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La fase nuragica: il “grande popolamento”

TERRITORIO COMUNALE DI CABRAS 60 Benas de Marchi

98. Riu Urchi (Sa Gora de Sa Scafa)

2.2 Analisi critica del noto: sistemi e culture tra le pagine della storia 1 Introduzione

2.2.3 La fase nuragica: il “grande popolamento”

In una visione particolarmente sintetica l’avvio della costruzione dei nuraghi può essere posta a partire dal 1800-1600 a. C. circa, su una scia evolutiva che partendo dai cosiddetti “protonuraghi” e nuraghi a corridoio404, prosegue con i nuraghi “a tholos”405 semplici e

complessi406 ai quali si annettono poi, e non obbligatoriamente, i villaggi. Gli abitati, che

solitamente si raccolgono vicino al nuraghe407, si costituiscono di capanne, la cui pianta

sembra variare in base alla cronologia408 e alla disposizione geografica,

conseguentemente alla differenza di materiale costruttivo disponibile.

vuole comunque evidenziare il dato secondo il quale sedici località dell’area in analisi conoscono tracce di vita sia in fase neolitica e maggiormente eneolitica che nuragica. Si rintracciano

segnalazioni per: Serra is Araus, Costa Atzori, Monte Benei, Putzu Idu, Sa Rocca Tunda, Sale Porcus, Sa Conca ‘e S’Omini, Is Arutas, Matta Canna, Conca Illonis, San Salvatore (?), Cuccuru de Feurras (Fondo Camedda), Matta Tramontis, Santu Jaccu, Cuccuru is Arrius e Sa Osa.

403 Un’indiretta testimonianza della frequentazione antropica dell’Isola di Mal di Ventre, già in fase prenuragica, potrebbe essere considerata il rinvenimento di pestelli e macine di piccole dimensioni in vari centri del Sinis, indicati come realizzati con il granito dell’isola. ZUCCA 2003, p. 298.

404 Si caratterizzano per una planimetria solitamente irregolare con ambienti interni costituiti da uno o più corridoi e da camere anguste solitamente non circolari, presentano spesso più ingressi e una tecnica muraria non raffinata che innalza una struttura che si aggira intorno ai 10 metri di altezza.

405 Il nuraghe a tholos, con torre troncoconica e camera o camere circolare centrale, pare diffondersi a partire dal Bronzo Medio2. Gli spazi interni si articolano con la presenza di nicchie e stipetti, mentre una scala, che viene ricavata all’interno dello spessore murario, conduce ai piani superiori, provvisti di rispettive camere e infine al terrazzo soprastante che, attraverso l’utilizzo di mensoloni, risultava sporgente all’esterno.

406 I nuraghi complessi si caratterizzano per la presenza di una o più torri, previste secondo un progetto originario o aggiunte secondariamente. A seconda del numero di torri presenti nel bastione si hanno nuraghi bilobati, trilobati, quadrilobati o pentalobati. Per una descrizione dei caratteri essenziali dell’architettura nuragica e delle funzioni si deva DEPALMAS 2015.

407 Sono noti in letteratura un numero sempre più consistente di villaggi abitativi da ricondurre ad età nuragica, che si collocano a distanza, talvolta considerevole, rispetto ad un nuraghe.

408 Gli ambienti abitativi sembrano subire una trasformazione da capanne con forma quadrangolare o ellittica, ad ambienti più regolarmente circolari, che divengono poi aggregati più articolati, spesso organizzati in relazione ad uno spazio centrale in un quadro generale che conosce in realtà moltissime eccezioni.

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93 Nella periodizzazione della civiltà nuragica che è stata così riassunta: Bronzo Medio 1-2 (1700/1600-1500 a.C.) fase di formazione, Bronzo Medio3 –Bronzo Recente (1500-1200 a.C.) fase di maturità, Bronzo Finale (1200-930 a.C.) fase di trasformazione e Prima età del Ferro (930-730 a.C.) fase di dissoluzione409; il popolamento dell’area in analisi

durante l’età nuragica sembra essere avvenuto fra un momento avanzato del Bronzo medio e il Bronzo recente. Il tentativo di schematizzazione, seppure necessario e utile nell’analisi di un periodo vasto e segnato da molteplici mutamenti, risulta riduttivo e rischia di costringere le manifestazioni culturali all’interno di uno schema elaborato più in base alle necessità di sintesi della ricerca moderna che secondo le reali cesure e modifiche della civiltà nuragica410.

Il paesaggio isolano è dominato dall’originale presenza dell’architettura nuragica che, ancora oggi, rappresenta nell’immaginario collettivo il simbolo forse più identificativo dell’antica storia sarda. Nella Penisola del Sinis la presenza dei nuraghi raggiunge una quantità stimabile tra i 0,75 e i 0,80 per chilometro quadrato, con un numero totale di 105 nuraghi411. Questo dato, relazionato alle presenze ascritte ad una fase precedente, ha

condotto ad ascrivere il dato a un “notevole incremento demografico e da un radicale mutamento nella distribuzione del popolamento e delle attività di produzione alimentare”412. Il processo va giustamente osservato nella diacronia di circa tre secoli413

e il fenomeno di intensa presenza antropica tradisce un rapporto più articolato con il territorio e con il suo sfruttamento, che potrebbe aver concorso alla formazione di nuovi sistemi insediativi paralleli alla formazione di una organizzazione sociale più gerarchica e competitiva per il controllo e la gestione delle risorse. Tuttavia è indubbio che in una prospettiva diacronica il problema interpretativo dell’organizzazione territoriale in età nuragica è concreto. Nella valutazione delle presenze e dell’organizzazione delle stesse

409 USAI 2015a, p. 60.

410 Nella penuria di contesti chiusi analizzati, è stato evidenziato come il ricorrere a datazioni

radiometriche per ottenere cronologie certe e definizione dei differenti periodi o fasi, abbia talvolta rivelato incoerenza con i materiali ceramici. Si veda DEPALMAS 2009, pp. 123-141.

411 Suddivisi in 39 complessi, 36 monotorre, 21 nuraghi/capanna e 9 indeterminati. Tale suddivisione viene proposta in maniera ipotetica; la visibilità e, in alcuni casi, lo stato conservativo delle strutture non permettono una lettura certa.

412 USAI 2014, p. 32.

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94 pesa la grande evidenza delle strutture nuragiche che portano ad una visione appiattita e sincronica del fenomeno, indotta dalla scarsità di stratigrafia archeologica indagata414.

Un aspetto però deve essere considerato in relazione all’abbondanza di elementi pertinenti la fase culturale nuragica del Sinis; ossia l’assenza di strutture riconducibili ad un momento iniziale della fase nuragica, dunque al Bronzo Medio non finale. Il Sinis infatti non presenta, allo stato attuale, nuraghi a corridoio o nuraghi arcaici415, o tombe di

tipo ortostatico416 sebbene i siti di Serra is Araus, Su Pallosu, Monti Corrighias, Cona

Illonis, San Salvatore, Cuccuru is Cassonis, Murru Mannu e Sa Osa annoverano materiali riconducibili a questo orizzonte. E’ pur vero che diversi contesti al di fuori dell’area in analisi hanno invece mostrato come il Bronzo Medio veda anche la diffusione di villaggi composti da capanne realizzate in materiali vegetali che poca evidenza lasciano in assenza di scavo417, come risulta ampiamente attestato anche il fenomeno evolutivo che vede

nuraghi originariamente a corridoio tramutarsi, in fase avanzate del Bronzo medio e recente, in nuraghi di tipo misto attraverso la realizzazione di strutture a tholos418.

Dunque un reale e significativo incremento di demografia e prosperità economica la possiamo rintracciare, dopo la fase eneolitica, a partire dalla fine del Bronzo Medio e dal Bronzo Recente, quando si struttura, con nuraghi a tholos di tipo standardizzato419, una

forma insediativa articolata420.

414 La riflessione è affrontata anche in DEPALMAS 2008, p.530.

415 I cosiddetti nuraghi arcaici si caratterizzano per un opera muraria alquanto rozza, un’architettura meno elevata e più irregolare, con una sproporzione tra la massa dei pieni e dei vuoti rispetto alle

manifestazioni successive (UGAS 2005, pp. 70- 80; VANZETTI et al. 2013, p. 87; MORAVETTI 2015, p.

40). Rileva qui evidenziare che anche nel vicino e confinante territorio di Narbolia, sulle pendici meridionali del Montiferru, da letteratura è attestato un solo esempio di nuraghe arcaico con Scala’e Cuaddu A.

416 Affermazione che troverebbe eccezione, nell’ipotesi di Alessandro Usai (2014, p. 31) di interpretazione della sepoltura di Matta Tramontis appunto come “tomba di gigante di tipo ortostatico” piuttosto che come allée couverte sostenuta invece da Salvatore Sebis (1998, p. 108). 417 SEBIS 1995, pp. 102-104.

418 E’ pur vero che questo tipo di architetture, risultando le più antiche, oltre a soffrire maggiormente dal punto di vista conservativo, potrebbero aver rappresentato i primi bacini a cui attingere per nuove fabbriche costruttive.

419 I nuraghi a tholos possono poi essere semplici, ossia monotorre, o complessi, con l’edificazione (contemporanea o meno) di più torri collegate tra loro secondo differenti schemi.

420 Il grado di visibilità reciproca tra i monumenti potrebbe concorrere in questo senso. Rimane da individuare se vi sia e quale sia il central place di riferimento.

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Una questione di numeri

Analizzando la carta delle presenze archeologiche del Sinis attribuibili ad epoca nuragica, è possibile elaborare osservazioni concernenti che riguardano la disposizione degli stessi. E’ già stato da più voci osservato infatti come sia possibile rilevare la distribuzione di due distinti nuclei di addensamento di presenze, individuabili una in corrispondenza all’altopiano basaltico di Su Pranu (Cabras) con una consistente presenza di nuraghi di tipo complesso (Nuraghi Mont’e Prama, Cannevadosu, Molas, Sia Mannu, Sianeddu, Serra’e Cresia, Su Nuraxi, Sargara, Figu de Cara Mannu) molti dei quali con annesso insediamento e collocati ad una distanza spesso irrisoria l’uno dall’altro421, l’altra

concentrazione di nuraghi è invece da localizzare in un’area più a nord, in territorio comunale di San Vero Milis, prossima alla zona di Sa Salina Manna con uno sviluppo sia verso est che verso nord, sostanzialmente a partire dal nuraghe Nuracheddu Biancu422.

Quest’area di concentrazione più settentrionale in realtà appare molto più rarefatta rispetto a quella meridionale, con un numero sensibilmente più basso di nuraghi complessi che va comunque a interrompere una zona, sostanzialmente corrispondente alle aree ricadenti nel territorio comunale di Riola che risulta essere quella più interessata da terreni attualmente paludosi. Si potrebbe dunque scrivere di due distinte aree di addensamento, separate da una buffer zone che delimita un Sinis centro-settentrionale e un Sinis centro-meridionale. La concertazione maggiore di strutture nuragiche si registra, per i nuraghi complessi, in una fascia tra i 6 e i 10 metri s.l.m. e, per i nuraghi monotorre, in una fascia tra i 0 e 5 metri s.l.m. La visione della carta geologica del Sinis, benché schematica, mostra la corrispondenza non totale dell’area con terreni composti da arenarie eoliche mediamente cementate e limose e arenarie biodetritiche di spiaggia e duna423.

L’immagine di un Sinis “brulicante” di nuraghi è stato giustamente ridimensionato dalle recenti riflessioni di Alessandro Usai che ha evidenziato come, nel numero per sempre consistente di nuraghi oggi presenti nella penisola, una parte rilevante sia rappresentata da nuraghi di dimensioni alquanto ridotte424. In particolare egli si sofferma su quelli che

421 Diversi non registrano tra loro neanche 300 metri di distanza. 422 DEPALMAS 2003, pp. 18-19; USAI 2003, pp.221-223.

423 CARBONI 2014, pp. 18-19. 424 USAI 2014, pp. 34-35.

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96 la toponomastica tradizionale menziona come nuracheddus, che nel territorio raggiungono il numero di nove425. L’attenzione viene poi posta su una serie, piuttosto

numerosa, di nuraghi semplici che si caratterizzano per la presenza, attuale e rilevabile, di pochi filari e dalla scarsità di blocchi riconducibili a crolli che, vengono poi distinti in due differenti gruppi in base al diametro residuale delle strutture: quelli aventi un diametro uguale o superiore ai dieci metri e quelli aventi un diametro inferiore che si aggira intorno ai nove metri. Alessandro Usai ritiene, in particolare per quanto attiene i nuraghi compresi in questo secondo gruppo, che si tratti di strutture con vita breve e, molti delle quali, edificate in un momento finale della fase in cui venivano costruiti i nuraghi, orientativamente alla fine del Bronzo Recente. In effetti il diametro medio di queste strutture appare inferiore alla media se raffrontato a quello di regioni contermini426 ma

riscontrabile in diversi altri contesti427. Questi nuraghi poi si collocano frequentemente

ad una distanza tra loro irrisoria428. Le ragioni del fenomeno potrebbero essere altre ma

appare da non sottovalutare l’ipotesi che una presenza così numerosa di nuraghi con modeste dimensioni, molto vicini tra loro, spesso prossimi a nuraghi complessi possa rappresentare un indicatore di una realtà produttiva articolata, in cui in un’area in forte espansione, l’organizzazione delle strutture rispondesse anche ad esigenze legate ad una organizzata gestione lavorativa ed economica; in cui questi nuraghi sembrano rappresentare un elemento necessario per l’organizzazione logistica delle attività429.

La carenza di dati, primariamente dovuta all’assenza di indagini stratigrafiche condotte presso le strutture nuragiche dell’area, non impedisce di evidenziare come, tra Bronzo Medio avanzato e Bronzo Finale, la costruzione di un rilevante numero di nuraghi, possa essere considerato come il segno di un nuovo assetto territoriale che potrebbe avere le

425 Su Archeddu de Canu Mau, Su Archeddu su Procu, Su Archeddu sa Canna, S’Archeddu’e sa Mistraredda, Nuracheddu A, Nuracheddu B, Nuracheddu c (nel territorio di Cabras), Nuracheddu Piudu (nel territorio di Riola Sardo) e Nuracheddu Biancu (nel territorio di San Vero Milis). 426 Si veda a titolo d’esempioPES 2009 con una sintetica schedatura.

427 Nuraghi S’Ammuradu, Anadde, Meana di Giave, Sa Rocca Luisi (FODDAI 2010, p. 88, p. 143, p. 152, p. 174).

428 Poco più di 150 m dal Nuraghe Nuracheddu A e Nuracheddu B che a sua volta si colloca a circa 220 m dal Nuraghe Nuracheddu C

429 Per alcuni dei quali si ritiene possibile una struttura e funzione simile più a quella di capanne abitative. Alberto Moravetti ha suggerito ipoteticamente che la funzione di questi edifici minori possa essere assimilata a quella di “fattorie di gruppi familiari allargati” MORAVETTI 2000, p. 92.

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97 basi primariamente in motivazioni di carattere economico. L’analisi della carta non evidenzia uno schema ordinato con disposizioni spaziali dettate da tipologie specifiche di modelli. Solo si può rilevare come la disposizione dei nuraghi complessi con insediamento annesso sembrino tracciare una linea che, seppure non in maniera continuativa, attraversa l’intera penisola, con una propaggine verso ovest (nel territorio di Cabras) e l’assenza di presenze nell’area pressappoco centrale (territorio di Riola Sardo) e nel promontorio del Capo Mannu. Vi sarebbe da capire meglio oltre alle precise corrispondenze cronologiche dell’impianto dei nuraghi complessi, ad una loro supposta contemporaneità o meno, se la loro edificazione, talvolta a distanze anche ravvicinate – come per esempio nel caso di Su Conventu e Spinarba nel territorio di San Vero Milis- non possa rappresentare la spia di un’articolazione di nuclei elitari (legati da vincoli?) che assumono il controllo della gestione del territorio e vedere in esse il nucleo embrionale di quei processi che nella Prima Età del Ferro emergono con grande evidenza.

Se consideriamo la disposizione dei nuraghi Sale Porcus di San Vero Milis, S’Imbucada di Riola (ai margini de lo stagno di Sale Porcus), del nuraghe Civas di Riola (in un’area bonificata solo in età moderna), del nuraghe Istani (in area fortemente paludosa) dei nuraghi Conca Illonis e Ziricottu di Cabras (sulla sponda ovest dello Stagno di Cabras) e dei nuraghi Cricchidoris e Cricchidoreddus (sulle sponde della laguna di Mistras) risulta possibile ipotizzare un controllo e una gestione delle risorse di questi ambienti. Tuttavia al di là dell’indicazione di un livello del mare più basso di quello attuale per l’epoca in considerazione ricompreso tra 1,5 e 3 m430, applicabile in maniera generica a tutto il

territorio, è probabile una dimensione più moderata dagli specchi d’acqua che permettevano lo sfruttamento di porzioni più ampie di terreno.

L’area di Capo San Marco

Un approfondimento si è tentato per l’area di Capo San Marco. Penisola nella penisola l’area che accoglierà la città di Tharros è oggetto di studi da svariati decenni; tra questi diverse analisi hanno evidenziato le forme degli insediamenti in base allo studio del

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98 materiale di superficie431. La penisola di Capo San Marco appare oggi come una sottile

striscia di terra che avanza verso il mare, un chersónesos appunto, che lambita ad occidente dal mare Sardo e a levante dal cosiddetto Mare Morto si articola nelle tre alture di Murru Mannu, San Giovanni e San Marco che, elencate da nord a sud, presentano rispettivamente l’altezza di metri 39, 50 e 57. Tra gli aspetti topografici antichi meno noti circa quest’area vi sono quelli pertinenti il periodo nuragico e quelli corrispondenti all’insediamento fenicio. Che forme avevano esattamente gli insediamenti indigeni e dove si collocano le strutture attribuibili al X-IX–VIII–VII secolo a.C. rimane ancora un aspetto poco chiaro. Il contesto impedisce un’analisi puntuale delle presenze, concentrazioni e cronologie del materiale di superficie, così come fortemente limitate dalla fitta copertura di macchia mediterranea risultano le analisi delle ortofoto in relazione ai cropmarks. Recandosi sulla parte più alta della città di Tharros finora emersa, il Colle di Murru Mannu, è possibile individuare la pianta di alcune capanne circolari, resti tangibili dei primi insediamenti stabili nell’area e riconducibili ad età nuragica. Queste strutture non sembrerebbero, in base ai dati di scavo, aver subito distruzioni ascrivibili al momento dell’arrivo fenicio ma l’assenza di strati inquadrabili in un orizzonte compreso tra Bronzo finale ed età del Ferro permette di avanzare due possibili spiegazioni per tale dato: o la mancanza di presenze in questa fase (ritenuta improbabile) o l’asportazione, al momento della collocazione del tofet, degli stati ad esso ascrivibili. La collina di Murru Mannu dunque documenta il succedersi di un insediamento indigeno, l’impianto di un tofet fenicio, l’insediarsi di un quartiere industriale per la lavorazione dei metalli432, la

realizzazione di un anfiteatro in età romana e, in età bizantina, l’impianto di un quartiere abitativo433.

431KAY LAZRUS 1995; FARISELLI et al.1999; GAUDINA et al. 2002.

432 Indiziato dal rinvenimento di scorie di lavorazione e dalla presenza di frammenti ceramici

riconducibili non solamente a dolia utilizzati per lo stoccaggio dei cereali ma, ipoteticamente, anche alla pertinenza di queste ceramiche, dotate di impasti grossolani e notevole spessore, come fornaci. A favore di questa seconda ipotesi concorre la presenza, sulle superfici interne delle stesse, di ferro metallico e cristalli di silicato di ferro e manganese.GALEFI 2000, pp. 195-197; INGO – DE CARO –

CHIOZZI 2000, p. 202.

433 Per una sintetica disamina della storia dell’insediamento di Tharros: PESCE 1966; ACQUARO FINZI 1983; BERNARDINI 1990; ZUCCA 1993.

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Capo San Marco con la localizzazione dei principali siti menzionati nel testo. (foto ed elaborazione B. Panico)

Uno sguardo al paesaggio moderno permette di osservare quanto gli agenti del modellamento abbiano imposto le condizioni e le forme attuali, attraverso erosioni, frane, trasporti, depositi e opere antropiche. Se infatti Murru Mannu ci offre la prova materiale e problematica delle “più antiche abitazioni pluricellulari conosciute della Sardegna nuragica”434 attraverso le strutture delle capanne abitative, sono altri gli indizi che portano

ad avanzare l’ipotesi, pur bisognosa di ulteriori conferme, di un insediamento o, più probabilmente, più insediamenti d’ambito nuragico nell’area della penisola di Capo San Marco e contermine. L’osservazione della posizione della capanna collocata più a nord del colle e dell’area in cui presumibilmente sorgeva il nuraghe, oggi posti praticamente al limite della scarpata, al margine del salto di quota, ci permette di immaginare questo pianoro diversamente in fase nuragica435. La situazione appariva la medesima durante le

attività di scavo, tanto da indurre a considerazioni similari lo stesso scavatore436; non

potrebbe spiegarsi altrimenti la disposizione topografica degli stessi. Appare verosimile ascrivere corpose modificazioni antropiche dell’area al sistema di terrazzamenti per la

434 USAI 2014, p. 46.

435 Queste strutture sono oggi visibili solo in maniera parziale, in particolare per quanto attiene il nuraghe la cui pianta, non ricostruibile, non poteva essere ricompresa nello spazio disponibile oggi, eccetto che ipotizzando un massiccio smantellamento dello stesso per la costruzione, posteriore, delle capanne o la totale asportazione per la realizzazione del tofet fenicio, dell’anfiteatro romano o del quartiere abitativo altomedievale. I resti di una torre nuragica vennero identificati attraverso gli scavi a settentrione rispetto al tofet che evidenziarono strutture fortemente alterate rispetto alla fisionomia volumetrica originaria.

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100 costruzione delle mura settentrionali di età punica prima e alle successive ristrutturazioni