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2. GIUSTIZIA PUNITIVA E GIUSTIZIE RIPARATIVE

2.6 I PRINCIPALI MODELLI DI GIUSTIZIA DI COMUNITÀ

Premesso che molteplici sono i tentativi di gestione del conflitto alternativi alla giustizia tradizionale, spesso con componenti riparative decisamente modeste, il lavoro di sistematizzazione della materia appare invero arduo e si è pertanto scelto di sussumere le singole esperienze all’interno di tre macro-tipologie:

Victim-Offender Mediatum (VOM);

Family Group Conferecing (FGC);

Circle process

La distinzione tra i tre modelli si basa essenzialmente sulla tipologia dei soggetti coinvolti e delle modalità di svolgimento di tali prassi; tuttavia le diverse tipologie possono essere distinte anche sotto altri profili, ad esempio rispetto al livello di integrazione che essi hanno con il sistema penale tradizionale oppure rispetto al tipo di attività svolta e al suo rapporto con le varie fasi del procedimento penale. Tenendo presente l’intersecazione dei vari livelli di diversità, potrà accadere che stesse tipologie di practices trovino collocazione in diverse categorie, oppure che metodologie diverse siano assimilabili rispetto a un denominatore comune.

Prima di procedere all’analisi delle tre metodologie menzionate, preme sottolineare in particolare uno degli aspetti sopra esposti, in quanto elemento ricorrente nell’ambito del nostro lavoro, cioè la maggiore o minore (o nulla) integrazione tra giustizia penale istituzionale e restorative: i tre modelli, infatti, potranno di volta in volta assumere posizioni esterne al sistema, quindi completamente alternative alla risposta formale, oppure integrate in uno specifico programma di diversion, o infine integrate e complementari al sistema della giustizia penale.

35 Cecilia Sechi. Conflitto e riparazione: la promozione di una comunità relazionale. Il progetto “Condominio

Solidale . ViciniPiùVicini”.

Tesi di dottorato in Scienze sociali, indirizzo Scienze della governance e sistemi complessi. XXVI ciclo. Università degli studi di Sassari

Victim-Offender Mediatum (VOM)

La VOM è il modello più noto di giustizia riparativa, al punto che spesso viene confusa con la Restorative Justice stessa, in virtù della diffusione che ha avuto come archetipo di giustizia dialogica.

Lo scopo della mediazione è quello di promuovere un accordo tra vittima e offensore su come porre rimedio alle conseguenze scaturite dal reato; tale accordo deve preferibilmente essere l’esito di un incontro tra le parti, debitamente preparato e facilitato dal mediatore (Reggio, 2010).

Elementi essenziali sono pertanto l’incontro tra vittima e offensore, nelle modalità “face to face” o “peer to peer”, e la promozione di una soluzione concordata tra vittima e reo. In Italia esiste già una procedura simile, gestita istituzionalmente dagli Uffici dei Giudici di Pace, e rientrante nella specie della “giustizia consensuale conciliativa” (Peroni e Gialuz, 2004).

Rispetto alla procedura, l’impulso viene da un organo pubblico, che può essere un funzionario di Pubblica Sicurezza, il titolare della pubblica accusa, il magistrato giudicante. Questo soggetto incarica della gestione della controversia l’ufficio di mediazione, interno o esterno al tribunale, il quale avvia – secondo il protocollo operativo di cui si è dotato – contatti con la vittima e l’offensore. I contatti inizialmente sono individuali, l’incontro avviene in un secondo momento solo con il consenso di entrambe le parti.

Prima ancora di cercare un accordo su come rimediare alle conseguenze del reato, l’incontro consente alla vittima di raccontare come tale esperienza abbia inciso sulla sua vita e all’offensore di spiegare le (eventuali) motivazioni del suo comportamento, scusarsi con la vittima, proporre soluzioni che rispondano ai concreti bisogni manifestati dalla vittima in quella sede.

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Tesi di dottorato in Scienze sociali, indirizzo Scienze della governance e sistemi complessi. XXVI ciclo. Università degli studi di Sassari

Nel corso della procedura le parti ricevono assistenza e incoraggiamento, al fine di individuare una adeguata compensazione per le perdite subite dalla vittima. Se l’incontro non è stato possibile per il rifiuto di una o entrambe le parti, è ancora percorribile la promozione di un accordo a fine riparativo attraverso il mediatore stesso.

Relativamente alla collocazione della VOM all’interno del procedimento penale, possono presentarsi diverse soluzioni: quando il processo mediativo precede la sentenza di condanna, l’esito di questo può essere sottoposto al tribunale perché lo includa nel contenuto della sentenza stessa; se l’esito della mediazione è positivo può costituire motivo per una declaratoria di estinzione del reato; infine, il percorso mediativo può costituire – prevalentemente in ambito minorile - una delle condizioni necessarie per ottenere la sospensione del processo e messa alla prova o ulteriormente per addivenire a una pronuncia di estinzione del reato per esito positivo della prova stessa (artt. 28 e 29 D.P.R. 448/88).

Family Group Conferecing (FGC)

Questo modello nasce in Nuova Zelanda dove, dal 1989, è diventato la modalità principale di estrinsecazione del procedimento penale minorile.

Nella FGC oltre alla vittima e all’offensore trovano spazio anche le rispettive famiglie. È anche prevista la presenza di soggetti pubblici, poiché l’esito della conferece e idoneo a produrre conseguente che hanno una diretta efficacia giuridica. Le parti vengono tutelate dalla presenza di figure professionali (avvocati), i quali devono avere dimistichezza con l’impianto e le finalità “conciliative” della FGC e conseguentemente sfumare i tratti agonistici propri delle difese nel processo tradizionale.

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La presenza di più partecipanti e la possibilità che ognuno di essi ponga dei veti nei riguardi di uno o più punti dell’accordo fa si che il facilitatore nella FGC abbia un ruolo molto più attivo rispetto al mediatore nella VOM: egli è infatti spesso chiamato a impegnarsi nella ricerca creative di soluzioni che possano comporre positivamente le posizioni divergenti dei vari partecipanti.

Circle process

Questo modello è strutturato come un cerchio intorno al quale siedono più soggetti. Il cerchio ha una valenza altamente simbolica poiché rappresenta una struttura priva di vertici che pone i vari punti della circonferenza come equidistanti rispetto al centro. Ciò sottolinea che i soggetti che vi fanno parte sono coinvolti nella stessa misura nella ricerca di una soluzione; inoltre durante lo svolgimento del circle non sono fronti contrapposti né poteri gerarchicamente sovraordinati: all’interno del cerchio è garantita la parola ad ogni componente e il rispetto reciproco è la condizione basilare per iniziare, mantenere e portare a buon fine il dialogo.

Il Circle può avere applicazione in ambiti molto vari, anche molto lontani dall’area giuridica o penale. La tipologia che trova impiego all’interno della giustizia riparativa è quella del Circle Sentencing. In esso vi è il confronto fra più soggetti: la vittima, l’offensore, la famiglia, eventualmente gli amici più prossimi, altri componenti della comunità, membri del sistema giudiziario, difensori delle parti. Dal punto di vista della composizione soggettiva si tratta del modello di restorative dotato di maggiore estensione.

L’oggetto della discussione riguarda i vari aspetti del reato: cosa è accaduto e perché, quali conseguenze sono derivate dalle persone coinvolte, quali sono i possibili rimedi, cosa si può fare per prevenire una recidiva.

38 Cecilia Sechi. Conflitto e riparazione: la promozione di una comunità relazionale. Il progetto “Condominio

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Di solito si ricorre al Circle in una fase successiva a quella dell’accertamento di responsabilità in capo al reo (a seguito di attività investigative o di una piena confessione dell’accusato); ciò permette al soggetto istituzionale componente del cerchio di disporre un “rientro” nel processo tradizionale nel caso di inadeguatezza delle trattative o del risultato concordato tra i vari attori intervenuti nel circle.

Merita una menzione particolare il coinvolgimento della comunità giacché essa favorisce il supporto alla vittima e all’offensore anche in vista della reintegrazione di quest’ultimo. In questi casi la comunità assume la funzione di ulteriore controllo e promozione delle condotte riparative concordate in sede di Circle.

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