cui immaginiamo venissero redistribuiti prodotti di pregio come la ceramica attica660.