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IL VINCOLO LITISCONSORTILE

3.3. Il rapporto Litisconsortile

Il rapporto di litisconsorzio ci presenta un rapporto processuale unico, con una pluralità di parti attrici o convenute autonome. Si suol dire che il litisconsorzio è una pluralità di processi, ma ciò è vero solo nel senso che le domande di merito dei più o contro i più, sono distinte e possono talora avere sorte distinta ed opposta.

Il rapporto processuale è unico per necessità di cose: dato che il contenuto

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(36) FABBRINI, Connessione, Enc. Giuridica Treccani, pag. 1 ss.

fondamentale di questo rapporto è il diritto della parte (attrice o convenuta) di provocare una pronuncia sulla domanda, una volta unite più domande, di più attori o contro più convenuti, ciascuno di questi ha il diritto di provocare la pronuncia su tutte le domande.

Molteplici sono i motivi che hanno indotto il legislatore a prevedere le varie ipotesi di processo ordinario con litisconsorzio.

Le varie categorie di processo con pluralità di parti sono disciplinate negli artt.

102, 103, 105, 106 e 107 c.p.c.. Esaminando le ipotesi di litisconsorzio previste nel sistema processuale vigente, è possibile una prima classificazione. Si parla di litisconsorzio attivo, quando più attori agiscono contro un solo convenuto; di litisconsorzio passivo, quando più soggetti sono chiamati in giudizio dal medesimo attore; e di litisconsorzio misto, quando il cumulo è bilaterale, sia dal lato attivo sia dal lato passivo, del rapporto processuale. Il processo litisconsortile può derivare dalla volontà delle parti, che agiscono o sono convenute congiuntamente o intervengono, o dall’iniziativa del giudice che ordina la chiamata di un terzo o dispone la riunione di procedimenti connessi.

Si può, ancora, distinguere a seconda che il Litisconsorzio sia originario o sopravvenuto.

Il Litisconsorzio è originario quando la pluralità si forma ab inizio, per effetto della proposizione della domanda da parte di più attori e/o di più convenuti; è sopravvenuto se – nel corso del processo instaurato tra due parti- uno o più soggetti ad esso estranei e, quindi terzi, entrano nel processo stesso ( per intervento, successione o riunione di cause) acquistando la qualità di parte.

Nell’ipotesi di litisconsorzio sopravvenuto, la prima figura che viene in considerazione è quella dell’intervento volontario del terzo. Essa è caratterizzata dal fatto che, pendente un processo relativo ad una controversia tra due parti, un terzo vi fa intervento, ossia entra nel processo medesimo, di sua iniziativa e ne diventa parte, di modo che da tale momento, il processo si svolge con una pluralità di parti.

L’intervento volontario è consentito dalla legge solo in quanto sussistano specifiche condizioni che giustifichino a seconda dei casi, l’appesantimento del processo o la limitazione dell’autonomia delle parti cui l’intervento del terzo dà

vita. Tali presupposti vengono ad essere stabiliti dall’art.105 c.p.c. che detta la disciplina generale in materia, stabilendo che: “ciascuno può intervenire i un processo tra altre persone per far valere, in confronto di tutte le parti o di ciascuna di esse,un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo. Può altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse”.

Le ipotesi di cui al primo comma dell’art. 105 c.p.c. sono caratterizzate dal fatto che il terzo interveniente fa valere un proprio diritto distinto da quello o quelli sulla cui esistenza verte la controversia tra le parti, chiedendo al giudice una pronuncia di mero accertamento, di condanna o costitutiva, nei confronti di tutte o di alcune delle parti. In quanto propone una domanda giudiziale, il terzo diventa parte del processo pendente e, a seguito dell’ampliamento della materia del contendere,si determina un cumulo oggettivo nel processo.

Anche nell’ipotesi di intervento litisconsortile, il terzo fa valere un diritto nei confronti di una o più parti affiancandosi all’altra. Tale diritto deve essere connesso per il titolo o per l’oggetto con il rapporto controverso tra le parti.

L’intervento litisconsortile al pari di quello principale, dà luogo ad un ampliamento della materia del contendere posto che alla controversia originaria si aggiunge quella relativa al diritto sul quale il terzo interveniente propone una domanda di accertamento positivo o negativo.

Il secondo comma dell’art.105 c.p.c. prevede che il terzo possa fare intervento nel processo per sostenere le ragioni di una delle parti, quando ne abbia interesse. Si tratta dell’intervento che suole essere qualificato come adesivo. In tale intervento, a differenza di quanto avviene nei casi previsti dal primo comma, il terzo non fa valere un proprio diritto, distinto da quello controverso nel processo tra le parti;

l’interveniente adesivo propone una domanda sia pure relativa ad rapporto giuridico altrui, che si aggiunge a quella oggetto del processo precedente, pertanto non si ha un ampliamento del thema decidendum che rimane quello originario.

L’intervento del terzo può essere anche coatto, nel senso che non è il terzo stesso a prendere l’iniziativa di partecipare al processo, ecco perché tale ipotesi può essere definita anche, chiamata del terzo.

La chiamata del terzo può avvenire su istanza della parte, o per ordine del giudice

ed è consentita, sia nell’una che nell’altra ipotesi, quando sussistano determinati presupposti. La disciplina generale dell’intervento coatto é dettata dagli artt. 106 e 107 c.p.c. i quali, rispettivamente prevedono che: “ ciascuna parte può chiamare nel processo un terzo al quale ritiene comune la causa o dal quale pretende essere garantita”; e che: “ il giudice quando ritiene opportuno che il processo si svolga in confronto di un terzo, al quale la causa è comune, ne ordina l’intervento”.

Ma la distinzione più importante è quella che fra il litisconsorzio necessario e il litisconsorzio facoltativo dei quali troviamo espressamente riferimento, rispettivamente, agli artt. 102 e 103 c.p.c..

All’art. 102 c.p.c. il legislatore dispone: “ Se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo.

Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina la reintegrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito”.

Appare chiaro, come oggi in Italia, il litisconsorzio necessario costituisca un

limite alla libertà di agire in giudizio, perché subordina l’emanazione della pronuncia sul merito all’estensione della domanda a soggetti diversi dall’attore e dal convenuto originari e, cioè alla sua proposizione nei confronti di soggetti non individuati dal solo attore. Opinione prevalente, è quella che collega la necessità del litisconsorzio all’esistenza di rapporti giuridici unici, con pluralità di parti e, quindi, alla necessaria coincidenza fra parti del rapporto sostanziale e parti del processo. La ratio dell’istituto consiste nell’esigenza di tutelare il diritto alla difesa dei terzi sottoposti, pur senza partecipare al processo, agli effetti della decisione, nonché di fornire alle parti già presenti in causa non un qualsivoglia provvedimento di merito, ma una sentenza idonea a regolare compiutamente il rapporto giuridico controverso.

Il carattere della necessità di questo tipo di litisconsorzio, non va affermato in base alla causa petendi, ossia agli elementi costitutivi della fattispecie da cui deriva il diritto dedotto in giudizio, bensì in base al petitum, ossia il risultato giuridico perseguito in giudizio.

La disciplina processuale può essere così riassunta:

a) Dove la domanda non sia proposta nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, il legislatore prevede un particolare meccanismo di sanatoria,a carattere retroattivo, del vizio derivante dal difetto di questo requisito extra formale. Ai sensi dell’art. 102 c.p.c. il giudice rilevato d’ ufficio il vizio ordina alle parti l’integrazione del contraddittorio entro un termine perentorio da lui stabilito; ove nessuna delle parti provveda ad ottemperare all’ordine del giudice, il processo si estingue;

b) La proposizione della domanda nei confronti di alcuni solo dei litisconsorti necessari, è idonea a produrre tutti gli effetti sostanziali e processuali;

c) Il vizio di mancata integrità del contraddittorio, è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio;

d) La sentenza passata in giudicato pronunciata in assenza di un litisconsorte necessario, è inutiliter data, ossia il giudicato sostanziale è incapace di produrre i suoi effetti sia nei confronti del litisconsorte necessario pretermesso, sia nei confronti delle parti fra cui si è svolto il processo.

Quanto all’ambito di applicazione della norma in questione, l’art. 102 c.p.c. trova

applicazione essenzialmente in tre serie di ipotesi:

1) ipotesi determinate dalla proposizione della domanda da parte di un legittimato straordinario;

2) ipotesi determinate dalla deduzione in giudizio di un rapporto plurisoggettivo;

3) ipotesi di stretta opportunità non riconducibili a sistema.

Alla luce di quanto esposto, possiamo ora analizzare il rapporto di litisconsorzio:

a) Relativamente ai presupposti processuali .

Questi devono sussistere relativamente a ciascuno dei litisconsorti. Il giudice deve avere la giurisdizione ed essere competente rispetto a ciascuno sia di competenza originaria, sia di competenza acquisita per spostamento in virtù del litisconsorzio.

Allo stesso modo deve essere rispetto a ciascuno soggettivamente capace e non ricusabile. Ogni litisconsorte deve avere la capacità processuale ed è autonomo rispetto ai presupposti che lo riguardano. Più litisconsorti possono avere lo stesso rappresentante (ad es. più minori soggetti alla stessa potestà) e il rappresentante può trovarsi litisconsorte del proprio rappresentato (padre attore o convenuto, col figlio minorenne). Per quanto riguarda i procuratori alle liti, ciascuno può avere il

suo ma se i litisconsorti hanno lo stesso interesse, nella tassazione delle spese, si ammettono contro il soccombente gli onorari d’un solo procuratore. Una domanda ammissibile per un litisconsorte può essere inammissibile per un altro.

b) Relativamente alla costituzione.

Le varie domande sono autonome. Mentre nel litisconsorzio attivo esse possono indifferentemente scriversi in un solo o in più atti originali, nel litisconsorzio passivo, devono essere comunicata in altrettante copie quanti sono i convenuti, anche se rappresentati da una sola persona. Tutto ciò anche a riguardo a tutti gli atti che durante il processo debbano notificarsi ai litisconsorti personalmente.

c) Relativamente allo svolgimento.

L’interesse alla vita, alla prosecuzione e alla definizione del processo spetta ugualmente a tutti i litisconsorti, quindi ciascuno può compiere atti d’impulso processuale con effetto di fronte a tutti: ogni litisconsorte può chiedere l’iscrizione a ruolo, può riassumere la causa cancellata dal ruolo ecc.

L’attività di ogni litisconsorte deve essere diretta non solo all’avversario ma a tutti i litisconsorti; le comparse devono dunque comunicarsi per copia a ciascuno dei

litisconsorti.

d) Relativamente alla fine.

Il litisconsorzio cessa col processo, mediante componimento amichevole, rinunzia o sentenza. Esso può anche scindersi, ossia cessare rispetto a uno o più litisconsorti o anche rispetto a tutti, mentre il processo continua rispetto agli altri rimasti in litisconsorzio; ciò è possibile sia perché un litisconsorte si componga amichevolmente con l’avversario, sia perché un litisconsorte rinunci agli atti o accetti la rinuncia fatta a suo riguardo, sia perché il giudice pronunci definitivamente rispetto a un litisconsorte e alle altre parti.

La sentenza di per sé, può tanto chiudere il litisconsorzio, quanto scinderlo e, chiudendolo, può provvedere sulle varie domande anche in modo difforme.

Quanto all’effetto della sentenza, ogni litisconsorte deve riconoscere la sentenza tra il suo litisconsorte e l’avversario, anche se ne è pregiudicato. Nel rapporto dei litisconsorti tra loro, la sentenza fa stato solo in quanto ciò sia richiesto dal rapporto con l’avversario.

e) Relativamente alle spese.

Secondo l’art. 97 c.p.c. : “ Se le parti soccombenti sono più, il giudice condanna ciascuna di esse alle spese e ai danni in proporzione del rispettivo interesse nella causa .

Può anche pronunciare condanna solidale di tutte o di alcune tra esse, quando hanno interesse in comune.

Se la sentenza non statuisce sulla ripartizione delle spese e dei danni, questa si fa per quote uguali”.

La possibilità di porre le spese di lite solidalmente a carico di più parti soccombenti ex art.

97 c.p.c., ove le stesse abbiano interesse comune, costituisce esercizio di una facoltà discrezionale del giudice di merito.

Al fine della condanna in solido dei più soccombenti alle spese di giudizio, il requisito dell’interesse comune è identificabile oltreché nella solidarietà del rapporto sostanziale, anche nell’identità delle questioni sollevate.

CAPITOLO IV