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Segue: Il rischio come “real risk” nel modello di valutazione del giudice internazionale: spunti dalla prassi della Corte europea dei diritti uman

IL PARADIGMA DEL RISK ASSESSMENT NEI CASI DI PERSECUZIONE E DI DANNO GRAVE NEL MODELLO REGOLATIVO DEL SISTEMA DELLA PROTEZIONE

3. Risk assessment e tentativi di risk test nella prassi giurisprudenziale: il quantum della prova (ovvero il c.d standard of proof) nelle ipotesi di “well-founded fear”

3.2 Segue: Il rischio come “real risk” nel modello di valutazione del giudice internazionale: spunti dalla prassi della Corte europea dei diritti uman

Un’attenta considerazione sul “degree of risk” merita anche lo standard of proof sviluppato dalla Corte EDU nel procedimento decisorio relativo ai ricorsi presentati dai ricorrenti, quando il loro rimpatrio, in conseguenza del diniego di asilo da parte delle autorità nazionali di uno Stato parte, costituisce una violazione ai sensi dell’art. 3 EHCR: «no one shall be subjected to torture or to inhuman or degrading treatment or punishment»82.

La portata di questa disposizione è stata ben definita nella copiosa giurisprudenza della Corte EDU, e si traduce in un obbligo, incombente su tutti gli Stati parti, del rispetto del principio del non refoulement83.

Orbene, l’art. 3 ECHR non prevede espressamente il principio de quo, tuttavia, seppur indirettamente o par ricochet, lo richiama tutte le volte in cui una qualsiasi misura di

80 Cfr., IARLJ, Flowchart, cit., Step 4, “The risk box”. 81 J.C. Hathaway, W.S. Hicks, cit., p.501.

82 Art. 3 ECHR, “Proibition of Torture”.

83 Si vedano, ex multis, ECtHR, Cruz Varas and Others v Sweden, 20 march 1991, application no.

15576/89; ECtHR, Vilvarajah and Others v United kingdom, 30 October 1991, application nos. 13163/87, 13165/87, 13447/87 and 13448/87; ECtHR, Chahal v United kingdom, 15 november 1996, application no 22414/93; ECtHR, Ahmed v Austria, 17 december 1996, application no. 25964/94; ECtHR, H.L.R. v France, 29 april 1997, application no 24573/94; ECtHR, Mamatkulov and Askarov

v Turkey, 4 february 2005, application nos.46827/99 and 46951/99; D and Others v Turkey, 22 june

2006, application no. 24245/03; ECtHR, Salah Sheekh v Netherlands, 11 january 2007, application no. 1948/04; ECtHR, Sultani v France, 20 september 2007, application no 45223/05; ECtHR, Saadi

v. Italy, 28 february 2008, application no. 37201/06; ECtHR, Ismoilov and Others v Russia, 24 april

2008, application no 2947/06; ECtHR, NA. V United Kingdom, 17 july 2008, application no. 25904/07; ECtHR, Hirsi Jamaa and Others v Italy, 23 february 2012, application no. 27765/09.

allontanamento dello straniero solleva una questione relativa al rischio per l’individuo destinatario di questi atti di essere sottoposto a tortura o trattamenti inumani e degradanti84. Alla decisione sul caso Soering deve essere senza dubbio riconosciuto il merito di aver ricostruito il contenuto di tale obbligo in funzione dello scopo principale della Convenzione, quale strumento per la protezione dei diritti fondamentali dell’uomo. In effetti

in interpreting the Convention regard must be had to its special character as a treaty for the collective enforcement of human rights and fundamental freedoms […]. Thus, the object and purpose of the Convention as an instrument for the protection of individual human beings require that its provision be interpreted an applied so as to make its safeguards practical and effective […]. In addition, any interpretation of the rights and freedoms guaranted has to be consistent with “the general spirit of the Convention, an instrument designed to maintain and promote the ideals and values of a democratic society” […]85.

Nell’interpretare le disposizioni convenzionali, la Corte EDU si ispira agli articoli 31-33 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati in quanto «is required to ascertain the ordinary meaning to be given to the words in their context and in the light of the object and purpose of the provision from which they are drawn». Si deve, quindi, partire dalla considerazione che una disposizione della CEDU fa parte di un trattato per la protezione effettiva dei diritti dell’uomo e che, pertanto, la CEDU deve essere interpretata nel suo insieme in modo da promuovere la propria coerenza interna e l’armonia tra le sue varie disposizioni86. Inoltre deve anche tenersi conto di tutte le norme e i principi di diritto internazionale applicabili tra le Parti contraenti87.

L’invocata tutela dei diritti e delle libertà fondamentali dell’uomo da un lato, rivela la giustificazione posta alla base dell’effetto utile del principio del non-refoulement e, dall’altro, consente di conferire allo stesso una funzione di sbarramento rispetto a quelle circostanze che potrebbero escludere il riconoscimento dello status di rifugiato. Invero, le esigenze di tutela sottese a tale principio sono state armonizzate dalla Corte EDU attraverso

84 Cfr. M. De Salvia, La Convenzione europea dei diritti dell’uomo, Editoriale Scientifica, Napoli,

2001, pp. 185-186. Si vedano anche W. Schabas, The European Convention on Human Rights: a

commentary, OUP, Oxford, 2015; P. Pustorino, ‘Art. 3, Protezione della Tortura’, in Bartole S., De

Sena P., Zagrebelsky V., Commentario breve alla Convenzione Europea per la salvaguardia dei

Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, CEDAM, Padova, 2012, p. 71.

85 ECtHR, Soering v United Kingdom, judgment of 7 july 1989, application n. 14038/88, par. 87. 86 ECtHR, Saadi v. Italy, cit., par. 62.

87 ECtHR, Bosphorus Hava Yollari Turizm ve Ticaret Anonim Sirketi v Ireland, 30 june 2005,

un’interpretazione estensiva delle disposizioni della Convenzione di Ginevra, ponendo in tal modo la questione della violazione del principio anche nello specifico contesto della CEDU:

«the conduct of the person concerned, however undesirable or dangerous, cannot be taken into account, with the consequence that the protection afforded by article 3 is broader than provided for art. 32 and 33 of the 1951 United Nation Convention relating to the Status of Refugees»88.

Pertanto, si può affermare non solo che anche nell’ambito dello Human Rights Law il principio di non-refoulement trova una sua irrinunciabile collocazione, ma la sua portata viene estesa oltre ai limiti che il diritto dei rifugiati presenta quanto ai destinatari (i rifugiati) e alla condotta personale di essi.

Chiaramente, occorre pur sempre valutare la presenza di un rischio, nella sua dimensione soggettiva ed oggettiva, tale da giustificare il timore manifestato dal richiedente in relazione alla persecuzione o al danno grave in una prospettiva futura.

Anche nel contesto della CEDU, l’elemento del rischio non è semplice da definire poiché coinvolge non solo, come abbiamo visto nei primi tentativi delineati dalla prassi degli ordinamenti interni degli Stati parti della Convenzione di Ginevra, un calcolo di probabilità ma anche una valutazione dei fatti e delle circostanze fondate su temi come prospettiva futura, obiettività, individualizzazione e credibilità. Inoltre, talvolta, si inseriscono altri fattori che contribuiscono alla diminuzione o alla negazione del rischio come nel caso della possibilità di avvalersi di una protezione nazionale all’interno del territorio dal quale si fugge, e dunque dalla capacità stessa dello Stato di garantire una protezione contro le persecuzioni provenienti da attori non statali; o alle assicurazioni diplomatiche; oppure, ancora, dalla possibilità di applicare un ricollocamento interno89.

Nella specifica prospettiva della violazione del principio del non refoulement, la Corte EDU ha provveduto a delineare i margini del risk assessment affermando che

[…]in the absence of evidence meeting a higher standard, protection of national security justifies accepting more readily a risk of ill-treatment for the individual. The Court therefore

88 ECtHR, Saadi v. Italy, cit., par. 138.

89 Chiaramente, quest’ultima delicata ipotesi viene meno se il richiedente manifesta un timore

fondato di subire persecuzione da parte dello Stato e/o dei suoi agenti, mentre nel caso in cui l’agente persecutore sia un agente non statale occorre valutare se il responsabile della persecuzione sia in grado di perseguitare il richiedente all’interno dell’area di collocamento, cfr. C.W. Wouter, op.cit., 2009, pp. 26-27.

sees no reasons to modify the relevant standard of proof, as suggested by third-party intervener, by requiring in cases like the present one that it be proved that subjection to ill- treatment is “more like than not”90.

Ciò significa che lo standard of proof in relazione al principio di non respingimento non accetta alcuna alterazione rispetto al grado di rischio che deve sussistere affinché l’allontanamento forzato non risulti contrario all’art. 3: il rischio di subire trattamenti inumani e degradanti nel paese di destinazione deve essere accertato come “real risk” e non soltanto come meramente “ragionevole” o “probabile”.

Una tale ricostruzione consente di apprestare la dovuta tutela al ricorrente «where substantial

grounds have been shown for believing that the person in question, if expelled, would face

a real risk of being subjected to treatment contrary to Article 3 in the receiving country. In such circumstances, Article 3 implies an obligation not to expel the individual to that country»91.

Ciò vale anche quando la condotta del ricorrente si traduce in una minaccia per la sicurezza della nazione, risultando del tutto irrilevante qualsiasi “balancing test” fra esigenze di protezione dell’individuo ed esigenze di sicurezza nazionale e, per di più, neutralizzando l’operatività di eventuali clausole di esclusione della tutela92.

Ad ogni modo, come precisato ulteriormente dalla Corte EDU: «as is established in the Court’s case-law, ill-treatment, including punishment, must attain a minimun level of severity if it is to fall within the scope of Article 3 (art. 3). The assessment of this minimun is, in the punishment, the manner and methode of its execution, its duration, its physical or mental effects and, in some instances, the sex, age and the state of health of the victim»93. Viene sancito in tal modo che affinché un rischio possa certamente essere qualificato come effettivo è necessario un esame accurato di tutte le circostanze, soprattutto quelle particolari che possono diversificare la situazione personale del richiedente, come ad esempio l’essere vulnerabili.

90 ECtHR, Saadi v. Italy, cit., par. 140.

91 ECtHR, Hirsi Jamaa and Others v. Italy, cit., par. 114. Si veda anche ECtHR, Mamatkulov and Askarov v. Turkey, cit., par. 67.

92 Cfr. A. Duffy, Expulsion to Face Torture? Non-refoulement in International Law, in International Journal of Refugee Law, vol. 20, 2008, p. 373 ss.

4. Risk assessment e standard of proof nel sistema comune di asilo europeo: la protezione

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