Leopoldo Galeotti. Biografia politica d'un moderato toscano nel periodo preunitario
Il 10 novembre venne emanato dal consiglio di Stato il nuovo rego- rego-lamento municipale, che riprendeva il progetto del settembre '48, ma lo
deformava notevolmente, « limitando le autonomie municipali e afferman-do nel diritto e nel fatto il principio del controllo e dell'intervento sta-tale » 233. Il regolamento non piacque — probabilmente — al gruppo mo-derato; ma esso non lo avversò, anzi, « Lo Statuto » si adoperò per propa-gandare le elezioni municipali fissate per la metà di gennaio. Da un lato i moderati speravano in questo modo di combattere il crescente assentei-smo delle popolazioni toscane, sul quale il governo faceva leva per giusti-ficare la propria politica anticostituzionale; d'altro lato — riprendendo appunto i programmi del '47 — essi intendevano affidare al sistema municipale quell'opera di integrazione sociale che gli avvenimenti del 1848-49 non avevano resa possibile, ma che, appunto in seguito a tali avvenimenti, era divenuta ancor più necessaria. Come si vede i due scopi erano tra loro in armonia: se era dannoso l'assenteismo, che allontanava dalla problematica politica le classi medie e poneva le classi inferiori in balìa della propaganda reazionaria, o — mutando la situazione — de-mocratica, era però indispensabile che la partecipazione di queste classi fosse opportunamente guidata nei modi che già abbiamo indicati parlan-do degli opuscoli del '47. Non a caso Galeotti, nello « Statuto » del 2 maggio 1850, potè rivendicare l'attualità del libro terzo della Sovranità
2 3 2 . Sulla ripresa del programma amministrativo si veda G . PANSINI, I libe-rali moderati cit., pp. 4 1 - 4 9 .
2 3 3 . G . PANSINI, Gli ordinamenti comunali cit., p. 5 3 . Il regolamento del 1 0
novembre diminuì anche, rispetto al precedente progetto, la partecipazione delle classi inferiori all'amministrazione.
e dell'opuscolo Della riforma municipale (dove si affermava che « la li-bertà in Italia [...] non doveva discender dall'alto, ma doveva organiz-zarsi nella base della società » e che « nel municipio doveva porsi la pie-tra angolare della nuova riforma ») e ribadire la bontà dei primi progetti elaborati dalla commissione per lo statuto toscano.
Questo atteggiamento nostalgico non deve però trarre in inganno: Galeotti ed il suo gruppo avevano assimilato a dovere la lezione del '48 e superato la fase della monarchia consultiva; se si trattava « di ordinare gli Stati in modo che reggessero alla interna sovversione che li
minaccia-va » — era scritto su « Lo Statuto » del 3-4 febbraio 1850 — non
ba-stavano più le autonomie municipali ed un po' di libertà di discussione. Occorreva viceversa una struttura politica solida, tenuta in pugno da quegli uomini che soli potevano garantire una conduzione intelligente-mente conservatrice dello Stato: i moderati.
Tanto più fortemente era sentita questa esigenza, quanto più il per-durare dell'occupazione austriaca e lo stringersi dei legami tra Firenze e Vienna privavano la Toscana della propria autonomia e le impedivano anche in campo economico di seguire il proprio interesse. « Lo Statuto », inizialmente, aveva preferito ignorare il problema dell'occupazione au-striaca, anche per non inasprire i rapporti col granduca; solo agli inizi del 1850 troviamo sul giornale i primi accenni ad « un'armata straniera che occupa il paese » (31 gennaio); seguono gli inviti al governo perché coltivi l'idea nazionale e non offenda l'italianità dei sudditi (20 feb-braio); le esortazioni a non rinunciare alla propria indipendenza (16 mar-zo), eccetera. L'atteggiamento antiaustriaco si precisò e si rafforzò dopo il 22 maggio, data in cui venne resa nota la convenzione militare austro-toscana, conclusa il 22 aprile. Su « Lo Statuto » del 28 maggio si legge: « non taceremo essere quest'atto un'espressione manifesta di politica antinazionale, dalla quale invano tentammo che il governo toscano si ri-traesse »; e per tutto il mese di giugno si susseguirono energici articoli in questo senso, che tra l'altro accusavano l'occupazione di soffocare i princìpi di ordine e stabilità connaturati al popolo toscano e di favorire lo scoppio della lotta di classe 231. Infine l'opposizione alla politica au-strofila del governo divenne senza riserve allorché cominciò a pesare sulla Toscana la minaccia di un assorbimento nel sistema economico asburgico. « Baldasseroni parte per Vienna; — scriveva Galeotti a d'Azeglio il 20 giugno 1850 — Dio ce la mandi buona, dopo averci rovinati politicamente si deve correre il rischio di essere rovinati anche economicamente? » 23 .
234. «Lo Statuto», 1, 3, 6, 7, 11, 12, 14, 19, 26, 29 giugno.
Di qui il rifiuto netto — da parte del giornale di Galeotti — d'ogni tentativo di lega doganale con l'Austria; rifiuto che sarà solennemente ribadito anche dopo il marzo 1851, quando la firma della convenzione doganale tosco-pontificia parrà un preludio a più stretti rapporti econo-mici con Vienna. In questa occasione « Lo Statuto » si batterà con un ardore inconsueto, individuando nella supremazia economica austriaca non solo una potente arma d'oppressione politica, ma anche e soprat-tutto un pericolo mortale per l'economia toscana: perdita d'importanza di Livorno a vantaggio di Trieste e distorto sviluppo della rete ferrovia-ria toscana, deviata dalle proprie naturali correnti di traffico. « È più facile [...] l'impoverire che il germanizzare », dirà eloquentemente « Lo Statuto » del 12 marzo '51 per mettere a fuoco la gravità di quei peri-coli 236.
Nel corso del 1850 « Lo Statuto » continuò la sua battaglia a favore delle forme costituzionali, ma con crescente sfiducia, forse più per onor di firma che per vera convinzione. Vi era d'altronde chi, già all'inizio del 1850, aveva aperto gli occhi e tratto dalla situazione politica le giuste, disincantate conclusioni:
« Quei sommi nostri concittadini — scriveva da Genova Vincenzo Rica-soli al fratello Bettino — fra i quali i Salvagnoli, e Galeotti, ed infine i mi-gliori, perdono tempo a chiedere la costituzione, non accorgendosi che ormai la Toscana cessò, e che non potrà più essere che una provincia da unirsi ad altro Stato. A me pare che farebbero meglio se invece istruissero il popolo, o facessero, tutto il tempo dei loro ozi, soltanto propaganda per il Piemonte, che solo io credo sia ancora destinato ad un avvenire » 23 7.
Dal governo toscano, in effetti, era difficile attendersi buone nuove; Galeotti, scrivendo a d'Azeglio il 18 aprile 1850, aveva dato un quadro assai nero della situazione: il fronte reazionario era tanto agguerrito, che gli Austriaci passavano per dei « liberaloni » 238. Nei mesi successivi le cose peggiorarono ancora: al già menzionato viaggio di Baldasseroni a Vienna seguì un nuovo giro di vite. Il 9 settembre uscirono dal governo Mazzei e Capoquadri — per protesta contro la convenzione
austro-to-236. Per l'opposizione alla politica economica austrofila si vedano i numeri del 2, 9, 12, 20, 21, 29 marzo e del 18, 19 aprile 1851. Sui danni arrecati dall'Austria allo sviluppo ferroviario e commerciale toscano cfr. E . GUIDI, Le ferrovie toscane dal 1849 al 1859, « Rassegna Storica Toscana », II, 1956, pp. 141-155.
237. Lettera del 10 gennaio 1850, in Lettere e documenti del barone Bettino Ricasoli, pubblicati per cura di M . TABARRINI e A . GOTTI, Firenze, 1 8 8 7 - 1 8 9 6 , voi. II, p. 65. Vincenzo Ricasoli era a quell'epoca tenente nell'esercito sardo.
scana e contro la mancata riattivazione dello statuto — e furono sostituiti da Niccolò Lami e Giovanni Bologna, quest'ultimo antico presidente del Buongoverno; il 21 settembre Leopoldo II sciolse ufficialmente il consiglio generale — peraltro mai convocato — ed il 22 impose gravi restrizioni alla stampa, sottraendo gli scrittori all'autorità della legge e ponendoli sotto l'arbitrio del potere politico 239. Il primo a far le spese del mutato clima fu proprio « Lo Statuto » il quale, per aver protestato contro i provvedimenti repressivi, il 29 settembre ricevette dal Landucci un ordine di sospensione per 15 giorni. In questo periodo fu sostituito da « Il Costituzionale » che, divenuto settimanale dalla fine del '49, ri-tornò per l'occasione quotidiano 210. Così Galeotti — come avverrà an-che durante le successive sospensioni — continuò su « Il Costituziona-le » la propria attività, ora tanto più gravosa perché sin dal maggio 1850 Tabarrini aveva abbandonato il giornale, lasciandone tutto l'onere al-l'amico.
Sul finire del 1850, mentre diventava sempre più difficile esprimere liberamente le idee sulla stampa quotidiana, si tentò di risvegliare l'opi-nione pubblica e di far pressione sul governo mediante un opuscolo scritto da Galeotti sulla falsariga dei temi politici portati innanzi nel 1849-50 da « Lo Statuto » 241. Che Galeotti e gli uomini del suo gruppo credessero molto in questo tentativo, non ci pare probabile; più che al-tro, le Considerazioni politiche sulla Toscana sembrano un'affermazione di principio, un ultimo atto di protesta che già si prevede sterile. Baste-rebbe a dimostrarlo il seguente brano d'una lettera che Capponi indi-rizzò a Tommaseo il 21 novembre 1850:
« Qui, ve lo dico davvero, si sta proprio male; figuratevi come ci sto io: ma non fa nulla, e Dio sia benedetto. A sgravio di coscienza si fa qualcosa,
239. « Monitore Toscano », 23 settembre 1850.
240. « I l Costituzionale» fu fondato l'il giugno '49, con intenti analoghi a quelli dello « Statuto ». Ne furono animatori R. Busacca e L. Cempini. Gli accordi tra « Lo Statuto » ed « Il Costituzionale » datano almeno dall'inizio del '50, quan-do Salvagnoli, d'accorquan-do con Capponi e Lambruschini, pensò di sopprimere « Il Costituzionale » e di assorbirne la redazione in seno allo « Statuto ». Tale progetto rispuntò in ottobre, ma venne respinto, perché fu ritenuto un errore « raccogliere le [...] forze in un punto, ove la clava del Landucci le potesse stiacciare d'un sol colpo» (lettere di Lambruschini a Galeotti del 28 gennaio, 11 febbraio e 22 ot-tobre 1850, in CG, 7, 419 e 421)! In luogo della fusione, comunque, vi fu tra i due giornali un notevole avvicinamento ed un appoggio reciproco.
2 4 1 . L . GALEOTTI, Considerazioni politiche sulla Toscana, Firenze, Tip. Ma-riani, 1850.
cioè uno scrittarello del Galeotti dov'io porrò il nome al solito, proprio per
fare qualcosa » 242.
Nell'ambiente moderato lo scritto di Galeotti trovò consensi assai ca-lorosi: Peruzzi sin dal primo ottobre, lette le bozze, si disse « pienamen-te d'accordo » e trovò l'opuscolo « benissimo fatto » 243 ; Lambruschini, scrivendo il 29 novembre a Ricasoli (il quale si trovava a Ginevra) parlò delle Considerazioni come di un libro « temperatissimo, ma fortissimo per la semplicità stessa del vero » e lo definì « l'insegna della parte mo-derata e onesta del paese » 244; e Centofanti, col suo carattere espansivo, così si rivolse a Galeotti: « Bravo, bravo, bravo! Hai scritto da vero galantuomo, da vero cittadino, da vero italiano » 245.
In realtà quest'opuscolo tanto lodato — e che può effettivamente esser considerato l'espressione del programma moderato in quel perio-do — non era, come ebbe a definirlo il plenipotenziario austriaco barone Hiigel, « qu'un ennuyeux rabàchage de tout ce que le Statuto avait déjà dit et redit mille fois de mille manières » 246. Prendendo lo spunto da un articolo della « Corrispondenza Austriaca » che accusava la commissione del '48 di aver compilato una costituzione rivoluzionaria ( ! ), Galeotti so-steneva che essa era invece molto moderata e meno liberale della stessa costituzione imperiale del 4 marzo 1848. Perciò il parlamento toscano nato da essa era stato di argine al trono nei giorni diffìcili della guerra, aveva frenato le passioni popolari, ed era caduto assieme al principato dopo aver compiuto ogni sforzo per sostenerlo. E quegli stessi nomini che avevano voluto la costituzione avevan poi saputo ristabilire l'ordine
242. N. TOMMASEO - G. CAPPONI, Carteggio cit., I L I , pp. 86-87 (il corsivo è nostro). Nonostante queste malinconiche parole, Capponi aveva manifestato all'ini-zio un certo entusiasmo e si era adoperato per avere l'adesione di Lambruschini, Salvagnoli, Ridolfi e Cini. Infine, a causa dei soliti scrupoli, le Considerazioni eb-bero solo l'adesione dello stesso Capponi, e per di più in una forma contorta che non significava nulla (cfr. le lettere di Capponi a Lambruschini del 21, 22, 28 e 29 ottobre, in Lettere di Gino Capponi, VI, pp. 20-24; e le lettere di Capponi a Ga-leotti del periodo ottobre-novembre, in CG, 3, 168).
243. CG, 9, 571. Anche Peruzzi, tuttavia, non si aspettava alcun risultato, vi-sto che il 19 ottobre, scrivendo a Galeotti, dichiarò fallita la « restaurazione co-stituzionale » e per sempre sfumata la « speranza di un governo saviamente li-bero ed indipendente » (ibidem).
244. Lettere e documenti del barone Bettino Ricasoli cit., II, p. 130. 245. Lettera del 2 dicembre 1850, in CG, 4, 212.
Non altrettanto favorevole fu il giudizio di Montanelli, che in una lettera a Giovanni Morandini parlò — secondo noi non del tutto a torto — di « quello sto-machevole libro del Galeotti » (Lettere inedite di G. Montanelli, a cura di C.
RO-TONDI, « Rassegna Storica Toscana », Vili, 1962, p. 70).
246. Le relazioni diplomatiche fra l'Austria e il granducato di Toscana, III serie, cit., voi. II, p. 358.
e richiamare il sovrano. Galeotti deplorava la « frattura » avvenuta fra il principe e gli uomini del 12 aprile, e le successive restrizioni, specie lo scioglimento delle camere, che misconosceva un « fatto legittimo » (cioè la restaurazione popolare) e dava veste di legittimità ad un « fatto
fazioso » (cioè la dittatura democratica); ma l'autore mostrava di non
credere che quei provvedimenti fossero definitivi e riproponeva, al so-lito, la collaborazione fra principe e costituzionali, a salvaguardia dell'or-dine e dell'autorità sovrana, insistendo sui pericoli della repressione, tan-to più inutile e dannosa in un paese socialmente concorde come la To-scana, dove la fiducia del popolo era il miglior baluardo del trono. Solo nella conclusione dello scritto si poteva leggere qualcosa di originale, cioè una professione di fede antiunitaria insolitamente energica:
« Immaginare in Toscana il fantasma dell'unitarismo è cosa più assurda che mettere avanti le paure del socialismo. Il buon senso toscano fa giustizia eguale d'entrambi, ed ai ciurmatori risponde colle risate ».
L'unitarismo — era detto — avrebbe costituito un pericolo solo il giorno in cui gli « uomini onesti » fossero stati ridotti al silenzio.
Nella prima metà del 1851 la mano del governo toscano si fece più pesante ancora: « Lo Statuto » subì due nuove sospensioni d'un mese — il 12 gennaio ed il 23 aprile — per le sue « insinuazioni contro il go-verno »; infine il 31 maggio, per un articolo indignato sulla repressione austriaca nei confronti dei fedeli che pregavano in S. Croce per i caduti di Curtatone, venne dal Landucci « definitivamente ritirata ai proprietari del giornale Lo Statuto l'autorizzazione [...] a proseguire le loro pub-blicazioni ». Galeotti seguitò ancora a scrivere su « Il Costituzionale », che resistette sino al 7 maggio 1852; ma fu un'attività priva di signifi-cato, poiché quel giornale fu costretto, onde prolungare la sua agonia, ad occuparsi soltanto di politica estera e ad evitare scrupolosamente i problemi italiani 247. « Quello che è certo — scriveva Galeotti a d'Aze-glio il 4 maggio — si è il disfacimento morale della Toscana. È un'opera di distruzione che riesce a meraviglia » 248. Cessata l'attività giornalistica per effetto della repressione e d'un naturale esaurimento, il «
disfaci-247. « E se con la migliore intenzione del mondo — avrebbe scritto qualche anno appresso Galeotti con malinconico umorismo — mi messi a tirar su, proprio a minuzzoli di pane, l'un dopo l'altro tre giornali codini, senza altro compenso che il gusto di rileggermi nei caffè per dar credito alla mercanzia, e senza altro con-forto che i rabbuffi anche degli amici, che colpa ci ho io se quei poven allievi mi morirono fra le braccia non per difetto di nutrimento ma per mancanza d'aria? » (Apologia di una prefazione, « Il Cronista », I, n. XIII, 28 settembre 1856, pp. 3-22).
mento morale » colpisce progressivamente anche la parte moderata, che affonda nell'indifferenza. In luogo del « distacco intransigente rispetto agli uomini della reazione austriacante », si assiste ad una « passiva e pa-ziente sopportazione » 249 ; mentre in tutti gli strati della popolazione aumenta il disinteresse politico, cosicché passano sotto silenzio anche fatti politicamente gravi, come la repressione a Livorno nel giugno '51 ed il gravoso concordato con la S. Sede divenuto esecutivo il 28 agosto di quell'anno 25°.
Un certo interesse i moderati lo mostrarono allorquando, il 31 lu-glio 1851, uscì a Firenze per i tipi di Le Monnier l'Apologia di Guer-razzi, che prendeva di mira soprattutto l'operato della commissione go-vernativa e degli uomini del 12 aprile. Fra costoro si accesero animate discussioni, specie per opera di Cambray Digny, il quale si sentì offeso da alcune affermazioni di Guerrazzi e volle rispondere per le rime ma, timoroso di muoversi da solo, si rivolse per consiglio a Capponi, che a sua volta chiese il parere di Galeotti. Questi, il 5 ottobre, gli rispose cercando di buttar acqua sul fuoco e di minimizzare le accuse di Guer-razzi, riconoscendo tra l'altro che la commissione aveva effettivamente commesso degli errori, quantunque inevitabili. « Con Guerrazzi — cludeva — non si deve mostrare ostilità, ma generosità fin dove lo con-sentono dignità ed onore »251. Quattro giorni appresso, Galeotti tornò sull' argomento, facendo un bilancio storicamente molto esatto della po-litica del Guerrazzi: riconobbe autentici i propositi conservatori del dit-tatore, ma gli rimproverò di essere salito al potere « col mezzo della fa-zione » e di non aver saputo guadagnarsi la fiducia dei moderati con l'unico atto che sarebbe stato da essi apprezzato: l'estromissione di Mon-tanelli dal ministero 252. Galeotti pensava che all'Apologia non fosse il caso di rispondere con lettere o con articoli: meglio restituire la verità con il pacato ragionamento di un libro. Invece Digny, il 7 ottobre, fece pubblicare su « Il Costituzionale » una lettera di protesta, e ad alcuni ciò parve più che sufficiente; ma Salvagnoli propose una riunione dei maggiori esponenti moderati, invitando ognuno a scrivere le proprie memorie per poi raccoglierle in un'opera complessiva 253; e Capponi, il
2 4 9 . P . ALATRI, op. cit., p p . 3 5 9 e 3 6 3 .
2 5 0 . S. CAMERANI, Lo spirito pubblico in Toscana dal 1849 al 1859, « Rasse-gna Storica Toscana », V, 1959, pp. 155-186.
2 5 1 . BIBLIOTECA NAZIONALE DI FIRENZE, Raccolta Capponi, V I I , 2 0 , 1 9 . La lettera è parzialmente riportata in R . CIAMPINI, Gian Pietro Vieusseux. I suoi viag-gi, i suoi giornali, i suoi amici, Torino, Einaudi, 1 9 5 3 , pp. 4 3 5 - 4 3 6 .
252. Raccolta Capponi, VII, 20, 20. Anche questa è parzialmente riportata dal Ciampini a p. 436.
25 ottobre, scrisse a Galeotti che era nacessario « fare una istoria di noi messi innanzi nel '47 e buttati a' cani poi nel '49 » — lavoro « da pub-blicare il giorno dopo alla sentenza » del processo Guerrazzi — e lo pre-gò di «sbozzarlo» e preparare il materiale 254. Tanta agitazione, però, si spense presto e, a parte i Ricordi del Digny, pubblicati nel '53, non diede alcun frutto.
D'altronde, il letargo continuava, favorito anche dalle vittorie della reazione in campo europeo. Il 31 dicembre 1851 Francesco Giuseppe abolì lo statuto austriaco e contemporaneamente Luigi Bonaparte emanò la sua costituzione plebiscitaria. In questo clima divenne facile per il granduca abbattere anche nominalmente il regime costituzionale: nei pri-mi mesi del '52 egli ingaggiò una piccola battaglia coi suoi pri-ministri i quali volevano, per rispetto ai princìpi leopoldini, salvare almeno il ti-tolo 1° dello statuto, che sanciva l'eguaglianza civile tra tutti i cittadini. Leopoldo II, viceversa, imbeccato da Pio IX, voleva imporre gravi li-mitazioni agli acattolici e riuscì in buona parte a spuntarla. Il 6 maggio 1852 si giunse al decreto di abolizione dello statuto; fu un atto al quale « quasi nessuno fece caso: l'attendevano tutti da tempo » 255.
Gli anni 1852 e 1853 passano in un silenzio di tomba; le corrispon-denze politiche si diradano e divengono assai poco politiche: seguendo, ad esempio, il carteggio Galeotti-d'Azeglio, che era stato così vivace ne-gli anni precedenti, ci si stupisce di trovarvi tanto vuoto: pettegolezzi, richieste di favori per amici e null'altro. Ad accrescere l'assenteismo politico giunge, nel '53, una grave carestia agricola, che distoglie l'at-tenzione da fatti pur rilevanti, quali la conclusione del processo Guer-razzi, la promulgazione del nuovo codice penale, le restrizioni munici-pali 256. Anche per ciò che riguarda la politica estera, l'ascesa al potere di Cavour passa quasi sotto silenzio.
Nel '54, invece, qualcosa comincia a muoversi nel gruppo moderato, e segnatamente in Galeotti:
« Quantunque fino a qui poco mi eccitasse la guerra di Oriente — scrive-va il 18 ottobre a Capponi — poiché non ci vedevo grandi cose per noi,
con-254. CG, 3, 169.
255. S. CAMERANI, LO spirito pubblico cit., p. 174. Si veda anche L. ARTOM, L'abolizione dello statuto toscano (1852), « Rassegna Storica del Risorgimento », XXXIX, 1952, pp. 369-379.
256. Il primo agosto 1853, dopo lunga gestazione, uscì il nuovo regolamento municipale che, oltre a prevedere maggiori restrizioni dell'autonomia e la totale esclusione delle classi inferiori dai consigli, sostituiva il sorteggio alle elezioni. Con esso la vita pubblica fu definitivamente soffocata anche a livello locale (cfr. G.
fesso che adesso io pure partecipo alla inquietudine in cui stanno molti sul-l'esito di Sebastopoli » 257.
La ragione del suo interesse la rivelò il 29 novembre a d'Azeglio: se eran vere le notizie sulla richiesta inglese di truppe al Piemonte —