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Focus: la valutazione della soglia di rischio richiesta nei giudizi sui “trasferimenti Dublino” infra-comunitar

IL PARADIGMA DEL RISK ASSESSMENT NEI CASI DI PERSECUZIONE E DI DANNO GRAVE NEL MODELLO REGOLATIVO DEL SISTEMA DELLA PROTEZIONE

6. Focus: la valutazione della soglia di rischio richiesta nei giudizi sui “trasferimenti Dublino” infra-comunitar

Per completare l’indagine sul risk assessment nel sistema europeo comune di asilo è opportuno verificare, seppur brevemente, la peculiare valenza che il rischio assume nelle ipotesi dei trasferimenti di richiedenti la protezione tra gli Stati membri UE sulla base del Regolamento Dublino III130 (oggi alla vigilia della sua quarta edizione)131. Tale

128 CGUE, Aboubacar Diakité c. Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides, cit., par. 36. 129 Council of the European Union, Strategic Commitee on Immigration, Frontiers and Asylum,

Proposal for a Council Directive on minimun standards for the qualification and status of third country nationals and stateless persons as refugees or as persons who otherwise need international protection”, Doc. 12148/02, Asile 43, 20 September 2002, p. 5.

130 Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che

stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide.

131 Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 maggio 2016, COM(2016)

Regolamento attribuisce la competenza ad uno Stato membro UE per l’esame delle domande di asilo: il principio generale è quello che ogni domanda di protezione deve essere esaminata da un solo Stato membro132.

Ciò significa che quando uno Stato membro non è competente all’esame della domanda, il richiedente deve essere trasferito verso lo Stato membro ritenuto, invece, competente ai sensi del regolamento, salvo eccezioni.

Ed invero, una limitazione alla regola generale è prevista dalla disposizione sull’accesso alla procedura di esame di una domanda di protezione internazionale e, più precisamente, al paragrafo 2 dell’articolo 3 del Regolamento:

[…] Qualora sia impossibile trasferire un richiedente verso lo Stato membro inizialmente designato come competente in quanto si hanno fondati motivi di ritenere che sussistono carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti in tale Stato membro, che implichino il rischio di un trattamento inumano o degradante ai sensi dell’art. 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, lo Stato membro che aveva avviato la procedura di determinazione dello Stato membro competente prosegue l’esame dei criteri di cui al capo III per verificare se un altro Stato membro possa essere designato come competente.

Conseguentemente, quando esiste un rischio per il richiedente di subire trattamenti inumani e degradanti, ai sensi dell’articolo 4 della Carta di Nizza, nello Stato competente verso il

per l’esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide. Il testo del progetto di riforma è stato approvato dalla Commissione Libertà civili (LIBE) del Parlamento europeo (17 ottobre 2017) e validato in Plenaria dall’assemblea di Strasburgo il 16 novembre 2017.

132 Tale regolamento è stato predisposto infatti al fine di garantire un accesso equo ed effettivo alle

procedure di riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria con lo scopo di prevenire il fenomeno della presentazione di domande multiple da parte di uno stesso richiedente in più Stati membri dell’Unione europea (c.d. fenomeno dell’asylum shopping). A tal fine gli Stati membri si considerano tutti reciprocamente sicuri per i cittadini di paesi terzi nell’applicazione delle procedure di asilo, secondo il principio di “mutua fiducia”. Inoltre tale regolamento rispetta la Convenzione di Ginevra e garantisce l’osservanza del principio di non-refoulement, conformemente alla CEDU e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cfr. considerando nn. 3 e 14 del Regolamento); E. Brouwer, Mutual Trust and the Dublin Regulation: Protection of Fundamental

Rights in the EU and the Burden of Proof, in Utrecht Law Review, Vol. 9, 2013, p. 135 ss.; E.

Cannizzaro, L’armonizzazione delle politiche di asilo in sede comunitaria e la Convenzione di

Ginevra sui rifugiati del 1951, in Rivista di Diritto Internazionale, vol. 84, 2001, p. 440 e ss.;

Morgese G., Principio di solidarietà e proposta di rifusione del regolamento Dublino, in E. Triggiani, F. Cherubini, I. Ingravallo, E. Nalin, R. Virzo (a cura di), Dialoghi con Ugo Villani, Cacucci Editore, Bari, 2017, pp. 471-474.

quale verrà rinviato, sussiste un divieto di trasferimento per lo Stato di rinvio, sebbene incompetente133.

In ossequio alla giurisprudenza delle Corti europee di Lussemburgo e di Strasburgo, viene imposto allo Stato incompetente un obbligo di verifica della sussistenza di carenze sistemiche, quanto alla corretta applicazione delle procedure di asilo e del sistema di accoglienza, nello Stato di destinazione quando si traducono di fatto in un rischio per il richiedente la protezione di subire un trattamento inumano e degradante.

Giova precisare che il contenuto della disposizione dell’art. 4 CDFUE corrisponde a quello previsto dall’art. 3 ECHR e pertanto in virtù dell’art. 52, par. 3 della CDFUE il significato e la portata degli stessi sono da considerarsi uguali a quelli conferiti dalla CEDU134.

La Corte EDU ha espresso per la prima volta la sua posizione sul sistema Dublino nella sentenza M.S.S. di condanna del Belgio per aver rinviato i richiedenti verso la Grecia, affermando che questi trasferimenti possono comportare una violazione dei diritti fondamentali ai sensi della CEDU anche se tra Stati membri UE. In particolare

[…] since December 2008 the European asylum system itself has entered a reform phase and that, in the light of the lesson learnt from the application of the texts adopted during the first phase, the European Commission has made proposal aimed at substantially strengthening the

133 Per comprendere meglio questo meccanismo è utile richiamare la sentenza Abdullahi nella quale

la Grande sezione ha considerato la situazione di una cittadina somala che dopo essere entrata illegalmente in Grecia riusciva, con l’aiuto di trafficanti, a transitare attraverso l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, la Serbia e l’Ungheria, giungendo in Austria dove presentava domanda di asilo. Sulla base delle indagini svolte dalle autorità austriache sull’itinerario di viaggio della richiedente, il Bundesasylamt respingeva la richiesta di asilo in quanto irricevibile e disponeva il relativo trasferimento verso l’Ungheria. La signora Abdullahi presentava ricorso contestando, da un alto, la scelta del criterio adottato dall’Austria sull’individuazione dell’Ungheria quale paese competente sulla base dell’esistenza di carenze sistemiche della procedura di asilo e delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato tali da costituire un rischio reale di subire trattamenti inumani e degradanti; dall’altro, deduceva la competenza della Grecia quale paese di primo ingresso, sebbene anche in tal caso nessun trasferimento avrebbe potuto avere luogo in ragione delle pessime condizioni di accoglienza della repubblica ellenica. La Corte interpreta la questione dei trasferimenti affermando che quando uno Stato membro, competente in base al criterio del “primo ingresso”, abbia accettato la presa in carico del richiedente, quest’ultimo «può contestare la scelta di tale criterio soltanto deducendo l’esistenza di carenze sistemiche della procedura d’asilo e delle condizioni di accoglienza dei asilo in tale Stato membro che costituiscono motivi seri e comprovati di credere che detto richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti, ai sensi dell’art. 4 della Carta», cfr. CGUE, (Grande Sezione) Shamso Abdullahi c. Bundesasylamt, C-394/12, sentenza del 10 dicembre 2013, par. 62.

134 Il divieto di pene o di trattamenti inumani o degradanti, ex art. 4 CDFUE, ha carattere assoluto in

quanto è strettamente connesso al rispetto della dignità umana, di cui all’art. 1 della Carta, cfr. CGUE, (Grande Sezione), Pál Aranyosi e Robert Căldăraru, C-404/15 e C-659/15 PPU sentenza del 5 aprile 2016, par. 85 e 86.

protection of the fundamental risghts of asylum-seekers and implementing a temporary suspension of transfers under Dublin Regulation to avoid asylum-seekers being sent back to member States unable to offer them a sufficient level of protection of their fundamental rights135.

Riprendendo le indicazioni della Corte EDU, nella sentenza N.S. la Corte GUE ha precisato che «al fine di permettere all’Unione e ai suoi Stati membri di rispettare i loro obblighi di tutela dei diritti fondamentali dei richiedenti asilo, gli Stati membri, compresi gli organi giurisdizionali nazionali, sono tenuti a non trasferire un richiedente asilo verso lo “Stato membro competente” […] quando non possono ignorare che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo in tale Stato membro costituiscono motivi seri e comprovati di credere che il richiedente corra un rischio reale di subire trattamenti inumani o degradanti ai sensi dell’art. 4 della Carta»136.

Orbene, si tratta di un risk assessment che deve prendere in considerazione l’esistenza di carenze sistemiche tali da produrre sia un rischio generalizzato di trattamento inumano e degradante sia un rischio individualizzato in ragione di una specifica violazione di un diritto fondamentale del richiedente sottoposto ad un trasferimento.

Nel primo caso, sulle carenze sistemiche generalizzate, lo standard of proof individuato dalla Corte EDU riguarda la presenza di un «real risk of ill-treatment simply by virtue of an individual being exposed to such violence on return»137, ricadendo sullo Stato la verifica delle carenze sistemiche tali da esporlo ad un rischio effettivo di subire trattamenti inumani e degradanti138.

L’ipotesi di un rischio individualizzato viene presa in considerazione anche dalla Corte Suprema inglese sul caso R (on the application of EM (Eritrea) v. Secretary of State for

Home Department) che considera contrario alla stessa Carta di Nizza limitare il

trasferimento del richiedente alle sole ipotesi di rischio generalizzato a causa di carenze

135 ECtHR, M.S.S. v. Belgium and Greece, 21 january 2011, application n. 30696/09, par. 350. 136 CGUE, N.S. c. Secretary of State for Home Department e M.E. e altri c. Refugee Applications Commissioner, Minister for Justice, Equality and Law Reform, 21 dicembre 2011, C-411/10 e C-

493/10, par. 94. Si veda G. Morgese, Regolamento Dublino II e applicazione del principio di mutua

fiducia tra Stati membri: la pronunzia della Corte di Giustizia nel caso N.S. e altri, in Studi sull’integrazione europea, 7, Bari, 2012, p. 147 ss.

137 ECtHR, NA v. The United Kingdom, cit., par. 117.

138 Si veda C. Favilli, Reciproca fiducia, mutuo riconoscimento e libertà di circolazione di rifugiati e richiedenti protezione internazionale nell’Unione europea, in Rivista di diritto internazionale, vol.

sistemiche, ciò perché occorre sempre valutare se sussistono rischi effettivi che un individuo sia soggetto a trattamenti inumani e degradanti nel paese di destinazione139. Ed invero, nella sentenza Tarakhel, la Corte EDU, considera le carenze sistemiche in relazione alle specifiche esigenze di una famiglia afgana con sei figli, di cui cinque minori e, più precisamente, in ragione delle condizioni di vulnerabilità, le quali implicano sempre la concreta valutazione del caso di specie140. Infatti, la Corte pur non riconoscendo un rischio generalizzato nelle carenze sistemiche delle procedure di asilo e del sistema di accoglienza italiano, come nel caso della Grecia, tale da impedire qualsiasi trasferimento, rileva l’impossibilità di rinviare i richiedenti, sussistendo una violazione dell’art. 3 ECHR141. La vulnerabilità si mostra, dunque, un elemento importante nella valutazione del rischio, tale da determinare la soglia di gravità necessaria per configurare una violazione dell’art. 3 ECHR142.

Allo stesso modo la Corte GUE nella causa C.K. e altri c. Republika Slovenija, pur rilevando l’assenza di ragioni serie per ritenere la sussistenza di carenze sistemiche nello Stato membro competente, in considerazione delle specifiche condizioni di salute della richiedente, afferma che la disposizione di cui all’art. 3 par. 2 «non può esser interpretata nel senso che esclude che considerazioni legate ai rischi reali e acclarati di trattamenti inumani o degradanti, ai

139 Cfr. R (on the application of EM (Eritrea)) v. Secretary of State for the Home Department, [2014]

UKSC 12, United Kingdom: Supreme Court, 19 February 2014 disponibile online al seguente link: http://www.refworld.org/cases,UK_SC,5304d1354.html, par. 42: «Violation of article 3 does not require (or, at least, does not necessarily require) that the complained of conditions said to constitute inhuman or degrading conditions are the product of systemic shortcomings. It is self-evident that a violation of article 3 rights is not intrinsically dependent on the failure of a system. If this requirement is grafted on to the presumption i twill unquestionably make its rebuttal more difficult. And it means that those who would suffer breach of their article 3 rights other than as a result of a systemic deficiency in the procedure and the reception conditions provided for the asylum seeker will be unable to avail of those rights in order to prevent their enforced returned to a listed country where such violation would occur».

140 ECtHR, Tarakhel v. Switzerland, 4 november 2014, application no. 29217/12.

141 Si veda R. Palladino, La ‘derogabilità’ del ‘sistema Dublino’ dell’UE nella sentenza “Tarakhel” della Corte europea: dalle ‘deficienze sistemiche’ ai ‘seri dubbi sulle attuali capacità del sistema’ italiano di accoglienza, in Diritti Umani e Diritto Internazionale, vol. 9, 2015, pp. 226-232.

142 In un altro caso, invece, la Corte EDU ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proprio perché

non riteneva che le caratteristiche del caso di specie fossero tali da raggiungere la soglia del rischio richiesto e, richiamando le sentenze Tarakhel e M.S.S, ha precisato: «It thus has to be determined whether the situation in which the applicanti s likely to find himself, if removed to Italy, can be regarded as incompatible with Article 3, taking into account his situation as an asylum seeker and, as such, belongig to a particularly underprivileged and vulnerable population group in need of special protection», cfr. ECtHR, A.M.E. v. Netherlands, 5 february 2015, application no. 51428/10, par. 32.

sensi dell’art. 4 della Carta, possano, in situazioni eccezionali […] comportare conseguenze in ordine al trasferimento di un richiedente asilo in particolare»143

Appare evidente come la questione del rischio e della sua valutazione concreta assuma un’incidenza diretta nella protezione dei richiedenti asilo anche rispetto ai “trasferimenti dublino” tra Stati membri dell’Unione europea. Il livello o grado di tale rischio viene fissato nella formula di un “rischio effettivo” in ordine alla probabilità di subire un trattamento inumano o degradante.

Quanto fin qui esposto, mostra come su un piano sistematico della protezione internazionale la lettura del risk test ritenuta più adatta al fine di stabilire l’esistenza di una persecuzione o di un danno grave è quella di un «real risk/chance», inteso come opposto ad un rischio remoto o speculativo. A tale riguardo merita la notazione sulla definizione di “real risk” «as opposed to a fanciful risk» che, come suggerito dalla giurisprudenza, non deve essere inteso nel senso di abbassare la soglia dello standard of proof: «the reality is that the Courts have over the years used equal and intherchangeable expressions to reflect what falls above the line and what falls below. Thus “reasonable likelihood” is often used for “real risk”, and “mere possibility” as the converse. We do not consider that “fanciful risk” is materially different from “mere possibility”»144.

Ciò risulta condiviso dalla prassi, atteso che il livello di rischio applicato risulta essere sempre lo stesso, seppur utilizzando terminologie diverse (“real chance” (Australia e NZ), “reasonable likelihood” (UK), “reasonable possibility” (USA), “serious possibility” (Canada), “considerable probability” (Germania) e “real risk” (Europa e Corte EDU)145.

143 CGUE, C.K., H.F., A.S. c. Republika Slovenija, sentenza del 16 febbraio 2017, C-578/16 PPU,

parr. 92-96.

144 SA and IA (Undocumented Kurds) Syria v. Secretary of State for the Home Department, CG

[2009] UKAIT 00006, United Kingdom: Asylum and Immigration Tribunal / Immigration Appellate Authority, 2 February 2009, online su http://www.refworld.org/cases,GBR_AIT,498876732.html, par. 41.

145 IARLJ, cit., step 4, “risk box”: «the “reality of the risk” approach appropriately recognises the

unique nature of Refugee law and all other forms of protection in their humanitarian context». Inoltre, si precisa anche che il risk assessment non può essere condotto attraverso un bilanciamento di probabilità, ma soprattutto non si applica lo standard of proof tipico del diritto penale (nel senso di un “oltre ragionevole dubbio”).

Come osservato in dottrina, la giurisprudenza della Corte EDU ha fortemente influenzato gli esiti delle decisioni degli organi giurisdizionali negli ordinamenti interni nel sistema di asilo europeo146.

La tendenza della prassi è infatti quella di fissare la soglia di questo rischio nella sua effettività (“real risk”), nel senso che non deve essere meramente ipotetico.

Tutto ciò, come detto in premessa, si traduce in un paradigma del rischio, quale formula sintetica per stabilire l’esistenza di un “real risk” di persecuzione o di danno grave ai fini del riconoscimento della protezione internazionale, da integrare chiaramente con la valutazione di quei diritti umani coinvolti che inevitabilmente incidono nel ragionamento di un giudizio prognostico.

Non sono poche le tensioni create dalla combinazione della Convenzione di Ginevra con la protezione sussidiaria, tuttavia, come si avrà modo di vedere nei capitoli successivi, una volta definita la struttura di questo risk assessment, basato sul rischio di persecuzione e di danno grave, si potrà procedere alla determinazione dei fattori oggettivi e soggettivi del “risk”. Questi ultimi costituiscono delle variabili, che nascono da circostanze individuali e talvolta speciali, che si innestano nella valutazione degli indicatori oggettivi, facendo di fatto alzare o abbassare la soglia del rischio.

146 Come è stato osservato da J.C. Hathaway e M. Foster, op. cit., p.114, alla nota 150: «The [UK]

courts have said that a “reasonable degree of likelihood” has the same meaning as the term “real risk”, which is the test used by decision makers when assessing whether an applicant will be subjected on return to treatment which violates Article 3 of the ECHR: UK Border Agency, “Considering Asylum Claims and Assessing Credibility” (Dec. 13, 2012), at 22 [5.6]».

CAPITOLO II

IL RISK ASSESSMENT NELLE ISTANZE DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE:

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