3. LA SOCIETAS LUOGO DI RIPARAZIONE E SOLIDARIETA’
3.1 P REMESSA
Nei capitoli che precedono, partiti da una disamina del conflitto come parte integrante ed essenziale dei rapporti umani, passati poi attraverso le traversie di una giustizia che spesso disfa ma quasi mai riannoda i fili delle relazioni, siamo infine approdati ad una plausibile e auspicabile nuova possibilità di soluzione dei conflitti personali e sociali, cioè il ricorso ad una giustizia societaria e condivisa: riparativa.
Ma il grande snodo su cui si fonda e concentra il senso profondo di questo lavoro, soprattutto nella sua parte empirica, è costituito dall’idea che la relazione, per essere salda, non necessiti forzatamente di una sua pregressa lesione.
Oggi viviamo il tempo dell’intervento, del welfare, della limitazione del danno, della prevenzione secondaria (a volte terziaria, che abuso di ossimori!). Viviamo l’ansia di contribuire economicamente a risolvere problemi mondiali, cosmici. Lo stesso sistema dei servizi alla persona è intrappolato in una logica perversa di reazione al disagio, non riuscendo a cogliere le grandi opportunità che si celano nell’investire nel benessere individuale e collettivo per una facilitazione dei rapporti, per una ridistribuzione della responsabilità, per una rinascita della solidarietà comune e non istituzionale.
Su queste basi e facendo quindi nostra la lezione di coloro che individuano nella solidarietà la pensabilità/possibilità di un cambiamento (Patrizi e Lepri, 2011) si è sperimentato nella realtà sassarese il modello COR Comunità Orientante-Relazionale (Patrizi,2014; Patrizi e Lepri, 2012 e
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2013; Lepri et al., 2013; Bussu et al, 2013) proponendo un intervento che parte da un’ottica proattiva, inclusiva e promozionale, con una centratura sulla responsabilità.
Seguendo tali premesse un Gruppo di Ricerca in Psicologia Giuridica dell’Università di Sassari, cui afferiscono allievi e allieve della Scuola Romana di Psicologia Giuridica, ha avviato un filone di ricerca, declinato in diversi progetti dei quali è rilevante per questa ricerca quello europeo denominato Freedom Wings. (Identification and dissemination of european best pratic about justice and evaluation of the role and the application of the mediation altrernative measure in the eu member states).
Il progetto ha coinvolto tre paesi europei: Cipro (comune di Lemba) Grecia e Italia (Università di Sassari), che hanno lavorato insieme per l’elaborazione e l’implementazione di un progetto finalizzato alla rilevazione, promozione e divulgazione di buone pratiche riparative a livello transnazionale partendo dal sistema giudiziario, ma non considerandolo l’unico indicatore su cui basare la condivisione delle stesse.
L’affinità del progetto Freedom con il presente lavoro di ricerca è quasi una sovrapposizione poiché il progetto allo stato attuale è giunto ad un nuovo punto di partenza: attivare esperienze pilota all’interno delle quali coinvolgere la comunità per la prevenzione/risoluzione dei conflitti e per la promozione del benessere individuale e sociale (Patrizi?).
Tale impianto permette la ridefinizione e costruzione di nuovi significati generati dall’incontro tra le persone, tra persone e sistemi, tra sistemi e visioni, tra sistemi e visioni politiche della società dove le azioni vengono realizzate attraverso una azione non su (imposto dall’esterno) e non per (assistenzialistico e deresponsabilizzante) ma con le persone (compartecipato e responsabilizzante) (Wachtel, 1999)
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Il modello COR è un paradigma teorico-pratico che ha interpretato l’intervento di benessere per la persona a partire dai costrutti teorici riportati e che è possibile sintetizzare nei seguenti concetti: inclusione, reciprocità e obbligazione, sistema integrato relazionale e trasformativo, connessioni, resilienza, competenza, capacità, capacitazione (Senn, 1992, 1993), conoscenza, creatività, agentività umana (Bandura, 1986), responsabilità (De Leo), partecipazione, contaminazione, benessere (Lent, Brown, 2008).
Tale modello, ampliando la sua prospettiva in un’ottica psicosociale, ci lascia i suoi costrutti, aspetti sfidanti per la ricerca qui presentata:
. confidence: autoefficacia nel perseguire le proprie azioni . concern: guardare avanti e vedere ciò che potrebbe capitare
. curiosity: desiderio di conoscere maggiormente le proprie abilità e competenze in un contesto agevolato da relazioni incuriosenti
. identità: come le persone pensano di sé nel sociale (Savickas, 2012) . prontezza: essere pronti a rispondere a situazioni ed esiti incerti . self efficacy ed efficacia collettiva (Bandura, 1977, 1997)
. resilienza quale capacità di riprendersi dopo un fallimento, capacità di recuperare in modo rapido risorse quando ci si trova di fronte a sfide (Soresi, 2013)
. creatività: meccanismi di copy (Kohn e alt., 2003), utilizzando soluzioni creative, gestione dell’imprevedibile, capacità di sostenere nuovi incarichi ed adattarsi ai cambiamenti (Pulakos et alt., 2002)
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. co-costruzione del sé: in tutte le molteplici dimensioni: personale, sociale, lavorativo (Savickas, 2007)
speranza: motivazione che si nutre nei confronti della possibilità di conseguire determinati risultati e obiettivi (Snider, 2000; Snider et al.,1991).
La ricerca che presenteremo nella seconda parte di questo lavoro ha attraversato tutti i punti sopra elencati, aggrappandosi in particolare all’ultimo: la speranza.
Riteniamo infatti che una società, una comunità priva del proprio benessere, non potrà mai accogliere e riparare il malessere. Per questo la ricerca parte dalla promozione e sostegno del suo stare bene e non dalla cura della sua sofferenza.
Nei paragrafi che seguono analizzeremo i confini teorici e le coordinate di pensiero che rendono possibile una maieutica delle relazioni sociali in un’ottica pro-attiva e promozionale.