Leopoldo Galeotti. Biografia politica d'un moderato toscano nel periodo preunitario
Il 20 febbraio la conferenza municipale, che ancora esisteva ufficial- ufficial-mente, si sciolse per cedere il passo alla costituenda Assemblea
legisla-tiva. Il riordinamento locale veniva così rinviato sìne die — a parte l'isti-tuzione di un consiglio di Stato per il contenzioso amministrativo, in luogo dell'inadeguata consulta — e la Toscana assumeva quell'aspetto
il buon lavoro svolto, ma rimpianse quella « rappresentanza poggiata sui municipi » che le circostanze avevano impedito (Epistolario cit., II, p. 111).
176. CG, 3, 169.
177. Lettera a Balbo del 19 febbraio 1848, in E. PASSAMONTI, Alcuni docu-menti inediti sulla Costituzione Toscana del 1848, « Rassegna Storica del Risorgi-mento », V, 1916, p. 678.
accentrato e macrocefalo che gli uomini come Galeotti avevano maggior-mente paventato 178.
In quel momento, tuttavia, v'erano problemi più gravi a cui pensa-re: in primo luogo la promozione dell'alleanza politico-militare tra gli Stati italiani, alla quale Ridolfi mirava al duplice scopo della difesa dal-l'Austria e del blocco moderato contro le agitazioni repubblicane 179. Ga-leotti era in tal senso attivamente impegnato ed utilizzava i medesimi canali d'influenza dei quali già si era servito per le trattative della lega doganale: in particolare si teneva in contatto con Giuliano Pieri, al quale il 20 febbraio si rivolse in questi termini:
« Ora vi scrivo in fretta e pochi versi per due sole cose: 1) - Per impe-gnarvi onde Roma esca al più presto dal transitorio. 2) - Per impeimpe-gnarvi onde questa lega benedetta si concluda al più presto. Il governo toscano si lamenta della freddezza, o lentezza che trova in quello di Roma. Rompiamo per l'amor di Dio ogni indugio, e si concluda qualche cosa se i governi vogliono sal-varsi » 18°.
Galeotti si volgeva con tanto più interesse verso lo Stato pontificio, in quanto era sollecitato da Ridolfi, che gli manifestava la propria diffi-denza nei confronti del Piemonte, dicendosi « sempre fisso nella sua idea, che cioè il forte poco si curi del debole, non vedendo utili nel far lega con lui » 181. Volle perciò che Galeotti tastasse il polso in tal senso a
178. Il 9 marzo fu approvata una nuova legge compartimentale, ma si trattò per l'appunto d'un provvedimento fortemente accentratore, che dava vasti poteri ai prefetti dipendenti dal Ministero dell'Interno. Fu anche discusso ed approvato dal consiglio di Stato un progetto di legge comunale assai più vicino allo spirito dell'opuscolo di Galeotti, e fu presentato alle camere nel settembre 1848 (v. Mo-tivi e progetto di legge della nuova legge comunale presentata al consiglio ge-nerale nella seduta dell'11 settembre 1848, Firenze, Stamperia sulle Logge del Gra-no, 1848); ma gli avvenimenti ne impedirono la discussione (cfr. G. PANSINI, Gli ordinamenti comunali cit., p. 52).
179. R. CIAMPINI, op. cit., p. 832. Anche per Leopoldo II la lega doveva ser-vire « ad arginare le esorbitanti richieste liberali e a moderare il moto nazionale » (La diplomazia del regno di Sardegna durante la prima guerra d'indipendenza, voi. I, Relazioni con il granducato di Toscana (marzo 1848 - aprile 1849), a cura di
C . PISCHEDDA, Torino, Museo Nazionale del Risorgimento, 1949, p. xvi).
180. M. PETROCCHI, Riflessi europei sul '48 italiano, Firenze, Sansoni, s. a., p. 130. Pieri aveva scritto a Galeotti il 18 gennaio assicurandogli di avere « mezzi sicurissimi ed efficientissimi per agire » sul nuovo segretario di Stato card. Rotondi, così come Galeotti li aveva su Ridolfi; e lo aveva invitato ad intensificare la loro collaborazione per meglio armonizzare la condotta dei rispettivi governi (CG, 9, 591). Oltreché con Pieri, Galeotti continuava a tenersi in contatto con Minghetti e lo pregava di spiegare « tutta la sua influenza » per giungere alla lega politica, nella quale « stava riposta la salute d'Italia » (Lettera del 3 marzo 1848, in Carte Minghetti, III, 45).
Pieri, il quale si dimostrò più realista e rispose che « la lega italiana sen-za il Piemonte era agli occhi suoi una vera illusione »; nonostante poi manifestasse preoccupazioni conservatrici analoghe a quelle degli amici Toscani e ritenesse che « la forma costituzionale aveva aperto una brec-cia larghissima alla barbarie » 182.
Lo scoppio delle ostilità non portò variazioni di rilievo nell'atteggia-mento di Galeotti: se da un lato egli era d'accordo con Ridolfi nel rite-nere la guerra un mezzo utile per sfogare gli umori troppo accesi degli
esaltati183, dall'altro era timoroso d'un accrescimento di potenza da parte di Carlo Alberto. Vincenzo Salvagnoli, che subito dopo le giornate si era recato a Milano, scriveva di là a Capponi, il 4 aprile:
« Il Galeotti disse a mio fratello che io era venuto qui per secondare l'idea
del regno forte, idea che pareva a lui e ai suoi amici non buona, perché il regno di Piemonte diverrebbe troppo preponderante nei consigli o nella con-federazione d'Italia ».
Salvagnoli rimproverava a Capponi ed a Galeotti di non capire che il « regno forte » era l'unico mezzo per tenere a distanza l'Austria e — so-prattutto — per impedire a Milano la repubblica, la quale avrebbe susci-tato moti repubblicani dovunque, Toscana compresa, ed avrebbe impedito il formarsi d'un sistema monarchico-costituzionale federativo, cui gli stessi capponiani, in sostanza, miravano 184.
Questi argomenti dovettero esercitare una certa presa sul gruppo di Capponi e spingerlo a secondare maggiormente la politica sabauda 185 ; tanto più che « La Patria », alla fine d'aprile, potè far leva sul voltafac-cia di Pio IX — da essa previsto — per incitare i liberali toscani a strin-gersi al Piemonte. L'allocuzione del 29 aprile, in verità, rappresentò un duro colpo per il governo toscano e per i suoi più diretti sostenitori: Galeotti ne valutò appieno la gravità e vide compromessi « il prestigio di Pio IX » e la stessa « sovranità temporale » 186. Ciò non impedì, co-munque, che l'ostilità per il Piemonte tornasse a serpeggiare negli
am-182. Lettera del 2 marzo, in CG, 9, 591.
1 8 3 . R. CIAMPINI, op. cit., p. 8 3 3 ; Epistolario di L. C. Farini, II, p. 2 1 1 .
184. Lettere di Gino Capponi, II, pp. 389-390.
1 8 5 . Cfr. E . PASSAMONTI, Unitarismo e antiunitarismo nel partito liberale to-scano durante la campagna del 1848, « Rassegna Storica del Risorgimento », V,
1 9 1 8 , p. 514.
186. Lettera di Galeotti alla contessa Caselli del 4 maggio, in P . PAOLINI, Fatti e figure cit., pp. 179-181.
Dopo l'allocuzione del 29 aprile persino Ridolfi — il più antipiemontese tra i moderati toscani — accettò « la formazione di un gran regno subalpino dell'Alta Italia » per timore di più gravi disordini (Dispaccio del 2 5 maggio, in A. ZOBI, Sto-ria civile, V, appendice, p. 368).
bienti moderati toscani a partire dalla seconda metà di maggio, quando più esplicite si fecero le mire sabaude di ingrandimento territoriale e quando scoppiò la controversia tosco-piemontese per il governo di Massa e Carrara, della Lunigiana e della Garfagnana 187.
La situazione interna, frattanto, era sempre difficile per il gabinetto Ridolfi, che trovava scarso appoggio nel paese. Se Guerrazzi sul « Cor-riere Livornese » aveva preso ad attaccarlo duramente fin dall'aprile, an-che in circoli più moderati Ridolfi non godeva di buona stampa: « L'Ita-lia » e « La Patria » non osavano opporglisi apertamente, ma certo non andava loro a genio lo scarso entusiasmo del ministero riguardo alla guer-ra nazionale. Fedele a Ridolfi continuava invece a mantenersi il gruppo di Gino Capponi, nel quale Galeotti in questo momento era forse l'ele-mento più attivo188: egli riteneva l'appoggio al governo indispensabile per arginare l'estremismo, che cresceva paurosamente, a Livorno come nel resto d'Italia, e comprometteva la causa liberale ponendo in difficoltà i governi di Roma e Milano, e provocando la reazione a Napoli
L'appoggio al ministero e la lotta all'estremismo furono il program-ma di base d'un nuovo giornale, « Il Conciliatore », che iniziò le sue pub-blicazioni il 15 giugno, e del quale furono animatori soprattutto Galeotti e Tabarrini, uomini entrambi assai vicini a Capponi190. Apparso in con-comitanza con le elezioni per il consiglio generale, il nuovo giornale as-sunse il ruolo di autorevole organo filogovernativo, in vista delle immi-nenti battaglie parlamentari; le quali, tuttavia, inizialmente non furono molto pericolose, che gli elettori mandarono alla Camera una forte mag-gioranza di liberali moderati (tra i quali lo stesso Galeotti).
187. E. PASSAMONTI, Unitarismo e antiunitarismo cit., pp. 528-533. Sulla con-troversia tosco-piemontese cfr. anche A . ZOBI, Storia civile, V , 509-510 e 759-763; e La diplomazia del Regno di Sardegna cit., voi. I, pp. XXV-XXXVII.
188. Galeotti, tra l'altro, aveva assunto alla fine d'aprile la carica di segretario del consiglio di Stato, cui era stato nominato il 21 marzo (Lettera ufficiale della R. segreteria di giustizia e grazia, in BIBLIOTECA COMUNALE DI PESCIA, L-B-2,
n. 2); e — secondo quanto affermava nella già citata lettera alla Caselli del 4 maggio — vi lavorava « come un ciuco vero ».
189. Cfr. le lettere alla Caselli dell'I 1 e 19 maggio, in P . PAOLINI, Fatti e fi-gure cit., pp. 182-183 e 185.
190. « Il Conciliatore », stampato coi tipi di Le Monnier, ebbe come direttore prima Giulio Casali, poi Cesare Martini; ma in pratica fu sempre opera di Tabar-rini e Galeotti, oltreché di Tommaso Fornetti. Tra i collaboratori principali ricor-diamo B . Cini, C. Matteucci, G. Canestrini, G. Parati (C. ROTONDI, Bibliografia dei periodici toscani, 1847-1852, Firenze, Olschki, 1952, p. 39). Da una lettera del 12 maggio di Ridolfi a Galeotti (CG, 10, 693) risulta che « Il Conciliatore » era appunto frutto di un'intesa tra Ridolfi, Capponi e Galeotti. Tra i finanziatori figu-ravano Ginori e Panciatichi. Ricordiamo che fin dal 6 gennaio 1848 Galeotti aveva scritto a Tabarrini del progetto d'un giornale cui essi avrebbero dovuto lavorare
In politica interna, il giornale di Galeotti voleva il blocco degli uo-mini di centro, per evitare che le forze si disperdessero, o si logorassero in inutili schermaglie; a tal fine cercava di difendere l'operato del mini-stero proprio nel punto in cui maggiormente prestava il fianco alle criti-che, cioè il problema militare 191. In politica estera era apparentemente filopiemontese, nel senso che approvava in linea di massima la condotta sabauda nella guerra; ma nel contempo si faceva interprete dei timori di Ridolfi e Capponi. Sin dal primo numero biasimò l'intervento piemon-tese in Lunigiana; e se il 16 giugno si disse favorevole ad un regno del-l'Alta Italia come baluardo antiaustriaco, il primo luglio tenne a precisare che l'unione della Lombardia al Piemonte doveva dar luogo ad un nuovo Stato — e non essere una semplice annessione — affermando chiaro e tondo: « non desideriamo un'Italia piemontese ». Altri temi ricorrenti del « Conciliatore » furono la valutazione della guerra — e in generale della questione nazionale — in senso antidemocratico 192 ; e la lotta ac-canita contro le « incompatibili esorbitanze politiche e sociali della Fran-cia » e contro « le utopie del soFran-cialismo » 193.
Mentre « Il Conciliatore » si affannava nella difesa del ministero, questo, alla fine di luglio, aveva ormai i giorni contati: la situazione del paese permaneva grave, il parlamento era scontento per la timida con-dotta del governo, e l'eco della disfatta di Custoza indusse i democratici ad organizzare manifestazioni popolari per sollecitarne la caduta. La di-mostrazione svoltasi a Firenze il 30 luglio fu il colpo decisivo e Ridolfi il giorno dopo rassegnò le proprie dimissioni. L'ingrato compito di suc-cedergli toccò a Capponi, il quale, dopo un tentativo d'intesa con il grup-po della « Patria », formò un governo di scarso rilievo grup-politico che andò al potere il 17 agosto 19\ Capponi basò il suo programma sulla cessazio-ne della guerra all'Austria e sulla formaziocessazio-ne d'una confederaziocessazio-ne poli-tica tra i prìncipi italiani; e potè valersi inizialmente d'un sostanziale
191. Nei numeri del 17 e 18 giugno « Il Conciliatore » ridimensionava le pro-teste per lo scarso armamento, sostenendo che un paese come la Toscana, affatto privo di tradizioni militari, di scorte, di ufficialità ecc., non poteva certo fare mi-racoli.
192. Nel numero del 7 luglio la nazionalità e l'indipendenza eran presentate come le « pietre angolari » sulle quali fondare l'edificio della concordia interna; e più esplicitamente, quattro giorni dopo, si affermava che le questioni di libertà in-terna dovevano cedere il passo davanti alla « santa causa » dell'indipendenza.
193. Le critiche durissime al socialismo si ritrovano continuamente sul « Con-ciliatore »: in particolare ricorderemo gli articoli sui numeri del 5 luglio, 12 settem-bre, 2 e 7 ottosettem-bre, 5 gennaio.
1 9 4 . Sulla genesi del ministero Capponi si veda E. PASSAMONTI, Il ministero Capponi ed il tramonto del liberalismo toscano nel 1848, « Rassegna Storica del Ri-sorgimento », V I , 1 9 1 9 , pp. 7 1 - 7 7 .
accordo fra i gruppi liberali toscani, che si strinsero a lui per timore del fermento popolare diffuso nel paese, sul quale facevano leva i democra-tici — e in primo luogo Guerrazzi — per tentare la scalata al potere.
Nella campagna filoministeriale il giornale di Galeotti era in prima fila, e da un lato batteva insistentemente sulla formazione della lega ita-liana, dall'altro polemizzava con la « stampa esaltata » e con Guerrazzi, che ne era il principale animatore 195. Ma le polemiche giornalistiche non risolvevano il problema di Livorno, dove nell'ultima decade d'agosto i tumulti s'erano intensificati, senza che il governo sapesse porvi rimedio, indeciso com'era tra la repressione e la conciliazione: così il male si ag-gravava, ed il 2 settembre Livorno si rese praticamente indipendente dal resto della Toscana 196.
A Ridolfi, che si trovava in missione presso i governi di Londra e Parigi, Galeotti scriveva il 5 settembre: « senza un aiuto estero non ver-remo a capo di vincere l'anarchia che ci minaccia da ogni lato »; e lo in-vitava a sollecitare Cavaignac e Palmerston, affinché si adoperassero « per salvare le nostre istituzioni di libertà », poiché solo un « intervento com-binato lealmente di Francia e Inghilterra » avrebbe potuto raddrizzare la situazione in Toscana. Il 18 settembre, in un'altra lettera a Ridolfi, tornò a richiedere un intervento straniero come mezzo per riportare l'or-dine; ma il 29, sempre scrivendo a Ridolfi, confessò con parole amare il proprio completo scoramento:
« Io per me non spero né in Francia né in Inghilterra; avrei sperato in noi, in noi soli, se avessimo avuto giudizio, ma con questa babilonia d'idee e d'interessi, anche questa speranza mi va mancando ogni giorno » 197.
Era una sfiducia comune un po' a tutti i moderati, i quali avevano di fronte un problema, quello di Livorno, al di fuori dei loro schemi men-tali, quindi apparentemente irrisolubile. Tanto che quando Montanelli — il quale era ormai su posizioni radicali e non ne faceva mistero — tor-nò in Toscana reduce dalla prigionia, Capponi vide in lui l'uomo della riconciliazione e senza esitazione il 5 ottobre lo mandò a Livorno come
195. Sulla questione della lega si vedano soprattutto i numeri del 17, 18, 19 agosto; sull'opposizione a Guerrazzi e ai democratici i numeri del 18, 24, 26, 31 agosto.
196. Per la politica di Capponi nei confronti di Livorno si veda E. PASSA-MONTI, Il ministero Capponi cit., pp. 100-129. Sui moti livornesi di quel periodo, N. BADALONI, op. cit., pp. 115-120.
1 9 7 . ARCHIVIO RIDOLFI DI MELETO, Carte di Cosimo Ridolfi.
Sulla missione Ridolfi e sul problema dell'intervento straniero si veda S.
CA-MERANI, Cosimo Ridolfi e l'avvento al potere del ministero Guerrazzi-Montanelli, «Archivio Storico Italiano», CU, 1944, pp. 114-121.
governatore. Giunto a Livorno la sera del 7, il giorno successivo egli bandì pubblicamente l'idea della costituente italiana, opponendosi così ai piani di Capponi, il quale voleva giungere alla confederazione median-te trattative diplomatiche, laddove Montanelli inmedian-tendeva « costringere i governi con il peso dell'opinione pubblica »
Con la nomina di Montanelli, Capponi si rese conto ben presto di aver fatto il gioco dei suoi avversari, e non avendo più la possibilità og-gettiva di governare secondo i propri princìpi, il 12 ottobre rassegnò le dimissioni, lasciando la strada aperta al ministero Montanelli-Guerrazzi, che fu insediato il 27 ottobre.
In queste circostanze così critiche per il partito moderato, Leopoldo Galeotti — emancipatosi dalla sudditanza spirituale nei confronti degli ultramoderati Capponi e Ridolfi — ci pare sia tra coloro che meglio com-presero il momento politico e, senza drammatizzare, tentarono di non farsi scavalcare dai democratici. Già il 5 ottobre, ponendosi in disaccordo con Capponi, aveva criticato la politica di quest'ultimo nei confronti di Livorno (affermando che « bisognava fin da principio transigere con Guer-razzi, o bisognava rompere ogni comunicazione con Livorno ») e aveva mostrato di nutrire scarsa fiducia nell'azione di Montanelli199. Della ca-duta del ministero Capponi, si era rammaricato, ma ne aveva lucidamen-te individuato le cause nella debolezza dei moderati (« il non aver saputo agire in tempo con forza e con energia ») e nell'azione contraddittoria della « Patria », la quale « mentre aveva esercitato un'influenza grandis-sima nel demolire, non aveva poi saputo accozzare nulla di nulla quando
era venuto il tempo di agire » 200. Ma soprattutto Galeotti fu lucido e
sereno nel giudicare l'avvento del ministero democratico: in una lettera del 28 ottobre a Tabarrini — che gli chiedeva quale atteggiamento « Il Conciliatore » avrebbe dovuto assumere nei confronti nel nuovo gover-no egli propose di gover-non giungere ad alcuna rottura con Montanelli e Guerrazzi, e di non « fare gli schifiltosi » circa i mezzi da essi impiegati per giungere al potere: i nuovi ministri, per convinzione o per necessità, non avrebbero potuto compiere passi avanti rispetto al programma dei moderati, anzi, l'esigenza di contenere la protesta popolare li avrebbe forse tenuti al di qua di tale programma, ragion per cui i moderati sareb-bero apparsi... più democratici del sedicente ministero democratico201.
198. A . M . GHISALBERTI, Giuseppe Montanelli e la costituente, Firenze, San-soni, 1947, pp. 123-124. ^ .
199. Lettera di Galeotti a Ridolfi del 5 ottobre, in Carte di Cosimo Ridolfi. 200. Lettera di Galeotti a Ridolfi del 25 ottobre, ibidem.
2 0 1 . ARCHIVIO DI STATO DI FIRENZE, Carte Tabarrini, busta 3 0 , ins. 2 , cc. 1 8 2
Ri-La valutazione era esatta e venne confermata dall'avvio assai cauto del nuovo governo. D'altra parte sia Galeotti personalmente, sia « Il Con-ciliatore », pur passando — com'era ovvio — all'opposizione 202, sep-pero mantenere un atteggiamento pacato ed obiettivo, fors'anche ren-dendosi conto che una guerra dichiarata al nuovo ministero avrebbe peg-giorato le cose. Il 28 ottobre « Il Conciliatore » manifestò, sì, preoccu-pazione per un governo che era stato portato al potere con la prepotenza d'una minoranza; ma nel contempo ammise che « il ministero Monta-nelli e Guerrazzi si era fatta ormai una fatale necessità », ed auspicò che, nonostante il « vizio d'origine », esso usasse il proprio ascendente per operare « veramente il bene del paese ». Anche in seguito, accanto a nu-merose critiche e deplorazioni, il giornale di Galeotti non tralasciò di lo-dare all'occorrenza l'operato del governo e di rimproverare gli opposi-tori sistematici, i quali non capivano che a nulla sarebbe servito abbat-terlo od impedirgli di svolgere la sua azione.
Vi era tuttavia un punto, e cioè la questione della costituente, sul quale gli uomini del « Conciliatore » non poterono trovarsi d'accordo coi nuovi ministri, o meglio col Montanelli. Fu Galeotti personalmente a condurre la polemica sulle colonne del suo giornale 203 : in quattro ar-ticoli dei giorni 17, 21, 23 e 24 ottobre, egli già aveva opposto la dieta istituita per trattative diplomatiche a quella creata per moto po-polare, come l'aveva annunciata Montanelli nel discorso di Livorno. In tono conciliante, non si era mostrato contrario in linea di principio alla costituente popolare, ma si era limitato a metterne in luce le difficoltà di esecuzione e la scarsa opportunità. Il tono conciliante venne meno in due articoli del 25 e 26, nei quali Galeotti affermò categoricamente che i de-putati della dieta dovevano essere rappresentanti dei singoli Stati, e non dell'intera nazione italiana. Il motivo del dissenso è chiaro: se la confe-derazione dei prìncipi e l'eventuale formazione di una dieta centrale in rappresentanza dei vari governi — come volevano Gioberti e Capponi — erano un momento positivo di riorganizzazione delle forze moderate
ita-dolfi: il primo si ritirò a Varramista e si disinteressò delle cose politiche (M.
TA-BARRINI, Gino Capponi cit., p. 275); il secondo rimproverò il granduca di aver ce-duto ai democratici e rifiutò qualsiasi collaborazione con essi ( S . CAMERANI, op. cit., p. 116).
202. Il mutamento di posizione non fu solo politico, ma anche... materiale: nel senso che il nuovo ministero si affrettò a far sloggiare il « Conciliatore » dalla Stamperia sulle Logge del Grano, dove esso conviveva in ottimo accordo con la « Gazzetta di Firenze », organo ufficiale del governo toscano (lettera di Tabarrini a Galeotti del primo novembre, in CG, 11, 732).
203. Possiamo affermarlo con sicurezza in base ad una lettera di Tabarrini del 9 novembre (CG, 11, 732).
liane ai fini della difesa esterna e soprattutto del raggiungimento