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Le fondazioni bancarie

3. Misure a favore di soggetti che svolgono attività di tutela dei beni culturali

3.1 La compatibilità con la Costituzione e con il diritto dell’Unione Europea . 112

3.2.2 Il regime fiscale degli enti no profit anteriore al D.lgs. n. 117 del 2017

3.2.2.2 Le fondazioni bancarie

2020/2021. Non riproducibile, in tutto od in parte, se non con il consenso scritto dell’autore. Sono comunque fatti salvi i diritti dell’Università Luiss di riproduzione per scopi di ricerca e didattici, cin citazione della fonte.

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che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati. Quest’ultima regola trova applicazione a condizione che l’associazione inserisca nel proprio atto costitutivo o nello statuto le clausole indicate nel comma 8 della medesima disposizione393.

Una volta che la riforma del Terzo Settore sarà entrata pienamente in vigore, gli enti di tipo associativo, ivi comprese le associazioni culturali, non potranno più beneficiare della decommercializzazione dei proventi prevista dall’art. 148.

Tuttavia, le associazioni, una volta iscritte del Registro unico nazionale, potranno ancora usufruire della medesima disciplina qualora assumano la forma giuridica di “associazione di promozione sociale”394.

3.2.2.2 Le fondazioni bancarie

Le fondazioni bancarie nascono nel contesto della privatizzazione gli enti pubblici creditizi e delle casse di risparmio, con la trasformazione di tali enti in società per azioni.

393 Si tratta, in particolare, delle seguenti clausole: a) divieto di distribuire anche in modo indiretto, utili o avanzi di gestione nonché fondi, riserve o capitale durante la vita dell'associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) obbligo di devolvere il patrimonio dell'ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o ai fini di pubblica utilità, sentito l'organismo di controllo di cui all'articolo 3, comma 190, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e salvo diversa destinazione imposta dalla legge; c) disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti e per la nomina degli organi direttivi dell'associazione; d) obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie; e) eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, comma 2, del codice civile, sovranità dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro ammissione ed esclusione, criteri e idonee forme di pubblicità delle convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o rendiconti; è ammesso il voto per corrispondenza per le associazioni il cui atto costitutivo, anteriore al 1° gennaio 1997, preveda tale modalità di voto ai sensi dell'articolo 2532, ultimo comma, del codice civile e sempreché le stesse abbiano rilevanza a livello nazionale e siano prive di organizzazione a livello locale; f) intrasmissibilità della quota o contributo associativo ad eccezione dei trasferimenti a causa di morte e non rivalutabilità della stessa.

394 N.FORTE, Le decisioni da assumere per beneficiare dei vantaggi fiscali previsti dalla riforma del Terzo settore, in Corr. trib., n. 16 del 2018, pag. 1235. Per il regime fiscale delle associazioni di promozione sociale v. supra, par.

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Tale obiettivo venne realizzato mediante la separazione delle aziende bancarie dagli enti che originariamente ne detenevano il controllo e, di regola, lo scorporo dell’ente originario in due soggetti distinti: l’ente conferente l’azienda bancaria, chiamato a perseguire il fine no profit, e la società per azioni conferitaria. Successivamente, con il D.lgs. n. 153 del 17 maggio 1999, n. 153 (attuativo della c.d. riforma Ciampi) l’ente conferente assunse il nome di “fondazione”395.

Come dimostrano le statistiche annualmente diffuse in passato dall’ACRI, il settore della cultura rappresenta un settore di particolare interesse per le fondazioni bancarie396. Bisogna però considerare che il sostegno da esse fornito potrebbe subire un ridimensionamento a causa dell’aumento dell’imposizione sulle rendite finanziarie; ciò in considerazione del fatto che le fondazioni in questione traggono proprio dagli investimenti finanziari le risorse necessarie per lo svolgimento della propria attività nei “settori ammessi” e per l’effettuazione di erogazioni397.

Come accennato in sede di trattazione dell’Art bonus, un riconoscimento legislativo del particolare ruolo svolto dalle fondazioni bancarie in ambito culturale è contenuto nell’art. 121 del D.lgs. n. 42/2004, che consente al Ministero, alle Regioni ed agli altri enti pubblici territoriali di stipulare con le fondazioni bancarie operanti nel settore della cultura protocolli di intesa volti a coordinare gli interventi di valorizzazione del

395 Per una disamina più approfondita dell’evoluzione legislativa in materia di fondazioni bancarie v. C. CORRADO OLIVA, Le fondazioni bancarie: dal controllo delle banche al non profit, in Rass. trib., n. 3 del 2014, pag. 416.

396 Secondo i dati relativi all’anno 2015, gli importi delle erogazioni a favore del settore culturale hanno costituito circa il 29.9% dell’importo complessivo delle erogazioni effettuate nel corso dell’anno, per un valore totale di circa 280 milioni di euro (cfr. il “Ventunesimo rapporto sulle Fondazioni di origine bancaria – Anno 2015”, pubblicato sul sito dell’ACRI e reperibile al seguente indirizzo: https://www.acri.it/Article/PublicArticle/337/4412/ventunesimo-rapporto-sulle-fondazioni-di-origine bancaria---anno-2015).

397 F.PISTOLESI, Il ruolo delle agevolazioni fiscali nella gestione dei beni culturali in tempi di crisi, in Riv. dir. trib., fasc. 11, 2014, pag. 1211.

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patrimonio culturale398. Si tratta di una norma espressiva del favor che il legislatore mostra verso l’utilizzo di modelli consensuali di gestione del patrimonio culturale399.

Secondo quanto stabilito dall’art. 12 del D.lgs. n. 153/1999, le fondazioni bancarie che abbiano adeguato gli statuti alle disposizioni del titolo I si considerano enti non commerciali di cui all'articolo 87, comma 1, lettera c), del DPR n. 917/1986, anche se perseguono le loro finalità mediante esercizio di imprese strumentali ai loro fini statutari. Dall’equiparazione delle fondazioni bancarie agli enti non commerciali discende l’applicabilità alle prime del regime fiscale previsto per i secondi.

Sul trattamento tributario riservato alle fondazioni bancarie occorre svolgere alcune considerazioni inerenti all’ordinamento sia interno che sovranazionale.

In primo luogo, esso sconta i problemi connessi alla compatibilità del suddetto regime fiscale con il divieto di aiuti di stato ex art. 107 del TFUE, da valutare alla luce della giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea400.

Quest’ultima, dopo aver definito l’“impresa” in chiave funzionale come “qualsiasi ente che eserciti un’attività economica”, ha affermato che il semplice possesso di partecipazioni, anche di controllo, non è sufficiente a configurare un’attività economica del soggetto che detiene tali partecipazioni, qualora tale possesso dia luogo soltanto all’esercizio dei diritti connessi alla qualità di azionista o socio, nonché, eventualmente, alla percezione di dividendi, considerati quali semplici frutti della proprietà di un bene.

398 Ai sensi dell’art. 121 del D.lgs. n. 42/2004, “il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, ciascuno nel proprio ambito, possono stipulare, anche congiuntamente, protocolli di intesa con le fondazioni conferenti di cui alle disposizioni in materia di ristrutturazione e disciplina del gruppo creditizio, che statutariamente perseguano scopi di utilità sociale nel settore dell'arte e delle attività e beni culturali, al fine di coordinare gli interventi di valorizzazione sul patrimonio culturale e, in tale contesto, garantire l'equilibrato impiego delle risorse finanziarie messe a disposizione. La parte pubblica può concorrere, con proprie risorse finanziarie, per garantire il perseguimento degli obiettivi dei protocolli di intesa”.

399 Cfr. anche l’art. 112 del D.lgs. n. 42/2004, comma 9, ai sensi del quale “possono essere stipulati accordi tra lo Stato, (…) e i privati interessati, per regolare servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e alla valorizzazione di beni culturali. Con gli accordi medesimi possono essere anche istituite forme consortili non imprenditoriali per la gestione di uffici comuni. Per le stesse finalità di cui al primo periodo, ulteriori accordi possono essere stipulati dal Ministero, dalle regioni, dagli altri enti pubblici territoriali, da ogni altro ente pubblico nonché dai soggetti costituiti ai sensi del comma 5, con le associazioni culturali o di volontariato, dotate di adeguati requisiti, che abbiano per statuto finalità di promozione e diffusione della conoscenza dei beni culturali.

400 Cfr. la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea del 10 gennaio 2006, C-222/04 (Cassa di risparmio di Firenze).

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Affinché si configuri una “attività economica” è dunque necessario che la partecipazione societaria si traduca nella gestione diretta o indiretta delle società stessa.

Con riferimento all’attività di utilità sociale svolta dalla fondazione, la Corte distingue a seconda che essa consista nel mero versamento di contributi ad enti non lucrativi o nell’offerta di beni e servizi in concorrenza con gli altri operatori economici: nel primo caso, la Corte ha affermato l’irrilevanza delle attività di carattere puramente “sociale”; nella seconda ipotesi, invece, la fondazione opera sul mercato quale impresa.

Alla luce di tali considerazioni, spetta al giudice nazionale il compito di verificare se la fondazione bancaria configuri un’“impresa” ai fini dell’art. 107 del TFUE, così come spetta al giudice nazionale valutare se la misura fiscale invocata dalla fondazione rientri nella nozione di “aiuto di stato” delineata dal suddetto art. 107.

Per quanto concerne le problematiche inerenti all’ordinamento nazionale, occorre menzionare le questioni che si sono poste in relazione alle agevolazioni fiscali previste dall’art. 10-bis della L. del 29 dicembre 1962, n. 1745, e dall’art. 6 del DPR n. 601/1973.

La prima di tali agevolazioni esenta gli utili conseguiti da persone giuridiche pubbliche e da fondazioni che hanno esclusivamente scopo di beneficienza, educazione, istruzione, studio e ricerca dalla ritenuta prevista dell’art. 10 della medesima legge401

L’agevolazione prevista dall’art. 6 del DPR n. 601/1973 si sostanzia invece in una riduzione dell’IRES in misura pari al 50% e trova il proprio fondamento nella particolare tipologia di enti che possono beneficiarne e nella rilevanza sociale delle attività da essi

401 L’art. 10 della L. n. 1745/1962 stabilisce che “sugli utili attribuiti alle azioni al portatore emesse in base a leggi di Regioni a Statuto speciale e su quelli spettanti ad organizzazioni di persone o di beni non soggette all'imposta sulle società ed a soggetti tassabili in base al bilancio esenti dall'imposta sulle società si applica, in luogo della ritenuta a titolo di acconto prevista dall'articolo 1, una ritenuta a titolo di imposta nella misura del trenta per cento. Sugli utili spettanti a persone fisiche non residenti in Italia ed a società o associazioni estere senza stabile organizzazione in Italia si applica, in luogo della ritenuta a titolo di acconto prevista dall'articolo 1, una ritenuta a titolo di imposta nella misura del trenta per cento. La ritenuta si considera tuttavia operata a titolo di acconto, applicandosi in tal caso le disposizioni dei commi primo, quarto e quinto dell'articolo 3, nei confronti delle persone fisiche effettivamente assoggettate all'imposta complementare in Italia. In ogni altro caso i percepienti, fino a concorrenza dei due terzi della ritenuta, hanno diritto al rimborso dell'imposta che dimostrino di aver pagato all'estero sugli stessi utili mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero. Il rimborso è effettuato a norma dell'articolo 172 del testo unico delle leggi sulle imposte dirette. L'indennità prevista dall'articolo 199-bis del testo unico medesimo è dovuta con decorrenza dal secondo semestre successivo alla presentazione della domanda di rimborso. Sono salve le disposizioni di accordi internazionali. In tutti i casi in cui la ritenuta è operata a titolo di imposta le disposizioni dei primi cinque commi dell'articolo 3 non si applicano. Per gli utili attribuiti alle azioni al portatore non si applicano nemmeno le disposizioni degli articoli 7, 8 e 9”.

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svolte. Tra gli enti previsti dalla norma rientrano anche gli istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale senza fine di lucro, i corpi scientifici, le accademie, le fondazioni e le associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali.

Il beneficio spetta a condizione tali enti siano dotati di personalità giuridica. Tale agevolazione era stata abrogata dalla L. n. 145/2018 ed è stata successivamente reintrodotta in sede di conversione del D.L. n. 135/2018, ad opera della L. n. 12/2019. Secondo quando stabilito da quest’ultimo provvedimento legislativo, essa dovrebbe applicarsi in via temporanea, fino a quando non sarà sostituita da nuove misure agevolative. La legge n. 12 del 2019 ha infatti rinviato l’abrogazione dell’art. 6 del DPR n. 601 del 1973 al periodo di imposta di prima applicazione del regime agevolativo destinato ad essere introdotto a favore dei soggetti che svolgono attività di utilità sociale con modalità non commerciali, nel rispetto dei vincoli derivanti dal diritto dell’Unione Europea ed in modo che sia assicurato il coordinamento con il D.lgs. n. 117/2017402.

L’applicabilità delle agevolazioni in esame anche alle fondazioni bancarie ha formato oggetto di un’annosa diatriba giurisprudenziale sfociata in plurimi interventi a Sezioni Unite della Corte di Cassazione.

Il contenzioso era insorto in relazione ai periodi di imposta regolati dalla L. del 30 luglio 1990, n. 218, (c.d. legge Amato), dal momento che il successivo D.lgs. n. 153/1999 ha espressamente annoverato le fondazioni bancarie tra gli enti destinatari della agevolazione di cui all’art. 6 del DPR n. 601/1973403. Anche tali disposizioni agevolative sono state poi abrogate dall’art. 2, comma 4, del D.L. del 12 luglio 2004, n. 168, con conseguente riemersione delle problematiche originarie.

La questione dell’applicabilità delle suddette agevolazioni anche alle fondazioni bancarie aveva formato oggetto di pronunce giurisprudenziali discordanti.

Da un lato, infatti, i giudici di legittimità avevano escluso le fondazioni bancarie dal novero degli enti destinatari dell’agevolazione di cui all’art. 10-bis della L. n. 1745/1962404. Dall’altro, essi avevano incluso le suddette fondazioni tra gli enti beneficiari della riduzione dell’IRES prevista dall’art. 6 del DPR n. 601/1973, in quanto

402 Art. 52-bis della L. n. 145/2018.

403 Art. 12, comma 2, del D.lgs. n. 153/1999.

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enti aventi finalità di interesse pubblico ed utilità sociale che si limitano a gestire le partecipazioni sociali da esse detenute senza svolgere alcuna attività commerciale405.

Il contrasto insorto in seno alla V Sezione della Corte di Cassazione ha portato all’ordinanza n. 12217 del 14 agosto 2002, con la quale sono state sottoposte al Primo Presidente della Corte di Cassazione, per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite, la questione della riconoscibilità dell’esenzione dalla ritenuta di cui all’art. 10-bis della L. n. 1745/1962, nonché le questioni relative alla sovrapponibilità di tale agevolazione con quella prevista dall’art. 6 del DPR n. 601/1973 ed alla natura interpretativa od innovativa dell’art. 12 del D.lgs. n. 153/1999. Tale procedimento è stato sospeso a seguito del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ex art. 276 del TFUE operato alla medesima Sezione V al fine di sottoporre ai giudici europei la questione relativa alla qualificazione delle fondazioni bancarie come “imprese” ai fini della disciplina europea in materia di aiuti di stato ed alla compatibilità del regime agevolativo con tale disciplina europea.

Su tali questioni la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è pronunciata con la sentenza del 10 gennaio 2006, Cassa di risparmio di Firenze, con la quale, come si è visto, la Corte ha affermato che il possesso di partecipazioni in una società è idoneo a configurare attività di impresa solo qualora si traduca nella gestione diretta o indiretta della società partecipata, non essendo sufficiente il mero esercizio dei diritti di socio.

Nel 2006 si sono pronunciate anche le Sezioni Unite della Corte di Cassazione406. In tale occasione i giudici di legittimità, richiamando quanto precisato dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea in materia di aiuti di Stato in ordine alla nozione di “impresa”, hanno riconosciuto l’applicabilità anche alle fondazioni bancarie dell’agevolazione di cui all’art. 10-bis della L. n. 1745/1962, al ricorrere di talune condizioni specificamente individuate. In particolare, i giudici, dopo

405 Cass., sez. V, 9 maggio 2002, n. 6607, 17 dicembre 2003, n. 19365, 18 dicembre 2003, n. 19445, 9 gennaio 2004, n. 129. In tali pronunce, i giudici di legittimità sono giunti alla conclusione della spettanza dell’agevolazione di cui all’art. 6 del DPR 601/1973 alle fondazioni bancarie superando anche un proprio precedente, concernente la riconoscibilità del predetto beneficio agli enti ecclesiastici. In tale occasione i giudici di legittimità avevano affermato che la riduzione dell’IRES al 50% potesse spettare solo a condizione che l’attività concretamente svolta dall’ente restasse nell’ambito dei fini istituzionali tipici di tale ente, o quanto meno che tale attività si ponesse in un rapporto di strumentalità diretta ed immediata con tali fini; conseguentamente, agli enti esercenti prevalentemente un’attività commerciale o comunque un’attività non strettamente coerente con i propri fini istituzionali l’agevolazione non poteva essere riconosciuta (Cfr. Cass., sez. I, del 29 marzo 1990, n. 2573).

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aver ribadito che l’attività gestione di partecipazioni di controllo sull’impresa bancaria o di acquisizione e gestione di partecipazioni in altre imprese può configurare attività di impresa, hanno posto a carico delle fondazioni che invocano l’agevolazione l’onere di dimostrare che tale attività abbia un ruolo non prevalente e strumentale al reperimento delle risorse necessarie per lo svolgimento delle attività sociali, benefiche o culturali407. Ai fini del riconoscimento del beneficio fiscale è inoltre necessario che la fondazione dimostri di aver svolto unicamente le attività di utilità sociale.

Anche l’Amministrazione finanziaria sembra seguire un orientamento restrittivo. Essa infatti, dopo aver sottolineato che l’agevolazione di cui all’art. 6 del DPR 601/1973 “non ha natura meramente soggettiva in quanto (…) non spetta (…) per il solo fatto della natura del soggetto”, ha affermato che tale beneficio deve trovare giustificazione “anche nella peculiarità dell’attività esercitata dal soggetto, che (…) deve essere preordinata alla soddisfazione di quei particolari fini che il legislatore ha inteso, di volta in volta, tutelare”. Da tali considerazioni deriva che mentre le attività istituzionali dell’ente rientrano nel regime agevolato, quelle di natura commerciale soggiacciono al regime impositivo ordinario, salvo che essere presentino un nesso di “strumentalità diretta ed immediata” rispetto alle suddette attività istituzionali408.

L’orientamento espresso dalla giurisprudenza e dall’Amministrazione non è condiviso da chi osserva, con riferimento al beneficio di cui all’art. 6 del DPR 601 del 1973, che il tenore letterale della norma sembrerebbe indicare che i requisiti necessari per potervi accedere siano esclusivamente l’appartenenza ad una delle categorie di enti menzionate da tale disposizione ed il possesso della personalità giuridica409.

D’altronde, aderendo all’interpretazione secondo la quale l’agevolazione in esame troverebbe la propria giustificazione nell’esigenza di favorire gli enti che perseguono