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La fase medievale e post-medievale

TERRITORIO COMUNALE DI CABRAS 60 Benas de Marchi

98. Riu Urchi (Sa Gora de Sa Scafa)

2.2 Analisi critica del noto: sistemi e culture tra le pagine della storia 1 Introduzione

2.2.11 La fase medievale e post-medievale

L’elemento decisivo nelle forme dell’organizzazione del territorio fu costituito dalla formazione del Giudicato indipendente d’Arborea, con la capitale dapprima a Tharros e successivamente al 1070 a Oristano. L’evoluzione delle amministrazioni civile e militare della Provincia di Sardinìa stabilita da Giustiniano nel 534 d.C. portò, con processi non ancora ben definiti, alla creazione di una autorità unica in Sardegna. Non appare ancora chiaro infatti la motivazione per la quale nel IX secolo d.C. compaia il titolo archon Sardinías - iudex Sardiniae, divenuto nella documentazione a partire dall' XI secolo, archon mereias Karalleos865. Il tema delle origini e dello sviluppo del sistema giudicale

sardo è ancora uno dei temi maggiormente dibattuti dalla storiografia sarda a causa, primariamente, della rarità di documentazione chiarificatrice. Un presupposto che pare assodato è che la formazione dei giudicati trovi le premesse in una crisi della presenza bizantina nell’isola, come in tutto il Mediterraneo centrale. Il problema permane però nella specificazione cronologica. Pare comunque potersi delineare una linea evolutiva del fenomeno che prima registra, nel corso dell’VIII secolo d.C., frequenti unificazioni dei due titoli di praeses e dux, nella figura del iudex provinciae, altrimenti definito àrchon o princeps, con sede a Cagliari, che nel tempo assommò alla sua persona tutti i poteri inerenti la difesa, il governo e l’amministrazione. Alcuni studiosi ritengono che già alla fine del IX secolo d.C., o al più tardi agli inizi del X, fossero presenti alcuni tra i Giudicati che caratterizzano chiaramente il basso medioevo sardo866, in una fase che dunque vide

una sostanziale assenza di contatto tra la Sardegna e il governo di Bisanzio e l’instaurarsi della creazione delle originali forme di gestione. Il perdurare dei modelli bizantini, riscontrabili nel campo sociale, in quello artistico ed in quello linguistico della Sardegna del XI secolo, viene genericamente ricondotto alla situazione di isolamento in cui l’isola si veniva a trovare da tempo. D’altra parte il rilevarsi di connessioni con l’Italia centro-

865 COSENTINO 2002, p. 10.

866 MELONI 2006, p. 80. Meno accreditata appare invece l’ipotesi che farebbero slittare la nascita dei giudicati solo nell’XI secolo d.C.

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189 meridionale e il segno sulla cultura materiale ed artistica dell’isola di IX-X secolo d.C., hanno sollevato dubbi sulla nascita dei giudicati in una età precoce867. Una posizione di

sintesi e parziale accordo tra le due ipotesi, vede nell’VII secolo d.C., un punto di svolta a partire dal quale si instaura un regime di semi autonomia durato fino alle prime invasioni arabe del 1015-1016868. Infatti, a seguito dell’operato di Al-Muǧahid, si verificherà il

progressivo intensificarsi della presenza genovese e soprattutto pisana nell’isola. A guidare l’attacco arabo era il principe di Denia che dalle coste della Spagna meridionale ambiva alla creazione di un vasto dominio mediterraneo. In Sardegna lo scontro più violento si ebbe in un’area non meglio specificata del meridione; nel giro di poche settimane però Al-Muǧahid si ritirò, facendo rientro in Spagna. Nella primavera dell’anno seguente le sue navi, che si ripresentarono nelle acque prossime alla Sardegna, vennero rovinosamente sconfitte dall’alleanza delle Repubbliche marinare; si determina così il principio dell’egemonia genovese e pisana sulla Sardegna.

L' archon Sardinías e il suo successore l’archon mereias Karalleos (o iudex de parte Kalleri) rimarcano un titolo bizantino -archon - che, secondo André Guillou, si riferirebbe specificatamente all' arcontato marittimo, carica di un funzionario di alto rango designato dal potere costantinopolitano in aree eccentriche dell'Impero869. Sulla base della

attestazione del plurale iudices e principes della Sardinia, rispettivamente in epistulae di Nicola I dell'864 e di Giovanni VIII dell'873, si è inferita da alcuni studiosi la già avvenuta suddivisione dell'isola con a capo distinti archontes nel IX secolo870. Va però ricordata la

documentazione sulla quadripartizione della Sardinia in quattro iudicati autonomi (Karali, Arborea, Logudoro, Gallura) rimonta solo a partire dall' XI secolo871, ma va

ricordata l’attestazione del sigillo caralitano di Torchitorio con l’attestazione del “giudice della regione di Cagliari”. Probabilmente sia il termine archon, sia il termine iudex e sia il termine princeps potevano riferirsi alla stessa realtà istituzionale che poté indubbiamente conoscere una dinamica evolutiva nel corso dei secoli IX-XI. Che sia esistito comunque almeno un altro archon, eventualmente subordinato all' archon - iudex

867 CORONEO 2000, p. 8; CORONEO 2003, pp. 316-317;COSENTINO 2002. 868 GUILLON 1988, p. 334.

869GUILLOU 1988, pp. 347-348.

870 BOSCOLO 1978, pp. 117-118; CASULA 1984, pp. 634-637; MELONI 2002 pp. 1-32; MELONI 2004. 871 Fonti in TURTAS 2000, pp. 260-264.

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190 Sardiniae, appare attestato dalla scoperta del sigillo di Zerkis archon mereias Arbore(as) nell' archivum di San Giorgio di Cabras872, presso Tharros che, seppure databile all' XI

secolo, rappresenta la prima attestazione di uno stato d’Arborea, o comunque di un territorium chiamato Arborea e riflette nella titolatura, in particolare nel tipo del diritto, un modello deutero bizantino873. Intorno alla metà del X secolo ci fu, con probabilità, il

ristabilimento di un effimero rapporto tra la Sardegna e Bisanzio874. In questo contesto

crediamo che vadano interpretati sia l'acquisizione del titolo -personale- di basilikos protospatharios (protospatario imperiale) da parte di alcuni archontes Sardinías (ossia di Karallos) che si avvicendarono sul trono, sia i riferimenti allo stesso arconte in un passo spurio del De cerimoniis di Costantino VII Porfirogenito875. Dunque, in accordo con

Blasco Ferrer, si può rilevare un legame tra le due aree del Cagliaritano e dell’Arborea, corrispondente nel medioevo al Giudicato caralitano e d’Arborea, che denotano fin dalle origini un senso d’identità autonomistica d’estrazione culturale bizantina876. Nei nostri

territori si rintraccia un profondo substrato culturale bizantino fin dalla riconquista giustinianea, nel 534, quando il patrimonium Caesaris fu riassunto dall' Imperatore d' Oriente Giustiniano e, forse in parte, legato alla Domus Marinae e ribadito nella continuità tra il patrimonium bizantino e quello dei Giudici d’Arborea (a partire dall’XI secolo) nell’area del Sinis attraverso la transazione fra Torbeno, giudice d’Arborea e il proprio cugino, Costantino Dorrubu, una serie di beni, tra cui una bagina di Santu Iorgi877, ossia un tratto di peschiera, del compendio lagunare di Cabras.

L’opera di Gian Francesco Fara torna qui utile per la definizione dei limiti della curatoria medievale di San Marco di Sinis, nella quale troviamo:

«prima est Campidanus de Milis, regio campestris S(anc)ti Marci de Sinis etiam dicta, quae a finibus dioecesis Bosanensis usque ad ostium stagni Maris Pontis occidentalibus fluctibus et inter Maenomenos montes et flumen Tramazae usque ad fines regionis Montis Verri protenditur, frugifera et pascuis satis idonea ingentisque sylva malorum aureorum,

872 SPANU,ZUCCA 2004, pp. 155-156. 873 MELONI 2002, pp. 22, 24.

874 COSENTINO 2002, pp. 10-11, dove si esplicita una ripresa in forme nuove dei rapporti nel X secolo.

875 Const. Porph. De cerim. II, 48. 876 BLASCO FERRER 2003, p. 67. 877 BLASCO FERRER 2003,p. 99.

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191 citrorum et limonum etiam sponte nascentium nobilitata eiusque odore suff‹usa›, in qua Celsitani populi a Ptolemaeo memorati sedes collocarunt suas. Et interiit antiqua urbs Tarrhae a Ptolemaeo, Tyrus in S(anc)ti Ephysii historia et aliis antiquissimis monumentis dicta, extantque septem oppida Tramazae, Bauladi, S(anc)ti Veri, Narboliae, Senegae, Mileti dicta malorum aureorum sylva insignis et Bonarcadi, ubi est prioratus s(anc)ti Zeni ordinis ‹Camaldoli›. Inde, Meridiem versus, sequitur alia maritima regio, Campidani Maioris dicta, quae insigni planitie usque ad piscosum flumen Thyrsi effunditur fecunda et frumenti feracissima arboribusque domesticis et vineis optime vestita, in qua sunt oppida Cerdiani, Baratilis, Riolae, Noracis, Caprae, ubi antiqua cernitur arx Maris Pontis aquis olim cincta, Norae Caprae, Donigallae, Solanae, Finoguedae, Noracis Nigri, Massamae, Siae Maioris, Villae Longae, Solarussae et Cerfulini ubi Thyrsus fluvius optimas dat sabocas»878

«La prima di esse (regioni della arcidiocesi arborense), il Campidano di Milis, è detta anche ‘di San Marco di Sinis’: si estende tutta in pianura, dai confini della diocesi di Bosa sino alla foce dello stagno di Mare Pontis nel mare occidentale e si incunea fra i monti Menomeni ed il corso del fiume di Tramatza per giungere sino ai confini del Montiferru: fertile per la cerealicoltura e a vocazione prevalentemente pascolativa, essa è resa ancora più amena da un immenso giardino di aranci che crescono anche spontaneamente e dalla cui fragranza è tutta inondata. Vi si erano un tempo insediati i Celsitani, popolazione menzionata da Tolomeo, e scomparve l'antica città nota allo stesso come Tarrhae e nella «Storia di Sant' Efisio» ed in altri antichissimi documenti come Tyrus, ma permangono sette paesi, Tramatza, Bauladu, San Vero, Narbolia, Seneghe, Milis, celebre per i già citati aranceti, e Bonarcado, ove si trova il priorato di San Zeno dell'ordine [di Camaldoli]. Verso sud segue un'altra regione marittima nota come Campidano Maggiore che, molto pianeggiante si estende sino al fiume Tirso: fertile e ricchissima di frumento essa è cosparsa di alberi da frutta e vigneti e vi si trovano i centri di Zeddiani, Baràtili, Riola, Nurachi, Cabras-vi è qui la rocca antica di Mare Pontis, un tempo tutta circondata dall'acqua-, Nuracraba, Donigala, Solanas, Fenughedu, Nuraxinieddu, Massama,

878 FARA 1992, pp. 194-195.

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192 Siamaggiore, Villa Longa, Solarussa e Zerfaliu, ove il Tirso permette la pesca di eccellenti saboghe».

Particolare della Carte de l’Isle de Sardaigne 1802. Da PILONI 1997.

Rileva notare che nell’elencazione del Fara, di circa due secoli posteriore all’Atto di pace del 1388879, mancano le due villas di Senuschi e di Petra Veurra, presenti nello stesso

Atto di pace, probabilmente perché venuti meno nell’ arco di tempo fra il tardo XIV e la fine del XVI secolo. E’ possibile che dei centri che figurano in documenti medievali, anteriori al 1388, concernenti il territorio del Campidano Maggiore, non richiamati nell’elenco ufficiale di villas dell’Atto di pace, fossero scomparsi per eventi diversi

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193 (guerra tra gli Arborensi e gli Aragonesi; pestilenze; esaurimento delle risorse economiche del territorio di pertinenza; esondazioni di corsi d’ acqua o aumento delle superfici delle paludi, etc.) o anche che non comparissero poiché possedevano una configurazione giuridica differente rispetto alle villas, come nel caso delle domus (fattorie) o delle donnicalias (aziende agrarie) ricadenti nel territorio di una villa880.

Nella vita che intanto i giudicati autonomi di Sardegna conducono, quello di Arborea, che qui più interessa, riesce più lungamente a rimanere estraneo a forti interventi pisani e genovesi, poi aragonesi, in parte grazie alla sua posizione defilata rispetto alle rotte interessate dalle presenze italiane, in parte attraverso un’accorta politica, fatta di accordi e concessioni, portata avanti dai giudici. Collocato al centro dell’isola, il giudicato d’Arborea, funge un in parte come una sorta di stato cuscinetto, tra i giudicati di Torres a nord e Cagliari a sud. A seguito della caduta di alcuni giudicati, ormai espropriati del proprio potere, l’Arborea raggiunge una posizione di preminenza in Sardegna, fino alla morte del giudice Mariano, nel 1297, quando Pisa riuscì, per qualche tempo, a controllare anche l’Arborea. Infatti nel frattempo Giacomo II d’Aragona viene investito del titolo di re di Sardegna e di Corsica.

Durante il XV secolo l’antico territorio dell’Arborea vivrà una serie di vicende che vedranno la corona d’Aragona consolidare il proprio dominio sull’intera isola di Sardegna, organizzando l’amministrazione dell’economie e del territorio secondo modi duraturi fino al XIX secolo.

La descrizione del Fara dei due distretti di Campidano di Milis (o Regione di San Marco di Sinis) e di Campidano Maggiore mette in evidenza i confini sud occidentali della Curatoria di Campidano di Milis, identificati con la foce nel Golfo di Oristano del sistema lagunare di Mare Pontis, che consentono di ascrivere l' intero Sinis con Tharros a tale distretto e non al Campidano Maggiore, cui appartengono Cabras e Riola che attualmente ed almeno dal secolo XVI si spartiscono il Sinis centro meridionale, definendo come fosse il Riu Mare Foghe che segnava il confine tra le curatorie di Parte Milis e di Campidano Maggiore. Nel catalogo dei centri della curatoria del Campidano Maggiore

880 Su queste forme insediative minori BOSCOLO 1978, pp. 176-187; FOIS 1990, pp. 89-90, 96-97; SEBIS 2002, pp. 129-139.

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194 redatto da Raimondo Bonu881 alle diciassette villas elencate dnell’ Atto di Pace sono

aggiunti i seguenti insediamenti: Urasana (Solarussa / Bauladu), Nuracraba (Oristano), Gippa (Oristano / Solanas-Cabras), Sinipula (localizzazione incerta), Nuraci Aurras (Solarussa), Fununu (Riola), Segrubys (San Vero Milis ?), Piscopiu.

I centri di Fununu e Segrubys appartengono indubbiamente alla Curatoria di Campidano di Milis in quanto localizzati sulla riva destra del Riu Mare Foghe che segnava il confine tra le curatorie di Parte Milis e di Campidano Maggiore882. Più complesso è il caso della

domo de Piscopi, attestata come villa Episcopi dotata della rettoria di San Michele nelle Rationes Decimarum Italiae. Sardinia883: nell’ elencazione delle chiese oblatrici delle

decime Piscopiu figura tra Celianis (Zeddiani), Urassana (Bauladu / Solarussa) e Baratili inducendo a ricercarla nella Curatoria di Campidano Maggiore, non lontano da Zeddiani e Solarussa884.

Per il territorio pertinente al Sinis propriamente detto risultano pressoché inesistenti fonti chiare (materiali, letterarie, iconografiche) confermando un quadro di sostanziale spopolamento della zona. Pur nelle oggettive lacune conoscitive delle produzioni ceramiche di VIII-XI secolo d.C., deve rilevarsi la scarsità di testimonianze su tutta la penisola del Sinis, che denunciano un significativo cambiamento intervenuto forse a partire dal IX secolo d.C., allorquando non registriamo quasi più testimonianze riconducibili a insediamenti attivi nell’area. Ancora l’opera del Vidal885 ci aiuta nel

configurare il quadro del Sinis nell’età pienamente medievale. L’elenco degli oppida da lui fornito, che risulta arbitrario in ragione della presenza di insediamenti nuragici e romani, oltre che altomedievali e tardomedievali, offre comunque spunti di grande interesse nel nostro studio. In particolare attirano la nostra attenzione, tra gli altri, l’attestazione di una civitas Sancti Augustini e di un oppidum Sancti Saturnini.

Nell’elencazione è infatti citata […] l’alia (civitas) S. Augustini cuius Ecclesia stat adhuc. Quindi una chiesa dedicata al Santo che sappiamo ancora ben visibile secondo alcuni nel

881 BONU 1976. Sui centri medievali della Curatoria di Campidano Maggiore cfr. inoltre DAY 1973, pp. 54-55; TERROSU ASOLE 1974, pp. 12-24; CASULA 1980, pp. 96-109; CAMPUS 2008.

882 Fununi è inoltre citato nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (schede 157 e 99). 883 SELLA 1945, nrr. 352, 914, 1960, 2858.

884 Si veda anche LIVI 2014, p. 373. 885VIDAL 1641.

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195 1799886, mentre secondo altri l’espoliazione totale dei suoi resti, avvenne intorno al 1777,

quando il materiale lapideo risulta prelevato in funzione dell’ampliamento della chiesa parrocchiale del paese di Nurachi887. La localizzazione del sito è indicato dal toponimo

presente in cartografia IGM e dall’odonimo di su camminu’e santu Agustinu, posto a circa 250 metri a sud-est rispetto al più certo San Giorgio. Le campagne di ricognizione territoriale individuarono, ancora negli anni Ottanta del secolo scorso, frammenti ceramici ricompresi fra l’età punica e l’età altomedievale888. Ma attira maggiormente la

nostra attenzione l’attestazione fotografica di una processione religiosa che veniva svolta fino agli anni Cinquanta dello scorso secolo. L’immagine ritrae la partenza della stessa, che si svolgeva correndo, nella quale la statua di Sant’Agostino verrebbe condotta, a seguito della ormai non più esistenze chiesetta a lui dedicata, dal paese di Nurachi alla chiesa di San Salvatore889 dove entrava precedendo il simulacro di San Giovanni.

Riaccendo l’interesse della presunta giurisdizione del parroco del paese di Nurachi su alcune chiese del Sinis. Oltre a questo episodio è infatti importante ricordare l’interessante e attestata giurisdizione del parroco di Nurachi anche sulla chiesa di San Giovanni, vicino Tharros890. Purtroppo l’assenza di documentazione scritta non aiuta nella chiarezza, ma

appare evidente che il centro di Nurachi, forse in funzione del suo ruolo nella primaria cristianizzazione dell’area, abbia ereditato una giurisdizione, seppure in un momento tutto da definire, ed una qualche preminenza anche in riferimento a luoghi di culto cristiani del Sinis.

Sant’Agostino è invece indicato come oppidum. Probabilmente un insediamento più articolato che ancora nel Seicento mostrava le strutture della chiesa. La localizzazione del sito va individuata a circa 350 metri in direzione nord, rispetto San Salvatore, dove ancora si osservano sporadici conci squadrati di arenaria. Anche qua le ricognizioni pregresse rilevarono la presenza di frammenti ceramici con cronologia ricompresa tra il I secolo d.C. e l’età altomedievale. Queste testimonianze, unitamente a quelle pertinenti alla

886 COSSU 2000, p.114. 887 PITZALIS 2003, p. 33. 888 STEFANI,ZUCCA 1985, p. 96. 889 PITZALIS 2003, p. 45.

890 Tra le chiesa di pertinenza del parroco di Nurachi compare anche quella dedicata a San Giacomo, oggi in territorio comunale di Cabras. I resti si trovano a meno di tre chilometri in direzione sud-ovest dal paese di Nurachi e a circa tre chilometri in direzione nord ovest dal paese di Cabras.

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196 chiesa intitolata a San Giorgio e quella di San Marco/San Giovanni, e forse a quella di San Lorenzo, concorrono a delineare un quadro del Sinis altomedievale, che forse prosegue in età medievale, nel quale gli Arconti della Sardegna (e forse specificatamente quelli d’Arborea) riprendono il controllo del territorio primariamente attraverso la vita dei luoghi di culto cristiani. Non è chiara l’esatta gestione delle terre del Sinis in queste fasi storiche. Un’immagine, pur parziale, può esser tratta dal Condaghe di santa Maria di Bonarcado891. Il suo testo consente la ricostruzione di parziali quadri del territorio tra il

XII e il XIII secolo. Così alla scheda n. 33892

“IN Nomine domini. Amen. Ego Petrus de Lacone iudice de Arborea et visconte de Basso ad honore de Deus et de sancta Maria et de totos sos santos et cum voluntade bona de donna Diana mugere mia donna de Arborea fato custa carta et renovola a sancta Maria de Bonarcado pro donatione qui fecit donnu Ugo de Basso padre meu et donna Preciosa de Lacono mama mia: et ego la confirmo pro sa anima de babu meu et de mama mia a su monasterju de sancta Maria de Bonarcadu pro piscare in mare de Ponte cun duas barcas et in mare vivu. Et siant liberos que no lis levent paga et non li levent pisque de perunu tempus; et fatolis libera sa bajna qu’i hat in ponte de Sinis qui bogarat Nigoli de Bangi, et pro hierru et pro istade, qui no lis levent paga et no lis partant pisque ni anbilla. Et bogolis de omnia serbizu de curadores et de armentarios et de mandadores et de majores de scolca et de omnia quantu nd’at per totu regnu: qui no lis tolliant donamentu nixun fatu insoru. Nen procuradore, nen perunu homine mortale ad esterminare custu donu qui apo eo fatu a sancta Maria || de Bonarcando prossa anima de padre meu et de mama mia et pro remissione de sos pecadus mios. Et fatoli donatione juntamente de su riu Monte, qui est iuntu a sa pisquera de mare Ponte, qui lu narran riu Zenu, qui siat de Sancta Maria de Bonarcadu in perpetuum. Et non siat ausu nen iudice, qui hat a esser de post me, nen donnicellu nen donna nen donnicella, non curadore, non maiore, non