• Non ci sono risultati.

IL PROCESSO LITISCONSORTILE: SITUAZIONI E ATTIVITA’

6.3. La fase istruttoria

Il cumulo semplice, avrebbe scarsa utilità se, pur onorando l’indipendenza delle

________________________________________________________

(171) TARZIA, Il litisconsorzio facoltativo nel processo di primo grado, Milano, 1972, pag. 228.

varie cause, non servisse almeno a consentire un accertamento unico dei fatti principali comuni allegati dai litisconsorti, allo scopo di mettere capo a sentenze omogenee.

Questo accertamento unitario appare insieme con l’uniforme risoluzione delle medesime questioni di diritto, l’aspetto più qualificante dell’istituto.

Pertanto, “i fatti che devono essere esaminati rispetto a tutti i litisconsorti devono essere accertati in modo uniforme per tutti, non essendo ammissibile che nel medesimo processo il giudice si convinca insieme della verità e della non verità di un fatto” (172).

In deroga al principio di autonomia, il quale governa buona parte dello svolgimento del procedimento plurisoggettivo, la disciplina della fase istruttoria, è dominata dal principio dell’unità dell’istruzione sugli elementi comuni alle liti riunite, regola che si realizza concretamente attraverso la formazione della prova al cospetto di tutti con garanzia di pieno contraddittorio e l’estensione a tutte le cause delle istanze e delle risultanze istruttorie (173).

Tale comunicazione trova giustificazione non solo nello scopo del processo

________________________________________________________

(172) CHIOVENDA, Principii, cit. pag. 1089.

simultaneo ma anche nel principio di acquisizione.

La prova, ancorché edotta da uno soltanto dei litisconsorti, entra a far parte del materiale di causa e il giudice deve tener conto dei risultati della stessa per la decisione di tutte le controversie (173).

L’efficacia globale delle attività istruttorie sui fatti comuni rilevanti per tutte le cause cumulate presuppone che la prova sia legittimamente, e non in qualsiasi modo acquisita nel processo.

Quest’ultimo requisito postula che l’iniziativa provenga dal soggetto munito del correlativo potere: il litisconsorte che non sia parte della causa all’interno della quale il mezzo di prova assume rilevanza, non è abilitato a compiere la corrispondente attività processuale e il giudice non può annettere alcun significato al mezzo di prova riconducibile all’impulso di un soggetto non legittimato.

Il principio dell’unità di istruzione sugli elementi comuni opera per tutti i mezzi di prova, precostituiti o costituendi, sottoposti al libero convincimento del giudice aventi efficacia di prova legale; esso inoltre ispira tutte le fasi del procedimento istruttorio (deduzione, ammissione,assunzione e valutazione), determinando la

________________________________________________________

(173) TARZIA, op. cit. pag. 360.

propagazione all’intero processo dell’attività posta in essere da ciascuno dei litisconsorti (174).

6.3.1

.

L’istruzione probatoria in generale

L’ambito oggettivo della prova e la deduzione dei mezzi istruttori.

Il thema probandum di ciascuna causa è in parte identico a quello delle altre cause e in parte differente; l’attività istruttoria può diversificarsi in relazione a:

a) fatti personali che rilevano solo in uno dei più rapporti giuridici controversi;

b) fatti che quantunque comuni sono utilizzabili per una soltanto delle liti riunite .

Riguardo a tali categorie di fatti, titolari dei corrispondenti poteri istruttori sono esclusivamente i soggetti della controversia all’interno della quale l’accadimento storico assume rilevanza come oggetto di prova, sicché eventuali comportamenti divergenti tenuti dai litisconsorti estranei, sono del tutto ininfluenti (175).

Il principio secondo cui un fatto pacifico non necessita di prova “non trova

________________________________________________________

(174) MENCHINI, op. cit. pag. 324.

applicazione nel litisconsorzio facoltativo quando si tratti di fatto comune a più parti, che in una delle cause sia stato ammesso e nell’altra contestato”(176): gli effetti della contestazione proveniente da uno soltanto dei litisconsorti, si comunicano alle altre parti e all’intero processo cumulativo. Sotto questo profilo, il thema probandum è uguali in tutte le liti riunite giacché, tanto l’allegazione di fatti comuni, quanto la negazione degli stessi, pur avvenute all’interno della controversia, impongono al giudice di considerarli oggetto di prova in tutte le cause.

Le parti sono libere ed indipendenti così come nelle difese e nelle allegazioni, anche nella deduzione dei mezzi istruttori; tuttavia non è consentito al litisconsorte di dedurre prove irrilevanti per la causa che lo riguarda e influenti sulla decisione di un’altra controversia cumulata, posto che il giudice può ammettere solo le prove utili per risolvere la causa della quale il soggetto deducente è parte.

L’ammissione delle prove.

Il principio di acquisizione non comporta l’azzeramento delle normali regole di

________________________________________________________

(176) PROTO-PISANI, op. cit. pag. 1140.

ammissibilità delle prove, quando esse operino limitatamente ad uno dei litisconsorti. Il problema centrale consiste nel determinare se l’eventuale inammissibilità di una prova per una delle cause cumulate, si comunichi a tutte le altre; per far ciò occorre essere attentamente valutato in relazione alle norme dettate per l’ammissione dei singoli mezzi istruttori (177).

Il criterio guida è che si devono trattare uniformemente l’ammissione e l’utilizzazione della prova, perché sarebbe irragionevole respingere una prova dedotta da un litisconsorte e, nel contempo, estendere alla causa che lo concerne le risultanze della medesima prova assunta su legittima iniziativa delle parti di un’altra causa.

Di regola, il motivo di esclusione della prova dovrà operare in tutte le cause cumulate almeno quando esso è rilevabile d’ufficio; alcune, le indicazioni fondamentali:

a) se il limite di ammissibilità è superabile limitatamente ad uno dei litisconsorti è consentita l’introduzione della prova la quale potrà essere valutata per la decisione dell’intero giudizio cumulativo;

________________________________________________________

(177) TARZIA, op. cit. pag. 365.

b) l’inammissibilità del mezzo istruttorio può essere dedotta da ciascun litisconsorte e con effetti per tutti, in quanto tutti sono soggetti all’efficacia

inscindibile della prova;

c) l’accordo in materia disponibile sulla cui base può essere pronunciata un’ordinanza istruttoria, non richiede la partecipazione di tutti i litisconsorti, se non eventualmente in relazione al suo specifico oggetto.

L’assunzione delle prove.

Sia il litisconsorte, sia l’avversario del deducente, assumono la qualità di parte interessata

su istanza della quale il giudice delegato procede all’assunzione del mezzo di prova, o di parte che può domandare al giudice delegante direttamente o tramite il giudice delegato, la proroga del termine.

L’individuazione dell’altra parte presente che può chiedere l’assunzione della prova ex art. 208 c.p.c. in assenza della parte su istanza della quale deve iniziarsi o proseguirsi la prova, è meno facile: il tenore letterale della norma indurrebbe a

identificare tale soggetto nella parte che ha l’interesse contrario a quello ha dedotto la prova con ciò escludendo che esso possa essere il litisconsorte ex eadem parte (178).

Detta rigorosa interpretazione, per la quale è irrilevante la presenza di quest’ultimo soggetto e la sua istanza di inizio e di prosecuzione della prova, appare difficilmente compatibile con il principio dell’unità dell’istruzione che governa la materia in esame.

È preferibile concludere nel senso che l’iniziativa del litisconsorte è efficace oltre i limiti della causa che lo riguarda perché opera nell’area comune a tutte le cause riunite.

In definitiva:

- ognuno dei litisconsorti che abbia o meno dedotto la prova ha il potere di porre in essere con effetti per tutte le cause cumulate le attività necessarie per l’assunzione del mezzo istruttorio poiché tale incombenza è sottratta alla disponibilità della parte deducente;

- la prova relativa ai fatti comuni deve essere raccolta nel contraddittorio di tutte __________________________________________________________________

(178) In effetti se anche costui potesse chiedere ed ottenere l’assunzione della prova ammessa, perché vertente su un fatto comune, risulterebbe inoperante l’eventuale decadenza del deducente.

le parti le quali possono assistere personalmente all’assunzione e possono esercitare i poteri che la legge attribuisce loro.

La valutazione delle prove.

La ratio dell’unità del procedimento probatorio, e della conseguente vicendevole surrogabilità delle attività delle parti si coglie ben bene in questa fase.

Il convincimento del giudice, fondato sulla valutazione delle prove, deve formarsi in modo uniforme rispetto ai fatti comuni; la prova è utilizzabile per la decisione di tutte le cause (179).

Riemerge la funzione del litisconsorzio facoltativo, che legittima questa imponente deroga al principio di autonomia delle parti (180). “In un sistema dominato dall’acquisizione processuale, e relativamente alle prove libere, è improprio parlare di un diritto del litisconsorte di valersi delle prove assunte;

l’estensione dell’efficacia dei mezzi istruttori esperiti non dipende infatti dall’iniziativa delle parti e non può essere subordinata all’utilità del risultato per chi la invoca”(181).

________________________________________________________

(179) MENCHINI, op. cit. pag. 325.

(180) TARZIA, op. cit. pag. 370-371.

6.3.2. L’interrogatorio formale e la confessione.

La deduzione dell’interrogatorio formale.

Nel processo contraddistinto da litisconsorzio semplice, l’interrogatorio formale può essere deferito ai litisconsorti alla comune controparte e viceversa, non da un litisconsorte all’altro.

L’interrogatorio dedotto tra i litisconsorti ex eadem parte, non potrebbe mai provocare la dichiarazione della verità di fatti che siano al contempo sfavorevoli al dichiarante e favorevoli al deducente, poiché tali soggetti non si trovino in posizione antagonistica nel processo.

Se vi fossero posizioni conflittuali tra i litisconsorti, in lite oltre che con la comune controparte, anche nei vicendevoli rapporti, il mezzo di prova sarebbe pienamente ammissibile.

Nulla vieta che l’interrogatorio formale venga dedotto in una o più delle cause cumulate ma non in tutte; infatti, neppure la deduzione del mezzo istruttorio verso tutti i litisconsorti garantisce un risultato probatorio unico, essendo ben possibile che gli interrogati rispondano in modo tra loro difforme.

L’interrogatorio su un fatto comune, pertanto, può essere richiesto anche da o nei confronti di uno soltanto dei litisconsorti e con riferimento ad una sola causa, poiché ciascuno di essi ha la disponibilità autonoma del diritto oggetto della lite della quale è parte, ed è legittimato a prestare la confessione.

L’efficacia probatoria della confessione.

Secondo la dottrina prevalente, la confessione resa da uno solo dei litisconsorti su un fatto comune produce i suoi tipici effetti, di regola di prova legale, soltanto per colui che l’ha prestata, mentre nei riguardi degli altri litisconsorti può essere apprezzata unicamente come argomento di prova.

L’efficacia limitata della confessione costituisce il riflesso dell’indipendenza dei litisconsorti negli atti di disposizione del diritto e del processo. Se si considera che ciascun soggetto avendo la piena ed esclusiva disponibilità del suo rapporto giuridico è autonomamente legittimato ex art. 2731 c.p.c. a confessare è forza maggiore attribuire alla confessione del singolo l’efficacia di prova legale che l’ordinamento riconosce normalmente a questo mezzo di prova.

Se occorre sostenere che la confessione vale come prova legale per il solo

confidente mentre nelle altre cause è utilizzabile come mero argomento di prova, è doveroso evidenziare che questa soluzione si presta ad un duplice ordine di obiezioni:

- vi è il pericolo che il giudice sia costretto a valutare diversamente uno stesso fatto pur avendo a disposizione materiale probatorio comune raccolto nello stesso procedimento;

- il medesimo fatto mentre in una lite è da considerare pienamente provato siccome confessato, per cui sono inammissibili ulteriori attività istruttorie, nell’altra controversia necessita di esperimenti probatori.

Tutto ciò, è in conflitto con lo scopo primario del simultaneus processus che è quello di permettere la pronuncia di sentenze omogenee sui punti comuni. Per scongiurare tali inconvenienti, si potrebbe ipotizzare lo scioglimento del cumulo in quanto la sua conservazione si appalesa non più funzionale allo scopo, poiché il giudizio litisconsortile è destinato a dar vita ad accertamenti difformi del fatto comune; ancora, si appalesa, quale fonte di comportamenti contrari alle più elementari regole logiche prima che giuridiche perché si finisce col costringere il

giudice a dichiararsi nello stesso tempo persuaso dell’esistenza e dell’inesistenza del medesimo accadimento storico, mentre il suo convincimento non può che essere unico; nonché si appalesa dannosa e contraria all’economia processuale giacchè rallenta lo svolgimento e la decisione di una delle cause riunite.

Non cagiona problemi interpretativi, invece, l’ipotesi della confessione giudiziale resa dalla comune controparte su un fatto generale, benché ad esito di un interrogatorio formale dedotto da uno solo dei litisconsorti o in un atto processuale diretto ad uno solo dei litisconsorti. Essa vale come prova legale per tutte le cause riunite dal momento che la prova legittimamente assunta in unsa delle liti è acquisita all’intero processo cumulativo. Ciò che assume rilevanza, inoltre, per la produzione dell’efficacia tipica della confessione non è il destinatario della dichiarazione, bensì la provenienza da un soggetto capace.

Infine, le dichiarazioni non confessorie, rese da un litisconsorte, hanno efficacia di argomenti di prova nei confronti degli altri soggetti che si trovano nella sua stessa posizione processuale. Una particolarità degna di menzione è che in ambito di obbligazioni solidali, la confessione posta in essere da uno dei contitolari non

pregiudica gli altri, mentre se è resa ad uno dei cointeressati, giova anche agli altri (cosiddetta efficacia in utilibus non etiam in damnosis)

La ficta confessio.

L’ipotesi della mancata presentazione o della mancata risposta di uno dei litisconsorti all’interrogatorio formale, non dà particolari problemi: se l’interrogatorio è stato deferito solo a costui, il giudice valutato ogni altro elemento di prova riterrà come ammessi i fatti dedotti anche per gli altri litisconsorti e per tutte le cause riunite. La ficta confessio opererà quale argomento di prova verso i litisconsorti ex art. 116 c.p.c.

Qualora invece, l’interrogatorio sia stato deferito a tutti e solo alcuni abbiano risposto, si distingue:

- se gli altri litisconsorti hanno confessato, il giudice vincolato dalle risultanze della prova legale verso i confitenti potrà apprezzare sia questa confessione come argomento di prova, sia la ficta confessio per ritenere provati i fatti anche nei riguardi dei litisconsorti non rispondenti;

- se, viceversa, gli altri litisconsorti hanno negato il fatto dedotto

nell’interrogatorio, spetterà al giudice di stabilire sempre dopo aver valutato ogni altro elemento probatorio, se attribuire prevalenza agli indizi desumibili dalle risposte favorevoli di alcuni o agli argomenti ricavabili dal silenzio degli altri, per convincersi dell’esistenza o dell’inesistenza del fatto nei confronti di tutti.

La confessione stragiudiziale.

- Si è incerti sul caso della confessione stragiudiziale resa ad uno dei litisconsorti, visto che l’art. 2735 c.c. prende in considerazione la persona alla quale la confessione è prestata riconoscendo l’efficacia di prova legale solo alla dichiarazione fatta alla parte o a chi la rappresenta e sottoponendo al libero apprezzamento del giudice, quella fatta a un terzo o contenuta in un testamento.

La confessione resa dal comune avversario dovrebbe costituire una prova legale soltanto a favore del litisconsorte che ne è stato materialmente il destinatario ed essere invece materialmente valutata liberamente nei confronti degli altri litisconsorti (182).

6.3.3. Il giuramento decisorio.

__________________________________________________________________

(182) TARZIA, op. cit. pag. 403-404, al proposito rileva che questa deduzione potrebbe essere evitata solo intendendo latamente la nozione di “rappresentante” richiamata dalla norma sino a ricomprendervi il

Il giuramento decisorio, può essere deferito solo dai litisconsorti alla comune controparte e viceversa e non da un consorte di lite all’altro, non essendo questi ultimi le parti della causa alla cui risoluzione il mezzo di prova è preordinato.

Ciascun litisconsorte essendo titolare di un autonomo diritto sostanziale ed avendo piena capacità di disporne, è legittimato ai sensi del combinato disposto degli artt.

2737 e 2731 c.c. a deferire o riferire il giuramento alla controparte anche in ordine ai fatti comuni senza che vi osti l’eventuale contrario atteggiamento dei litisconsorti.

Allo stesso modo, la controparte può deferire il giuramento sul fatto comune ad uno solo dei litisconsorti, anziché a tutti.

L’insegnamento dominante in dottrina è che il giuramento sul fatto comune “non giova né nuoce” come prova legale ai litisconsorti di chi l’ha deferito o riferito o di chi l’ha prestato

Occorre poi stabilire se il giuramento prestato da un litisconsorte, possa servire da presunzione riguardo agli altri litisconsorti, oppure sia destinato a non esplicare alcun effetto: secondo un diffuso orientamento, il giudice può arguire dal

giuramento reso o ricusato da uno dei litisconsorti argomenti di prova ex art. 116 c.p.c. nei confronti delle altre parti.

6.3.4. Il giuramento suppletorio ed estimatorio.

Sono valide le osservazioni fatte sul giuramento decisorio; la peculiarità che merita di essere evidenziata riguarda la delazione d’ufficio del giuramento.

Queste figure di giuramento possono essere deferiti a una delle parti: la scelta della parte chiamata a giurare è rmessa al prudente apprezzamento del giudice,k tenuto conto delle prove già acquisite sui contrapposti assunti di fatto, della maggiore fiducia che una parte ispiri rispetto all’altra, della più probabile veridicità di una tesi a paragone dell’altra.

Riferiti nella fattispecie al processo litisconsortile, questi principi mantengono piena validità con l’unica avvertenza che il potere selettivo del giudice opererà anche nel senso di deferire eventualmente il giuramento sul fatto comune ad uno anziché a tutti i litisconsorti, imprimendo diversa ampiezza all’efficacia della prova legale che ne scaturisce.

6.3.5. La prova testimoniale.

Il fatto che il processo sia litisconsortile, non incide sui limiti di ammissibilità della prova testimoniale, in quanto essi si fondano su requisiti di carattere oggettivo. In conseguenza di ciò, appare chiaro poter sostenere che l’eccezione di inammissibilità della prova testimoniale tempestivamente sollevata da uno dei litisconsorti abbia effetto per tutti.

Ciò che deve destare l’attenzione dell’interprete, è lo stabilire se il litisconsorte può e a quali condizioni, essere assunto come teste nella causa vertente tra il suo compagno di lite e il suo avversario o se debba sempre essere considerato comunque incapace di testimoniare: nel processo civile, è ben saldo il principio dell’incompatibilità tra la qualità di parte e l’ufficio di testimone nello stesso giudizio, principio che proibisce la testimonianza del litisconsorte, sia per i fatti a rilevanza singola sia per i fatti comuni almeno fino a quando non ne sia stata pronunciata la definitiva estromissione.

In caso di connessione propria, la testimonianza è da escludersi sia pewr l’incompatibilità tra la figura di parte e quella di testimone, sia per incapacità ex

art. 246 c.p.c. essendo egli parte in senso sostanziale ed istruttorio.

In caso di connessione impropria, pur non essendo parte in senso istruttorio della lite cumulata, il litisconsorte versa comunque in una situazione di incompatibilità formale esistente all’interno dello stesso processo tra le diverse figure processuali,che gli impedisce di essere contemporaneamente parte e teste.

La vexata quaestio dell’operatività e con quali limiti del divieto posto dall’art. 247 c.p.c., quando l’impedimento che lo giustifica, ad esempio coniugio, parentela o affinità, esiste con uno soltanto dei litisconsorti, è stata superata dalla dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma (183): il soggetto legato ad uno qualsiasi dei litisconsorti da uno

dei vincoli considerati, può essere sentito come teste, anche sui fatti comuni e la sua deposizione verrà liberamente valutata dal giudice per tutte le cause cumulate.

6.3.6. Il comportamento processuale delle parti.

Il comportamento processuale di un litisconsorte, nella fase di istruzione del

_____________________________

(183) C. Cost. 23.07.1974 n. 248, FI, 1974, I, 2220, GiC, 1974, 2376.

processo cumulativo, può essere valutato dal giudice come argomento di prova ex art. 116 c.p.c. per gli altri litisconsorti. Ciò può avvenire sia in conseguenza di attività processuali fornite di una diretta efficacia probatoria nella sola causa in cui vengono assunte, sia in relazione ad attività eterogenee che incidono sui temi della decisione, poste in essere da uno solo dei litisconsorti quand’anche non siano idonee ad influire sulla determinazione dell’oggetto del giudizio nelle cause connesse.

6.3.7. La prova documentale

.

Generalmente si afferma che i documenti prodotti da o contro uno dei litisconsorti diventano comuni e come tali possono essere da tutti utilizzati.

La conseguenza immediata della produzione è l’acquisizione del documento al processo, che si concretizza nel libero impiego dello stesso come fonte di prova per la decisione delle più cause connesse.

Quando la legge associa l’efficacia probatoria ad una determinata qualità delle parti dei rapporti giuridici documentati, detta qualità dovrà essere distintamente

apprezzata per ciascun litisconsorte.

6.4. La decisione.

Nel litisconsorzio, la pronuncia riguarda, a coppie, le parti affiancate e la controparte; si tratta di cause parallele: la decisione dell’una non incide su quella dell’altra, perché il modo di essere di un diritto non condiziona quello dell’altro.

Il principio di unità opera essenzialmente per l’istruzione e la trattazione, ponendo le promesse per una sentenza coerente, ma non caratterizza inevitabilmente la fase

Il principio di unità opera essenzialmente per l’istruzione e la trattazione, ponendo le promesse per una sentenza coerente, ma non caratterizza inevitabilmente la fase