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LA METODOLOGIA DEL ROLE PLAYING e L’INTERPRETAZIONE TESTUALE

2) FAVORISCE LA CAPACITA’ DI IMMEDESIMAZIONE

“Non posso giocare con te”- disse la volpe - non

sono addomesticata”. […]

“Che cosa vuol dire addomesticare?” chiese il Piccolo Principe.

[…]

“E’ una cosa da molto tempo dimenticata. Vuol dire

“creare dei legami”…” “Creare dei legami?”

“[…] Se tu mi addomestichi noi avremo bisogno l’uno

dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, io sarò

per te unica al mondo”117.

Con questo brano, De Saint Exupery ci consegna una delle pagine più belle e interessanti della letteratura europea.

La parola chiave che l’autore utilizza per stigmatizzare la natura di un rapporto è il termine “addomesticare”, ossia rendersi familiari a qualcuno o a qualche cosa.

Perché aprire con questo brano letterario?

Perché il primo desiderio e tentativo umano è quello di rendere familiare, conoscere e infine addomesticare la realtà, il mondo e le cose che ci circondano.

Il bisogno di comprendere la realtà, cioè di abbracciarla, è evidente fin dai primi anni di vita grazie ad un’operazione che si lega strettamente all’idea del gioco: l’immedesimazione.

L’immedesimazione, ossia il tentativo così umano e così naturale di “farsi una sola cosa con un’altra”118, è la prima operazione ludica con cui l’essere umano si cimenta. È la prima illusione 119 con cui il bambino riempie le proprie giornate, lo strumento primo con cui si paragona alla realtà, tentando si sondarla ed indagarla limitando al minimo i rischi. L’immedesimazione è il procedimento naturale con cui

117 A. De Saint Exupery, Il Piccolo Principe, Bompiani, Milano,

2001, p. 92

118 Secondo la definizione che fornisce il Dizionario della Lingua

Italiana “Il nuovo Zingarelli” di N. Zingarelli, Ed. Zanichelli, Bologna, 1984

119 La parola italiana “illusione” deriva dal latino illudere

composto di in - ludere (giocare) e significa propriamente “Inserire in un gioco”, “prendersi gioco”.

il bambino prova a uscire dalla propria realtà per scoprirne altre e per provarsi in contesti nuovi.120 Tuttavia, seppur tipica della prima infanzia, il processo immedesimativo accompagna ogni fase di crescita dell’uomo e costituisce l’impulso essenziale che lo porta a giocare: abbandonare cioè il proprio ruolo e la propria quotidianità per rivestirne momentaneamente un’altra, talora anche completamente diversa, sospendere un momento la realtà per poi farvi ritorno, ma arricchito.

E’ bene chiarire fin da subito che l’immedesimazione non deve essere una fuga dalla realtà, ma solo una sospensione di essa, un black –out con la propria esperienza per immergersi in un’altra da paragonare poi alla nostra.

Il bisogno di immedesimazione, così proprio dell’uomo, entra a pieno titolo nel campo della didattica che non deve tralasciare nulla di quanto pertiene all’umano. L’immedesimazione è la base del ludico. Per fare una piccola esemplificazione, vorrei servirmi di un grande genio del nostro secolo, che non fu propriamente né un pedagogista né uno psicologo, né un insegnante, ma che sicuramente conobbe e investigò mirabilmente l’animo dei bambini, del mondo dell’infanzia, e dell’uomo in generale: Quino, il fumettista argentino, dalla cui acuta penna è uscita la figurina di Mafalda.

120 Si veda a questo proposito l’interessante sintesi sul gioco

In questa vignetta, quello che tenta di fare Felipe, personaggio quiniano sempre alle prese con problemi e angosce scolastiche, è l’operazione più banale e semplice del mondo. Per conoscere, egli tenta di ridurre il sapere alla sua portata, di farselo amico, di renderlo comprensibile mettendolo alla sua portata e dotandolo metaforicamente di senso.

Il gioco e l’apprendere hanno un’affinità fondamentale perché entrambe condividono una medesima finalità. Infatti lo scopo fondamentale della dinamica d’apprendimento ossia la ricerca del senso è anche ciò che spinge e muove al gioco, ad un’operazione cioè che prevede una reinterpretazione del reale per dotarlo di significato e quindi per capirlo. Gioco e apprendimento si configurano come movimenti che la persona attua per la ricerca di senso, per la comprensione del funzionamento della parte in relazione al tutto, per cercare dei collegamenti tra le cose.

Gli allievi davanti a cui i docenti ci poniamo quotidianamente trovano nel mondo al di fuori della scuola numerosissime offerte per placare il proprio bisogno di immaginario o di immedesimazione. Il mercato, tradizionale o digitale che sia, fornisce un’ampia gamma di mondi altri in cui proiettarsi,

dalle forme più obsolete, quali Tv121 e cinema, a quelle più recenti come Internet e Play Station.

Può tuttavia succedere che la fruizione reiterata e passiva di questi supporti, di qualunque tipo essi siano, porta ad uno stravolgimento della realtà. L’operazione ludica non è più una allontanamento temporaneo dal reale, ma finisce per confondersi con la realtà stessa.

L’idea espressa dal termine “immedesimazione” costituisce, infatti, una vox media. Con questo concetto i latini identificavano una parola con un significato di per sé neutro, che assumeva valenza positiva o negativa a seconda del contesto in cui era usato.

Il percorso di immedesimazione offerto da qualunque supporto mediatico, paradossalmente anche dal libro, diventa negativo quando non offre più nessun riscontro con la realtà, tanto da diventare come una sorta di droga, per cui la realtà, senza di essa, è costituita da intervalli tragici in attesa di euforie momentanee. In taluni casi particolarmente gravi si può arrivare ad un punto di non ritorno per cui non si riesce più a riconoscere la realtà virtuale da quella reale122.

Che tipo di immedesimazione fornisce allora il role playing?

La possibilità di immedesimazione che fornisce il role

playing è necessariamente attiva. E’ evidente che il

nucleo essenziale di un gioco di questo tipo non si

121 Per approfondire la tematica relativa alla specificità del

linguaggio televisivo anche in rapporto con la lettura si veda L. Caronia - V. Gherardi, La pagina e lo schermo, La Nuova Italia,

Firenze, 1991

122 Interessante, a questo proposito, la visione del film

“Elephant”, di Gus Van Sant, vincitore della Palma d’oro a Cannes nel 2003. Nella pellicola vengono mostrate, con lo stile asciutto ed efficace tipico dei documentari, le ultime ore di alcuni alunni della high school di Columbine (Colorado, USA), uccisi, nel 1997, all’interno della scuola da due compagni che, dopo aver acquistato per posta due fucili, si recano nel liceo rendendolo teatro del violento videogioco di cui sono assidui fruitori.

basa su una mera osservazione della conoscenza, ma prevede una compartecipazione del soggetto che “gioca”. Egli deve assumere la conoscenza e riproporla, trasmetterla visivamente ai suoi colleghi. Egli deve mostrare ciò che ha compreso a se stesso e agli altri. Inscenandola, egli ha la possibilità di rendersi conto quanto ha realmente capito. In questo ritroviamo il primo principio di conoscenza proprio della società occidentale, secondo cui per conoscere è necessario mettere distanza tra il soggetto che conoscente e l’oggetto conosciuto.

Per questi motivi possiamo dire che il role playing è contemporaneamente vicino e lontano al mezzo televisivo. Da un lato si avvicina alla tv perché offre una possibilità di conoscenza basata su un ascolto e su una visione. I giocatori infatti costruiscono la conoscenza rappresentandola, facendola cioè vedere. D’altro canto se ne allontana perché mentre la TV offre un prodotto preconfezionato, da assumere così come lo si trova, la metodologia ludodidattica del role playing costruisce la conoscenza grazie all’azione del soggetto stesso.

La Tv lascia lo spettatore fuori del proprio contesto,

il role playing lo fa entrare al suo interno e lo

rende parte integrante dell’azione. Il concetto di immedesimazione non passiva si lega inevitabilmente al concetto di narratività di cui si è detto sopra. I contenuti del libro e quanto detto dall’insegnante, grazie al role playing, devono essere smontati e rielaborati dall’allievo giocatore e, al tempo stesso, ciò permette all’insegnante stesso di rendersi conto del reale grado di comprensione e di interpretazione personale raggiunto dall’allievo. L’elemento narrativo implica nell’allievo la necessità, qualora sia adeguatamente spronato dall’insegnante, di sfumare

gradatamente la conoscenza fornendo paragoni, utilizzando aggettivi e ricorrendo ad avverbi o ad espressioni non usuali nel contesto più ingessato dell’interrogazione, tali per cui il bagaglio lessicale progressivamente si amplia aumentando notevolmente le possibilità linguistiche.

La rappresentatività della conoscenza passa anche attraverso la capacità di saperla spiegare e descrivere.

Parlando di narratività, viene naturale il riferimento a quanto espresso da Bruner123 a proposito del pensiero narrativo che egli definisce come tipico delle interazioni sociali e che distingue dal pensiero paradigmatico caratteristico invece del mondo fisico e delle leggi che lo regolano. La narratività, come precisa anche la psicologa dell’età evolutiva, A. Farneti124, appare ben presto come elemento sostanziale per la costruzione dei sistemi di significato e per figurarsi la soggettività altrui.

Affermare questo non significa, d’altro canto, affermare che la metodologia del role playing viva di pura narratività, essa infatti è comunque vincolata dalle istruzioni a cui il giocatore deve attenersi. E’ interessante, a questo proposito parlare, di immedesimazione e non di identificazione, perché nel primo caso l’individuo pare abdicare completamente a se stesso per diventare altro, mentre nel procedimento immedesimativo rimane presente anche l’identità di partenza. Pur nella sospensione temporanea del proprio io, colui che si immedesima fa un’operazione di confronto e di integrazione della situazione di

123 J. Bruner, Actual minds, possibile words, Cambridge Mass,

Harvard University Press, 1986 (trad.it. La mente a più dimensioni, La Terza, Roma-Bari, 1988

124 A. Farneti (a cura di), Psicologia in gioco: modelli ludici per

partenza con quella di arrivo. Il soggetto non rinuncia completamente al sé, lo sospende per poi riprenderlo e aprire paragoni con le diverse realtà sperimentate.

3) FACILITA CONTEMPORANEAMENTE L’ASSUNZIONE E L’USCITA