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Affinché i manager riescono ad incentivare i lavoratori ad entrare a far parte dell’organizzazione o - per chi già ci lavora - di restare, sono tenuti ad andare fino in fondo a comprendere quali sono le reali motivazioni dei singoli. Etimologicamente il termine “motivazione” (dal latino motus) indica un

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movimento, quindi il dirigersi di un soggetto verso un oggetto desiderato, verso uno scopo38. Già questa prima definizione fa comprendere come durante il tragitto per arrivare allo scopo finale, possano entrare in gioco vari aspetti interrelati ed interagenti tra loro: aspetti emotivi, cognitivi, biologici, psicologici, sociali. Infatti si vanno a creare delle relazioni tra questi diversi fattori a tal punto che diventa difficile isolarli l’uno dall’altro. Entrando più in un’ottica sociologica è possibile affermare che le azioni umane sono governata da una parte razionale ed una parte irrazionale, dove quest’ultima è il frutto di una miscela tra quella che è la genetica della persona e le sue esperienza che più hanno segnato il suo inconscio. La parte razionale è quella che più riesce a prendere spunto dall’ambiente esterno e valutare se fare o meno un’azione a seconda del contesto. Non entrando troppo nel merito sociologico e psicologico, in tale sede risulta opportuno individuare le tesi che più hanno a che fare con la spinta motivazionale della persona in un contesto organizzativo.

2.9.1 Maslow

Il primo studioso, divenuto famoso grazie alla “piramide dei bisogni”, è Maslow. Egli ha creato una piramide dei bisogni, secondo la quale i bisogni primari e quindi fisiologici sono alla base di essa. L’ordine gerarchico di questi bisogni stabilisce anche l’ordine di priorità nella loro soddisfazione. Secondo Maslow se non si soddisfano per primo i bisogni posti ad un livello più basso non si possono soddisfare bisogni di livelli superiori. Ponendo l’esempio di una persona che non beve da due giorni, risulta semplice intendere che le azioni di questa persona saranno orientate peri primo a soddisfare questo bisogno anziché un altro di minore importanza rispetto alla sopravvivenza della persona stessa.

38http://www.psicologiadellavoro.org/?q=content/le-origini-della-motivazione-ed-il-suo-significato

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Figura n 3. La piramide dei bisogni di Maslow39

Quindi la gerarchia dei bisogni di Maslow può essere un approccio da tenere in considerazione da parte dei manager per poter individuare quelle che sono le esigenze e i bisogni dei propri collaboratori. In questo senso il compito dei manager è davvero arduo e difficile. Di fatti, le persone che fanno parte di un’organizzazione non avvertono tutti gli stessi bisogni. Ci saranno lavoratori che saranno più orientati a cercare la stima dei colleghi, come ci sarà chi cercherà di soddisfare bisogni di tipo sociale e cosi via. Senza entrare troppo nel merito della

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Psicologia del Lavoro è opportuno porsi il quesito: come può quindi un’organizzazione soddisfare i bisogni di tutti i suoi collaboratori? Per rispondere a questo quesito si può partire dallo stipendio che si percepisce. Infatti uno stipendio è capace di soddisfare bisogni che rientrano nella sfera della sicurezza, ma anche dell’autostima. La stessa cosa vale per un valido sistema di benefit che può quindi garantire una sicurezza ulteriore per il lavoratore. Di esempio sono i piani assicurativi o pensionistici. Per quanto riguarda i bisogni sociali, l’organizzazione deve impegnarsi e garantire un ottimo ambiente lavorativo. L’organizzazione deve impegnarsi affiche l’atmosfera aziendale sia positiva e che un buon sistema di comunicazione riesca a fare il lavoratore un perno indispensabile per la stabilità del gruppo di lavoro. Affrontare i problemi che rientrano nel vertice alto della piramide e quindi quelli che vanno sotto il nome “dell’autorealizzazione”, significa che l’organizzazione di deve prendere carico della crescita lavorativa del dipendente. Concludendo, c’è da dire che tale schema dettati da Maslow deve essere preso con le giuste cautele da parte dei manager. Il modello di Maslow è infatti fortemente centrato sul meccanismo di autodeterminazione dell’individuo, facendo risalire le spinte motivazionali esclusivamente a fattori interni, ignorando l’interazione tra l’individuo e l'ambiente esterno40. Comunque, agire in modo efficiente su tutti i livelli della

piramide permette all’organizzazione di motivare tutta la sua forza lavoro. L’abilità nel saper gestire tali bisogni è frutto di un buon sistema manageriale teso a trattenere a lungo i propri collaboratori.

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2.9.2 Teoria dei fattori igienici-motivanti di Herzberg

Herzberg nel 1959 effettuò uno studio per approfondire le modalità con cui i bisogni di stima e di autorealizzazione si sviluppano nelle persone. Secondo tale studioso esistono due fattori che vanno a determinare la soddisfazione o l’insoddisfazione di un lavoratore. Da un lato ci sono i “fattori igienici”: essi sono fattori che non vanno a motivare ma che comunque sono fondamentali e che se non vengono soddisfatti possono demotivare. Questi possono essere: l’orario di lavoro, lo stipendio, le condizioni di lavoro in generale, la sicurezza del lavoro e così via. Volendo paragonarli alla piramide dei bisogni di Maslow, questi sono tutti elementi che non rientrano nella sfera della stima e dell’autorealizzazione. Dall’altro lato ci sono poi i “fattori motivanti”, essi sono quei fattori che portano una maggiore produttività appagando bisogni superiori come ad esempio: il riconoscimento dei risultati raggiunti, la responsabilità, crescita professionale, avanzamento di carriera.

Herzberg, non ha sviluppato le sue teorie come “strumenti motivanti” con lo scopo di andare ad aumentare le performance organizzative, ha piuttosto voluto offrire una spiegazione su come gestire al meglio le persone per migliorare complessivamente il benessere della forza lavoro. Soddisfazione e insoddisfazione dipendono da diversi fattori e non sono semplicemente reazioni opposte agli stessi fattori. Porre rimedio alle cause di insoddisfazione non crea soddisfazione; aggiungere fattori di soddisfazione non elimina l'insoddisfazione41.

La sfida quindi che l’organizzazione si deve porre è quella di creare un contesto lavorativo che stimola i bisogni dei lavoratori. Attraverso la formazione, tali persone sono capaci di motivarsi e reagire autonomamente agli stimoli proveniente dall’esterno e dall’organizzazione. Alimentando una carica psicologica riescono a contribuire con tutte le energie al miglioramento organizzativo. Interessante è stato il suo soffermarsi sulla questione del salario. Secondo Herzberg infatti, il denaro

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non rappresenta un fattore motivante, un aumento di denaro può portare ad un aumento di soddisfazione soltanto nell’immediato. In un medio – lungo tempo l’insoddisfazione o mancata motivazione della persona tornerebbe di nuovo.

2.9.3 Applicabilità

Se quindi un manager vuole applicare gli studi eseguiti da Herzberg, lo deve fare in due fasi. Per prima cosa è necessario eliminare le insoddisfazioni, quindi andando a capire quali sono le problematiche in quegli elementi che vanno sotto la voce “fattori igienici”. L’errore che molti manager fanno è di offrire all’interno organico aziendale fattori motivanti senza che siano stati curati per primo i fattori igienici. Se è vero che le motivazioni non vanno a togliere le cause di insoddisfazione allora non ha senso partire dai fattori motivanti. Offrire strumenti motivazionali senza curare le insoddisfazioni può produrre al massimo qualche soddisfazione di breve periodo facendo ripresentare gli stesso problemi dopo poco tempo.