4.1 (segue): L’organismo di composizione della crisi.
5. Il favor per la continuità aziendale nel “nuovo” concordato preventivo
Tra i principi generali della legge delega l’art. 2, lett. g, prevede quello volto a “dare priorità di trattazione, fatti salvi i casi di abuso
alle proposte che comportino il superamento della crisi assicurando la continuità aziendale, anche per il tramite di un diverso imprenditore, purché funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori e purché la valutazione di convenienza sia illustrata nel piano, riservando la liquidazione giudiziale ai casi nei quali non sia proposta un’idonea soluzione alternativa”. La legge delega si fa portatrice della tendenza, già manifestatasi nei numerosi provvedimenti che hanno modificato il corpus della legge fallimentare, per la preferenza di soluzioni di composizione della crisi volontarie, alle quali si contrappone la liquidazione giudiziale.
poggia sul presupposto per cui vi siano beni del debitore suscettibili di essere trasformati in denaro e di soddisfare i creditori, tuttavia, dal punto di vista economico, la ricchezza non consiste soltanto nel possesso di beni, ma soprattutto nella capacità di produrre reddito, ovvero nella “continuità aziendale”264 .
È in tale conteso che s’inquadra la figura del “nuovo” concordato preventivo, ossia del concordato “in continuità aziendale”, inteso non più come sotto-tipo del concordato preventivo, bensì come principale ed ordinaria forma di concordato.
Nello schema elaborato dalla commissione Rordorf il concordato in continuità rappresenta il principale strumento di gestione negoziale della crisi, non escludendosi però la possibilità di un concordato preventivo di tipo liquidatorio «purché esso sia
caratterizzato da apporti di terzi che consentano di soddisfare le ragioni dei creditori in misura maggiore», vale a dire l’ipotesi in cui
è contemplata la prestazione di c.d. “nuova finanza”, che assicuri ai debitori un vantaggio superiore a quello della dismissione del patrimonio del debitore.
Eppure, nell’articolato varato dal Consiglio dei ministri ci si è discostati da tale soluzione, con la conseguente “inammissibilità di proposte che, in considerazione al loro contenuto sostanziale, abbiano natura essenzialmente liquidatoria” (art. 6 lett. a).
Da ultimo, nella versione definitiva del testo della legge delega, approvata nel corso dei lavori parlamentari, è stata reintrodotta la possibilità di presentare proposte «che abbiano natura
liquidatoria esclusivamente quando è previsto l’apporto di risorse esterne che aumentino in misura apprezzabile la soddisfazione dei
264 Cfr. G. COSTANTINO, Note sui rapporti tra concordato preventivo e
fallimento nel disegno di delega per riforma delle procedure concorsuali,
creditori; è assicurato, in ogni caso, il pagamento di almeno il 20% dell’ammontare complessivo dei crediti chirografari»265.
La legge delega, nel reintrodurre il concordato liquidatorio, impone dunque due condizioni: l’apporto di nuova finanza ed il soddisfacimento di almeno il 20% dei creditori chirografari La previsione di una percentuale minima di soddisfacimento dei creditori ha un preciso significato: il legislatore, in tal modo, ha evitato che i creditori potessero essere pregiudicati da una ripartizione esigua in caso di una soluzione liquidatoria266 .
Tale previsione rende palese l’intento del legislatore di ridurre i concordati di tipo liquidatorio ed incentivare quelli che, attraverso la conservazione ed il mantenimento dei livelli occupazionali, garantiscano la continuità aziendale, trattandosi di una previsione in grado di incentivare ex ante la corretta gestione della crisi267. Fra le novità caratterizzanti il “nuovo” concordato preventivo vi è il ruolo attribuito al tribunale più penetrante rispetto al passato. Infatti la definizione delle competenze del giudice nel concordato con continuità, così come disciplinato all’art 182-bis della legge fallimentare, è stato oggetto di un lungo dibattito giurisprudenziale, definito dalla Cassazione a SS. UU. con sentenza del 23 gennaio 2013, n. 1521268, la quale statuisce che il “Il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di 265 Art. 6 lett. a, della l. 155/2017. 266 G. LO CASCIO, La nuova legge delega sulle procedure concorsuali tra diritto ed economia, cit., p. 1258. 267 Cfr. S. DE MATTEIS, I principi generali della legge delega di riforma
delle procedure concorsuali, cit., p. 1304: l’autore afferma che la
previsione di una percentuale minima di soddisfacimento dei creditori persegue la finalità di recupero e salvataggio delle imprese sane, dietro soddisfacimento dei creditori entro livelli accettabili e il rilancio dell’impresa stessa nell’interesse dei suoi stakeholder.
fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dalla attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti”, segnando così la distinzione fra valutazione della
fattibilità giuridica e della causa concreta del concordato preventivo (demanata al tribunale) e valutazione della convenienza economica della proposta (riservata ai creditori). La “fattibilità giuridica” deve essere intesa come congruenza tra le modalità attuative del piano e le norme imperative vigenti, la cui mancanza va rilevata d’ufficio dal giudice, poiché renderebbe impossibile l’esecuzione della proposta269, mentre la “fattibilità
economica” consiste in una “prognosi di concreta realizzabilità”270 della proposta e del piano concordatario ed è, pertanto, riservata soltanto ai creditori. Il disegno di legge delega, all’art. 6, co. 1, lett. e, sembra andare oltre quanto statuito dalla sentenza sopra citata, prevedendo che il tribunale debba farsi carico della fattibilità “anche economica” del piano concordatario, “tenendo conto dei rilievi del commissario giudiziale”.
Pertanto, laddove, alla luce di ciò, si ritenesse attribuito al tribunale un potere di giudizio sulla “fattibilità economica” del piano concordatario, ne conseguirebbe un depotenziamento assoluto del ruolo dei creditori, peraltro, in un contesto in cui è prevista la soppressione dell’adunanza dei creditori, sostituita dalla previsione di esercizio del voto mediante modalità telematiche271, con l’indubbio vantaggio della speditezza della
269 vedi Cass. 29 gennaio 2015, n. 1762; Cass. 4 luglio 2014, n. 15345;
Cass. 30 aprile 2014, n. 9541, in www.iusexplorer.it
270 Cass. 28 marzo 2017, n. 7959. 271 Art. 6, 1º co., lett. f.
procedura ma con la conseguenza di privare la deliberazione del dibattito fra debitori e creditori272.
Se invece, l’espressione “fattibilità anche economica” viene letta unitamente alla previsione del requisito della percentuale minima del 20% di soddisfacimento dei creditori chirografari, il sindacato del tribunale, oltre che sulla fattibilità giuridica del concordato preventivo, può considerarsi esteso alla valutazione prognostica del rispetto di detta soglia, garantendo la competenza in via esclusiva in capo ai creditori sulla convenienza della proposta273.
D’altro canto, soprattutto con riferimento al concordato in continuità la valutazione della fattibilità in concreto mostra connotati di inscindibilità ancor più intensi, dovendo il piano rivelarsi idoneo a dimostrare ex ante la sostenibilità finanziaria che presuppone la continuazione dell’attività d’impresa274.
L’ampliamento dei poteri del tribunale in sede di procedura concordataria potrebbe addirittura rivelarsi utile a prevenirne o mitigare l’uso distorto del concordato, es. nel caso in cui la regola maggioritaria consenta l’accesso alla procedura ad imprenditori ormai decotti275.
Nella testo finale della legge delega è venuta meno la previsione per cui i terzi erano legittimati a presentare domanda di concordato preventivo, si trattava di una previsione avente l’obbiettivo di tutela degli stakeholder, anche se non si è mancato di osservare il forte impatto che l’intervento del terzo avrebbe
272 G. LO CASCIO, La nuova legge delega sulle procedure concorsuali tra
diritto ed economia, cit., p. 1258.
273 A. BARTALENA, Il concordato in continuità, in a Crisi d’impresa e
insolvenza prospettive di riforma, cit., p.107-108.
274 M. TERENGHI, Verso un superamento della distinzione tra “fattibilità
giuridica” e “fattibilità economica” nel concordato in continuità?, in Fallimento, 8-9, 2017, p. 933.
275 A. BARTALENA, Il concordato in continuità, in a Crisi d’impresa e
avuto, potendo condurre all’estromissione del debitore dalla sua impresa e nel caso di esercizio dell’attività d’impresa in forma societaria, potendo incidere pesantemente sugli assetti organizzativi della stessa.
La nuova configurazione del concordato preventivo ha ricadute sul piano della responsabilità degli amministratori nella gestione dell’impresa. Infatti nell’ipotesi di concordato con continuità aziendale è accordata una prevalenza all’esercizio dell’attività d’impresa sull’obbligo di gestione conservativa ex art. 2486 e, ferma restando la sussistenza di tale obbligo, nel momento in cui si verifica una causa di scioglimento ai sensi degli artt. 2447, 2482 ter e 2484 co. 1, n. 4 c.c., nella fase anteriore alla presentazione della domanda di concordato preventivo occorre capire quale regime di responsabilità applicare agli amministratori sociali, ritenendosi che tale regime di responsabilità debba essere orientato alla soddisfazione del miglior interesse del creditore276;
mentre nella fase successiva all’omologazione del concordato la responsabilità degli amministratori sarà vincolata alle prescrizioni dettate dal piano277.
Si è pure osservato che le condizioni stabilite all’interno del piano concordatario, rappresentano una fonte di obblighi degli amministratori di destinazione della “ricchezza” della società debitrice nella maniera in esso indicata per procedere al risanamento: le condizioni della proposta di concordato omologato contribuiscono a determinare gli obblighi della società debitrice e vincolano, di conseguenza gli amministratori a darvi
276 Per ulteriori approfondimenti: A. PATTI, Il miglior soddisfacimento
dei creditori: una clausola generale per il concordato preventivo?, in Fallimento, 9, 2013, p. 1106.
277 A. PATTI, Crisi d’impresa e responsabilità degli amministratori di
attuazione278.
Ad espressione del favor del legislatore per la continuità aziendale vi è, poi, la previsione contenuta nella legge delega all’art. 6. lett. i, n. 1) che rende possibile per l’imprenditore prevedere, nel concordato con continuità aziendale, una moratoria per il pagamento dei crediti privilegiati per un periodo anche superiore all’anno, termine attualmente previsto dall’art 186-bis, 1º co., lett. c., salvo che sia programmata la liquidazione dei beni o dei diritti su cui sussista la causa di prelazione.
Ulteriore novità è data dall’operatività espressa della disciplina del concordato con continuità aziendale nell’ipotesi in cui l’azienda sia oggetto di un contratto di affitto, anche se stipulato anteriormente alla domanda di concordato risolvendosi i dubbi che in passato ha riguardato la riconducibilità al paradigma della continuità aziendale dell’art, 186-bis dei contratti di affitto279.
6. La liquidazione giudiziale
Nell’ottica dell’evoluzione della legge fallimentare da procedura con la valorizzazione delle finalità conservative rispetto a quelle liquidatorie, una delle più rivoluzionare novità della legge delega ha riguardato il piano semantico della normativa concorsuale. La legge 155/2017 all’art. 2, rubricato “principi generali” al 1 co., lett. a) prevede la sostituzione del termine «fallimento» e dei suoi derivati con l’espressione «liquidazione giudiziale»: il
278 G. D’ATTORRE, Ricchezza del risanamento imprenditoriale e sua
destinazione, in Fallimento, 10, 2017, p. 1021
279 Per maggiori approfondimenti si rinvia a G. BOZZA, Affitto e vendita
dell’azienda quali strumenti di risanamento, in Fallimento, 10, 2017, p.
cambiamento, da un lato, è in conformità con scelte adottate in altri ordinamenti di civil law ed in linea, peraltro, con quelle esigenze di immagine e svecchiamento di un corpus normativo risalente ad un r.d. del 1942.
Dall’altro lato, e principalmente, si propone l’obbiettivo di «evitare
l’aura di negatività e di discredito, anche personale, che storicamente a quella parola si accompagna; negatività e discredito non necessariamente giustificati dal mero fatto che un’attività d’impresa, cui sempre corrisponde un rischio, abbia avuto un esito sfortunato»280.
Della questione è stata investita la Corte di Costituzionale sulla base della considerazione che il termine «fallito» avrebbe infatti
«una portata ben più ampia che coinvolge la persona nella sua globalità, in tutte le sue sfere e relazioni sociali, e nel suo più intimo sentire ed amor proprio»281 e la Corte Costituzionale, con ord. 3
marzo 2016, ha dichiarato apprezzabile la preoccupazione sollevata, ma ha rinviato la soluzione al legislatore, asserendo che
«l’obiettivo del mutamento del nomen iuris dell’istituto in questione, che il rimettente si propone di conseguire attraverso l’incidente di costituzionalità - seppur apprezzabile nella delineata prospettiva di una più sensibile attenzione al valore della dignità della persona - presuppone, comunque, una valutazione, in ordine alla denominazione più appropriata di aspetti pertinenti alla disciplina del fallimento, certamente eccentrica rispetto ai poteri del Giudice delle leggi ed attinente invece al proprium delle scelte riservate al legislatore»282.
280 RELAZIONE ALLO SCHEMA DI LEGGE DELEGA PER LA RIFORMA
DELLE PROCEDURE CONCORSUALI, cit. p. 5
281 Trib. di Vicenza, ord. 13 giugno 2014, n. 89, in www.giurcost.org . 282 D. BONACCORSI DI PATTI, Il termine «fallito» nella legge fallimentare:
questioni lessicali e legittimità costituzionale, commento a Corte Cost.,
In realtà già la Legge delega 14 maggio 2005, n. 80, all’art. 1, comma 6, lett. a), n. 4, imponeva di «modificare la disciplina delle
conseguenze personali del fallimento, eliminando le sanzioni personali e prevedendo che le limitazioni alla libertà di residenza e di corrispondenza del fallito siano connesse alle sole esigenze della procedura»; e allo stesso modo, la relazione al D.Lgs. n. 5 del 2006
dichiarava di voler superare la precedente visione del diritto fallimentare propria della legge fallimentare del 1942, nel quale il debitore veniva «posto in una condizione di assoluta incapacità di
disporre, anche con effetti extra-concorsuali e di tipo personale del proprio patrimonio».
Dunque a partire dalla riforma del 2005 – 2007 sono state abrogate norme inerenti gli effetti personali derivanti dal fallimento283 e con la legge delega del 2017 è ormai palese
l’intenzione del legislatore di voler eliminare ogni valenza stigmatizzante nei confronti del debitore che storicamente a quella parola si accompagna284: trova piena espressione l’idea per
la quale situazioni di crisi ed insolvenza rappresentino eventi fisiologici del ciclo vitale dell’impresa. Al di là della questione terminologica, il mutamento di prospettiva tuttavia la sostituzione del termine fallito con quello di insolvente abbia una portata esclusivamente nominalistica e dimostri efficacia effimera nell’eliminare l’aura di discredito in capo all’imprenditore.
283 Si pensi all’abolizione del registro dei falliti, ex art. 50 l. fall. ; alla
modifica dell’art. 48 l. fall. sull’inoltro automatico al curatore della corrispondenza indirizzata al fallito e all’art. 49 l. fall. sugli obblighi di residenza dell’imprenditore sottoposto a procedura concorsuale; all’introduzione delle norme sull’esdebitazione ex artt. 142 ss. L. fall
284 Cfr. S. DE MATTEIS, I principi generali della legge delega di riforma
delle procedure concorsuali, in Dir. Fall., 6, 2017, p. 1296. La
Comunicazione della Commissione COM (2007) 584 del 5 ottobre 2007, in www.parlamento.it: «La stigmatizzazione del fallimento commerciale è uno dei motivi per i quali numerose PMI in difficoltà finanziarie nascondono i loro problemi sino a quando non è troppo tardi».
si riverbera anche sul piano procedurale le novità non sono impattanti rispetto la previgente disciplina.
Con riguardo all’apertura della procedura è stato adottato un unico contenitore processuale per l’accertamento sia dello stato di crisi che di insolvenza con il conseguente ampliamento del presupposto soggettivo; in tal modo il procedimento predisposto unicamente alla dichiarazione di fallimento si dissolve in uno unitario, preordinato all’accertamento del dissesto economico del debitore, di cui l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale è solo uno dei possibili esiti285.
L’intero procedimento è improntato a maggiore celerità, soprattutto nella fase di reclamo286, per evitare che la decisione
intervenga troppo tardi e con effetti pregiudizievoli ulteriori per i creditori.
Con riferimento alla legittimazione ad agire, la legge attribuisce il potere di iniziativa al debitore, ai soggetti con funzione di controllo e vigilanza sull’impresa e al PM, in ogni caso in cui abbia notizia dell’esistenza di uno stato d’insolvenza, e non più legando il suo potere alla circostanza che l’insolvenza risulti nel corso di un procedimento penale o da segnalazione del giudice civile. Inoltre, essendo nella pratica assai infrequente che il debitore si attivi per la dichiarazione di fallimento, il legislatore dovrebbe prevedere uno “sconto opportuno”287, ossia delle misure premiali
più chiare e maggiori rispetto ad oggi288, volte ad evitare che
285 A. BENOCCI, Dal fallimento alla liquidazione giudiziale: rivoluzione
culturale o make-up di regolamentazione?, cit., p. 761
286 Art. 2, lett.d), l. 155/2017
287 L. STANGHELLINI, La crisi di impresa fra diritto ed economia. Le
procedure di insolvenza, cit., 133.
288 Ai sensi della normativa vigente, al debitore che ricorra in proprio per la dichiarazione di fallimento non sono riconosciuti benefici in modo espresso. Alcuni meccanismi agevolativi possono però essere ricavati dal sistema. Ai sensi dell'art. 217, comma 1, n. 4, l. fall. in materia di
ritardi e dissimulazioni cagionino danni ulteriori e ben più gravi a tutti gli stakeholder coinvolti.
Tuttavia la possibilità di un accesso “automatico” a soluzioni di composizioni della crisi diverse da quelle richieste con la domanda di accesso a procedimento unitario lascia dei dubbi circa la reintroduzione di forme “officiose” di liquidazione concorsuale, nella parte in cui nella Relazione al d.d.l. si prevede che «il
procedimento sarà suscettibile di diversi possibili esiti, a seconda del tipo di provvedimento richiesto al giudice e dell’accertamento positivo o negativo della sussistenza delle relative condizioni. Appare coerente con questa logica il prevedere che un iniziale percorso concordatario, ove rivelatosi impraticabile, possa convertirsi automaticamente in un esito di tipo liquidatorio (corrispondente all’attuale fallimento), senza necessità di una nuova domanda».
L’iniziativa officiosa è già stata abrogata con il d. lgs n. 5 del 2006289 ed in tal senso la reintroduzione di automatismi che
bancarotta semplice, è punito il fallito che ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento: il debitore può quindi essere interessato a fallire in proprio per evitare le conseguenze penali previste dalla norma citata.
Secondo la previsione dell’art. 142, comma 1, n. 2, l. fall. in materia di c.d. esdebitazione, il fallito può essere liberato dai debiti che residuano alla chiusura della procedura — anche al di fuori del concordato fallimentare — al ricorrere congiunto di determinate condizioni, tra le quali risulta anche quella che il fallito non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura: il debitore può quindi essere interessato a fallire in proprio per dimostrare la sussistenza di questa condizione e usufruire quindi dell'istituto esdebitativo, ricorrendo gli altri presupposti.
289 Il d. lgs n. 5 del 2006 aveva modificato l’art. 147 l. fall., prevedendo
che se dopo la dichiarazione di fallimento della società, risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabili, il tribunale possa dichiarare il fallimento dei medesimi, ma non più d’ufficio, bensì su istanza del curatore, di un creditore, ovvero di un socio fallito. Allo stesso modo si procede qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l’impresa è riferibile ad una
conducono alla liquidazione concorsuale potrebbe assumere il carattere di un “ritorno all’antico”, affidando al giudice poteri di riqualificazione d’ufficio della domanda di parte290.
Ulteriori novità sono date dal potenziamento del ruolo attribuito al curatore per il compimento degli atti e delle operazioni inerenti l’organizzazione e la struttura finanziaria della società, così da assicurare adeguate informazioni a soci e creditori.
L’accertamento del passivo è improntato a caratteri di snellezza, semplicità e concentrazione grazie anche ad una particolare agevolazione per la presentazione delle domande telematiche291
con la previsione di un unico e più ampio termine; è stato configurato un coordinamento degli effetti del contratto di lavoro in materia di licenziamento, di forme assicurative e previdenziali, di trattamento di fine rapporto e di insinuazione al passivo. Le operazioni di liquidazione dell’attivo devono essere realizzate nella massima trasparenza, prevedendosi sistemi d’informazione e di vigilanza e garantendosi competitività nell’ambito di un mercato unitario telematico delle vendite292. società, di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile. Il successivo D. Lgs. “correttivo” n. 169 del 2007, risolvendo alcune problematiche di coordinamento tra il novellato art. 6 l. fall. e le norme sul concordato, ha opportunamente chiarito, modificando ed integrando le relative disposizioni, che, una volta intervenuti il decreto di inammissibilità del concordato preventivo ex art. 162 l. fall., il decreto di revoca ex art. 173, il decreto di rigetto dell’omologa ex art. 180 o il decreto di risoluzione ex art. 186 l. fall., il fallimento può essere dichiarato solo su istanza dei creditori o del P.M.
290 F. DE SANCTIS, Il processo uniforme per l’accesso alle procedure
concorsuali, cit., p. 1051 – 1052.
291 G. LO CASCIO, La nuova legge delega sulle procedure concorsuali tra
diritto ed economia, in Fallimento, 12, 2017, p. 1260.
7. Le modifiche al codice civile
La legge delega 155/2017 è intervenuta anche su alcuni articoli del codice civile, introducendo importanti modifiche con lo scopo di adeguare l’impianto codicistico ai criteri direttivi fissati dalla riforma.Il decreto attuativo sulle modifiche al codice civile prevede che