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CASI DI CESSAZIONE DEL LITISCONSORZIO FACOLTATIVO, PRIMA DELLA FINE DEL

7.2. La separazione delle cause

Il carattere non necessario della pluralità di parti, nei casi previsti dall’art. 103 c.p.c., rende logicamente e positivamente possibile che il procedimento nato come procedimento unico per la trattazione congiunta di più cause connesse o

dipendenti dalla risoluzione di identiche questioni non giunga alla conclusione __________________________________________________________________

(192) PATELLI, Il litisconsorzio nel processo civile, Utet, 2006, pag. 115 ss.

mantenendo fino alla fine la forma litisconsortile, ma possa invece frantumarsi dando luogo a distinte pronunce ognuna rivolta a decidere una sola delle cause inizialmente cumulate.

Il disporre la separazione delle cause costituisce la estrinsecazione di un potere discrezionale demandato in via esclusiva al giudice di merito, che ha il potere di disporne la separazione qualora la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il processo.

L’esercizio, in senso positivo o negativo, del potere discrezionale, su cui può incidere il dissenso della controparte, del giudice di disporre la separazione delle domande, è incensurabile in Cassazione (193).

Allorquando in una controversia nella quale si sia realizzato il cumulo soggettivo e oggettivo, di domande, il giudice proceda alla separazione di una o di alcune delle domande dalle altre e su di esse pronunci successivamente sentenza declinatoria sulla competenza, il contraddittorio nel giudizio di competenza introdotto contro tale sentenza riguarda esclusivamente le parti del giudizio relativo alla domanda o alle domande su cui,a seguito della separazione, sia stata __________________________________________________________________

(193) Cass. 6454/97, RGI, 1997, Sentenza civile n. 63.

pronunciata la decisione relativa alla competenza e non si pone alcun problema di applicabilità degli artt. 331 e 332 c.p.c. nei riguardi delle parti delle cause non decise. Tale problema si pone al contrario quando il giudice dispone la separazione della domande in sede decisoria.

Il provvedimento di separazione di una causa da altre connesse, non fa venire meno il vincolo di connessione, ma può incidere soltanto sulla competenza, nel caso di cause appartenenti a giudici diversi ma proposte dinanzi allo stesso giudice per l’esistenza di detto vincolo, come risulta dagli artt. 103 e 279 c.p.c. in base ai quali il provvedimento del giudice che separa la causa di sua competenza da quella del giudice inferiore per poi rimettergliela, incide soltanto sulla competenza per valore (194).

La separazione delle domande cumulate in un unico processo è frutto della novella del 1950 che ha introdotto il secondo comma dell’art. 103 c.p.c. oggi vigente. Prima, in mancanza di analoga previsione, era fortemente incerta la possibilità di separazione delle cause connesse in ipotesi di litisconsorzio facoltativo.

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(194) Cass. 347/00, in La legge plus, RV. 480407.

La norma novellata non indica la forma del provvedimento di separazione, né le conseguenze della mancata separazione o di una separazione fondata su valutazioni errate o che si riveli inopportuna.

Il potere del giudice di scindere il litisconsorzio su istanza concorde delle parti o per sua autonoma e discrezionale valutazione consegue razionalmente all’autonomia sostanziale delle cause cumulate che ne rende sempre possibile la decisione separata. La possibilità di disporre la separazione verrebbe meno secondo parte della dottrina quando il cumulo sia l’effetto dell’applicazione dell’art. 40 c.p.c. quindi, qualora la riunione sia stata obbligatoriamente disposta dal giudice ad quem a seguito di riunione, perché in tal caso la separazione implicherebbe una revoca della sentenza che ha disposto la riunione.

Nel caso dell’istruzione la separazione potrà essere disposta per l’una o l’altra ragione con ordinanza (195). Detta ordinanza è in impugnabile (196) ma entro certi limiti è revocabile da parte del giudice che l’ha emessa. Se è stata pronunciata su istanza concorde delle parti, l’ordinanza di separazione è modificabile o revocabile da parte del giudice istruttore solo se e in quanto vi sia

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(195) ZANUTTIGH, Litisconsorzio, Digesto Italiano, pag. 57-58 (196) FABBRINI, Litisconsorzio, Enc. diritto, Milano 1964, pag. . 831.

la richiesta di tutte le parti in tal senso (197).

E’ condivisibile l’idea che in sede di decisione la separazione possa essere disposta solo quando vi sia un apprezzabile interesse della parte che ne ha fatto richiesta alla sollecita decisione di una domanda posta la previsione dell’art. 277 c.p.c..

Quanto alla forma del provvedimento di separazione, adottato in sede di decisione, è da ritenersi che in linea di principio sia quella dell’ordinanza, argomentando dall’art. 279 c.p.c., alla stregua del quale quando il giudice decida solo alcune delle cause riunite dispone con ordinanza la separazione delle altre cause.

Dottrina e giurisprudenza ritengono che la separazione possa anche essere disposta con la sentenza definitiva che abbia deciso una delle cause riunite e debba ritenersi in re ipsa se la sentenza abbia disposto sulle spese anche se non abbia pronunciato esplicitamente sulla separazione.

La non necessità di un provvedimento esplicito di separazione consente alla stessa dottrina di prospettare un’interpretazione condivisibile degli artt. 277 e 279

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(197) PROTO-PISANI, Dell’esercizio dell’azione, in Comm. C.p.c., Allorio, I, 2, Torino 1973.

c.p.c., norme dirette entrambe a disciplinare la decisione di più domande.

Non sono previsti rimedi in caso di adozione di un provvedimento di separazione erroneo ed inopportuno.

Quando la separazione sia disposta nel corso dell’istruttoria la relativa ordinanza è sostanzialmente inoppugnabile: se pronunciata su concorde istanza delle parti essa è immodificabile, se assunta dal giudice discrezionalmente o su istanza di una sola delle parti, è revocabile solo d’ufficio in base ad una nuova valutazione di opportunità.

Se la separazione sia disposta in sede di decisione è ugualmente da ritenere che il relativo provvedimento esplicito o implicito, non possa essere impugnato dalla parte.

La giurisprudenza conferma che in caso di litisconsorzio facoltativo, il giudice ha il potere di disporre sia nell’istruzione sia nella fase decisoria, la separazione delle cause cumulativamente trattate se vi è istanza di tutte le parti o quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più gravoso il

processo (198). Utili indicazioni emergono dalle decisioni emesse in argomento:

innanzitutto, si afferma che il provvedimento di scissione ha natura esclusivamente ordinatoria essendo destinato a disciplinare nel modo più conveniente lo svolgimento del giudizio e a contemperare le opposte esigenze del simultaneus processus e della rapidità ed economicità delle decisioni e che esso costituisce espressione di un potere discrezionale del giudice (199).

Il provvedimento può anche essere contenuto nella sentenza che ha definitivamente deciso taluna delle domande cumulate e la divisione è implicita ove la pronuncia abbia statuito le spese giudiziali (200).

Qualche incertezza permane qualora la sentenza non abbia statuito neppure sulle spese

È pacifico che l’ordinanza di separazione del giudice istruttore è irrevocabile da parte del collegio (202) e che essa anche quando venga emanata da quest’ultimo è inoppugnabile davanti ad un giudice superiore (203).

Il giudice d’appello ha il compito di riesaminare la lite nei limiti in cui vi è stata pronuncia rispettando rigorosamente il principio del doppio grado di giurisdizione __________________________________________________________________

(198) Cass. 12745/98; Cass. 3800/98.

(199) Cass. 9638/ 99, RGI 1999, Procedimento Civile, n. 229; Cass. 6454/97, RGI, 1997, Sentenza civile n.

(204). L’esercizio del potere d separare le cause cumulate, rientrando tra le facoltà ordinatorie e discrezionali del giudice è insindacabile in sede di legittimità, anche ai sensi dell’art. 111 Cost. (205).

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(204) Cass. 9638/99, RGI, 1999, Procedimento civile n. 229; Cass. 6454/97, RGI, 1997, Sentenza civile n.

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CAPITOLO VIII

IL LITISCONSORZIO FACOLTATIVO