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Quanto più le aziende hanno intenzione di muoversi nel mercato dell’e-business, tanto più la gestione delle conoscenze e delle competenze circolanti all’interno dell’azienda diviene importante. Le aziende, però, per valorizzare questo asset, devono prima essere in grado di gestirlo. Ciò spiega l’estrema attenzione che si è posta negli ultimi anni nei confronti della disciplina del Knowledge Management, ossia la gestione delle conoscenze. Letteralmente a centinaia si contano le definizioni date al Knowledge Management negli ultimi anni.

 Il Knowledge Management deve assistere l’individuo nella ricerca di informazioni di cui ha bisogno;

 Il Knowledge Management deve sviluppare la capacità di raccogliere, organizzare e rendere disponibili in tempo reale informazioni di cui i dipendenti hanno bisogno per prendere decisioni e nello svolgimento delle loro mansioni;

 Il Knowledge Management è un processo che parte dalla acquisizione della conoscenza, proseguendo per la sua archiviazione, il suo accesso ed infine la sua analisi per poterla riutilizzare e quindi migliorare.

Particolarmente utile, però, appare ciò che afferma Davenport:

«Fare Knowledge Management vuol dire identificare, gestire e valorizzare cosa l'organizzazione sa o potrebbe sapere: skill ed esperienze delle persone, archivi, documenti e biblioteche, relazioni con i clienti e fornitori, materiali archiviati in basi di dati a disposizione dell’azienda».

Davenport attribuisce al Knowledge Management lo scopo di mirare a convertire la conoscenza personale in conoscenza aziendale organizzata e strutturata facendo emergere le conoscenze “locali” (individui, gruppi, processi) e trasformandole in conoscenza dell’organizzazione (capitale intellettuale). Garantendo inoltre anche il processo inverso. Il che va ben oltre la semplice

organizzazione delle informazioni di tipo documentale e mette a sistema tanto la conoscenza come prodotto che la conoscenza come processo.

Dal punto di vista storico le politiche di ridimensionamento, adottate da molte imprese negli anni Ottanta per aumentare la flessibilità e l’efficienza organizzativa (nel periodo che ha visto la fine dei grandi complessi industriali concentrati in un’unica sede) hanno sollecitato il management ad investire maggiori risorse in attività dirette allo sviluppo e alla valorizzazione delle conoscenze, per bilanciare gli effetti negativi derivanti dalla perdita di risorse umane di valore e di competenze critiche per l’impresa.

Da una prospettiva di mercato, invece, la dinamica dei processi competitivi e la globalizzazione, la necessità per le aziende di rivedere sempre più spesso la propria idea di business e di ricercare l’innovazione, nonché l’elevato contenuto di conoscenza di molti prodotti e servizi, sono solo alcuni dei principali fattori che hanno reso la creazione e la diffusione di conoscenza, esistente ma dispersa nell’impresa, due obiettivi fondamentali per le organizzazioni.

Inoltre, le tecnologie di informazione e comunicazione, da un lato, hanno favorito e accelerato il decentramento organizzativo e l’affermarsi di una struttura organizzativa “a rete”, rendendo di vitale importanza la progettazione di sistemi di Knowledge Management diretti a facilitare la condivisione di conoscenze sviluppate tra unità organizzative differenti; dall’altro, hanno fornito nuovi strumenti sia per la gestione che per la diffusione e lo sfruttamento della conoscenza.

In questa direzione, nuove prospettive di mercato e rinnovate tecnologie di comunicazione e informazione hanno riconfigurato l’idea stessa di fare business: in tale contesto, il valore di mercato e il vantaggio competitivo dell’impresa divengono sempre meno legati alle sue risorse tangibili e, viceversa, sempre più dipendenti dallo sfruttamento di quegli asset intangibili, risultato di attività basate sulla gestione attenta ed efficace della conoscenza.

Le prime imprese ad avvertire la necessità di ispirare l’intero sistema aziendale al management della conoscenza sono state quelle operanti nel settore dei servizi, dove la valorizzazione delle risorse intangibili è più immediatamente percepita come la chiave fondamentale per avere successo. Ma la centralità del capitale intellettuale, l’importanza della capacità di creare e diffondere sapere e conoscenze giocano un ruolo cruciale in ogni tipo di impresa. In qualsiasi contesto aziendale l’adozione di un approccio orientato al Knowledge Management diviene indispensabile per sviluppare la condivisione di esperienze, saperi e conoscenze; condivisione che rappresenta il presupposto fondamentale per consentire alle aziende di coniugare l’esigenza di efficienza e di successo con la capacità di apprendimento e innovazione, sempre più importante in un mercato in continua evoluzione.

Il Knowledge Management, dunque, costituisce un approccio finalizzato ad incentivare la competitività dell’azienda. Per raggiungere tale obiettivo occorre trovare il modo di far emergere tutte le conoscenze tangibili e intangibili proprie dell’azienda, organizzarle e valorizzarle. Quindi, risulta essenziale individuare le caratteristiche di sistemi informatici e tecnologie che possano supportare il management nella gestione delle conoscenze, facilitarne il reperimento e la diffusione. Obiettivo ultimo delle aziende che sviluppano approcci di Knowledge Management deve essere quello di rendere disponibile il patrimonio informativo e conoscitivo dell’impresa in modo tale che tutti coloro che ne hanno bisogno per svolgere la propria attività ne possano beneficiare, nella forma e nel modo più coerente con le diverse necessità specifiche.

In una prospettiva generale, dunque, l’adozione di un approccio orientato al Knowledge Management all’interno delle organizzazioni deve necessariamente basarsi su alcuni fattori determinanti:

- Il contesto. Il Knowledge Management necessita di un ambiente favorevole per la creazione e la condivisione della conoscenza, sia dal punto di vista organizzativo sia in una prospettiva culturale;

- Le persone. Tutti i membri di un’organizzazione sono detentori di conoscenza; per questo motivo, tutti dovrebbero essere coinvolti e motivati nei processi di creazione e condivisione di conoscenza;

- Le tecnologie per l’informazione e la comunicazione. Nel contesto di uno sviluppo sempre più rapido e progressivo delle nuove tecnologie, a favore delle aziende si aprono rinnovate opportunità per la creazione, la diffusione e l’utilizzo della conoscenza nel contesto aziendale. La metodologia. Il Knowledge Management, per consentire alle aziende di raggiungere competitività organizzativa, necessita di politiche mirate e ad hoc, integrate nella più complessa strategia dell’organizzazione.

In questa direzione, l’adozione di approcci per la gestione della conoscenza

impatta inevitabilmente su tre dimensioni rilevanti del contesto aziendale:

Innanzitutto l’organizzazione. Gli interventi di Knowledge Management sulla struttura organizzativa di un’azienda sono mirati alla condivisione, all’utilizzo e alla creazione di conoscenza ai livelli organizzativi per i quali si ritiene che essa abbia importanza strategica. In particolare, tali interventi possono riguardare:

- I ruoli e le responsabilità delle figure preposte alle funzioni di Knowledge Management;

- I processi di interazione, di scambio di informazioni e di conoscenza tra le persone dell’organizzazione;

In secondo luogo, le risorse umane. Gli interventi sulle persone di un’organizzazione mirano alla creazione di una cultura aziendale orientata alla collaborazione, alla comunicazione, alla motivazione e alla fiducia reciproca. Gli interventi possibili riguardano:

- le competenze individuali e di gruppo;

- i sistemi di valutazione, di riconoscimento e di incentivazione per la condivisione della conoscenza;

- i sistemi di apprendimento e di aggiornamento professionale;

Infine, la struttura tecnologica. La tecnologia rappresenta l’elemento determinante nella condivisione e nella distribuzione della conoscenza: - le reti permettono alle persone di scambiare informazioni e conoscenze all’interno e all’esterno delle organizzazioni;

- alcune tecnologie, soprattutto quelle Web based, hanno reso sempre più facili ed efficaci i processi di raccolta, catalogazione e distribuzione di forme di conoscenza strutturata;

- le potenzialità di elaborazione delle nuove tecnologie di comunicazione e informazione consentono alle aziende di gestire enormi volumi di saperi e conoscenze, con sempre maggiore efficacia.

Più nel dettaglio, è necessario impostare alcuni elementi e criteri essenziali per implementare con efficacia un sistema di Knowledge Management in un’organizzazione, ovvero:

Visione condivisa tra tutti i membri che vi fanno parte, in grado di stimolare e facilitare la comprensione dell’intera organizzazione e dei suoi obiettivi;

Cultura organizzativa focalizzata sulla conoscenza, che consente il raggiungimento dell’obiettivo di fare della propria organizzazione un contesto che apprende e che, pertanto, è in grado di sfruttare le evoluzioni del mercato;

Infrastrutture e tecnologie appropriate. L’utilizzo di soluzioni e infrastrutture di ICT rappresenta uno dei fattori cruciali e più funzionali all’implementazione efficace di un sistema di Knowledge Management in un contesto aziendale;

Integrazione nella strategia organizzativa. La progettazione e l’implementazione del Knowledge Management vanno intese come processi organizzativi chiave per le aziende, parte integrante dunque della strategia generale delle organizzazioni;

Solida metodologia. Il sistema di Knowledge Management deve essere fondato su solide politiche, strategie e metodologie, le cui fasi e componenti siano in grado di contribuire concretamente al raggiungimento dell’obiettivo di apprendere dall’esperienza e dalla conoscenza.

In altri termini, Knowledge Management significa anche promuovere una cultura della comunicazione e della condivisione del sapere, all’interno di tutto il sistema azienda: attraverso l’aumento dei flussi informativi all’interno e verso l’esterno del contesto organizzativo, l’utilizzo delle nuove tecnologie di comunicazione e informazione, l’aumento delle relazioni e delle occasioni di contatto e di scambio tra i membri dell’organizzazione, lo snellimento gerarchico, l’attenzione e l’ascolto delle esigenze di tutti gli anelli della catena del valore (dai fornitori ai clienti), il trasferimento delle conoscenze, il coinvolgimento di tutti i dipendenti e i collaboratori dell’azienda attraverso soluzioni flessibili e interattive.

Per fare questo, uno dei primi interventi che le aziende che intendono adottare un approccio di Knowledge Management sono chiamate a realizzare riguarda la strategia di coinvolgimento delle risorse umane.

I vecchi modelli organizzativi, cioè quelli “top-down” e “bottom-up”, nel complesso risultano incapaci di alimentare l’interazione dinamica necessaria alla creazione di conoscenza organizzativa.

A riguardo Takeuchi e Nonaka hanno proposto una terza via, che parte dal centro dell’organizzazione: il middle-up-down. In questo modello sono i manager intermedi a ricoprire il ruolo di creatori di conoscenza, agendo attraverso un processo di conversione a due vie che coinvolge sia il vertice aziendale, sia i dipendenti e i collaboratori; nel fare questo, i manager intermedi si trovano a

riassumere la conoscenza tacita, presente sia nel top management che nei dipendenti, e a renderla esplicita incorporandola in tecnologie, prodotti e programmi. Secondo Nonaka e Takeuchi questo è lo stile di management che riesce meglio a supportare la creazione di conoscenza all’interno dell’azienda. Se dallo stile di management si passa alla struttura organizzativa, si nota come anche le due entità organizzative classiche, burocrazia e task force (gruppi specializzatiteamwork), sono inadeguate allo sviluppo, creazione e circolazione della conoscenza. La struttura burocratica è efficiente in condizioni di stabilità (ormai sempre più rare) e pone l’accento sul controllo e sulla prevedibilità di funzioni specifiche, che finiscono per creare una serie di ostacoli all’iniziativa individuale. Il ricorso alla task force prevede la creazione istituzionale di uno o più team di progetto con obiettivi da raggiungere entro una certa scadenza, che limita il processo di trasferimento di conoscenza.

Ancora una volta i due autori nipponici hanno proposto un ibrido organizzativo tra i due modelli, che prende il nome di organizzazione ipertestuale. La metafora, basata sul concetto informatico di ipertesto, paragona il modo in cui le informazioni sono presentate sullo schermo di un computer a quello che succede quando un simile modello viene adottato in un’azienda. In un ipertesto ciascun elemento testuale è, di solito, immagazzinato separatamente in un file diverso; ciò offre all’utente la possibilità di accedere a più livelli di testo contemporaneamente; simili livelli (o strati) devono essere interpretati come contesti a disposizione di chi li consulta. Gli strati pongono la conoscenza del documento ipertestuale in un diverso contesto. Gli strati, tra loro connessi, che compongono un’organizzazione ipertestuale sono:

il sistema di business, che rappresenta lo strato centrale, è quello nel quale sono condotte le normali operazioni di routine e, dal momento che la struttura burocratica è in grado di svolgere con efficienza le pratiche routinarie, questo strato è strutturato come una piramide gerarchica;

lo strato al vertice è rappresentato dai gruppi di progetto impegnati in attività di creazione di conoscenza e sviluppo (ad es. nuovi prodotti);

la base di conoscenza rappresenta l’ultimo gradino, ma non per questo meno importante, dove la conoscenza organizzativa, generata nei due strati superiori, viene categorizzata e contestualizzata; in realtà questo strato non si traduce in un’entità organizzativa vera e propria ma trova espressione nella vision (ciò che è alla base della struttura aziendale) nella cultura organizzativa e nella tecnologia.

In un’organizzazione ipertestuale dunque, coesistono tre strati o contesti totalmente differenti tra loro che consentono a tutti i membri di muoversi facilmente al loro interno per potersi adattare alle mutevoli situazioni interne ed esterne dell’organizzazione, ponendosi come sintesi perfetta dell’efficienza della burocrazia e della flessibilità della task force.

I ruoli professionali del Knowledge Management:

Qualsiasi piano di Knowledge Management presuppone un dialogo e un confronto continuo tra le diverse unità organizzative che compongono un’azienda. Per facilitare queste relazioni può essere utile ricorrere all’inserimento di ruoli professionali con il compito di facilitare i processi di management della conoscenza.

In alcuni contesti aziendali dipendenti e collaboratori svolgono un ruolo di mediazione nei processi di trasferimento della conoscenza, senza che il loro ruolo sia legittimato o in qualche modo riconosciuto. Questi “guardiani della conoscenza” spesso ricoprono posizioni di confine tra unità organizzative e/o organizzazioni differenti e, attraverso lo sviluppo di relazioni sociali informali, fanno sì che anche le conoscenze non formalizzate si diffondano all’interno dell’azienda. Gli individui che occupano posizioni centrali nel network di relazioni professionali hanno la possibilità, infatti, di accedere ad un maggior numero di fonti di conoscenza svolgendo, al tempo stesso, un importante ruolo di mediazione e collegamento tra parti del sistema organizzativo tra loro distanti. Oltre a favorire lo sviluppo di reti di collaborazione, il management può supportare questi processi informali istituendo dei ruoli organizzativi deputati

formalmente al management della conoscenza. Questi “knowledge manager” ricoprono posizioni cruciali e possono efficacemente intervenire sulla gestione dei progetti, del cambiamento e sul ruolo della tecnologia in questi processi. Si tratta dunque di un ruolo molto complesso, che richiede competenze professionali specifiche, un’ampia conoscenza delle tecnologie di informazione e comunicazione e, ovviamente, competenze manageriali che dovranno essere in grado di emergere alternandosi a seconda delle esigenze.

Tra le varie possibili professionalità inseribili in sistemi di questo tipo, molte imprese, soprattutto quelle operanti nel campo della consulenza, hanno predisposto un ruolo responsabile dei processi di management della conoscenza a livello dell’intera organizzazione: il chief knowledge officer (CKO) che deve essere in grado di progettare e supervisionare le basi a supporto della conoscenza dell’impresa (biblioteche, centri di ricerca, network di collaborazione), gestire tutte le relazioni con i possibili fornitori di sapere esterni all’organizzazione, raccogliere, misurare e definire il valore della conoscenza provvedendo anche a stabilire i criteri per la sua codificazione, nonché creare un senso di comunità tra gli individui spingendoli a collaborare. Per ricoprire questo ruolo sono dunque necessarie competenze nel campo delle IT e una particolare attenzione alle caratteristiche del contesto sociale e agli strumenti di comunicazione formali ed informali dell’azienda di riferimento.

Solitamente il CKO è un manager di alto livello alle dirette dipendenze della direzione generale, proveniente da una esperienza interna all’azienda e quindi profondo conoscitore delle sue dinamiche e del clima culturale presente in essa e, naturalmente, in possesso di una buona conoscenza delle tecnologie informative. Il suo ruolo non si limita a quello di filtro di conoscenza proveniente da fonti interne ed esterne, ma punta a realizzare l’effettiva istituzionalizzazione, formalizzazione e diffusione della conoscenza all’interno dell’azienda, ricorrendo ad un dialogo continuo con gli opinon leader che faciliti l’adozione e la diffusione delle innovazioni attraverso la costruzione di un linguaggio ed una interpretazione condivisi.

I vantaggi di un approccio orientato al Knowledge Management:

Un’attenta attività di gestione della conoscenza può aiutare concretamente l’organizzazione a muoversi meglio in un mercato caratterizzato da mutamenti sempre più rapidi e imprevedibili, sia dal lato dell’organizzazione interna, sia dal punto di vista dell’azienda nel suo complesso. In entrambi i casi, le aziende possono andare incontro a numerosi e consistenti vantaggi. Nell’ottica interna, i vantaggi legati all’attività di gestione del sapere e della conoscenza sono sintetizzabili in due punti essenziali:

Migliore gestione dell’attività aziendale. Le aziende che adottano un

approccio di Knowledge Management sono potenzialmente in grado di migliorare qualità ed efficienza di pratiche, processi e attività lavorative, attraverso la condivisione di best practice e la crescita delle competenze individuali e di gruppo. Inoltre, la circolazione e la condivisione di informazioni, esperienze e saperi mirati, così come di soluzioni già sperimentate, consentono alle aziende di velocizzare la risoluzione di problemi e al contempo di rendere sempre più rapidi ed efficaci sia i processi decisionali, sia le attività di sviluppo di nuovi prodotti/servizi sul mercato;

Migliore gestione delle risorse umane. Un contesto organizzativo basato sulla gestione delle conoscenze è in grado di stimolare la condivisione di esperienze professionali tra tutti i membri dell’organizzazione, facilitando lo sviluppo e la valorizzazione di conoscenze “critiche”. Si tratta di conoscenze necessarie per il raggiungimento degli obiettivi aziendali e al tempo stesso decisive per il miglioramento dell’azienda e il mantenimento nel tempo del vantaggio competitivo. Inoltre, la condivisione della conoscenza presente in azienda tra tutti i membri che vi fanno parte consente al top management di migliorare i processi di apprendimento delle risorse umane e al contempo di ridurre costi e tempi di training del personale interno. Infine, l’adozione di un approccio di Knowledge Management sviluppa un contesto organizzativo basato su un clima

collaborativo, in grado di stimolare coinvolgimento e motivazione del personale.

Dal punto di vista dell’azienda nel suo complesso, invece, i vantaggi legati ad una gestione efficace della conoscenza riguardano soprattutto:

Maggiore visione di nuove opportunità di business. Le aziende che adottano soluzioni e metodologie di Knowledge Management sono potenzialmente in grado di migliorare la capacità di studio, comprensione e interpretazione delle dinamiche e dei trend dei mercati, attraverso una rilevazione sistematica e un’efficace gestione delle informazioni rilevanti. Queste aziende, grazie all’incremento delle competenze e delle capacità professionali, possono migliorare sensibilmente la propria capacità di prevedere e anticipare le evoluzioni del mercato, di individuare in maniera più puntuale ed efficace il proprio target e di proporre innovazioni di prodotto/servizio nel proprio settore di competenza;

Migliori risposte alle esigenze del mercato. Il Knowledge Management è in grado di facilitare l’integrazione e lo scambio di saperi, conoscenze e best practice tra diverse funzioni aziendali, facilitando la frequenza di lancio di nuovi prodotti/servizi, la gestione più puntuale ed efficace delle reti di vendita. Inoltre, la maggiore capacità di prevedere e interpretare le evoluzioni del mercato e, di conseguenza, anche dei rinnovati bisogni degli utenti/consumatori, consente alle aziende di migliorare il grado di successo dei nuovi prodotti/servizi messi sul mercato, così come il livello di customer satisfaction del proprio target.

Limiti del Knowledge Management:

Il capitale intellettuale, si è detto, costituisce una vera e propria ricchezza per le aziende. Ciò ha portato in breve tempo alla pianificazione di ingenti investimenti in architetture e strumenti finalizzati alla costituzione di sistemi di Knowledge Management che tendano ad enfatizzarne il valore.

Tuttavia, come ben sa chi si occupa del problema, sono stati molto pochi, rispetto al totale, gli investimenti in sistemi di Knowledge Management che abbiano portato ad un vantaggio effettivamente misurabile. Il che rende spesso gli investimenti in tal senso, che si configurano comunque come una scelta inevitabile, un rischio estremamente elevato.

Le principali barriere allo sviluppo dei sistemi di Knowledge Management, sono spesso di tipo culturale piuttosto che tecnologico e vengono in genere fatte risalire a due problemi di fondo:

 la paura di condividere le proprie conoscenze, acquisite a costo di lavoro e fatica, con il resto dell’organizzazione. In altri termini la riedizione in chiave tecnologica del già citato detto “sapere è potere”;

 il timore di innovare la propria struttura, in quanto il knowledge management, per essere davvero efficace, richiede una profonda rilettura della propria organizzazione.

Tuttavia un altro importante motivo che spiega il fallimento di molti degli