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3. LA SOCIETAS LUOGO DI RIPARAZIONE E SOLIDARIETA’

4.3 L A R ICERCA AZIONE E ANALISI DELLE RETI

4.3.4 IL FOCUS GROUP

Il focus group è una tecnica che può essere definita di “conversazione di gruppo”. Rispetto alla dimensione diadica dell’intervista, esso consente di osservare dinamiche di gruppo e apprezzare maggiormente processi di costruzione della realtà sociale (Cicognani, 2002).

L’interazione è infatti il fulcro di questo strumento ideato da Merton nel 1941 per rilevare opinioni e atteggiamenti e utilizzato inizialmente nel campo del marketing. A partire dagli anni ’80 del secolo scorso è stato “cooptato” nell’ambito della ricerca sociale ed è oggi una delle tecniche più utilizzate.

Si tratta di uno strumento economico e molto efficace, perché consente di raccogliere una grande mole di informazioni in poco tempo (la durata media è di due ore).

Secondo la definizione di Corrao (2000) il focus group è “una tecnica di rilevazione per la ricerca sociale, basata sulla discussione tra un piccolo gruppo di persone, alla presenza di uno o più moderatori, focalizzata su un argomento che si vuole indagare in profondità”.

Si cerca, in questo modo, di riprodurre una situazione molto vicina al reale, una interazione fra alcuni interlocutori che hanno la possibilità di formarsi un’opinione sul tema anche nel corso dello stesso dibattito.

88 Cecilia Sechi. Conflitto e riparazione: la promozione di una comunità relazionale. Il progetto “Condominio

Solidale . ViciniPiùVicini”.

Tesi di dottorato in Scienze sociali, indirizzo Scienze della governance e sistemi complessi. XXVI ciclo. Università degli studi di Sassari

È una prospettiva molto vicina a quella che Krippendorff (1980), mutuando da Pike (1954) definisce “emic”, cioè la raccolta di dati in contesti naturali, per differenziarla da quella “etic”, in cui i dati vengono raccolti in situazioni controllate5.

Il numero dei partecipanti è un elemento molto dibattuto in letteratura: non dovrebbe comunque mai superare le 12 persone, perché con una partecipazione troppo elevata si può correre il rischio di generare confusione, di non riuscire a gestire correttamente il flusso comunicativo e non raggiungere quindi l’obiettivo di indagare in profondità l’ambito di indagine. Il numero minimo consigliato per raggiungere una sufficiente significatività è di 4 persone (Morgan, 1988).

Anche la caratteristica del gruppo è tuttora oggetto di dibattito. La posizione più avvalorata è quella dell’omogeneità per evitare dinamiche gerarchiche che possono mettere a disagio qualche partecipante e inibire il suo intervento (Krueger, 1994; Morgan, 1988).

Diversi punti di vista esistono anche per quanto riguarda il grado di conoscenza all’interno del gruppo. Una corrente di pensiero ritiene sia utile la precedente conoscenza, in quanto elemento che può migliorare, rendere più efficace e quindi più saliente l’interazione.

Un’altra corrente, al contrario, ritiene dannosa la conoscenza pregressa fra i partecipanti, in quanto potrebbe condizionare il comportamento di questi e inibire l’esternazione delle loro opinioni. Il dibattito deve essere mediato da uno o più moderatori che hanno la funzione di proporre le domande generative (seguendo uno schema prestabilito) e di stimolare la discussione, incoraggiando le persone meno loquaci e “arginando” quelle che possono prendere il sopravvento. Il moderatore deve dunque trovare un equilibrio ideale fra direttività e non direttività.

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Emic e etic sono termini usati nelle scienze sociali e del comportamento, coniati dal linguista Kenneth L. Pike mutuandoli dalle desinenze delle parole inglesi phonemics (fonologia) e phonetics (fonetica). I due termini vengono solitamente tradotti in italiano con l'espressione emico-etico.In antropologia il termine emic si riferisce al punto di vista degli attori sociali, alle loro credenze e ai loro valori (ottica del nativo).Etic si riferisce invece alla rappresentazione dei medesimi fenomeni ad opera del ricercatore (ottica "scientifica", o dell'osservatore).

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Fondamentale è anche la presenza di uno o più osservatori che hanno la funzione di osservare gli atteggiamenti relativi al tipo di interazione che si crea all’interno del gruppo dei partecipanti, oltre che quella più pratica di occuparsi della logistica e dell’accoglienza dei partecipanti.

Krueger (1994) individua i tipi di domande generative suggerite in letteratura che seguono la tecnica funelling:

 di apertura, in cui viene chiesta ad ogni partecipante un’autopresentazione;  di introduzione, per introdurre l’argomento oggetto del dibattito;

 di transizione, per operare un collegamento logico fra le domande introduttive e quelle chiave;

 domande chiave, quelle concettualmente più rilevanti per il/la ricercatore/trice in cui si arriva al focus dell’ambito di indagine;

 finali, per avviare la conversazione ad una chiusura e permettere ai partecipanti di fare delle riflessioni in merito.

Lo strumento del Focus Group è stato utilizzato perché il progetto aveva al suo interno due gruppi:  il Gruppo dei Facilitatori, composto da 5 persone;

 il Gruppo di Progetto, composto da 5 persone. Questo focus è stato condotto da un moderatore esterno (perché chi ha strutturato il progetto appartiene a questo gruppo) e un osservatore.

I gruppi hanno atteso con curiosa trepidazione questo momento poiché la scelta di non presentare il progetto pubblicamente, prima che generasse azioni, ha avuto come conseguenza che gli elementi di giudizio, difficoltà, riflessione, valutazione, cambiamenti di rotta si siano svolti sempre

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all’interno dei due gruppi. Il focus ha permesso di esplorare l’approccio di gruppo ad un progetto diverso, sfidante, il vissuto dei ruoli, il giudizio sulla formazione ricevuta, gli approcci usati nei condomini, data anche la diversità dei contesti e delle caratteristiche culturali e sociali.