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Da quanto sin qui esposto, appare chiaro che per svolgere in modo adeguato l’attività di ricerca e selezione del personale occorre possedere, oltre a un metodo, anche una serie di competenze che vanno al di là degli strumenti tradizionalmente utilizzati dai selezionatori. Nell’immaginario collettivo, infatti, chi si occupa di ricerca e selezione del personale è uno psicologo oppure un manager con molti anni di esperienza alle spalle che continuativamente cerca di sviluppare una rete di relazioni che gli permetta di entrare in contatto con lavoratori interessanti. La realtà è spesso diversa: per affrontare con professionalità quest’attività e per garantire con ragionevole certezza il risultato, le competenze necessarie sono molteplici:

 Analisi organizzativa

 Psicologia

 Conoscenza delle logiche retributive

 Conoscenza dei contratti di lavoro

 Conoscenze informatiche

 Marketing

 Capacità di mantenere un calm-alert state attraverso il quale seguire con il rapporto interpersonale con il candidato, pur evitando situazioni di tensione e sovraffaticamento mentale

 Onestà intellettuale, scarsa propensione all’acquisizione di potere e prestigio non collegati all’evoluzione delle abilità professionali

 Capacità autocritica, tendenza a mettersi in discussione e a maturare le proprie in virtù dell’apprendimento e del confronto socio-professionale

 Tendenza all’ascolto, pazienza, intuito e capacità di concentrazione

Le competenze tecniche specialistiche, invece, aiutano ma non risolvono il problema della scelta del candidato giusto, infatti il risultato atteso non è l’esame tecnico del candidato ma, l’individuazione, attrazione e infine selezione del

candidato che apporti le competenze necessarie a garantire all’azienda il livello di performance richiesto. Se è vero che il “mestiere” del selezionatore, complici anche i considerevoli cambiamenti legislativi in atto, lascerà anche in Italia le nicchie in cui è stato rinchiuso in questi primi cinquanta anni di vita, per raggiungere dimensioni numericamente ragguardevoli occorrerà prevedere percorsi di formazione specifici che siano in grado di formare professionalità capaci di gestire percorsi e processi complessi. In particolare occorre porre l’attenzione sulla circostanza che la professionalità di queste figure dovrà essere complessa, come il compito che devono affrontare. Quindi, pur nel rispetto delle diverse interpretazioni che se ne vorrà dare e quindi delle “scuole di pensiero” che daranno vita ad altrettanti modelli formativi, è importante ricordare la centralità, nel processo di apprendimento del nuovo selezionatore, di almeno queste discipline:

 Diritto del lavoro e previdenza sociale

 Organizzazione del lavoro

 Psicologia del lavoro

 Sistemi informativi

 Economia politica

Ma soprattutto il selezionatore dovrà dimostrare capacità di inserirsi nei processi di sviluppo organizzativo che le diverse organizzazioni intendono porre in essere.

BIBLIOGRAFIA 2° CAPITOLO

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CAPITOLO 3

LA BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI PISA E FORNACETTE

3.1 GENERALITA’ SULLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO

Nel settembre del 2007 un sondaggio del Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha mostrato come le Banche di Credito Cooperativo abbiano acquisito un ruolo cruciale in molti sistemi finanziari dei paese europei. Questa circostanza può essere ritenuta più che mai vera, nonostante il momento di crisi che attraversa l’intera Europa. E’ noto come le banche centrali abbiano affrontato la crisi adottando misure di particolare severità: ciò nonostante le Banche di Credito Cooperativo hanno continuato, in tutta Europa, a confermare il loro ruolo di istituzioni affidabili radicate nelle economie locali, erogando servizi finanziari alle stesse condizioni praticate in periodi precedenti alla crisi, svolgendo in questo modo una significativa funzione anticiclica.

Nonostante l’importanza investita dalle BCC, ad oggi non risultano essere state oggetto di particolari riflessioni del pensiero scientifico, per due possibili ragioni:

- Il volume dei dati a riguardo

- Le caratteristiche strutturali ed il mix di obiettivi

Eppure le loro peculiarità dovrebbero indurre a superare le difficoltà legate alla complessità delle analisi che ne deriverebbero: il Credito Cooperativo è espressione di comunità che si auto organizzano per produrre servizi di credito a sostegno delle attività produttive locali e per promuovere la crescita economica, civile e culturale nei territori di interesse.

Le banche di Credito Cooperativo sono innanzitutto banche del territorio: banche che nascono dal territorio per il territorio.

Contrariamente all’idea che si è diffusa nel corso dello scorso decennio sugli effetti della globalizzazione sulla dimensione locale, oggi è possibile ragionare in termini di coesistenza di due fenomeni sia economici sia sociali che politici. La globalizzazione non ha annullato l’esistenza e l’importanza dei sistemi locali, al contrario, la globalizzazione ha consentito la nascita e lo sviluppo della cosiddetta “Glocalizzazione” ciò che cambia, sul piano locale, è l’oggetto di indagine, non più concentrato sulla singola impresa o sulla singola istituzione, quanto sul territorio somma di agenti legati da legami siglati sulla base della condivisione del territorio.

Oggi in Italia, le Banche di Credito Cooperativo hanno continuato a offrire supporto ai propri clienti, garantendo condizioni privilegiate di accesso al credito, in particolar nei confronti delle famiglie e delle piccole imprese.

Nonostante il periodo di crisi, infatti, il modello delle BCC continua a confermarsi come sufficientemente stabile ed affidabile grazie anche alla scelta strategica di erogare servizi finanziari tradizionali su base locale, cercando in questo modo di non indebolire la relazione di fiducia con i clienti che è fondamentale per una istituzione locale.

L’essere banca del territorio risulta estremamente funzionale alle caratteristiche del modello produttivo italiano, basato, in misura significativa, su distretti industriali e su piccole medie imprese, radicate sullo stesso territorio ed integrate con le comunità e le istituzioni locali.

Le BCC associano al radicamento territoriale lo spirito mutualistico, avvantaggiandosi, principalmente, dal lato dell’informazione: la conoscenza approfondita dell’area di riferimento, l’esperienza del ciclo produttivo delle attività tipiche, la vicinanza agli operatori locali consentono alle aziende di credito cooperativo di disporre di informazioni ottimali sulle caratteristiche della clientela e sul relativo merito di credito, agevolando l’instaurarsi di relazioni economico finanziarie di natura duratura.

Una banca al servizio della comunità e delle economie locali diventa un punto di riferimento territoriale se è in grado di acquisire fattori intangibili di vantaggio competitivo: tale capacità riguarda le risorse umane. La condizione di essere banche locali, insediate e radicate in un area territoriale definita, con clientela locale, può risolversi come vantaggio reciproco tra la BCC e la clientela, se la relazione che si instaura è mediata da risorse umane capaci di favorire e migliorare le occasioni di incontro e la conoscenza personalizzata dei bisogni del cliente. Le risorse umane possono diventare una risorsa cruciale per le BCC. Possono esserlo perché nelle organizzazioni erogatrici di servizi, come le banche, si verifica una fusione tra la situazione produttiva e la funzione distributiva fondendosi, contemporaneamente, la qualità del servizio con la qualità del personale e, per questa strada, concorrendo a creare l’immagine dell’organizzazione. In questo modo le risorse umane possono rappresentare il tramite col quale un’organizzazione radicata sul territorio stesso ed è, perciò, vicina al cliente, riducendo i costi di conoscenza dei problemi e le asimmetrie informative legate alla relazione con la clientela.