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La fase pre-nuragica: labili tracce di visibilità

TERRITORIO COMUNALE DI CABRAS 60 Benas de Marchi

98. Riu Urchi (Sa Gora de Sa Scafa)

2.2 Analisi critica del noto: sistemi e culture tra le pagine della storia 1 Introduzione

2.2.2 La fase pre-nuragica: labili tracce di visibilità

La visione d’insieme della carta elaborata circa la distribuzione dei siti fino ad ora noti e inquadrabili in età Neolitica (ed Eneolitica) restituisce un quadro che può definirsi ricco, specie se relazionato ad altre aree della Sardegna ed al popolamento medio generale registrabile per questa fase. Questa considerazione assume maggior peso in ragione della scarsa visibilità di superficie che tali sistemi insediativi possiedono, spesso dedotti da microliti raccolti in superficie.

La frequentazione stabile dell’area, che pare iniziare nel Neolitico antico o medio, registra un incremento tra Neolitico finale ed Eneolitico. L'insediamento nella penisola del Sinis si afferma infatti in maniera consistente soprattutto a partire dal Neolitico finale /Eneolitico iniziale attraverso la cosiddetta cultura di Ozieri385. Potendo datare l’avvio

delle tombe a grotticella artificiale (dette domus de janas - «case delle fate») al Neolitico Medio (tombe di Cuccuru is Arrius- Cabras, dotate anche di statuine di dea madre di tipo volumetrico) e recente (cultura di San Ciriaco), la diffusione di tali tombe avviene a partire dalla cultura di Ozieri e nelle successive culture dette di Abealzu - Filigosa e Monte Claro.

In linea generale possiamo rilevare che la maggior parte dei siti d’ambito pre-nuragico si collocano in zone più elevate rispetto alla media dei terreni, occupando dossi e piccole colline disponendosi inoltre, come precedentemente rilevato386, con una apparente

predilezione dei contesti abitativi per aree con limitata distanza dalle zone paludose; rilevandosi anzi in diversi casi una sensibile vicinanza ad esse. Questo fenomeno di vicinanza alle grandi zone umide offre casi emblematici come nel caso del sito di Cuccuru is Arrius387 in relazione alla laguna di Cabras, ma possono considerarsi anche quelli di

385 La cultura di Ozieri, presente in Sardegna nel Neolitico recente tra il 3200 e il 2800 a.C. circa, deriva il nome dalla località nella quale, per la prima volta, sono stati rinvenuti materiali ceramici di una tipologia non altrimenti nota, caratterizzati da una raffinata decorazione geometrica.

386 LUGLIÈ 1998, p. 58

387 Il sito è stato parzialmente scavato tra il 1978 ed il 1979. In relazione a questo sito è necessario comunque tener presente delle consistenti modifiche ambientali, di carattere antropico, avvenute in età moderna.

BARBARA PANICO

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89 Costa Atzori e Monte Benei in relazione allo stagno di Sa’e Proccus e, probabilmente, gli abitati da riferire alle necropoli di Putzu Idu e di Sa Rocca Tunda, che sebbene non ancora individuati, presumiamo collocati nelle vicinanze dello stagno di Sa Salina Manna; in maniera similare e significativo questa relazione si registra anche nella vicina laguna di Santa Giusta388. Sebbene le altezze dei piccoli rilievi su cui frequentemente questi siti si

rinvengono è talvolta molto modesta389, esse lasciano ipotizzare una situazione di

disposizione ipoteticamente strategica sia in riferimento al controllo del territorio attuato attraverso la visibilità dello stesso sia in riferimento alle aree umide e paludose390; rispetto

alle quali anche una modesta altezza garantiva riparo. Tuttavia, come già anticipato, sono evidentemente proprio le aree umide, da considerarsi anche come potenziale idrico di approvvigionamento, a rappresentare un’attrattiva, forse la maggiore, per la disposizione dei siti abitativi. Il potenziale di sussistenza è rappresentato da queste zone attraverso le attività di pesca, di raccolta di molluschi e di sale391. Non si conosco specifici studi

sull’utilizzo dei resti malacologici in queste aree specifiche, tuttavia la frequente segnalazione della presenza di conchiglie nelle sepolture, sostiene l’ipotesi di un impiego ornamentale delle stesse, mentre ancora non si possiedono dati circa il loro impego come utensili o a fini edili392.

La disposizione del sito di Cuccuru is Arrius induce a valutare, sebbene in maniera del tutto ipotetica, il potenziale di navigabilità dello stagno e di percorrenza verso l’interno attraverso il Rio Mare Foghe393, forse più concrete per fasi cronologiche successive. Più

concretamente l’industria litica ivi testimoniata, rappresentata da pietre di ossidiana scheggiate, è stata collegata direttamente con il vicino Monte Arci394, da cui l’ossidiana

proverrebbe; con le comunità di quell’area è possibile immaginare scambi e contatti tali

388 Esemplare il caso di Sartuametedda in NIEDDU,ZUCCA 1991, pp. 44-45.

389 Come nel caso del sito di Ludosu, in agro di Riola Sardo, collocato su una duna eolica di circa 3 metri di altezza.

390 MELIS 2000, pp. 96-104.

391 Già evidenziato attraverso l’applicazione di site catchment analysis in MELIS 2000, pp. 116-117 e con il rinvenimento di resti malacologici in SANTONI 1992. Mentre non si conosco specifici studi sulla

malacologia di queste aree

392 Per interessanti ricerche in questo ambito si veda ad esempio RICORDI 1997. 393 E’ comunque necessario valutare in questo caso possibili variazioni morfologiche. 394 LUGLIÈ et al. 2006.

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90 da portare l’ossidiana del Monte Arci nel Sinis, il sale e le conchiglie del Sinis sul Monte395.

L’insediamento in villaggi all’aperto, di tipo stanziale o semi-stanziale, sembra essere la tipologia abitativa più probabile e diffusa. Alcuni di questi villaggi possiamo immaginarli non lontani dalle aree di necropoli che risultano più facilmente identificabili a discapito di strutture che dovettero essere realizzate prevalentemente in materiale deperibile. Attraverso gli scavi del sito di Cuccuru is Arrius è rappresentata una tipologia planimetrica varia, che comprende sia forme di abitazioni allungate sia forme a otto o polilobate. Lo stesso sito inoltre ha restituito l’interessante esempio di una sepoltura all’interno della capanna; mentre altri nuclei di sepolture si rinvennero sia all’interno del villaggio abitato che in aree ad esso esterne.

L’ipogeismo funerario, che in Sardegna si riscontra fin dal Neolitico medio con la Cultura di Bonu Ighinu, trova nel Sinis molteplici esempi, anche con tipologie variabili che immaginiamo continuino ad essere utilizzate per tutto il periodo pre-nuragico, mentre gli elementi del culto sono dati dalle protomi taurine scolpite a rilievo all’interno di alcune sepolture e dalle statuette in pietra e terracotta della Dea Madre, o dalle successive statue – menhir che nel territorio in analisi conosce un tipo femminile da Serra is Araus-San Vero Milis.

Nel Sinis non abbiamo conoscenza di siti, attribuiti ad una fase prenuragica, che restituiscono una serie, gruppo sporadico o ordinato, di pietre monoliti infisse nel terreno e dalle dimensioni variabili che possano essere ricomprese nell’ampia categoria dei menhir. Il fenomeno dei menhir non trova ancora un inquadramento chiaro, né in riferimento alla cronologia né alla esatta funzione, ma pare che delle prime espressioni nel Neolitico medio396, vada poi a consolidarsi e diffondersi nel Neolitico recente e

nell’Eneolitico. Questi monoliti solitamente si trovano sia isolati, almeno agli occhi dell’osservatore moderno, sia disposti in relazione a monumenti (domus de janas, circoli megalitici, dolmen, villaggi e tombe dei giganti) e frequentemente registrano riutilizzi e reimpieghi (fenomeno osservato sia in tombe dei giganti che in nuraghi). Pur quanto sopra

395 LILLIU 1963, pp. 47-50; STIGLITZ,MANA DEMURTAS,DEMURTAS 2000, pp. 850-851. 396 LO SCHIAVO 1992, p.96; LILLIU 1988, p. 98.

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91 scritto, in letteratura ritroviamo notizia, presso il territorio comunale di Cabras, di una località posta a nord rispetto al nuraghe Serra’e Cresia nota con il toponimo di Perda Fittas397 (pietre infisse) che nella tradizione insulare indica solitamente luoghi in cui è

nota la presenza di statue-menhir; abbiamo inoltre l’ipotesi formulata dal Nissardi398 circa

il fatto che la pietra da lui individuata presso il nuraghe Majore a Riola Sardo, potesse essere ricondotta ad un menhir399. E’ la prima generica notizia che merita di essere

valorizzata nella possibilità di restituire al territorio una presenza potenziale ma ancora aleatoria400.

La possibilità di consultare gli appunti del Prof. Zucca401 chiarisce il luogo di

rinvenimento, fornendo ulteriori notizie circa il contesto. Nelle date relative agli ultimi giorni dell’agosto 1975 sono riportate le notizie relative ad una vigna sita località Serra Cresia (o Serra’e Cresia) che si colloca leggermente più a sud rispetto Perdas Fittas, prossima alla strada che conduce alla spiaggia di Is Arutas. Qui egli rinvenne, tra le altre cose, un troncone parallelepipedo di basalto ancora infisso nel terreno, che rappresenterebbe la parte basale del menhir ed un’accetta in pietra verde (5,23 cm di lunghezza per 2,68 cm di larghezza e 1,60 cm di spessore) unitamente a numerosi resti di conchiglie e schegge di ossidiana. La notizia ci permette di chiarire meglio la localizzazione e l’entità dei rinvenimenti, contribuendo ad incrementare l’ipotetico quadro pertinente l'epoca pre-nuragica del Sinis.

Appare chiaro che l’evidente interazione tra risorse ambientali e testimonianze d’insediamento rappresentino il fattore primario del processo di sviluppo delle comunità del Sinis specie per le fasi pre-nuragiche; che si è dimostrato felice nella scelta dei siti insediativi, in considerazione dell’alto numero di località interessate da fasi di vita neo- eneolitiche che conosceranno poi una presenza insediativa anche durante l’età nuragica.402 Quello sfruttamento che ha determinato con probabilità l’utilizzo delle

397 LILLIU 1981, p. 137;LEURQUIN 1989, p. 234;MORAVETTI 1990, p. 19; MERELLA 2009, p. 145. 398 NISSARDI 1887, p. 48.

399 Questa notizia rimane però alquanto confusa in ragione dell’utilizzo non chiaro dei toponimi. 400 G. Pau nel suo testo sul Sinis del 1979 a p.17 riporta la notizia che Raimondo Zucca, in tale località,

avrebbe individuato “ben cinque tronconi di quel menhir”.

401 Ringrazio di cuore il Prof. Zucca per aver messo a mia disposizione, tra le tante cose, i quaderni degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, contenenti un enorme quantità di preziose notizie sul territorio del Sinis.

BARBARA PANICO

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92 risorse alimentari e di materie prime fornite dalle zone umide, nelle vicinanza delle quali si collocano gli abitati e la cui collocazione predispone alla possibilità di sfruttamento agricolo e ai fini dell’allevamento dei terreni più adatti, all’utilizzo delle aree boschive evidentemente non distanti e poi all’impianto delle necropoli negli affioramenti rocciosi più teneri della zona403.